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</p>
<body bgcolor=”#0000ff” background=”imgSfondo.gif”>
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<colgroup width=”1*”>
<colgroup width=”2*”>
Dal momento che il browser normalmente non sa quali siano le dimensioni dell’immagine, finché questa non sia caricata completamente, è un’ottima abitudine quella di indicare già nel codice la larghezza (width) e l’altezza (height) dell’immagine: in questo modo si evita di vedere la pagina costruirsi man mano che viene caricata, poiché stiamo dando al browser un’idea dell’ingombro. Ad esempio:
author.php
category.php
date.php
tag.php
taxonomy.php
Nato come piattaforma di blogging, oggi WordPress permette di sviluppare ogni tipo di sito Web, dai blog personali, agli e-commerce più avanzati; il CMS ha infatti alla base un framework che ne ha fatto un ambiente di sviluppo per ogni sorta di applicazione Web. Le sue caratteristiche fondamentali sono la semplicità d’uso e la flessibilità della struttura a vantaggio degli sviluppatori. La complessità viene gestita dal framework, che rende disponibile un tool di API tramite le quali è possibile estendere WordPress. – NESSUNA
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Le funzionalità core di WordPress
Le funzionalità core di WordPress sono legate sia all’utilizzo che allo sviluppo, a quelle di base si sommano poi funzionalità aggiuntive grazie alle migliaia di estensioni gratuite e commerciali.
Istallare WordPress e pubblicare contenuti online è questione di pochi attimi. L’architettura di base dispone di post per i contenuti dinamici e pagine per i contenuti statici, ma questa impostazione può rapidamente essere estesa con tipi di contenuti personalizzati, metadati e tassonomie. È possibile infatti importare con pochi click i contenuti da una serie di altre piattaforme, come Blogger, Tumblr e TypePad.
Non tutti gli utenti del sito hanno gli stessi privilegi, e WordPress, come ogni CMS avanzato, permette di assegnare capacità specifiche ad ogni ruolo utente. Di base, WordPress dispone di sei ruoli predefiniti: NORMALE
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I barconi carichi di migranti continuano a salpare alla volta dell’Italia. Per evitare stragi in mare aperto è necessario intervenire. Ma i problemi restano sul tappeto. Uno studio del quotidiano Il Tempo rivela che per ogni clandestino rimpatriato l’Italia spende 25mila euro. E a conti fatti, considerando il numero che dal 2010 sono stati “espulsi” (41mila), l’esborso cui dovrebbe farsi carico lo Stato italiano sarebbe pari a 1 miliardo e 25 milioni di euro. Usiamo il condizionale non perché i conti siano sbagliati ma perché i clandestini ricevono il foglio di via ma materialmente solo un’esigua minoranza viene riportata nel proprio paese. –( TITOLO 1 )
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I barconi carichi di migranti continuano a salpare alla volta dell’Italia. Per evitare stragi in mare aperto è necessario intervenire. Ma i problemi restano sul tappeto. Uno studio del quotidiano Il Tempo rivela che per ogni clandestino rimpatriato l’Italia spende 25mila euro. E a conti fatti, considerando il numero che dal 2010 sono stati “espulsi” (41mila), l’esborso cui dovrebbe farsi carico lo Stato italiano sarebbe pari a 1 miliardo e 25 milioni di euro. Usiamo il condizionale non perché i conti siano sbagliati ma perché i clandestini ricevono il foglio di via ma materialmente solo un’esigua minoranza viene riportata nel proprio paese. –(TITOLO 4 )
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Il documento è una perfetta forma di gerarchia ordinata in cui tutti gli elementi hanno tra di loro una relazione del tipo genitore-figlio (parent-child in inglese). Ogni elemento è genitore e/o figlio di un altro.
Un elemento si dice genitore (parent) quando contiene altri elementi. Si dice figlio (child) quando è racchiuso in un altro elemento. In base a queste semplici indicazioni possiamo analizzare il nostro documento.
Ad esempio, <body>
è figlio di <html>
, ma è anche genitore di <h1>
, <div>
e <p>
. Quest’ultimo è a sua volta genitore di un elemento <em>
.
Si potrebbe concludere che anche <body>
sia in qualche modo genitore di <em>
. Non è esattamente così. Introduciamo ora un’altra distinzione, mutuata anch’essa dal linguaggio degli alberi genealogici, quella tra antenato (ingl: ancestor) e discendente (ingl: descandant).
La relazione parent-child è valida solo se tra un elemento e l’altro si scende di un livello. Esattamente come in un albero familiare si indica la relazione tra padre e figlio. Pertanto possiamo dire che <head>
è figlio di <html>
, che <a>
è figlio di <p>
, etc. Tra <div>
e <a>
, invece, si scende di due livelli: diciamo allora che <div>
è un antenato di <a>
e che questo è rispetto al primo un discendente.
L’albero del documento può essere letto non solo in senso verticale, ma anche orizzontale. In tal senso, gli elementi che sono posti sullo stesso livello, ovvero quelli che hanno lo stesso genitore, si dicono fratelli (ingl: siblings). Nel nostro esempio, h1
, div
e p
sono fratelli rispetto all’elemento body
.
Infine, c’è un solo elemento che racchiude tutti e non è racchiuso: <html>
. Continuando con la metafora familiare potremmo dire che è il capostipite, ma in termini tecnici si dice che esso è l’elemento radice (ingl: root).
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Il documento è una perfetta forma di gerarchia ordinata in cui tutti gli elementi hanno tra di loro una relazione del tipo genitore-figlio (parent-child in inglese). Ogni elemento è genitore e/o figlio di un altro.
Un elemento si dice genitore (parent) quando contiene altri elementi. Si dice figlio (child) quando è racchiuso in un altro elemento. In base a queste semplici indicazioni possiamo analizzare il nostro documento.
Ad esempio, <body> è figlio di <html>, ma è anche genitore di <h1>, <div> e <p>. Quest’ultimo è a sua volta genitore di un elemento <em>.
Si potrebbe concludere che anche <body> sia in qualche modo genitore di <em>. Non è esattamente così. Introduciamo ora un’altra distinzione, mutuata anch’essa dal linguaggio degli alberi genealogici, quella tra antenato (ingl: ancestor) e discendente (ingl: descandant).
La relazione parent-child è valida solo se tra un elemento e l’altro si scende di un livello. Esattamente come in un albero familiare si indica la relazione tra padre e figlio. Pertanto possiamo dire che <head> è figlio di <html>, che <a> è figlio di <p>, etc. Tra <div> e <a>, invece, si scende di due livelli: diciamo allora che <div> è un antenato di <a> e che questo è rispetto al primo un discendente.
L’albero del documento può essere letto non solo in senso verticale, ma anche orizzontale. In tal senso, gli elementi che sono posti sullo stesso livello, ovvero quelli che hanno lo stesso genitore, si dicono fratelli (ingl: siblings). Nel nostro esempio, h1, div e p sono fratelli rispetto all’elemento body.
Infine, c’è un solo elemento che racchiude tutti e non è racchiuso: <html>. Continuando con la metafora familiare potremmo dire che è il capostipite, ma in termini tecnici si dice che esso è l’elemento radice (ingl: root).
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La mano è la porzione più distale dell’arto superiore. In essa si distinguono il polso, che media la continuità della mano con l’avambraccio, il metacarpo, che ne costituisce la porzione più ampia, e le dita, la cui flessione e opposizione sul metacarpo conferisce alla mano l’abilità prensile, tipica dei primati, ominidi compresi da Jonny. La mano comprende cinque dita, comunemente dette:
- pollice, dal latino pollex-pollicis (Eli).
- indice, il dito utilizzato durante azioni in cui si indica un oggetto, una persona o una direzione (Deli).
- medio, il dito centrale, posto nel mezzo delle altre dita (Kevin).
- anulare, il dito sul quale si porta la fede nuziale (Alb).
- mignolo, il dito più piccolo detto in latino digitus minimus (Dalin).
In ambito scientifico e più prettamente anatomico si preferisce invece numerare le dita, assegnandole così un nome legato alla loro posizione. Si ha così che, in senso latero-mediale, il pollice è considerato primo dito, l’indice secondo dito, il medio terzo dito, l’anulare quarto dito ed il mignolo quinto dito.
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La mano è la porzione più distale dell’arto superiore. In essa si distinguono il polso, che media la continuità della mano con l’avambraccio, il metacarpo, che ne costituisce la porzione più ampia, e le dita, la cui flessione e opposizione sul metacarpo conferisce alla mano l’abilità prensile, tipica dei primati, ominidi compresi da Jonny. La mano comprende cinque dita, comunemente dette:
- pollice, dal latino pollex-pollicis(Eli).
- indice, il dito utilizzato durante azioni in cui si indica un oggetto, una persona o una direzione (Deli).
- medio, il dito centrale, posto nel mezzo delle altre dita (Kevin).
- anulare, il dito sul quale si porta la fede nuziale(Alb).
- mignolo, il dito più piccolo detto in latino digitus minimus(Dalin).
In ambito scientifico e più prettamente anatomico si preferisce invece numerare le dita, assegnandole così un nome legato alla loro posizione. Si ha così che, in senso latero-mediale, il pollice è considerato primo dito, l’indice secondo dito, il medio terzo dito, l’anulare quarto dito ed il mignolo quinto dito.
NORMALE
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La mano è la porzione più distale dell’arto superiore. In essa si distinguono il polso, che media la continuità della mano con l’avambraccio, il metacarpo, che ne costituisce la porzione più ampia, e le dita, la cui flessione e opposizione sul metacarpo conferisce alla mano l’abilità prensile, tipica dei primati, ominidi compresi da Jonny. La mano comprende cinque dita, comunemente dette:
- pollice, dal latino pollex-pollicis(Eli).
- indice, il dito utilizzato durante azioni in cui si indica un oggetto, una persona o una direzione (Deli).
- medio, il dito centrale, posto nel mezzo delle altre dita (Kevin).
- anulare, il dito sul quale si porta la fede nuziale(Alb).
- mignolo, il dito più piccolo detto in latino digitus minimus(Dalin).
In ambito scientifico e più prettamente anatomico si preferisce invece numerare le dita, assegnandole così un nome legato alla loro posizione. Si ha così che, in senso latero-mediale, il pollice è considerato primo dito, l’indice secondo dito, il medio terzo dito, l’anulare quarto dito ed il mignolo quinto dito.
NORMALE
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La mano è la porzione più distale dell’arto superiore. In essa si distinguono il polso, che media la continuità della mano con l’avambraccio, il metacarpo, che ne costituisce la porzione più ampia, e le dita, la cui flessione e opposizione sul metacarpo conferisce alla mano l’abilità prensile, tipica dei primati, ominidi compresi da Jonny. La mano comprende cinque dita, comunemente dette:
- pollice, dal latino pollex-pollicis (Eli).
- indice, il dito utilizzato durante azioni in cui si indica un oggetto, una persona o una direzione (Deli).
- medio, il dito centrale, posto nel mezzo delle altre dita (Kevin).
- anulare, il dito sul quale si porta la fede nuziale (Alb).
- mignolo, il dito più piccolo detto in latino digitus minimus (Dalin).
In ambito scientifico e più prettamente anatomico si preferisce invece numerare le dita, assegnandole così un nome legato alla loro posizione. Si ha così che, in senso latero-mediale, il pollice è considerato primo dito, l’indice secondo dito, il medio terzo dito, l’anulare quarto dito ed il mignolo quinto dito.
L.OF.
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safsafsdafsadfasdfsafsdafsadfsadfdsada 12
dfasfdsafsdfdsafasdfsadfsadfasd 14
sdfsafasfasdfsadfasdfsadfasdf 18
asdasdsdasdassadsadsadasd TIT 4
safasfassfsafasfffasfafasfsafasfasf Tit 3
asfaasfasfasfafasfasfaffasfasfasfasfasf Tit 2
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