SESSUALITA’ (2°)
ARGOMENTI TRATTATI
Simboli di genere
Bifobia
Castità
Burrnesh
Cintura di castità
Alfred Kinsey
Istituto Kinsey
Rapporto Kinsey
Scala Kinsey
William Masters e Virginia Johnson
Masters of sex
Sessualità
Eterosessualità
Sessualità adolescenziale
Omosessualità
Bisessualità
Bisessualità innata
Comportamento sessuale situazionale
Erotismo
Ipersessualità
Pornografia
Dipendenza dalla pornografia
L’identità sessuale dai Greci a Freud
Masturbazione
Masturbazione compulsiva
Mutilazione genitali femminili
Mutilazioni genitali femminili nel mondo
Patrik Carnes
SIMBOLI DI GENERE
BIFOBIA
La bifobia è un termine usato per descrivere l’avversione verso la bisessualità e i bisessuali come gruppo sociale o come individui. Persone di qualsiasi orientamento sessuale possono provare tali sentimenti di avversione. Come fonte di discriminazione, la bifobia si basa sugli stereotipi negativi sui bisessuali.
Etimologia e utilizzo
Bifobia è un portmanteau del termine omofobia. Deriva dal prefisso di origine neoclassica bi- (due) del termine bisessualità e la radice -fobia (dal greco antico φόβος, phóbos, paura) in omofobia. Con la transfobia e l’omofobia, la bifobia fa parte della famiglia di termini riferiti all’intolleranza e la discriminazione dirette al mondo LGBT. È da notare che la bifobia può non avere l’accezione clinica o medica di fobia – un disturbo d’ansia: significato e uso sono tipicamente paralleli a quelli di xenofobia. La forma aggettivale bifobico descrive cose o qualità relative alla bifobia, mentre il sostantivo bifobo etichetta le persone caratterizzate da questo sentimento.
Idee di base e stereotipi negativi
Due classificazioni di stereotipi negativi sui bisessuali mirano alla credenza che la bisessualità non esista e alla generalizzazione che i bisessuali siano promiscui.
Negazionismo
La credenza che la bisessualità non esista deriva dalla visione binaria della sessualità: una visione eterosessista o monosessista. Nella prima visione, si presume che le persone siano attratte dal sesso opposto e solo le relazioni eterosessuali esistano veramente. Quindi, la bisessualità, come l’omosessualità, non è una sessualità o un’identità valida. Nella seconda visione, le persone sono o esclusivamente omosessuali (gay/lesbiche), esclusivamente eterosessuali, omosessuali repressi che sperano di apparire eterosessuali, eterosessuali che vogliono provare nuove esperienze, o non possono essere bisessuali a meno che siano attratti da entrambi i sessi. Le massime come “le persone sono o gay o etero o mentono” incarnano questa visione dicotomica degli orientamenti sessuali.
Monosessismo
Monosessismo è un termine usato per riferirsi a credenze, strutture e azioni che promuovono la monosessualità come l’unico legittimo e corretto orientamento sessuale, escludendo la bisessualità, la pansessualità e la polisessualità. Il termine può essere considerato analogo all’eterosessismo,
Liz Highleyman, autore di importanti lavori di studi queer, ha annunciato che i bisessuali non possono indirizzare il monosessismo in un contesto di un movimento LGBT più ampio.
Studi controversi
Uno studio del 2002 dice che un campione di uomini che si auto-definiscono bisessuali non rispondono allo stesso modo a del materiale pornografico gay e a materiale pornografico lesbo, ma in realtà esibivano una maggiore eccitazione sessuale, nella proporzione di quattro a uno, nei confronti di un genere piuttosto che l’altro. Comunque, la bisessualità non implica uguale attrazione verso entrambi i generi. Lo studio e l’articolo del New York Times nel quale venne riportato nel 2005 furono criticati come imperfetti e bifobici. Lynn Conway criticò l’autore dello studio, J. Michael Bailey, citando la sua storia controversa e facendo notare che lo studio non è dato scientificamente ripetuto e confermato da altri ricercatori indipendenti.
CASTITA’
Il termine castità, nell’accezione comune, si riferisce alla condizione di chi sceglie di astenersi dall’avere rapporti sessuali, per esempio per motivi etici, religiosi e/o filosofici. Per estensione, la parola può venire applicata per riferirsi alla condizione di verginità (vedi la locuzione “casto e puro”); oppure anche all’astinenza sessuale, sia volontaria che non volontaria (vedi per esempio cintura di castità).
In molti contesti religiosi e culturali il termine castità viene inteso in accezioni specifiche. Nel Cristianesimo ad esempio la castità è considerata una virtù, strettamente correlata alla temperanza, viene intesa come un astenersi dagli eccessi o dalle implicazioni peccaminose del sesso ed è opposta al vizio capitale della lussuria.
Essa comporta la rinuncia all’uso della genitalità o in vista del matrimonio o per tutta la vita e la sublimazione della pulsione sessuale in vista di beni ritenuti superiori.
In Occidente la castità è stata spesso concepita come mezzo di controllo della sessualità femminile, il rispetto della quale, era richiesto alla donna ‘onesta’, mentre all’uomo era consentito di avere esperienze sessuali con donne di bassa estrazione sociale o prostitute.
L’introduzione della pillola nel secondo dopoguerra ha rappresentato un’importante rivoluzione sociale e ha avuto come conseguenza, tra le altre, anche il declino della castità intesa come valore femminile.
Oggi, salvo all’interno di comunità religiose o per scelte personali, la castità è scomparsa come valore sociale nei paesi occidentali.
Cenni storici
La parola deriva dal latino castitas, il nome astratto corrispondente a “castus”, che originariamente indicava uno stato “puro” in conformità con la religione greco-romana, diversamente dalla controparte pratica di uno stato mentale “pio” (in latino “pius”), non limitato alla sfera sessuale.
In tempi antichi il valore della castità era oggetto di dibattito sia nella sfera eterosessuale che in quella omosessuale. In particolare, Socrate era un sostenitore delle relazioni pederaste caste tra uomini e ragazzi, in contrapposizione alle relazioni pedagogiche sessuali prevalenti all’epoca. Platone, che trasmise molti di questi insegnamenti ai posteri, è diventato l’eponimo di questo tipo di castità, noto come amore platonico. A causa delle varie proibizioni di intimità sessuali nelle religioni abramitiche (Giudaismo, Cristianesimo, Islam) derivanti dal Decalogo e dalla legge mosaica, il termine è stato spesso associato nella cultura occidentale con l’astinenza sessuale. Tuttavia, in un contesto religioso, il termine è applicabile a persone di tutti gli stati sociali, e ha implicazioni ben oltre la sfera dell’astinenza sessuale.
La castità nelle religioni
La castità come virtù
Tradizionalmente atti di natura sessuale sono stati proibiti al di fuori del matrimonio nel contesto etico islamico e in quello giudeo-cristiano e considerati peccaminosi. Tra gli atti che solitamente sono considerati contrari alla castità, con varie distinzioni tra le diverse fedi, possiamo riportare a titolo di esempio: masturbazione, fruizione di opere pornografiche, atti sessuali durante il periodo delle mestruazioni e poco tempo dopo il parto, sesso orale, sesso anale, adulterio, prostituzione, fornicazione e altri atti considerati lussuriosi, e così via fino ad azioni considerate illegali nella maggior parte dei Paesi, come lo stupro.
La proibizione di alcuni di questi atti si ritrova direttamente nella Bibbia e nel Corano, altri, come la proibizione della contraccezione artificiale, sono derivati dall’interpretazione della Tradizione e non sono riconosciuti da tutte le confessioni.
Castità nel fidanzamento
Diverse confessioni protestanti, la chiesa ortodossa e la chiesa cattolica non ammettono alcuna forma di rapporto sessuale prima del matrimonio. Molte denominazioni protestanti liberali ammettono i rapporti prematrimoniali purché responsabili.
I rapporti prematrimoniali sono di solito condannati in quanto la sessualità nel fidanzamento è incapace di essere segno di un rapporto pieno e definitivo qual è invece per il cristianesimo il matrimonio.
Nel periodo successivo diversi teologi cattolici ( Valsecchi, Curran, Vidal, associazione teologica americana) proposero possibili eccezioni al precetto dell’astinenza prematrimoniale, tenendo anche conto della prolungata lunghezza dei fidanzamenti tipica dei fidanzamenti nei paesi occidentali ma questi nuovi approcci furono condannati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede con il documento Persona Humana.
In ambito cattolico inoltre è sfaccettato è il giudizio sul petting: la chiesa cattolica ufficialmente afferma nel documento “Orientamenti educativi sull’amore umano” che:
“Si vanno sempre più diffondendo tra gli adolescenti e i giovani certe manifestazioni di tipo sessuale che di per sé dispongono al rapporto completo senza però giungere alla sua realizzazione. Queste manifestazioni della genitalità sono un disordine morale, perché avvengono al di fuori di un contesto matrimoniale”
Altri teologi invece le considerano più positivamente ad esempio nella Sacramentum mundi a cura di Karl Rahner si afferma:
“Se petting e necking non vengono intesi come pura ricerca di soddisfazione sessuale, ma come prova dell’accessibilità erotica del partner e come dimostrazione d’amore, non si possono respingere a priori. Come regola per le forme di comportamento prematrimoniale dovrebbe valere che è significativa e permessa quel tanto di manifestazione di amore erotico-sessuale quanto effettivamente l’individuo è pronto a dare nel suo intimo.”
Castità nel matrimonio
L’intimità sessuale tra coniugi all’interno del matrimonio tradizionale è generalmente considerata casta da tutte le confessioni, seppure con vari distinguo tra gli atti sessuali.
Astinenza sessuale
La verginità, intesa come lo stato fisico dell’illibatezza, è stato spesso un requisito per certe funzioni religiose, specialmente per sacerdoti e sacerdotesse. Ad esempio le Vergini vestali nell’Antica Roma dovevano rimanere vergini fino all’età di 40 anni, in cui cessava il servizio al tempio.
Il celibato (o “consacrazione alla verginità”) è usualmente riferito al clero o ad appartenenti ad istituti di vita consacrata, è il voto con cui la persona si impegna a vivere senza gratificazioni sessuali e senza contrarre matrimonio. Un voto di castità può essere preso anche da laici come parte di una vita religiosa organizzata, come un volontario atto di devozione o come parte di una vita ascetica, spesso devota alla contemplazione. Nella cultura popolare, il voto di castità ha anche una interpretazione più pragmatica; si può fare voto di castità (per esempio per un determinato periodo di tempo) con intento scaramantico e superstizioso, per esempio per “ottenere” che si avveri un determinato desiderio.
BURRNESH
Una burrnesh (plurale burrneshe), detta anche vergine giurata, è una donna di un paese balcanico, in genere l’Albania oppure il Kosovo, che si veste come un uomo e viene considerata come tale nella società. Tra i suoi privilegi, si ricorda quello di fumare e consumare alcolici.
La figura della burrnesh è riconosciuta dal diritto tradizionale di quei luoghi, il Kanun. In sostanza il Kanun riconosce alle donne che scelgono lo stato di burrnesh di acquisire gli stessi diritti e doveri giuridici che tradizionalmente, nelle società patriarcali, vengono attribuiti alle figure maschili.
Nella società albanese di un tempo, una donna non aveva il diritto di vivere da sola. Per farlo lo stesso, aveva in alcuni casi la possibilità di modificare il proprio status davanti alla gente del paese, sottoponendosi ad una cerimonia in presenza degli uomini più influenti del villaggio (in genere 12 uomini anziani). Durante la cerimonia, era prevista una vestizione ed il taglio di capelli. La ragazza doveva fare voto di castità.
Si ipotizza che la scelta di diventare burrnesh spesso fosse dettata da necessità familiari legate alla scomparsa di un capofamiglia. In mancanza di un erede maschio la necessità di non disperdere il patrimonio poteva portare alcune donne ad assumere su di sè la responsabilità del ruolo maschile proprio attraverso il giuramento di conversione, ma le ragioni per un cambio del genere potevano essere molteplici:
– mancanza di figli maschi in famiglia;
– morte di componenti maschi in famiglia;
– rifiuto di un matrimonio da parte della ragazza;
– lesbismo non dichiarato.
Attualmente nelle aree interessate si contano pochi casi di burrneshe esistenti, ma in passato il fenomeno era più diffuso. La tradizione risale a circa tre secoli fa: è in fase di ritiro ed è oramai completamente estinta in Serbia. Anche se non è più praticata nei paesi di lingua albanese, vivono in quella zona ancora parecchie burrneshe anziane.
La figura della burrnesh viene talvolta citata come esempio, nelle controversie sugli studi di genere, della differenza tra sesso e genere: infatti, pur restando geneticamente donna, viene di fatto attribuita al genere maschile.
CINTURA DI CASTITA’
Storia
Nell’aneddotica tradizionale si fa risalire l’uso della cintura di castità al tempo delle crociate, collegandola alla necessità, per i cavalieri che partivano per il Santo Sepolcro, di assicurarsi della fedeltà delle proprie consorti, evitando i rischi connessi a un così prolungato distacco.
In realtà, una ricostruzione storica più attenta porta a concludere che i primi usi della cintura di castità risalgano, in Italia, al XIV o XV secolo,[senza fonte] in particolare negli ambienti dell’alta nobiltà.
Il primo documento in cui compare la cintura di castità, è datato 1405 ed è conservato nella biblioteca di Gottinga (la cintura è qui nominata come “congegno fiorentino”). Tale manoscritto nel suo interno contiene disegni di macchine da guerra e altre invenzioni immaginarie.
Si dice che indossarono la cintura di castità, fra le altre, Caterina de’ Medici, Anna d’Austria, la moglie di Francesco II di Carrara (il quale fu addirittura accusato di esserne l’inventore, in uno scritto del 1750 di Freydier de Nimes). Recentemente, tuttavia, l’esistenza e l’utilizzo della cintura di castità nel medioevo è stata contestata.
Ormai da tempo è opinione comune fra gli storici che l’uso medievale della cintura di castità sia un falso storico.
Descrizione
Sono esistiti svariati tipi di cintura di castità ma l’aspetto prevalente, essenzialmente, si compone di una banda in vita ed una fascia pubica (che copre completamente i genitali, in modo da renderli inaccessibili), bloccate insieme. Il materiale utilizzato nelle cinture classiche è solitamente metallico, con un rivestimento, soprattutto interno, di velluto o pelle; le cinture moderne sono realizzate perlopiù su misura, in acciaio inossidabile rivestito internamente in neoprene o gomma, che assicura una migliore igiene. L’igiene è infatti uno degli aspetti maggiormente problematici per chi adopera la cintura di castità nonostante essa preveda, in ogni caso, la presenza di due piccole aperture, una anteriore e una posteriore, per l’espletazione dei bisogni fisiologici.
Naturalmente, per impedire la rimozione della cintura, essa è predisposta per l’applicazione di uno o più lucchetti.
Uso
Tradizionalmente l’uso della cintura di castità è correlato all’esigenza maschile di assicurarsi la fedeltà della propria donna, in particolare laddove questa fedeltà sia messa a repentaglio dalla particolare avvenenza o disponibilità sessuale della donna.[senza fonte] A questo uso tradizionale si correla invece l’esigenza di garantire la sicurezza delle donne, in particolare nobili o comunque aristocratiche, dalla possibilità di essere esposte a stupri o violenze che avrebbero potuto portare, come conseguenza, una filiazione illegittima. Questa esigenza, sia pure in un’epoca diversa, quella moderna, segnata dalla liberazione sessuale e dalla facilità di accesso alla contraccezione, è stata fra i motivi di una ripresa di interesse per l’uso della cintura di castità, la quale riveste, per alcune donne, il ruolo di difesa estrema dal pericolo di aggressioni e stupri, molto sentito dal sesso femminile in particolare nelle metropoli occidentali più esposte alla violenza e alla microcriminalità.Non è noto tuttavia il numero di donne che effettivamente utilizza la cintura di castità con questo scopo (si può immaginarlo, tuttavia, molto ridotto, anche a causa dell’alto costo commerciale della cintura stessa).
Altre motivazioni per l’uso della cintura di castità si riscontrano, in particolare negli ambienti più puritani, fra coloro che ritengono importante il mantenimento della verginità fino al momento del matrimonio. In questo caso la cintura di castità assume il ruolo (auto) dissuasivo, rispetto alla tentazione di un eventuale rapporto pre-matrimoniale: quasi una prova d’amore, fra due fidanzati impegnati nel rinviare il loro primo incontro sessuale.
La motivazione però più diffusa (ed estesa, peraltro, anche ai maschi), probabilmente, per l’uso della cintura, riguarda la comunità BDSM, nella quale l’uso di questo strumento fa parte di quel tipo di dominazione-sottomissione che prevede, da parte dello slave (lo schiavo), la disponibilità a lasciare al partner dominante le decisioni riguardo alla propria sessualità. In questo caso, è il partner dominante, di solito, a detenere la chiave e quindi a regolare l’uso e la rimozione della cintura, con l’obiettivo, oltre che di indurre l’impossibilità di avere rapporti sessuali, anche di ottenere una maggiore umiliazione e repressione sessuale del soggetto sottomesso, impedendone anche la masturbazione e, nel caso dei maschi, rendendone dolorosa la stessa erezione.[senza fonte] In questo tipo di relazioni il cosiddetto “dono della chiave”, che lo slave fa nei confronti del dominante, assume un valore molto significativo, come testimonianza effettiva dell’importanza della relazione e della fiducia che il sottomesso ha, nei confronti di chi assume il controllo sulla sua sessualità. Va infine detto che in alcuni casi questo tipo di disciplina sessuale è applicato a se stesso, direttamente, senza intervento di estranei, da soggetti praticanti il masochismo sessuale.
ALFRED KINSEY
« Il mondo non è diviso in pecore e capre. Non tutte le cose sono bianche o nere. È fondamentale nella tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie discrete. Soltanto la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte. Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto. Prima apprenderemo questo a proposito del comportamento sessuale umano, prima arriveremo ad una profonda comprensione delle realtà del sesso »
(Alfred Charles Kinsey, Il comportamento sessuale nel maschio umano)
Alfred Charles Kinsey (Hoboken, 23 giugno 1894 – Bloomington, 25 agosto 1956) è stato un biologo e sessuologo statunitense
Biografia
Cresciuto in una famiglia fortemente conservatrice (il padre era un pastore metodista), studiò all’Università Harvard e dal 1920 insegnò zoologia. Ma finì con l’orientarsi verso la sessuologia, alla quale si dedicò per un ventennio, dal 1938 (quando un’associazione studentesca femminile gli propose di coordinare un corso sul matrimonio all’Università dell’Indiana) fino alla morte. Prima di dedicarsi agli studi sessuologici, si concentrò in particolare sull’entomologia: in una spedizione durata due anni, percorse 4.000 km per mettere insieme una collezione di trecentomila vespe e 5 milioni di galle di vespe.
Il suo nome resta legato alla prima vasta inchiesta statistica condotta nel campo del comportamento sessuale umano: ben 18.000 interviste, di cui 7985 condotte personalmente da Kinsey, formano il materiale del famoso rapporto Kinsey, ossia due volumi intitolati l’uno Il comportamento sessuale dell’uomo (1948) e l’altro Il comportamento sessuale della donna (1953).
Il rapporto resta il primo tentativo di dare alla scienza una documentazione statistica molto estesa e insieme dettagliata sull’attività sessuale umana. È uno specchio del comportamento sessuale dell’uomo e della donna negli Stati Uniti, ma ha valore indicativo anche per quello dell’uomo e della donna occidentali in genere, pur se i dati raccolti ed elaborati dal Kinsey vanno considerati in parte superati ai nostri giorni.
Una delle sue elaborazioni teoriche più celebri fu la Heterosexual-Homosexual Rating Scale, anche detta “scala Kinsey”, una scala a sette punti di valutazione dell’orientamento sessuale di un soggetto.
Kinsey, bisessuale[senza fonte], fondò e diresse l’Institute for Sex Research, dove collaboratori ed allievi continuano la sua opera.
Opere ispirate alla sua vita
La sua vita e la sua ricerca sono state oggetto, nel 2004, di un film di Bill Condon intitolato Kinsey; il ruolo del protagonista è stato affidato a Liam Neeson.
ISTITUTO KINSEY
L’Istituto Kinsey per le ricerche su sesso, genere e riproduzione (The Kinsey Institute for Research in Sex, Gender and Reproduction) è un istituto che promuove la ricerca interdisciplinare nel campo della sessualità umana, del genere e della riproduzione. L’Istituto fu fondato col nome di Institute for Sex Research presso l’Indiana University a Bloomington, Indiana, nel 1947, dal professor Alfred Kinsey, allora entomologo e zoologo nella stessa Università. L’obiettivo originario dell’Istituto era quello di studiare la sessualità umana e il comportamento sessuale degli esseri umani. Nel 1948 e nel 1953 l’Istituto pubblicò due monografie, ora generalmente conosciute come Rapporto Kinsey. Da quel momento Kinsey, il suo Istituto e i due rapporti sono stati al centro di numerose controversie e polemiche.
Fra le funzioni dell’Istituto c’è quella di preservare i materiali di prova del Rapporto Kinsey e delle pubblicazioni basate su di esso, rendendole disponibili al pubblico per nuove ricerche, oltre a mantenerne la confidenzialità.
RAPPORTO KINSEY
I rapporti Kinsey sono due libri sul comportamento sessuale dell’essere umano: Sexual Behaviour in the Human Male (Il comportamento sessuale dell’uomo; 1948) e Sexual Behaviour in the Human Female (Il comportamento sessuale della donna; 1953), scritti dai Dott.ri Alfred Kinsey, Wardell Pomeroy e altri. Kinsey era un biologo presso l’Università dell’Indiana e il fondatore dell’Istituto Kinsey.
I risultati del suo lavoro ebbero un’enorme risonanza presso la gente comune e furono immediatamente considerati controversi e sensazionalistici. Essi sfidavano le conoscenze convenzionali sulla sessualità e si occupavano di argomenti che in precedenza erano considerati tabù. La credenza che l’eterosessualità e l’astinenza fossero la norma, statisticamente nonché eticamente, non erano mai stati messi in discussione prima di allora sulla base di una ricerca statistica e scientifica di quelle dimensioni.
Scoperte
Orientamento sessuale
Probabilmente le scoperte più citate dai Rapporti Kinsey riguardano la prevalenza di differenti orientamenti sessuali, in particolar modo per corroborare la tesi che il 10% della popolazione sia gay. In verità questi risultati non sono così chiari, e lo stesso Kinsey disapprovava l’uso di termini come “eterosessuale” e “omosessuale” per descrivere gli individui, asserendo che la sessualità cambia col tempo, e che il comportamento sessuale può essere compreso sia come contatto fisico sia come fenomeno psicologico (desiderio, attrazione sessuale, fantasia).
Scala di valutazione Kinsey
Kinsey introdusse una nuova scala di valutazione che sostituiva le tre categorie fino ad allora accettate di eterosessualità, bisessualità e omosessualità. La Scala Kinsey, misura il comportamento sessuale assegnando valori che vanno da 0 a 6, dove 0 sta ad indicare un comportamento totalmente eterosessuale e 6 un comportamento totalmente omosessuale. Con 1 considera un individuo in prevalenza eterosessuale e solo occasionalmente omosessuale. Con 2 un individuo di solito eterosessuale ma più che occasionalmente omosessuale. Con 3 un individuo equamente omosessuale che eterosessuale, e così via. Fu inoltre creata una particolare categoria, X, per indicare coloro che sono privi di desiderio sessuale.
I rapporti trovarono che quasi il 46% degli individui maschi ha “interagito” sessualmente con persone di entrambi i sessi nel corso della vita adulta, e il 37% ha avuto almeno un’esperienza omosessuale. L’11.6% degli uomini di etnia caucasica (fra 20 e 35 anni) ha ottenuto un valore sulla scala di Kinsey pari a 3 (esperienze/attrazioni eterosessuali e omosessuali in pari quantità) nella vita adulta. Lo studio inoltre riporta che il 10% dei maschi americani è stato “pressoché esclusivamente omosessuale per almeno tre anni tra i 16 e i 55 anni” (ovvero, nella scala tra 5 e 6).
Al 7% delle persone di sesso femminile non sposate (età 20-35) e al 4% delle sposate (età 20-35) fu assegnato un valore sulla scala di Kinsey di 3 (esperienze/attrazioni eterosessuali e omosessuali in pari quantità). Dal 2% al 6% delle donne, età 20-35, erano pressoché esclusivamente omosessuali e dall’1% al 3% delle donne non sposate erano esclusivamente omosessuali.
Masturbazione
Il 62% delle donne riportarono di aver praticato la masturbazione. Il 45% delle donne che riportò di aver praticato la masturbazione dichiarò di poter raggiungere l’orgasmo in 3 minuti. Il 92% degli uomini dichiarò di essersi masturbato.
Sesso all’interno del matrimonio
La frequenza media di coiti all’interno del matrimonio dichiarata dalle donne fu: 2.8 volte per settimana, prima dei vent’anni; 2.2 volte per settimana, entro i 30 anni; e 1.0 volte per settimana, entro i 50.
Sesso extraconiugale
Kinsey stimò che circa il 50% degli uomini sposati ha avuto esperienze sessuali extraconiugali.All’interno del campione, il 26% delle donne ha avuto esperienze sessuali extraconiugali entro i quarant’anni. Tra uno ogni sei uomini e una ogni dieci donne di età 26-50 aveva rapporti sessuali extraconiugali.
Sadomasochismo
Il 12% delle donne e il 22% degli uomini testimoniò di aver avuto una reazione erotica ad una storia di stampo sadomasochistico, e il 55% delle donne e il 50% dei maschi confermò di aver trovato sessualmente stimolante l’esperienza di essere percossi.
Sessualità infantile
Nel capitolo V del rapporto, figurano i risultati di “esperimenti” sulla sessualità dei bambini. Gli esperimenti erano volti a dimostrare la capacità dei bambini (anche di età prescolare) di “provare un orgasmo”. Questo capitolo del rapporto, apparentemente ignorato dai contemporanei di Kinsey, è stato oggetto di un documentario inglese girato nel 1998, intitolato “I pedofili di Kinsey”, il quale suggerisce che i dati riportati possano essere il frutto di abusi sessuali sui bambini, riferiti da pedofili:
(EN)
« The dark truth about the celebrated scientist who started the sexual revolution. British television uncovers the way Kinsey incorporated large amount of data on child-sexuality, without concern for the fact that this data came directly from predatory child molesters, often encouraged in their perverse activity by Kinsey. »
(IT)
« L’oscura verità sul celebre scienziato che ha iniziato la rivoluzione sessuale. La televisione britannica scopre che Kinsey ha incorporato una grande quantità di dati sulla sessualità dei bambini, senza preoccuparsi del fatto che questi dati potessero provenire direttamente da pedofili, così incoraggiati da Kinsey nelle loro attività perverse. »
Metodologia dell’inchiesta
I dati furono raccolti essenzialmente con interviste, strutturate in modo da mantenere confidenziali i contenuti. Altre fonti includono i diari di pedofili. I dati furono poi informatizzati per essere analizzati. Tutto questo materiale, comprese le note originarie dei ricercatori, resta disponibile al Kinsey Institute per i ricercatori qualificati che dimostrino la necessità di visionarli.
Le statistiche furono costruite e interpretate più attentamente di quanto fosse d’uso a quel tempo, e la riservatezza dell’oggetto fu più attentamente protetta. In ogni caso, il soggetto stesso si rese sensazionale. Basandosi sui suoi dati e scoperte, altri asserirono che il 10% della popolazione sia omosessuale, e che le donne accrescono le loro prospettive di soddisfazione nel matrimonio masturbandosi anticipatamente. Nessuna delle due affermazioni fu fatta da Kinsey, ma entrambe furono (e continuano ad essere) attribuite a questi.
Critiche
I libri furono largamente criticati dai conservatori in quanto considerati promotori della depravazione. Il comportamento sessuale dell’uomo fu posto in due liste ultra-conservatrici dei peggiori libri della modernità. Si classificò terzo nel 50 Worst Books of the Twentieth Century dell’Intercollegiate Studies Institute, e quarto sul Ten Most Harmful Books of the Nineteenth and Twentieth Centuries di Human Events.
Oltre alle obiezioni di tipo moralistico, altre critiche sono rivolte al metodo utilizzato nella scelta del campione da esaminare. Nel 1948, lo stesso anno della pubblicazione originale del rapporto, una commissione dell’American Statistical Association, che includeva importanti statistici come John Tukey condannò la procedura di scelta del campione. Tukey fu forse il più accanito critico, ed affermò: “Una selezione casuale di tre persone sarebbe stata certamente migliore di una selezione di 300 operata dal signor Kinsey”. La critica si fondava principalmente sulla sovrarappresentazione di alcuni gruppi all’interno del campione: il 25% era, o era stato, in prigione, ed il 5% era costituito da uomini che si prostituivano.
Una critica legata a quella di Tukey è stata formulata da alcuni dei maggiori psicologi del tempo, tra cui Abraham Maslow. Questi ultimi sostenevano che Kinsey non aveva considerato la distorsione dei risultati derivante dal fatto che i dati di partenza rappresentavano solamente coloro che acconsentivano a partecipare all’indagine (trascurando deliberatamente il fatto che negli anni in cui Kinsey svolse la sua inchiesta, comportamenti come l’adulterio, l’omosessualità, e perfino i rapporti orali ed anali anche fra adulti consenzienti e in privato, negli Usa erano reati puniti col carcere, pertanto discuterne con un campione assolutamente casuale era semplicemente impossibile).
In risposta a tali critiche Kinsey decise di produrre un terzo volume, specificamente sull’omosessualità, visto che la massima parte delle obiezioni si concentravano sull’accusa di avere incredibilmente “esagerato” il numero dei comportamenti omosessuali, prima di lui considerati marginali e limitati ad una minoranza quasi trascurabile di devianti.
Tuttavia, come raccontato in dettaglio dal suo collaboratore Clarence Arthur Tripp (nel suo libro The homosexual matrix, 1975, traduzione italiana: La questione omosessuale, Rizzoli, 1978), una volta annunciato il progetto i gruppi d’interesse conservatori scatenarono una campagna perché le fondazioni che lo avevano sostenuto fin lì ritirassero il loro appoggio, riuscendo nell’intento. Pertanto il terzo volume, che avrebbe dovuto ripetere l’indagine tenendo conto delle critiche mosse, non uscì mai. Studi successivi hanno tuttavia confermato la sostanziale correttezza dei suoi metodi.
SCALA KINSEY
« Il mondo non è diviso in pecore e capre. Non tutte le cose sono bianche o nere. È fondamentale nella tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie discrete. Soltanto la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte. Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto. Prima apprenderemo questo a proposito del comportamento sessuale umano, prima arriveremo ad una profonda comprensione delle realtà del sesso »
(Alfred Kinsey, Il comportamento sessuale dell’uomo, 1948.)
La scala Kinsey (in inglese, Kinsey scale o Heterosexual-Homosexual Rating Scale) è un sistema di classificazione degli orientamenti sessuali nell’essere umano. Fu ideata dal biologo e sessuolo statunitense Alfred Kinsey (1894-1956).
Rappresenta uno dei primi tentativi, se non l’unico in ambito scientifico moderno, di introdurre il concetto di una sessualità umana le cui sfaccettature non siano rappresentate a compartimenti stagni, ma secondo un criterio di gradualità anche nel medesimo individuo, a seconda delle circostanze ambientali e legate all’età.
Definizione della scala
La scala è formata da sette livelli che vanno da 0, che indica una tendenza esclusivamente “eterosessuale” a 6 che indica invece una propensione esclusivamente “omosessuale” mentre nel centro, 3, si collocano coloro in cui le tendenze etero e omosessuali si equivalgono (bisessuali); infine in mezzo ai tre poli ci sono le relative “sfumature”.
Fu proposta per la prima volta nella pubblicazione Il comportamento sessuale dell’uomo (1948), meglio conosciuto come il “primo rapporto Kinsey” ma ebbe notevole importanza anche nella parte successiva Il comportamento sessuale della donna (1953) “il secondo Rapporto Kinsey”.
Circa il tentativo di classificare gli orientamenti sessuali umani mediante questa scala indicativa è importante sottolineare come il punteggio del soggetto in esame e quindi il suo orientamento sessuale non è fisso per l’intero arco della vita ma è molto spesso soggetto a variazioni che possono essere piuttosto significative.
La scala Kinsey o più precisamente l‘Heterosexual/ Homosexual Rating Scale:
Risultati
– Uomini: quasi il 46% dei soggetti maschi ha “reagito” sessualmente a persone di entrambi i sessi nel corso della sua vita adulta e il 37% ha avuto almeno una esperienza omosessuale. Il 11.6% degli uomini bianchi tra i 20-35 anni ricevette un punteggio di 3. Lo studio riportò anche che il 10% dei maschi americani intervistati erano stati “più o meno esclusivamente omosessuali per almeno tre anni nell’età tra i 16 e i 55 anni” (nei punteggi dal 5 al 6 della scala).
– Donne: il 7% delle donne single tra i 20–35 anni e il 4% di donne tra i 20–35 anni che erano state sposate ottennero un punteggio di 3 sulla scala. Dal 2% al 6% delle donne di età tra i 20–35 anni ottennero un punteggio di 5 e tra l’1% e il 3% di donne non sposate tra i 20–35 anni ottennero un punteggio di 6.
Altri strumenti per misurare l’orientamento sessuale
La scala Kinsey non affronta tutte le possibilità rispetto all’orientamento sessuale. Altri si sono fatti avanti per definirle ulteriormente. Nel 1980, Michael Storms propose un grafico bidimensionale con un’asse X e Y. Questa scala tiene conto della asessualità e dell’espressione simultanea di etero-erotici e omo-erotici.
Riferimenti e omaggi
Il nome del quartetto drag The Kinsey Sicks deriva dall’espressione ironica usata nella comunità gay di San Francisco “Kinsey sixers”, atta a identificare coloro il cui orientamento sessuale ha un valore di sei nella scala Kinsey.
WILLIAM MASTERS e VIRGINIA JOHNSON
L’equipe di ricerca Masters e Johnson era formata da William Masters (27 dicembre 1915-16 febbraio 2001), sessuologo e ginecologo statunitense, e da Virginia Eshelman Johnson (11 febbraio 1925-24 luglio 2013), sessuologa statunitense, che a Saint Louis (Stati Uniti) redasse il primo studio approfondito sulla fisiologia sessuale umana esaminando, nel corso di 11 anni, oltre diecimila atti sessuali compiuti da circa 700 volontari.
La ricerca
Questa indagine, d’ineccepibile serietà e diligenza, è documentata nel volume L’atto sessuale nell’uomo e nella donna (1966) che suscitò polemiche e discussioni in tutto il mondo. Molti, infatti, si chiedevano se le ragioni scientifiche giustificassero davvero una intromissione tanto totale e disinvolta nella sfera più privata dell’uomo.
Mentre Alfred Charles Kinsey, nei suoi famosi Rapporti statistici sulla sessualità umana (Comportamento sessuale dell’uomo e della donna), si era basato esclusivamente su interviste che potevano essere anche involontariamente erronee, Masters ha cercato di raccogliere fatti obiettivi perché ogni atto sessuale preso in esame da lui e dalla Johnson veniva registrato con apparecchi di misura delle reazioni fisiologiche o documentato con riprese fotografiche o cinematografiche.
Una delle conclusioni più interessanti di queste ricerche è che la sessualità femminile non è gerarchicamente inferiore a quella maschile: ha estrinsecazioni diverse; ma ciò non significa che diverse siano le esigenze sessuali della donna media rispetto a quelle dell’uomo. Un ulteriore contributo a delineare modelli interpretativi della funzione sessuale è il modello “cibernetico” di Baldaro Verde (1986) che, oltre alle tre fasi del desiderio, dell’eccitazione e dell’orgasmo, introduce una quarta fase, quella del piacere sessuale post-orgasmico, che diventa presupposto importante per l’instaurarsi di un successivo desiderio sessuale.
La vicenda è narrata nella serie tv Masters of Sex.
MASTERS of SEX
Masters of Sex è una serie televisiva statunitense di genere drammatico creata da Michelle Ashford, che ha debuttato il 29 settembre 2013 sul canale via cavo Showtime. È basata sulla biografia di Thomas Maier Masters of Sex – La vera storia di William Masters e Virginia Johnson, la coppia che ha insegnato il sesso all’America (Masters of Sex: The Life and Times of William Masters and Virginia Johnson).
La serie ha per protagonisti Michael Sheen e Lizzy Caplan, che interpretano i reali pionieri della sessualità umana, il sessuologo William Masters e la psicologa Virginia Johnson, raccontando le loro vite e le loro ricerche che hanno segnato la rivoluzione sessuale.
SESSUALITA’
La sessualità, in ambito umano, è un aspetto fondamentale e complesso del comportamento che riguarda da un lato gli atti finalizzati alla riproduzione ed alla ricerca del piacere, e da un altro anche gli aspetti sociali che si sono evoluti in relazione alle caratteristiche diverse dei generi maschile e femminile. L’ambito sessuale investe la biologia, la psicologia, la cultura, riguarda la crescita dell’individuo e coinvolge tutta la sua vita relazionale, oggetto di studio anche dell’etologia umana.
Il termine “sessualità” quindi è riferito più specificatamente agli aspetti psicologici, sociali e culturali del comportamento sessuale umano, mentre col termine “attività sessuale” ci si riferisce più specificatamente alle pratiche sessuali vere e proprie.
Storia
La consapevolezza della sessualità ed i primi studi storici
La storia della sessualità è essenzialmente la storia della presa di coscienza da parte dell’uomo di questo aspetto della sua vita. La funzione riproduttiva, per noi imprescindibile, non esaurisce il tema della sessualità. Anche l’aspetto biologico tuttavia, il più evidente, solo oggi è stato analizzato con maggior precisione ed approfondimento. Prima della scoperta della potenzialità riproduttiva dell’atto sessuale comunque non si può parlare di sessualità come noi la intendiamo: detto in altro modo, non si può parlare di sessualità prima della scoperta della paternità. Tale scoperta avvenne molto probabilmente nel neolitico grazie al diffondersi della pratica dell’allevamento degli animali; la sua rilevanza sociale, dovuta alla funzione riproduttiva, fondamentale per la sopravvivenza del gruppo, introdusse nella pratica sessuale una serie di sempre maggiori divieti e tabù. Tali divieti e tabù erano volti a limitare la pericolosa libertà di cui fino ad allora la sessualità, priva di una qualsiasi finalità se non quella del piacere/oliante sociale (vedi bonobo), aveva sempre goduto. L’uomo si vide dunque costretto a regolare in modo drastico la pulsione sessuale, mentre la pulsione della fame proprio in quei secoli veniva più facilmente soddisfatta grazie alla nascita dell’agricoltura e dell’allevamento degli animali.
La sessualità umana fu inizialmente presa in considerazione, dalla comunità scientifica-accademica, solo in relazione alle malattie ad essa associate. Nel 1886 il neurologo e psichiatra Richard von Krafft-Ebing divulgò l’opera Pyschopathia sexualis, in cui le patologie sessuali vengono collegate alle patologie psichiatriche.
A partire dal 1905 Freud pubblicò varie opere in cui la sessualità viene posta al centro dell’attenzione relativamente all’influenza che essa può avere sull’insorgenza di alcuni disturbi mentali e le loro manifestazioni polimorfe. La teoria freudiana sull’origine delle nevrosi fu rivoluzionaria per l’epoca, e per questo anche notevolmente avversata, ma costituì una innovativa concezione della sessualità quale elemento preminente e fortemente condizionante la vita degli individui fin dalle prime fasi di vita.
Nel 1948 e nel 1953 fu pubblicato in America il Rapporto Kinsey, rispettivamente sul comportamento sessuale dell’uomo e della donna. Con i suoi studi sulle consuetudini sessuali, Kinsey descrisse una realtà sessuale statisticamente documentata con più di 17.000 interviste, condotte fra il 1938 e il 1956, in cui venivano riportati dati particolareggiati (e sconvolgenti per l’epoca) sulle pratiche sessuali di uomini e donne americani.
Il ginecologo William Masters e la psicologa Virginia Johnson pubblicarono il libro Human Sexual Response nel 1966 e Human Sexual Inadequacy nel 1970, testi in cui viene affrontato in modo approfondito lo studio della fisiologia sessuale umana. Il loro intento, a differenza del report statistico di Kinsey, era quello di considerare l’argomento da un punto di vista clinico-terapeutico. Gli strumenti da loro utilizzati, nell’osservazione delle risposte anatomo-fisiologiche (nella masturbazione e nei rapporti sessuali) di circa 700 volontari, nel corso di 11 anni, comprendevano strumenti di misura delle reazioni fisiologiche e apparecchi fotografici e cinematografici per la registrazione delle aree anatomiche interessate.
Nel 1974, la psichiatra americana Helen Singer Kaplan, con il suo testo Nuove terapie sessuali[8], nel 1979 con I disturbi del desiderio e successivamente con altre opere sulle alterazioni della sessualità, propose una nuova visione della sessuologia, più “illuministica” ed aderente alla realtà della moderna scienza sessuologica, oltre ad un insieme di tecniche di intervento per curare le disfunzioni sessuali: metodi di derivazione comportamentistica, affiancati da terapia psicoanalitica.
Gli studi più recenti
Recenti studi sulla sessualità hanno messo in luce quanto gli aspetti sessuali siano di fondamentale importanza per la costruzione dell’identità personale e per l’evoluzione in senso sociale dell’individuo:
« La sessualità umana non è solo dettata dall’istinto o da una stereotipia di condotte, come accade nell’animale, ma è influenzata da un lato dall’attività mentale superiore e dall’altro dalle caratteristiche sociali, culturali, educative e normative dei luoghi in cui i soggetti sviluppano e realizzano la loro personalità. La sfera sessuale richiede quindi un’analisi fondata sulla convergenza di varie linee di sviluppo, comprendenti l’affettività, le emozioni e le relazioni »
Aspetti ancora irrisolti della ricerca scientifica riguardano la spiegazione del perché i comportamenti sessuali siano così vari, perché si passi in un continuum da quelli che possono essere denominati “gusti sessuali” considerati normali, ad altre modalità di comportamento sessuale meno comuni, fino a estremi che vengono considerati aberrazioni, e fino a quanto ciò che è denominato “perversione” è considerato patologia. Gli interrogativi riguardano soprattutto il perché il piacere sessuale sia legato a un comportamento variegato e specifico di ogni singolo individuo. La sessualità umana appare così legata ad una dimensione personale, individuale. La ricerca su tali interrogativi ha chiamato in causa lo studio della neuropsicofisiologia che genera quel particolare tipo di piacere che viene avvertito come “sessuale”. Le ricerche in proposito dicono che la qualità di questo piacere non dipende da recettori periferici particolari o da parti del sistema nervoso specifiche, come avviene per altre sensazioni, ma che tutto ciò viene elaborato come tale a livello di sistema nervoso centrale, soprattutto a livello corticale, a partire dalla globalità dell’esperienza individuale, sia sensoriale che interiore. Questo spiega l’aspetto essenzialmente psichico della variabilità individuale della sessualità: nessuno ha un cervello uguale a quello di un altro. La genetica determina la formazione del cervello, ma la sua microstruttura e la sua funzionalità dipendono dall’esperienza: questa è diversa da individuo a individuo. L’ereditarietà infatti, da sola, non spiega l’individuo. La mente si forma partendo da basi biologiche che subiscono l’influenza dell’ambiente, e la sessualità è una dimensione “particolare” della mente umana e quindi diversa da soggetto a soggetto. Così si spiegano tutti i collegamenti con le immagini interiori (l’immaginario erotico) e le memorie che condizionano l’attrazione sessuale, l’innamoramento e l’eccitazione, fino all’orgasmo.
Gli studi neurofisiologici, dimostrando il massiccio coinvolgimento delle zone neurali che elaborano le emozioni, sembrerebbero contraddire questa interpretazione. La sessualità umana sarebbe allora definibile come una emozione, e come tutte le emozioni essa si manifesta anche somaticamente. Peculiarità della emozione sessuale umana, rispetto ad altre emozioni, è la più grande ed evidente manifestazione somatica, che concerne i genitali.
Da tali studi derivano inoltre indicazioni per una terapia essenzialmente psicologica delle cosiddette disfunzioni sessuali[13], che verrebbero interpretate più che come reali disfunzioni, originate cioè da qualche causa che ha turbato la funzione normale del sistema cui si riferiscono, come peculiarità funzionali del singolo individuo in relazione alla propria “dimensione sessuale”.
Identità di genere
Prima che in relazione all’atto sessuale vero e proprio la sessualità dell’individuo comprende tutti quegli aspetti che differenziano i maschi (uomini) dalle femmine (donne). Ogni individuo fin dalla nascita è accolto e trattato anche in base alla sua appartenenza biologica ad uno dei due sessi e crescendo si costruisce un’identità sessuale in base ai rapporti con l’ambiente familiare e culturale in cui è inserito.
Tutte le sue relazioni con gli altri si impostano in base al sesso, anche prima di raggiungere la maturità sessuale.
Una divisione basata sull’identità di genere è più complessa di una basata semplicemente sui comportamenti sessuali in quanto l’identità dell’individuo è più difficile da definire ed ogni essere umano ha una concezione diversa della propria identità sessuale e del ruolo di genere che può derivarne.
Si possono distinguere:
– maschile
– femminile
– intersessuale/androgino (persone nate con caratteristiche biologiche ibride)
– transessuale/transgender (persone nate biologicamente con caratteristiche sessuali maschili o femminili ma che hanno compiuto un percorso di transizione verso l’identità di genere del sesso opposto)
La sessualità umana può essere inoltre concepita come una parte della vita sociale degli uomini, governata da regole di comportamento e dallo status quo. Così, si dice, la sessualità influenza le norme sociali e la società per converso influenza i modi in cui la sessualità può essere espressa. Dall’invenzione dei mass media, film e pubblicità hanno dato alla sessualità maggiori opportunità di modificare l’ambiente in cui viviamo.
Modelli sociali
Pur partendo sempre dai due generi sessuali, società diverse adottano modelli sociali molto diversi tra loro, per esempio nella gestione della famiglia (patrilinearità o matrilinearità), della società (patriarcato o matriarcato) nella distribuzione del lavoro, ecc.
Tali differenze riguardano il modello stesso di famiglia. A seconda del numero di persone coinvolte nella relazione sessuale, abbiamo:
– Monogamia
– Poligamia
– Poliandria
– Poliginia
Influenze sociali
Il comportamento sessuale umano è in molti individui influenzato, o pesantemente compromesso, dalle regole della cultura in cui l’individuo vive. Esempi di queste norme sono la proibizione di rapporti sessuali prima del matrimonio, o contro l’omosessualità, o altre attività, poiché le religioni proibiscono tali attività (vedi tabù). A volte, se non nella maggior parte dei casi, questi comportamenti indotti culturalmente, non riflettono le naturali inclinazioni sessuali dell’individuo. Coloro che desiderano esprimere una sessualità dissidente sono spesso forzati a formare subculture all’interno della cultura principale.
Esseri umani
Gli impulsi sessuali, negli umani, sono generalmente dovuti a fattori genetici, chimici, comportamentali che producono un desiderio erotico che è spesso frutto di un particolare orientamento sessuale. Il comportamento sessuale dell’uomo non è necessariamente collegato all’orientamento sessuale reale o dichiarato dell’individuo. L’indole umana può, infatti, coinvolgere parti del corpo fisiche, cognitive, emozionali; questo può accadere volontariamente e non; ecco che quindi l’etichetta del tipo di sessualità può essere applicata.
Tipi di sessualità
Una prima e relativamente semplice divisione può essere basata sulle inclinazioni sessuali, in primis sul genere sessuale verso cui si prova attrazione:
– Asessualità
– Bisessualità
– Eterosessualità
– Omosessualità
Si definisce invece castità l’astinenza sessuale temporanea o definitiva, assunta come forma di impegno di solito dovuto a motivazioni di tipo morale o religioso (ad es. celibato). Questa accezione popolare del termine è in realtà impropria: “casto” si contrappone etimologicamente a “in-castus” da cui deriva il nostro “incesto”. Cultura storia e costume hanno volta volta differentemente definito ciò che dovevasi considerare casto, piuttosto che il suo contrario.
Oltre al sesso del partner, molti altri aspetti possono caratterizzare la vita sessuale degli esseri umani. Alcuni comportamenti sessuali sono considerati patologici, altri sono vietati da alcune legislazioni, altri (più o meno bizzarri, più o meno diffusi) costituiscono un esempio della varietà comportamentale umana. Il costume e la cultura definiscono volta volta ciò che viene vietato o permesso, ciò che viene approvato o stigmatizzato come anormale.
Elenco di pratiche sessuali
Masturbazione
Penetrazione
Sesso orale
Sesso anale
Feticismo
BDSM
Caratteristiche dei rapporti sessuali
Le caratteristiche dei rapporti sessuali variano in società e periodi storici diversi. Tra i fattori da considerare l’età del primo rapporto sessuale, la prosecuzione dell’attività sessuale in età avanzata, la frequenza dei rapporti sessuali, ecc.
ETEROSESSUALITA’
La parola eterosessualità definisce l’attrazione e quindi la preferenza sessuale verso individui dell’altro sesso.
Etimologia
Etero- deriva dal greco heteros, che significa “differente” (come ad esempio per la parola “eterozigote” o “eterogeneo”), mentre sessualità deriva dal latino sexus. Il termine “eterosessuale” venne inventato nel 1868 in opposizione al termine “omosessuale”, entrambi coniati dal letterato ungherese di lingua tedesca Karl-Maria Kertbeny (1824-1882), e venne pubblicato per la prima volta nel 1869. “Eterosessuale” venne inserito per la prima volta nel 1923 nel Nuovo Dizionario Internazionale della Merriam-Webster, come termine medico per “passione sessuale morbosa per una persona del sesso opposto”, ma nel 1934 nella Seconda Edizione Completa divenne una “manifestazione di passione sessuale per una persona del sesso opposto; sessualità normale”.
SESSUALITA’ ADOLESCENZIALE
Con sessualità adolescenziale ci si riferisce a tutto quell’insieme di sensazioni e comportamenti sessuali che via via si manifestano durante lo sviluppo psicofisico nell’adolescenza: è una fase e un aspetto della sessualità umana, che porta a conoscere meglio il mondo e a diventare pienamente una persona.
Quasi sempre i molteplici aspetti della sessualità divengono uno degli interessi fondamentale della vita intima degli adolescenti. Il comportamento sessuale specifico adottato dagli adolescenti viene, nella maggior parte dei casi, variamente influenzato dalle norme e costumi acquisiti relativi alla propria cultura e contesto sociale d’appartenenza, dalla particolare educazione familiare, dal proprio orientamento sessuale ed infine anche dalla forma di controllo sociale costituita dalle leggi riguardanti l’età del consenso vigenti nei vari paesi.
Negli esseri umani, il primo accenno di desiderio sessuale comincia ad apparire solitamente con l’inizio della pubertà, per poi manifestarsi e svilupparsi sempre più corposamente proprio durante il periodo dell’adolescenza: le prime espressioni sessuali possono allora assumere la forma dell’autoerotismo. La tipologia d’interesse sessuali (e anche la sua gradazione e intensità) negli adolescenti, così come d’altra parte anche negli adulti, può variare notevolmente da un individuo all’altro.
L’attività sessuale in generale può anche associarsi a diversi “rischi”, tra i quali gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili (fra tutte il virus dell’HIV): i rischi possono risultare molto più elevati per gli adolescenti, in quanto non ancora completamente maturati psicologicamente né preparati o istruiti adeguatamente (questo nei paesi ove non vige alcuna forma d’educazione sessuale né scolastica né tantomeno familiare).
Completamente o in parte a causa di ciò, gli adolescenti si trovano di fatto in genere molto meno attrezzati rispetto agli adulti quando gli si pongono innanzi questioni rilevanti riguardanti la loro privata sfera sessuale: prendere decisioni (rapporti sessuali e «prima volta»), assumersi responsabilità (gravidanza) ed anticipare le conseguenze dei propri comportamenti sessuali (profilattico, pillola anticoncezionale).
L’emergere della sessualità negli esseri umani
Fino all’inizio del XX secolo si dava per scontato che i bambini fossero in tutto e per tutto puri, angelici, ovvero perfettamente all’oscuro delle cose riguardanti il sesso. È stato Sigmund Freud il primo ricercatore che ha preso sul serio l’idea d’una sessualità infantile, sottolineando il fatto che è proprio durante l’infanzia e nella primissima adolescenza che si formano le basi psicologiche associate all’identità di genere e all’orientamento sessuale.
Notò che i bambini sono naturalmente interessati al corpo, proprio e altrui; in particolare dimostrano curiosità proprio nei confronti di tutto ciò che concerne la sfera sessuale[3]. La sessualità nel bambino comprende una serie di “giochi” volti alla visualizzazione e ricerca dei propri ed altrui organi genitali.
Anche Kinsey nel suo rapporto (Rapporto Kinsey) ha studiato la sessualità del bambino per confermare l’idea iniziale freudiana; e per questo è stato sottoposto a dura critica fino ad essere additato come molestatore di bambini.
Durante le scuole elementari l’interesse dei bambini per i giochi a sfondo sessuale si riduce, dal momento che in quel periodo la maggior parte dell’energia viene spesa per la conoscenza del mondo, ma può ancora rimanere a livello di curiosità. Solo a partire dall’adolescenza la sessualità diviene l’interesse principale; e con l’inizio della pubertà inizia ad apparire la libido.
Aspetti della sessualità adolescenziale
Il desiderio sessuale nei confronti di persone appartenenti al sesso opposto o in alternativa del proprio stesso sesso è un aspetto universale fondamentale della fisiologia umana: può includere un semplice contatto di natura sessuale, fino ad un vero e proprio rapporto intimo.
– L‘aspetto più prettamente biologico della sessualità adolescenziale riguarda il meccanismo della riproduzione e degli organi fisici (pene, vagina) con cui si realizza. Va esaminata, per definire la diversità di risposte (espressioni; disfunzioni) sessuali che si possono avere da individuo a individuo, oltre agli ovvi fattori meramente biologici, l’apparato neurologico, l’ereditarietà, le influenze ormonali, l’identità di genere e le espressioni più immediate della sessualità.
– emotivo: aspetto molto importante durante l’adolescenza e che comporta la comunicazione e lo scambio di sensazioni che avviene tra coetanei. Può essere espressa anche attraverso profondi sentimenti e senso di preoccupazione.
– psicologico: funge da fonte centrale della formazione sessuale dell’adolescente
– sociologico: può riguardare questioni culturali, politiche e giuridiche. La sessualità può essere d’altronde intesa come parte integrante della vita sociale, con regole implicite di comportamento in situazioni specifiche/particolari. L’aspetto socio-culturale, tra politica e mezzi di comunicazione, esplora l’influenza delle norme sociali sulla sessualità.
– filosofico: può comprendere le componenti morali, etiche e più strettamente religiose o attinenti a considerazioni spirituali.
Elementi del comportamento sessuale degli adolescenti
I comportamenti sessuali degli adolescenti indicano e includono le pratiche attive in cui i più giovani vivono ed esprimono la propria sessualità. Essi comprendono una vasta gamma di attività:
– strategie per trovare od attrarre un partner sessuale: si esprime con il corteggiamento, processo mediante il quale un/una giovane sceglie un potenziale partner, cioè colui o colei con il/la quale si vorrebbe entrare in un rapporto di maggior intimità fisica.
– l‘interazione comunitaria ricreativa (luoghi di ritrovo e divertimento): esprime la socializzazione dell’adolescente e l’appartenenza al gruppo di riferimento (attraverso anche l’abbigliamento, modi di parlare o atteggiarsi etc).
– l’intimità fisica ed emotiva
– il vero e proprio contatto intimo con conseguente piacere sessuale (orgasmo).
Il piacere sessuale negli adolescenti, così come anche negli adulti, nasce da ogni tipo di attività sessuale che comporta soddisfacimento erotico durante il rapporto, fino a giungere all’orgasmo.
Forme di attività sessuale fra gli adolescenti
L’attività sessuale può essere effettuata in differenti forme, tra cui:
– Autoerotismo: attività sessuale che non coinvolge un’altra persona in qualità di partner. Può comprendere la masturbazione (la quale può essere rigorosamente solitaria o svolgersi in compagnia di amici coetanei) e altre forme d’autosoddisfacimento del desiderio sessuale. Alcune pratiche autoerotiche riguardanti l’ambito BDSM (auto-bondage etc) possono comportare rischi rispetto alla sicurezza fisica o causare lesioni.
– Eterosessualità: è il rapporto amoroso realizzato tra individui di sesso opposto.
– Omosessualità: è il rapporto amoroso che coinvolge due individui dello stesso sesso.
– Bisessualità: alcuni individui possono sentire un sentimento amoroso e/o attrazione fisica verso i componenti di entrambi i sessi, alternativamente o contemporaneamente. Si parla in tal caso di propensione verso una sessualità che include sia il sesso opposto sia il proprio stesso sesso.
– Astinenza sessuale, ovvero la rinunzia temporanea a svolgere qualsiasi tipo di attività sessuale.
In certi casi, infine, alcune persone non sembrano essere a proprio agio all’interno del proprio corpo, anzi sentono d’appartenere al genere che non corrisponde al proprio corpo fisico (ha un corpo maschile ma sente d’appartenere in tutto e per tutto al genere femminile, o viceversa): si può parlare in tal caso di transgender e transessualità.
Vari movimenti religiosi e/o politici hanno da sempre cercato d’influenzare o regolare i cambiamenti inerenti alle pratiche sessuali, ma nella maggior parte dei casi non vi sono mai riusciti.
Fattori che possono influenzare il comportamento sessuale degli adolescenti
Oltre ai fattori biologici, sui comportamenti sessuali pesano vari altri fattori; le norme culturali dominanti della società d’appartenenza ad esempio; un vero e proprio controllo sociale che in certi casi può verificarsi; le norme giuridiche in uso nei vari paesi che stabiliscono l’età del consenso; l’opinione (che diventa autorità) della maggioranza dei coetanei; il personale orientamento sessuale e per finire l’educazione sessuale ricevuta.
Con educazione sessuale s’intende il sistema di misure informative mediche ed educative volte ad insegnare a bambini, adolescenti e giovani adulti il giusto atteggiamento da prendere sulle varie questioni riguardanti la sessualità umana: come parte di una categoria più ampia di “educazione della persona”, l’educazione sessuale ne è una parte fondamentale.
L’influenza della cultura dominante
All’interno di molte società, per motivi storici, culturali o di tradizione religiosa, alcune delle attività sessuali umane sono definite come inappropriate: prima fra tutte l’omosessualità, ma anche la masturbazione, il sesso orale e quello prematrimoniale, l’adulterio, sono state spesso e volentieri etichettate come immorali, “contro natura” o illegali e pertanto perseguite e condannate dalla legge (religiosa e/o civile).
Influenza dei mass media
I moderni mezzi di comunicazione di massa contengono molti più messaggi sessuali che in passato; gli autentici effetti di questo fatto sul comportamento sessuale adolescenziale rimangono per lo più sconosciuti. Una sparuta minoranza delle scene di sesso presenti all’interno della programmazione televisiva discutono ed affrontano le conseguenze negative che possono portare comportamenti sessuali a rischio. Internet può fornire agli adolescenti di oggi, tutta la sessualità ed eventuale violenza sessuale possibile ed immaginabile, accompagnata però da scarsissime informazioni in materia di sanità.
L’influenza delle norme sociali
Il comportamento sessuale delle persone, almeno in parte, è diretto da norme sociali prodotte dalla cultura dominante; queste possono variare ampiamente da luogo a luogo. Le norme sociali definiscono la morale (quello che si può e quello che non si può fare) e le conseguenti regole normative riguardanti l’espressione della sessualità. Le regole di etica sessuale vengono in tal modo immesse all’interno d’una conformità di legge.
In quasi tutte le società è considerato un grave crimine quando qualcuno viene costretto ad impegnarsi in attività sessuali contro il proprio consenso: si parla in tal caso di stupro.
Le leggi che disciplinano l’età minima in cui una persona è considerata matura per dare il proprio consenso per intraprendere un’attività sessuale sono spesso oggetto di dibattito politico e morale, così come lo è anche il comportamento sessuale degli adolescenti in generale. In alcune società vi sono circostanze in cui un’aggressione sessuale, quando seguita da un matrimonio riparatore, non è più considerata reato.
L’influenza delle norme giuridiche
Un adolescente può agire come soggetto di attività sessuale, o essere sottoposto ad atti sessuali da parte di altri adolescenti o adulti: alcune di queste attività sono vietate in gran parte dei paesi del mondo. Altre pratiche sessuali vengono limitate o completamente vietate dalla legge vigente, in quanto l’abuso sessuale da parte di un adulto nei confronti di un adolescente è considerato un atto diretto contro le norme acquisite della società.
Ad esempio l’attività sessuale con minori in molte giurisdizioni viene riconosciuto come un autentico atto criminoso: le leggi non consentono lo svolgimento di attività sessuali con persone sotto l’età del consenso, né in forma gratuita né tanto meno per denaro (equivalente alla prostituzione). Pertanto la condotta sessuale tra adulti e adolescenti di età inferiore a quella locale è del tutto illegale.
Qualsiasi rapporto sessuale, completo o meno, intrattenuto con una persona di età inferiore a quella data dall’età del consenso è un reato che può portare all’accusa di «corruzione di minorenne» (tempo addietro in Italia esisteva anche l’accusa di plagio). In alcuni casi l’attività sessuale compiuta con qualcuno al di sopra dell’età del consenso ma ancora al di sotto della maggiore età può essere punibile se induce il minore ad atti delinquenziali (spaccio di droga, induzione o sfruttamento della prostituzione, pornografia minorile).
La legge istituita dai paesi circa l’età del consenso sessuale riguarda l’età minima in cui un individuo è considerato legalmente in grado di dare il proprio consenso informato a qualsiasi tipo di rapporto sessuale richiestogli da parte di un adulto.
In molte giurisdizioni i rapporti sessuali tra adolescenti con differenza d’età minima (tra i 2 e i 5 anni) non è vietata, sempre che non vi sia stata violenza: in tutto il mondo la media dell’età del consenso s’aggira intorno ai 16 anni, passando dai 13 della Spagna e del Giappone ai 16-18 degli Stati Uniti.
In alcune giurisdizioni l’età minima del consenso perché il minore possa intrattenere rapporti omosessuali è differente rispetto a quella prescritta per gli atti eterosessuali. L’età del consenso in genere è stabilita in qualche anno di meno dalla maggiore età (maggiorenne). Infine l’età alla quale ci si può legalmente sposare è a volte diversa da quella dell’età del consenso.
In alcuni paesi islamici qualsiasi tipo di attività sessuale al di fuori del matrimonio è vietata e severamente punita.
Altri aspetti giuridici dell’attività sessuale degli adolescenti
L’attività sessuale può anche includere in alcuni casi un abuso; ciò che è stato fatto sotto coercizione rientra nell’ambito della violenza sessuale (stupro) ed equivale alla distruzione dei diritti fondamentali e del rispetto dovuto naturalmente ad ogni essere umano.
Altri esempi di questa tipologia possono essere l’omicidio per gelosia-abbandono-tradimento; la pedofilia quando equivale ad una vera e propria aggressione sessuale da parte d’un adulto nei confronti di un bambino/a, la pedopornografia infantile. in rarissimi casi anche la violenza sessuale nei confronti di animali.
Abuso e forma di crudeltà è considerato anche quando un adolescente, con violenza, minaccia o coercizione, diviene oggetto di gratificazione sessuale da parte di altri adolescenti: si può inoltre verificare abuso quando un adulto mostra senza pudore i suoi organi genitali o materiale pornografico con l’intento di portare l’adolescente a qualche forma d’attività sessuale.
Esiste poi l’abuso sessuale da parte d’un membro della famiglia d’appartenenza (specificamente detto incesto), che può portare a gravi e duraturi traumi psicologici in chi li subisce in tenera età (soprattutto se il colpevole era una persona di fiducia: padre, zio, fratello maggiore). La maggior parte degli autori di violenza sessuale su minori sono persone note alle vittime, per il 30% è un parente stretto, per il 60% un conoscente o vicino di casa e solo per il 10% un perfetto estraneo: subiscono aggressioni sessuali più le bambine o ragazze dei maschi.
La maggioranza delle violenze su bambini sono commesse da uomini, le donne rappresentano circa il 14% e adolescenti più grandi il 6% degli atti denunciati. La maggior parte di chi aggredisce sessualmente un bambino/a è definibile come pedofilo, anche se una parte di questi non soddisfa i criteri diagnostici per la pedofilia.
Problemi di sicurezza nell’attività sessuale adolescenziale
Un comportamento sessuale che implica contatto con tessuti o fluidi sessuali (sperma) di un’altra persona, può causare rischio di infezioni: praticare l’astinenza o sesso protetto tende ad evitarle.
Malattie trasmissibili per via sessuale
Gravidanze in età adolescenziale
Le adolescenti diventano fertili dopo il menarca (prima mestruazione), la quale si verifica mediamente verso i 12 anni, anche se può variare leggermente da ragazza a ragazza, non essendoci un momento preciso uguale per tutte in cui quest’evento debba accadere. Dopo il menarca, qualsiasi rapporto sessuale (soprattutto senza contraccezione) può portare ad una gravidanza: a seguito di ciò può abortire o partorire.
Le adolescenti incinte affrontano gli stessi “problemi” che riguardano le donne più grandi, tuttavia vi possono essere in aggiunta altre preoccupazioni mediche, riguardanti in particolare le minori di 15 anni: i rischi possono essere connessi sia a fattori socioeconomici sia all’età biologica della neo-mamma. Tuttavia è dimostrato che il rischio di peso alla nascita sotto la media è collegato all’età della madre, anche dopo l’aggiustamento di altri possibili fattori di rischio (cure prenatali).
A livello mondiale i tassi di gravidanze tra le adolescenti hanno uno spettro di variabilità molto ampio. Ad esempio l’Africa nera ha un’altissima percentuale di madri adolescenti, mentre paesi industrializzati asiatici quali il Giappone e la Corea del Sud hanno tassi molto più bassi.
Le gravidanze adolescenziali all’interno dei paesi più sviluppati di stampo occidentale è di solito al di fuori del matrimonio, e porta ancor oggi una sorta di stigma sociale; le madri adolescenti mostrano avere un livello più basso d’istruzione accompagnato da un tasso più alto di povertà (indigenza) o disagio sociale. Nel mondo in via di sviluppo invece le gravidanze delle adolescenti si svolgono solitamente all’interno del matrimonio e non hanno tale stigma.
Educazione sessuale
Educazione sessuale è un termine generico usato per descrivere quelle forme di istruzione circa l’anatomia sessuale umana, la riproduzione sessuale, i rapporti sessuali e tutto quel che concerne il comportamento sessuale umano; può includere anche altri aspetti della sessualità, come l’immagine corporea di sé, l’orientamento sessuale, gli incontri e le relazioni affettive-sentimentali.
I programmi di educazione sessuale variano anche di molto nei diversi paesi. In Francia ad esempio l’educazione sessuale fa parte dei programmi scolastici fin dal 1973: le scuole sono tenute a fornire da 3 a 4 ore settimanali di educazione sessuale e istruire sul corretto utilizzo del preservativo. In Germania l’educazione sessuale fa parte dei programmi scolastici fin dal lontano 1970; a partire dal 1992 è un dovere di legge governativo. Il tasso di natalità nel 2006 tra i 15 e i 19 anni è stato nella repubblica tedesca dell’1%, contro lo 0,2% della Corea del Sud e il 5,5% degli USA.
Nella maggior parte delle famiglie statunitensi sono i genitori gli educatori sessuali primari dei loro figli adolescenti: il 93% degli adulti intervistati è favorevole all’educazione sessuale nei licei, l’84% si dimostra sostenerla anche all’interno delle scuole medie. In effetti la quasi totalità dei genitori è sicura che una qualche forma di educazione sessuale nelle scuole renda più facile per loro parlare di sesso con i figli. Parallelamente il 92% degli adolescenti riferisce d’essere totalmente favorevole all’educazione sessuale impartita a scuola.
In Asia lo stato dei programmi di educazione sessuale si trovano a stadi diversi di sviluppo: Indonesia, Mongolia, Corea del Sud e Sri Lanka hanno programmi sistematici per l’insegnamento delle varie tematiche sessuali all’interno delle scuole. Malesia, Filippine e Thailandia hanno valutato la possibilità d’istituire specifici corsi di formazione sessuale per gli adolescenti, con vere e proprie lezioni e distribuzione di materiali informativi: questo per esigenze di salute pubblica. L’India infine dispone di programmi mirati specificamente ai bambini delle scuole entro la fascia d’età tra i 9 e i 16 anni.
L’educazione sessuale può essere impartita, in vari modi e con diversi effetti, da genitori, amici, assistenti sanitari, programmi scolastici appositi, gruppi religiosi, media popolari. In Italia non è mai esistito alcun tipo d’informazione né tantomeno educazione sessuale ufficiale, impartito cioè dalle istituzioni preposte all’istruzione dell’adolescente, ovvero le scuole.
La prevalenza di attività sessuale tra gli adolescenti nel mondo
Nel 2002 è stato condotto un sondaggio internazionale con l’obiettivo di studiare approfonditamente il comune comportamento sessuale durante la fase adolescenziale: quasi 34000 quindicenni provenienti da 24 paesi differenti hanno compilato anonimamente un questionario. L’indagine ha rivelato che alla maggior parte mancava ancora qualsiasi tipo d’esperienza del rapporto sessuale (verginità) e, tra coloro che erano già sessualmente attivi, l’82% utilizzava un qualche tipo di contraccettivo. Vi sono, com’è del tutto logico immaginarsi, notevoli differenze tra un paese e l’altro.
Stati Uniti
Cambiamenti radicali nell’espressione della sessualità adolescenziale trovano la loro origine nella rivoluzione sessuale degli anni sessanta e settanta. Nel 2007 il 47,8% degli studenti delle scuole superiori americane hanno ammesso di non aver ancora mai avuto rapporti sessuali; nel 1991 questo dato era al 54,1%. Secondo una ricerca commissionata dall’NBC News l’87% dei ragazzi tra 13 e 16 anni era vergine ed il 73% di non aver avuto ancora alcun contatto intimo di natura sessuale: 3/4 di questi confessano di sentirsi ancora troppo immaturi e d’aver preso consapevolmente la decisione di aspettare.
Lo stesso sondaggio ha stabilito che solamente il 27% di loro s’era trovato coinvolto in qualche attività intima, l’8% aveva invece avuto un rapporto sessuale casuale. Altri studi affermano che a differenza che in passato gli incontri di tipo sessuale sono sempre più presenti nella vita dei giovani al di fuori del contesto d’una relazione sentimentale definita, in termini cioè puramente sessuali e senza alcun coinvolgimento emotivo. Un’altra ricerca del 2002 ha riportato «una tendenza sempre più precoce ad iniziare l’attività sessuale».
Secondo l’American Academy di pediatria la precocità del sesso tra adolescenti può essere causata da una varietà di fattori, ritenendo comunque i mass media svolgere un ruolo molto significativo in tal campo: gli adolescenti statunitensi usano le fonti d’informazione massmediale (televisione, musica, cinema) come una delle principali fonti di conoscenza sopra la sessualità umana. Il tasso di gravidanza delle adolescenti americane è più alto rispetto a quello della maggioranza delle coetanee europee; negli anni 2000 ha subito una crescita sostenuta rispetto al decennio passato.
Quasi la metà dei nuovi casi di malattie trasmissibili sessualmente si verificano tra i 15 e i 24 anni, anche se attualmente questa fascia d’età rappresenta solamente 1/4 della popolazione sessualmente attiva; stimando poi che una adolescente su quattro abbia rapporti sessuali continuativi anche con diversi partner.
È stato anche segnalato un aumento del sesso orale tra gli adolescenti, che continua ad essere più comune del rapporto completo: secondo lo stesso studio l’11% ha fatto sesso anale. Nella fascia tra i 15 e i 19 anni degli adolescenti sessualmente attivi poi una percentuale che varia dall’83 al 91% dichiara di utilizzare almeno uno dei metodi di controllo delle nascite durante il rapporto; è sempre più presente tra i maschi la consapevolezza di dover utilizzare il preservativo.
La percentuale di studenti che dicono di utilizzare alcol e/o vari tipi di droga prima del sesso sembra diminuire negli anni 2000 rispetto al decennio precedente: nel 2007 era il 22,5% degli intervistati tra gli studenti di liceo ad ammettere questo comportamento a rischio.
Il 70% degli adolescenti statunitensi ha riferito d’aver ricevuto alcune o molte informazioni relative al «sesso sicuro» dai loro genitori o comunque all’interno dell’ambiente familiare: altre fonti di informazione includono amici, scuola, film e riviste. La scuola e periodici (femminili e non) sono preminenti come fonti ricercate più tra le ragazze.
Alcuni distretti scolastici infine hanno istituito programmi di educazione all’effettività accompagnati da disponibilità di profilattici all’interno dei licei: questi programmi, oltre alla distribuzione di preservativi (con relativo foglietto d’istruzione sul loro uso più corretto), riguardano anche informazioni sulle malattie a trasmissione sessuale, con il coinvolgimento anche del personale docente, degli operatori sanitari e delle famiglie degli allievi.
Gli studi hanno dimostrato che il mettere a disposizione preservativi all’interno delle scuole può ridurre il rischio di contrarre l’Aids e gravidanze precoci: in genere l’uso del condom è aumentato tra le giovani generazioni, mentre i comportamenti sessuali relativi sono rimasti più o meno gli stessi di prima dell’attuazione di tali programmi.
Il dibattito in corso in USA prosegue tra i sostenitori di una puntuale e completa educazione sessuale supportata da accurate informazioni mediche e coloro che considerano invece solo l’astinenza sessuale come punto fondativo basilare dell’educazione dei giovani americani.
Gran Bretagna
Un sondaggio condotto nel 2006 da The Observer ha mostrato che gli adolescenti britannici ch’erano in attesa d’aver il loro primo rapporto sessuale erano di più rispetto a solo pochi anni prima: nel 2002 il 32% degli adolescenti faceva già sesso completo prima dei 16 anni, nel 2006 era solo il 20%. L’età media in cui un ragazzo o una ragazza perdevano la loro verginità era nel 2002 13 anni, mentre nel 2006 era cresciuta a 17: il calo più notevole si è verificato (tra coloro che hanno riferito d’aver avuto rapporti) tra i 14 e i 15 anni d’età[61].
Nel 2008 un’indagine condotta per Channel 4 ha dimostrato che il 40% di tutti i 14-diciassettenni sono sessualmente attivi, mentre un 6% ha affermato di voler attendere fino al matrimonio prima di copulare.
Tra i paesi dell’Europa occidentale, la Gran Bretagna è quello con uno dei tassi più alti di gravidanze tra le adolescenti, e le infezioni trasmesse sessualmente risultano essere in costante aumento. Un adolescente su nove tra quelli sessualmente attivi ha contratto Infezioni da clamidia; nel 2006 The Independent ha riferito che la sifilide è la malattia sessuale in più costante aumento, seguita da condilomi acuminati e Herpes genitale.
Canada
Un gruppo di ricercatori canadesi ha scoperto una relazione intercorrente tra autostima e attività sessuale: gli studenti, soprattutto femmine, respinti dai coetanei o sottostimati da insegnanti e/o genitori avevano maggiori probabilità rispetto agli altri d’avere rapporti sessuali non protetti prima del termine degli studi superiori.
I ricercatori ipotizzano che una bassa autostima aumenti la probabilità di avere incontri sessuali casuali: «la scarsa autostima sembra spiegare il nesso tra il rifiuto dei pari e sesso precoce. Ragazze con un’immagine di sé stesse molto bassa arrivano a vedere il sesso come uno dei modi più semplici per diventare più popolari e accettate dai compagni».
OMOSESSUALITA’
L’omosessualità è una variante naturale del comportamento umano che comporta l’attrazione sentimentale e/o sessuale tra individui dello stesso sesso. Nella definizione di orientamento sessuale, l’omosessualità viene collocata nel continuum etero-omosessuale della sessualità umana, e si riferisce all’identità di un individuo sulla base di tali attrazioni e dell’appartenenza a una comunità di altri individui che condividono le stesse.
L’omosessualità si riscontra in molte specie animali. La diffusione dell’omosessualità nella specie umana è difficile da determinare accuratamente, benché in molte antiche culture le relazioni omosessuali fossero altamente diffuse. Nel corso della storia, alcuni aspetti individuali dell’omosessualità sono stati ammirati o condannati, relativamente alle norme sessuali delle varie società. Quando essa veniva elogiata, tali aspetti erano visti come un miglioramento per la società; quando veniva condannata, particolari attività venivano viste come un peccato o una malattia ed alcuni comportamenti omosessuali erano proibiti e puniti da apposite leggi.
Dalla metà del XX secolo, l’omosessualità è stata gradualmente disconosciuta come crimine o malattia e decriminalizzata in quasi tutte le nazioni sviluppate. Comunque, lo status legale delle relazioni omosessuali varia enormemente da uno Stato all’altro e rimangono ancora giurisdizioni in cui alcuni comportamenti omosessuali sono considerati crimini e vengono puniti con pene severe, tra cui la morte.
Molte persone omosessuali nascondono i loro veri sentimenti e attività a causa della paura della disapprovazione altrui e della violenza; vengono comunemente definiti repressi. Il dichiarare apertamente il proprio orientamento viene definito coming out (dall’inglese “uscir fuori”). I tentativi di emancipazione dell’omosessualità, così come oggi vengono riconosciuti, iniziarono negli anni sessanta del 1800; mentre nel XX secolo, dalla metà degli anni cinquanta si ebbe un’accelerazione con l’aumento della visibilità, dell’accettazione e dei diritti civili per lesbiche, gay e bisessuali. Tuttavia, l’omofobia persiste, e soprattutto si presenta nei confronti dei giovani, potendo comportare difficoltà di socializzazione e gravi conseguenze per l’individuo, tra le quali il suicidio.
Ad oggi, gli aggettivi più comuni utilizzati sono lesbica per le donne omosessuali e gay per gli uomini omosessuali, benché alcuni preferiscano altri termini o anche nessun termine di definizione.
Etimologia
Il termine omosessualità è la traduzione italiana della parola tedesca Homosexualität (creata fondendo il termine greco omoios, che vuol dire “simile”, e il termine latino sexus, che vuol dire “sesso”), dalla quale poi sono derivate le traduzioni in tutte le altre lingue. Fu coniato nel 1869 dal letterato ungherese di lingua tedesca Karl-Maria Kertbeny (1824-1882) che lo usò in un pamphlet anonimo contro l’introduzione da parte del Ministero della Giustizia prussiano di una legge per la punizione di atti sessuali fra due persone di sesso maschile. Sempre Kertbeny coniò i termini di Normalsexualität (“normosessualità”) e Doppelsexualität (“bisessualità”). Solo negli anni venti si farà strada il termine eterosessuale.
Benkert non era un medico, né uno scienziato, bensì un letterato e soprattutto quel che oggi si definirebbe un “militante omosessuale”. La sua creazione di questo termine fu dunque non un tentativo di medicalizzare il comportamento omosessuale, ma più semplicemente il tentativo di creare un termine moralmente neutro che sostituisse quelli in uso all’epoca, soprattutto “pederastia”, “sodomia”, “omogenia” ed “androtropia”. Del resto, negli stessi anni anche Karl Heinrich Ulrichs (1825-1895), un altro militante, aveva coniato allo stesso scopo il termine uranismo, che inizialmente ebbe maggior successo.
Nel 1880 il termine “omosessualità” fu ripreso in un’opera scientifica di Gustav Jäger, Die Entdeckung der Seele, dal quale penetrò nella letteratura scientifica, che lo impose al grande pubblico, soprattutto attraverso la celeberrima Psychopathia sexualis di Richard von Krafft-Ebing, nella quale apparve a partire dall’edizione del 1887.
In Italia il termine apparve a stampa nel 1894; mentre l’aggettivo omosessuale era già apparso due anni prima, pur se destinato ad entrare nell’accezione comune solo a partire dagli anni trenta del secolo successivo.
Nel corso degli anni il termine “omosessualità” ha assunto connotati sempre più neutri, anche se il concetto in sé continua ad essere considerato un tabù in alcune culture. Negli anni cinquanta e sessanta una parte del movimento di liberazione omosessuale ha cercato di allontanare l’attenzione dal concetto di “sessualità”, contenuto in questa parola, sostituendola con omofilia (dal greco omoios e filìa “affetto fraterno”). “Omofilìa” è però caduto in disuso, ed è oggi usato solo all’interno della comunità omosessuale, o da persone anziane, o per riferirsi specificamente a quel periodo storico (“il movimento omofilo degli anni Cinquanta”). Con lo stesso intento di ricondurre l’attenzione all’ambito dei sentimenti più che a quello della sessualità negli ultimi anni è stato introdotta anche l’espressione “omoaffettività”.
In particolare la parola omosessualità ha sostituito, secondo le intenzioni del suo creatore, termini usati nel passato come l’antico “sodomia” o “sodomiti”, il cinquecentesco “vitio nefando”, “inversione sessuale” (coniato nel 1870 da Arrigo Tamassia) e altri che avevano connotazioni moralmente negative o indicavano deviazioni patologiche della sfera sessuale (come invertiti, pervertiti, culattoni, recchioni). Ha inoltre dato al linguaggio corrente un’alternativa ai termini dialettali, che hanno sempre in sé un significato denigratorio o spregiativo.
La nascita del movimento di liberazione omosessuale ha imposto in tutto il mondo il termine nato dal gergo omosessuale statunitense gay, inizialmente usato soprattutto per gli uomini omosessuali, ma da qualche anno usato frequentemente anche per parlare di donne lesbiche. Di etimo incerto, il termine risulta utilizzato anche prima dei moti di Stonewall del 1969, anche se proprio da quell’anno il termine gay si impone nel mondo come acronimo di “good as you” (g.a.y.), per sottolineare il rispetto delle differenze.
Un’ala del movimento di liberazione omosessuale (o “movimento LGBT”) si autodefinisce inoltre queer.
Nel caso di omosessualità fra donne si parla di lesbismo (il termine deriva dall’isola di Lesbo, che fu patria della poetessa Saffo).
Sessualità e identità di genere
Definizione dell’omosessualità
L’OMS definisce l’omosessualità una variante naturale del comportamento umano, ma non ha preso posizione rispetto alla possibile causa di tale variabilità.
Definire chi sia la persona omosessuale non è cosa agevole. L’omofobia, del resto, contribuisce a generare talvolta e in alcune culture una situazione sociale pesante in cui le stesse persone omosessuali rifiutano per prime, almeno in pubblico, la definizione di “omosessuale”.
Oltre a ciò, il confine fra eterosessualità ed omosessualità non è affatto netto: vaste aree del comportamento umano sfuggono a una definizione netta, ad esempio nel caso delle persone bisessuali.
Oltre che da parte di persone che provano attrazione sessuale e/o sentimentale sia per persone dell’altro che del proprio sesso (bisessualità in senso stretto), si possono verificare comportamenti omo- o bisessuali in molti altri casi, tra i quali:
– comportamenti omosessuali indotti dall’assenza di altre possibilità di sfogo sessuale (“omosessualità situazionale”), per esempio quella che si verifica nelle comunità di persone di un solo sesso, come le carceri, le caserme. Essa è detta anche “omosessualità di compensazione” o, nei testi più antichi, pseudo-omosessualità (questa ultima definizione è ormai in disuso);
– comportamenti omosessuali infantili e adolescenziali (o “giochi” sessuali), (“omosessualità adolescenziale” o “transitoria”);
– comportamenti omosessuali maggiormente diffusi nelle società in cui i rapporti sessuali con persone del sesso opposto sono strettamente riservati agli adulti, tramite matrimonio o ricorso alla prostituzione;
– comportamenti (anche) omosessuali da parte di persone affette da alcune patologie mentali, tali da rendere indifferenziato l’oggetto delle loro pulsioni erotiche;
– comportamenti omosessuali motivati da ragioni estranee alla tendenza sessuale personale, come per esempio nel caso della prostituzione maschile, nella quale il bisogno economico può indurre a rapporti sessuali con persone del proprio sesso anche persone che non sono omosessuali esse stesse.
Normalmente, quando si parla di “omosessuali”, non si intendono le persone coinvolte nelle situazioni sopra elencate, bensì le persone che provano attrazione in modo preponderante o esclusivo per persone del loro sesso anche quando siano al di fuori da tali situazioni. Tali persone ricercano rapporti affettivi e sessuali con persone del loro sesso in base a una pulsione interna personale e non in base a una scelta indotta dall’ambiente o dalle circostanze.
Orientamento sessuale, identità e comportamento secondo gli psicologi americani
L’American Psychological Association, l’American Psychiatric Association, e la National Association of Social Workers asseriscono che “L’orientamento sessuale si riferisce ad un modello duraturo o ad una disposizione all’esperienza sessuale, affettiva o di romantica attrazione primariamente a uomini, donne o entrambi i sessi. Si riferisce anche al senso di personale e sociale identità di un individuo basato su tali attrazioni, ai comportamenti che le esprimono, e all’appartenenza ad una comunità di altri individui che le condividono. Benché il raggio d’azione dell’orientamento sessuale si dilunghi in un continuum da un’identità esclusivamente eterosessuale ad una esclusivamente omosessuale, viene solitamente interpretato nei termini di tre categorie: eterosessuale (avente attrazione sessuale e romantica primariamente o esclusivamente con membri dell’altro sesso), omosessuale (avente attrazione sessuale e romantica primariamente o esclusivamente con membri dello stesso sesso), e bisessuale (avente un significante grado di attrazione sessuale e romantica nei confronti di entrambi uomini e donne). L’orientamento sessuale va distinto da altre componenti sessuali o della sessualità, inclusi il sesso biologico (le caratteristiche anatomiche, fisiologiche e genetiche associate con l’essere di genere maschile o femminile), l’identità di genere (il senso psicologico di appartenenza al genere maschile o femminile), e il ruolo sociale di genere (l’adesione alle norme culturali che definiscono i comportamenti mascolini o effeminati).
L’orientamento sessuale viene comunemente dibattuto come una caratteristica dell’individuo, così come per il sesso biologico, l’identità di genere o l’età. Questa prospettiva è incompleta dal momento che l’orientamento sessuale viene sempre definito sulla base dei termini relazionali e necessariamente concerne relazioni con altri individui. Atti sessuali e attrazioni romantiche vengono categorizzati come omosessuali o eterosessuali sulla base del sesso biologico dell’individuo coinvolto in essi, relativamente ai partner. Effettivamente, è tramite la prestazione – o il desiderio di prestare – con un’altra persona che gli individui esprimono la loro eterosessualità, omosessualità o bisessualità. Così, l’orientamento sessuale è integramente connesso alle intime relazioni personali che gli esseri umani formano con altri per incontrare le loro più profonde necessità sentimentali di amore, legame e intimità. Oltre al comportamento sessuale, questi vincoli comprendono affezioni fisiche non-sessuali tra partner, la condivisione degli obiettivi e dei valori, il reciproco sostegno e l’impegno costante.
Conseguentemente, l’orientamento sessuale non è meramente una caratteristica personale che può essere definita isolatamente. Altresì, il proprio orientamento sessuale definisce l’universo di persone con cui una persona è in grado di trovare soddisfacenti e appaganti relazioni che, per molti individui, comprendono un’essenziale componente di identità personale.
L’attività omosessuale può anche avvenire in situazioni in cui un grande gruppo di persone dello stesso sesso è confinato insieme per una certa lunghezza di tempo, come nelle prigioni, negli ambienti militari, nelle scuole separate o in altre comunità che segregano sulla base sessuale, in cui i vari individui possono avere comportamenti omosessuali ma, in altra circostanza, si definiscono eterosessuali.
Sviluppo e presa di coscienza del soggetto riguardo al proprio orientamento sessuale: processo del coming out
Molte persone che si sentono attratte da membri del loro stesso sesso si trovano a dover fare un “coming out” ad un certo punto della loro vita. Generalmente, il coming out viene descritto in tre fasi. La prima fase è quella del “conoscere se stessi”, e della realizzazione o decisione di emergere come una persona aperta a relazioni con persone dello stesso sesso. Ciò viene spesso definito come un coming out interno. La seconda fase prescrive la propria decisione di “uscir fuori” con altre persone, ad esempio la famiglia, gli amici e/o i colleghi. Questa fase può avvenire in età anche molto differenti tra soggetto e soggetto, essendo strettamente legata all’evoluzione e alla situazione individuale. La terza fase è rappresentata, più generalmente, dal vivere apertamente come una persona LGBT. In Italia, come nel resto delle nazioni più sviluppate, le persone spesso fanno il loro coming out durante le scuole superiori o all’università. A queste età, essi non vedono la necessità di ricorrere ad un aiuto quando il loro orientamento non è accettato nella loro società e da ciò ne conseguono rischi e violenze nel momento in cui si rivela ai membri di tale società la propria sessualità.
Secondo i testi di Rosario, Schrimshaw, Hunter, Braun (2006), “lo sviluppo dell’identità sessuale di lesbiche, gay e bisessuali (LGB) è un complesso e spesso difficile processo. A differenza di membri di altri gruppi di minoranza (come ad esempio le minoranze etniche e razziali), la maggior parte degli individui LGB non è cresciuta in una comunità di altri individui simili a loro da cui possono imparare riguardo alla loro identità e che rinforzano e supportano quell’identità. Al contrario, gli individui LGB sono spesso cresciuti in comunità che sono tanto ignoranti quanto apertamente ostili nei confronti dell’omosessualità.”
Da notare che in Italia spesso ci si riferisce al coming out utilizzando impropriamente l’espressione “outing”, che invece indica l’atto di rivelare l’omosessualità di qualcuno da parte di un’altra persona.
Fluidità dell’orientamento sessuale
Le maggiori organizzazioni professionali e scientifiche statunitensi, inglesi e australiane considerano i tentativi di modificazione dell’orientamento sessuale potenzialmente dannosi; allo stesso tempo, frange e gruppi, spesso motivati da credenze religiose, credono che il cambiamento o la diminuzione dell’attrazione sessuale, siano possibili per coloro che non “possono” accettare il proprio orientamento.
L’orientamento sessuale è stato provato essere generalmente impermeabile agli interventi intenzionati a cambiarlo. Nessuna ricerca scientificamente adeguata ha dimostrato che tali interventi siano effettivi o salutari. Le principali organizzazioni di sanità mentale non incoraggiano gli individui al tentativo di cambiare il loro orientamento da omosessuale a eterosessuale. Tutte le maggiori organizzazioni statunitensi di sanità mentale hanno adottato una politica di dichiarazioni con lo scopo di avvertire i professionisti e il pubblico sui trattamenti che implicano il cambiamento dell’orientamento sessuale. Le maggiori associazioni di sanità mentale considerano i punti di vista che sposano organi intenzionati a tale cambiamento non sostenuti dalla scienza e che tali cosiddetti trattamenti sull’omosessualità creano uno scenario in cui il pregiudizio e la discriminazione possano fiorire. L’American Psychological Association “incoraggia i professionisti di sanità mentale a sfatare la travisante efficacia dei tentativi di cambiamento dell’orientamento sessuale che promuovono o promettono il cambiamento del medesimo, incoraggiando invece a fornire assistenza a quelle persone afflitte dalla loro o da quella di altri situazione sessuale, e conclude che i benefici riportati dai partecipanti a tentativi di cambiamento possono essere ottenuti mediante approcci che non intentano al cambiamento dell’orientamento sessuale”.
L’Australian Psychological Society afferma che “L’orientamento omosessuale non è una malattia mentale e non ci sono ragioni scientifiche per tentare una conversione di lesbiche o gay ad un orientamento eterosessuale. L’Australian Psychological Society riconosce la scarsità di evidenza scientifica riguardo l’utilità di una terapia di conversione, e sottoscrive che essa potrebbe, di fatto, essere dannosa per l’individuo. Cambiare l’orientamento sessuale di una persona non è semplicemente una questione di cambiamento del comportamento sessuale della stessa. Esso necessiterebbe dell’alterazione dei sentimenti emozionali, romantici e sessuali della persona e la ricostruzione della propria concezione di sé e dell’identità sociale.”
Similmente, il Royal College of Psychiatrists stabilisce che “Non v’è alcuna evidenza scientifica che l’orientamento sessuale possa essere modificato.” e che “La maggior evidenza dell’efficacia di un qualsivoglia trattamento deriva da test clinici random e nessun test di questo tipo è stato mai eseguito in questo campo.” David Satcher della Surgeon General of the United States fornisce un rapporto che afferma che “non esiste una valida evidenza scientifica per cui l’orientamento sessuale possa essere modificato”.
L’American Psychiatric Association (APA) ha inoltre affermato che “alcune persone credono che l’orientamento sessuale sia innato e stabile; malgrado ciò, l’orientamento sessuale si sviluppa nel corso della vita di una persona”. L’APA dice anche che “la maggior parte delle persone sperimenta ben poco o senza alcun senso di scelta riguardo al proprio orientamento sessuale.” In un resoconto in associazione con le maggiori organizzazioni mediche americane, l’APA afferma che “differenti persone realizzano in differenti punti della propria vita di essere eterossessuali, gay, lesbiche o bisessuali”. Un rapporto della Centre for Addiction and Mental Health afferma: “Per alcune persone, l’orientamento sessuale è continuo e stabile nella loro vita. Per altri, l’orientamento sessuale può essere fluido e cambiare nel corso del tempo”.
Identità di genere
I primi scrittori che hanno parlato di orientamento omosessuale solitamente lo intendevano essere intrinsecamente associato al sesso dell’individuo. Ad esempio, si pensava che una persona col corpo femminile attratta da persone con corpo femminile avrebbe avuto attributi e/o caratteristiche mascoline, e viceversa. Questa concezione era diffusa dalla maggior parte dei teorici di omosessualità dalla metà del XIX ai primi anni del XX secolo, come Karl Heinrich Ulrichs, Richard von Krafft-Ebing, Magnus Hirschfeld, Havelock Ellis, Carl Gustav Jung e Sigmund Freud, così come le stesse persone omosessuali che si rispecchiavano in questa concezione. Comunque, quest’idea dell’omosessualità come vera inversione sessuale fu disputata, e nella seconda metà del XX secolo, l’identità di genere iniziò ad essere sempre più vista come un fenomeno distinto dall’orientamento sessuale.
Le persone transgender e cisgender possono essere attratte da uomini, donne o da entrambi, benché la prevalenza dei differenti orientamenti sessuali sia abbastanza diversa in queste due popolazioni. Un individuo omosessuale, eterosessuale o bisessuale può essere mascolino, effeminato o androgino, e inoltre, molti membri e sostenitori delle comunità lesbiche e gay dichiarano che riconoscere un “genere eterosessuale conforme“ (cioè maschio con caratteristiche mascoline e femmina con caratteristiche femminili) e un “genere omosessuale non conforme” (cioè maschio con caratteristiche femminili e femmina con caratteristiche mascoline) siano degli stereotipi negativi. Comunque, studi effettuati da J. Michael Bailey e K.J. Zucker hanno riscontrato che la maggioranza dei gay e delle lesbiche sono state di un genere non conforme durante la loro infanzia. Richard C. Friedman, nel suo Male Homosexuality pubblicato nel 1990, scrivendo con una prospettiva psicoanalitica, afferma che il desiderio sessuale inizia più tardi di quanto indicò invece Sigmund Freud; non nell’infanzia ma tra i 5 e i 10 anni, e non è focalizzato su di una figura genitoriale ma su individui della stessa età, o loro pari.
Costruzione sociale
Dato che un orientamento sessuale è complesso e multi-dimensionale, alcune accademie e ricercatori, specializzati in tali studi, asseriscono che ciò sia un costrutto sociale e storico. Nel 1976 lo storico Michel Foucault affermò che l’omosessualità intesa come identità non esisteva nel diciottesimo secolo; le persone allora parlavano di “sodomia”, riferendosi al mero atto sessuale. La sodomia era un reato che veniva spesso ignorato ma a volte severamente punito.
Il termine omosessuale è spesso usato dalle culture europee e americane per avviluppare l’intera identità sociale di una persona, che include sé stessi e la propria personalità. Nelle culture occidentali alcune persone parlano significativamente di identità e comunità gay, lesbiche e bisessuali. In altre culture, l’etichettare con omosessuale e eterosessuale non enfatizza un’intera identità sociale o non indica un’affiliazione comunitaria basata sull’orientamento sessuale. Alcuni studiosi, come David Green, affermano che l’omosessualità sia un costrutto sociale del moderno Occidente, e come tale non possa essere usato nel contesto di una sessualità maschio-maschio non occidentale, così come non possa essere fatto nello stesso contesto riguardo l’Occidente pre-moderno.
Romanticismo omosessuale e relazione
Le persone con un orientamento omosessuale possono esprimere la propria sessualità in una varietà di modi e possono o non esprimerla nel proprio comportamento. Alcuni hanno relazioni sessuali predominanti con persone della loro stessa identità di genere, un altro genere, relazioni bisessuali o possono anche essere celibi. Ricerche indicano che molte lesbiche e gay vogliono avere, o riescono ad avere, impegnate e durature relazioni. Ad esempio, alcuni rilevamenti indicano che tra il 40 e il 60% degli uomini gay e tra il 45 e l’80% delle donne lesbiche sono correntemente impegnate in una relazione sentimentale. Tali dati indicano anche che tra il 18 e il 28% delle coppie gay e tra l’8 e il 21% delle coppie lesbiche negli Stati Uniti hanno vissuto insieme per dieci o più anni. Alcuni studi hanno dimostrato che le coppie dello stesso sesso e del sesso opposto sono equivalenti nelle misure di soddisfazione e impegno nelle relazioni sentimentali, che l’età e il genere sono più attendibili dell’orientamento sessuale nel presagire la soddisfazione e l’impegno nella relazione sentimentale e che le persone che sono eterosessuali o omosessuali condividono aspettative e ideali comparabili nei confronti di una relazione sentimentale.
Demografia
Le prime stime (sec. XIX)
Le prime stime, opera di militanti omosessuali come Karl Heinrich Ulrichs, nel XIX secolo, valutavano la consistenza degli “uranisti” nell’ordine di una persona ogni diecimila, cifra che fu allora giudicata esagerata.
All’inizio del secolo XX il sessuologo e militante omosessuale Magnus Hirschfeld scoprì, in un questionario fatto circolare fra studenti di sesso maschile, una percentuale di omosessuali di circa una persona ogni cento. Anche questo dato fu considerato eccessivo ed Hirschfeld fu accusato dai suoi avversari di manipolazione deliberata dei dati per “gonfiarli”.
Il “Rapporto Kinsey” e la stima del 5%
Quella di Hirschfeld rimase comunque l’unica stima scientifica disponibile fino al 1947, quando uscì il primo dei due volumi del celebre Rapporto Kinsey, dedicato al comportamento sessuale maschile.
Le statistiche fornite da questo Rapporto ebbero un effetto dirompente, suscitando un’infinità di polemiche. Alfred Kinsey era un biologo e non uno psichiatra, ed ebbe l’idea di applicare anche alla specie umana il metodo usato nelle ricerche scientifiche, catalogando i soggetti in base non a ciò che dichiaravano di essere, ma in base a quello che dichiaravano di avere fatto. Grazie a tale studio scoprì che quasi la metà dei soggetti studiati aveva avuto contatti sessuali protratti fino all’orgasmo con una persona dello stesso sesso almeno una volta nella vita.
Inoltre, il 5% (una su venti) fra le persone studiate aveva avuto esclusivamente rapporti omosessuali nel corso della sua vita dopo l’adolescenza, e un ulteriore 5%, pur avendo avuto rapporti con entrambi i sessi, ne aveva avuti in prevalenza col proprio sesso.
I dati relativi alle donne, editi nel secondo volume, nel 1953, fornivano percentuali inferiori, ma confermavano che gli atti sessuali fra donne erano enormemente più comuni di quanto si fosse ritenuto fino ad allora.
Questi dati furono contestati con estrema violenza soprattutto da coloro che, giudicando l’omosessualità un comportamento estraneo alla natura umana, ritenevano poco credibile che la maggior parte degli esseri umani l’avesse sperimentata almeno una volta nella vita. Per screditare l’attendibilità dei suoi studi, Kinsey fu attaccato a livello personale come pornografo, omosessuale e pedofilo.
Kinsey cercò di ribattere alle critiche con un ulteriore volume della sua ricerca, che avrebbe dovuto essere il terzo, dedicato esclusivamente al comportamento omosessuale, ma la Fondazione Rockefeller, che lo aveva sin lì finanziato, poco soddisfatta delle polemiche innescate dalla ricerca e soggetta a forti pressioni da più parti, gli negò ulteriori fondi. La ricerca di Kinsey subì pertanto un drastico ridimensionamento e da allora le ricerche sulla percentuale di omosessuali sono compiute con estrema cautela, su campioni limitati, spesso traendo conclusioni in base al modo in cui gli intervistati si definiscono anziché in base al loro comportamento effettivo.
Per questo motivo la stima dell'”uno su venti” (cioè del 5%) continua ad essere considerata come la più attendibile da un punto di vista scientifico, al punto da essere adottata ufficialmente dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per valutare l’incidenza dell’omosessualità esclusiva all’interno della popolazione umana.
Nota metodologica
Una statistica costituisce un dato scientifico se i dati su cui si basa sono oggettivi, verificabili e riproducibili, quali, ad esempio l’altezza media degli individui di una data popolazione.
Dato che non esiste uno strumento per rilevare oggettivamente l’orientamento sessuale di un individuo, ci si affida al metodo dell’intervista (di persona, per telefono, tramite questionario anonimo, per internet, ecc.), che spesso si limita a porre all’interessato la domanda “Lei è eterosessuale o omosessuale?”. All’intrinseca soggettività delle risposte, andrebbe aggiunto il fatto che esse possono comunque essere manipolate dalla volontà della persona di mentire deliberatamente, o dall’influenza più o meno consapevole che norme e pregiudizi sociali hanno sul soggetto in esame. Da questo punto di vista, il metodo usato dal Kinsey può ritenersi più accurato in quanto basato sui comportamenti effettivi e non sulle dichiarazioni fornite.
Va sottolineato pertanto che una statistica sull’orientamento sessuale di una popolazione non è un dato scientifico, poiché i dati di partenza non hanno le caratteristiche del dato scientifico. Lo stesso Kinsey ha spesso sottolineato che i dati da lui rilevati non possono avere un valore oggettivo, ma che si tratta solo di uno squarcio su una realtà del tutto sconosciuta. Il dato di Kinsey del 5% (che ha il pregio di essere basato su un campione molto ampio) è tuttavia utile come punto di partenza per ulteriori analisi.
Teorie sulla differenziazione dell’orientamento sessuale
La domanda sulla causa dell’omosessualità ha suscitato, non solo in tempi recenti, innumerevoli ipotesi e spiegazioni. Le ipotesi proposte si dividono in tre principali categorie:
– Spiegazione innatista (omosessuali si nasce). L’omosessualità sarebbe in qualche modo innata:
- a) per ragioni naturali, per motivi tuttora non determinati, analoghe a quelle che portano naturalmente una certa percentuale della specie umana ad essere mancina anziché destrimane
- b) per conseguenza di vere e proprie cause fisiche (squilibri ormonali – anche durante la gravidanza)
– Spiegazione psicologica (omosessuali si diventa). L’omosessualità sarebbe l’effetto di un differente sviluppo della psiche, in genere maturato durante lo sviluppo da bambini o da adolescenti. Questa teoria era adottata, precedentemente allo sviluppo della teoria innatista, da molte – se non la maggior parte – delle branche della psicoanalisi, della psichiatria e della psicologia. Su di essa convergono tuttora i sostenitori delle terapie di conversione, secondo i quali l’omosessualità sarebbe un’alterazione dell’orientamento dallo stato di default, generalmente identificato con l’eterosessualità, per via di accadimenti anomali (traumi, abusi o comportamenti particolari) senza i quali non si sarebbe mai maturato un orientamento diverso. Tale visione è rigettata dalle maggiori associazioni di psicologi e psichiatri, in quanto tuttora priva di fondamento scientifico, ed è spesso osteggiata dal mondo LGBT, in quanto considerata come una mera riproposizione del concetto di omosessualità come patologia, senza affermarlo esplicitamente.
– Spiegazione volontaristica (non esistono persone omosessuali, ma solo atti omosessuali). L’omosessualità non ha “cause”. Si tratterebbe di un comportamento appreso ed acquisito, frutto della volontà del singolo individuo. Fra coloro che sostengono la tesi volontaristica, le valutazioni divergono ulteriormente:
- a) per una parte dei sostenitori di questa spiegazione, quello omosessuale sarebbe un comportamento moralmente deviato, causato sostanzialmente dal vizio
- b) per un’altra parte, invece (il pensiero postmoderno e la teoria queer) sarebbe l’effetto della “educastrazione”, che avrebbe indotto dall’esterno le persone a rinunciare, in un senso o nell’altro, alla naturale bisessualità che caratterizzerebbe secondo tale ipotesi, per natura l’essere umano
È importante notare che nessuna delle teorie eziologiche (cioè, relative alle cause) sopra elencate è fino ad oggi riuscita a raggiungere un grado di affidabilità scientifica tale da potere escludere tutte le altre, e quindi tale da potere mettere d’accordo almeno la maggior parte degli studiosi. Per l’omosessualità negli animali sono state avanzate ipotesi differenti: dall’innatismo al ruolo evolutivo, da modificazioni genetiche a strategie riproduttive ed adattive.
Omogenitorialità
Molte persone LGB sono genitori in diverse eventualità, tra cui relazioni eterosessuali in corso o precedenti, adozione, inseminazione artificiale, tutela e gravidanza surrogata. Nel censimento statunitense del 2000, il 33% delle coppie dello stesso sesso femminili e il 22% delle coppie dello stesso sesso maschili conviventi, riscontrano la presenza di almeno un figlio sotto i diciotto anni residente in casa. Molti di questi bambini non sanno di avere un genitore LGB: le questioni del coming out variano e alcuni genitori possono anche non aver mai detto ai loro figli di essere omosessuali. L’omogenitorialità generalmente, e l’adozione da parte di coppie LGBT in particolare, sono questioni di controversie politiche attuali nelle nazioni occidentali, spesso protagoniste di guerre culturali tra conservatori e liberali. Nel gennaio del 2008 la Corte Europea dei diritti dell’uomo sancì che le coppie dello stesso sesso debbano avere il diritto di adottare un figlio.Negli USA, le persone LGB possono legalmente adottare in tutti gli stati, eccezion fatta per la Florida, così come è proibito ancora in alcuni stati dell’Unione europea, tra cui l’Italia.
La ricerca scientifica ha consistentemente dimostrato che genitori lesbiche e gay sono tanto adatti e capaci quanto i genitori eterosessuali. Le ricerche hanno documentato che non vi sono relazioni, in alcun misura, tra l’orientamento sessuale dei genitori e l’adattamento emozionale, psicosociale e comportamentale del figlio. La letteratura indica che il benessere economico, psicologico fisico dei genitori è accresciuto dal matrimonio e che i figli beneficiano unicamente dell’educazione e della crescita da parte di due genitori all’interno di un’unione legalmente riconosciuta.
L’American Psychological Association, l’American Psychiatric Association, e la National Association of Social Workers affermano che “Le abilità delle persone gay e lesbiche e i risultati positivi per i loro figli non sono aree in cui ricercatori scientifici credibili possono dissentire. Affermazioni delle principali associazioni di esperti in quest’area riflettono un consenso professionale per cui i figli cresciuti da genitori lesbiche o gay non differiscono in alcuna considerazione importante da coloro che sono cresciuti da genitori eterosessuali. Nessuna ricerca empirica suggerisce il contrario.” Come notato dalla Professoressa Judith Stacey, della New York University: “Raramente si è avuto un consenso tale in una qualsiasi altra area delle scienze sociali come nel caso dell’omogenitorialità, motivo per il quale l’American Academy of Pediatrics e tutte le maggiori organizzazioni professionali con esperienza nel benessere del bambino hanno proposto rapporti e risoluzioni in sostegno ai diritti dei genitori gay e lesbiche”.[56] Tra queste principali organizzazioni ricordiamo, negli Stati Uniti l’American Psychiatric Association, la National Association of Social Workers, la Child Welfare League of America, l’American Bar Association, il North American Council on Adoptable Children, l’American Academy of Pediatrics, l’American Psychoanalytic Association, l’American Academy of Family Physicians, nel Regno Unito, il Royal College of Psychiatrists, e in Canada, la Canadian Psychological Association.
Sanità
Fisica
Il rapporto omosessuale non comporta alcuna malattia in più o differente da qualsiasi altra possibilità in un rapporto eterosessuale. Gli individui omosessuali maschili riscontrano altresì una più elevata diffusione di malattie veneree, dovuta alla mancanza di informazione ed educazione riguardo ai metodi di protezione sessuale, quali il preservativo, che determinano una maggior diffusione della malattia nello strato della popolazione che maggiormente ne va a rischio essendo il rapporto sessuale anale più accessibile a tale diffusione.
Mentale
Quando fu descritta per la prima volta nella letteratura medica, l’omosessualità veniva spesso affrontata da un punto di vista che mirava a trovare un’inerente psicopatologia nella sua causa scatenante. Molta letteratura sulla sanità mentale e sui pazienti omosessuali si è incentrata nella loro depressione clinica, nell’uso di droghe e nel suicidio. Benché queste questioni esistano anche tra persone eterosessuali, la discussione sulla loro causa derivante o portante all’omosessualità è stata rimossa dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM) nel 1973. Malgrado ciò, l’ostracismo sociale, la discriminazione legale, l’internalizzazione di stereotipi negativi e le limitate strutture di supporto rappresentano fattori che le persone omosessuali affrontano nelle società occidentali che spesso intaccano avversamente la loro sanità mentale. Marchi, pregiudizi e discriminazioni scaturite da atteggiamenti sociali negativi nei confronti dell’omosessualità portano a una più alta prevalenza di disordini mentali tra lesbiche, gay e bisessuali comparati ai loro pari eterosessuali. L’evidenza indica che la liberalizzazione di questi atteggiamenti negativi è associata a tali rischi di salute mentale, soprattutto tra i più giovani.
Gioventù gay e lesbica
La gioventù gay e lesbica soffre di un elevato e in aumento rischio di suicidi, abuso di droghe, problemi scolastici e isolamento a causa di un “ambiente ostile e di condanna, di abusi fisici e verbali, del rigetto e dell’isolamento da parte della famiglia e dei compagni”. Secondo i dati del Dipartimento di Salute Pubblica i suicidi della popolazione gay costituirebbero il 30% di tutti i suicidi adolescenziali. Inoltre, i giovani LGB sono più ad alto rischio di abuso psicologico o fisico da parte di genitori o tutori, nonché abuso sessuale. Le ragioni più logiche per questa disparità sono che i giovani LGBT possono essere etichettati specificatamente sulla base del loro profilo sessuale apparente o della loro apparenza non conforme al genere.
I fattori di rischio associati allo status di minoranza sessuale, comprendente discriminazione, invisibilità e rigetto dai membri della famiglia, possono portare ad un aumento dei comportamenti associati al rischio di vittimizzazione, di abuso di sostanze, sesso con più partner o il fuggire di casa, nonché di debolezza e timidezza che facilitano l’abuso da parte di un adulto.
Centri di crisi nelle città più grandi e siti di informazione in Internet sono nati per aiutare i giovani e gli adulti.
Omosessualità nella storia
Fin dagli inizi della storia dell’umanità uomini e donne hanno provato attrazione sentimentale e desiderio d’intimità nei confronti di persone dello stesso sesso: dall’epopea di Gilgamesh (1700 a.C.) in cui l’eponimo eroe Gilgameš prova per il compagno Enkidu un affetto del tutto somigliante a quello che lega uno sposo alla moglie, all’Iliade, poema epico per eccellenza, narra la storia di Achille e Patroclo (tradizionalmente risalente al XII secolo a.C.), esempio di fortissima amicizia virile.
Ma anche la Sacra Bibbia descrive figure di donne e uomini legati emotivamente ai propri simili: la matura Naomi con la nuora vedova del figlio Ruth; oppure David, il pastorello unito da un’inviolabile amicizia col figlio del re, Gionata. Secondo quanto ne disse millenni dopo Oscar Wilde tali esempi costituivano la riprova dell’esistenza – da sempre – di quel tipo di amore “che non osa pronunciare il proprio nome”.
La storia dell’omosessualità nel mondo antico comprende e abbraccia in pratica tutte le civiltà, ad iniziare dall’omosessualità nell’antico Egitto. Nei territori dell’antica Cina del III secolo a.C si narra il legame esistente tra Ling, un duca, col giovane favorito Mizi Xia: da quando il ragazzo offrì una pesca all’amico prima ancor d’assaggiarla lui stesso, quello divenne “l’amore della pesca condivisa”. Nell’antica India il poema epico Mahabharata (200 a.C.) racconta di come l’amicizia esclusiva che lega Krsna ed Arjuna sia l’energia atta a condurli verso l’immortalità.
La poetessa dell’antica Grecia Saffo di Lesbo nel VI secolo a.C. canta le pene d’amore di una donna nei confronti di un’altra donna (da ella nasceranno le parole saffismo e lesbismo), mentre Teognide, Anacreonte, Ibico e – forse – anche il legislatore ateniese Solone declamano la bellezza dei giovani (da cui la denominazione di amore greco).
I temi LGBT nella mitologia sono assai numerosi e spaziano per ogni continente, i temi LGBT nella letteratura altrettanto. Dagli esempi mitici a quelli storici: da Ganimede rapito da Zeus a Bagoas amato da Alessandro Magno, a Pitagora e Sporo sposati dall’imperatore Nerone, ad Antinoo tramutato in un autentico dio dalla passione dell’imperatore romano del II secolo Adriano; a Ierocle che l’adolescente Eliogabalo ha voluto come marito.
Nel mondo classico, l’omosessualità nell’antica Grecia e l’omosessualità nell’Antica Roma, pare esservi una spiccata predilezione nei confronti della pederastia, rapporto etico, estetico e finanche (ma non necessariamente) erotico tra un uomo adulto e un adolescente: la pederastia greca si personalizza nella pederastia cretese, nella pederastia spartana, nella pederastia ateniese e nella pederastia tebana. Esiste anche un’omosessualità militare nell’antica Grecia. Nell’impero romano operarono i catamite e gli exoletus. In quello che diverrà il mondo musulmano esisteranno sempre i Bacha Bazi in tutte le sue derivazioni nazionali.
L’atteggiamento e la risposta sociale a queste manifestazioni di affetto, tutte indicanti una qual certa “attitudine omosessuale” sono stati molto variegati, sia nel corso del tempo che del luogo, con valutazioni assai diversificate che vanno da una totale accettazione e integrazione fra i comportamenti socialmente accettati, addirittura onorati e celebrati fino all’esaltazione da una parte (vedi la pederastia greca, con la sua cultura della nudità nello sport e del nudo eroico) o le culture dalla Melanesia; condannati senza appello come abominio e segnalati come immorali e peccaminosi da un’altra.
Una gran quantità di definizioni sono state date per interpretare tali comportamenti e i relativi soggetti praticanti; uno dei più diffusi in occidente è stato quello di sodomia, termine di origine religiosa basato sulla celeberrima storia dei perfidi abitanti di Sodoma. Nel frattempo, con l’omosessualità nel Medioevo fanno la loro comparsa la cosiddetta amicizia romantica, poi il sentimento di agape che lega certuni monaci medioevali nell’adelphopoiesis, l’omoerotismo tracimante vigente per tutto il Rinascimento e oltre in ambito artistico, ma non solo; dalla figura di San Sebastiano nelle arti, sempre più giovane, sempre più bello e sempre più nudo; a Giovanni Battista nelle arti nella sua rappresentazione come “San Giovannino”.
I favoriti o mignons delle corti reali europee affiancavano le personalità più importanti del tempo, ma vi erano anche donne che si fingevano uomini per poter stare accanto alle loro prescelte, fino a giungere al concetto di matrimonio bostoniano nel corso del XIX secolo. I sacerdoti dello sciamanismo, travestiti o effeminati, delle civiltà precolombiane degli Aztechi e degli Incas vennero chiamati spregiativamente dai conquistadores col nomignolo di berdaches.
Nel XVIII secolo lo storico dell’arte e neoclassicista tedesco con forti inclinazioni omoerotiche Johann Joachim Winckelmann dà origine all’estetica moderna, al gusto nei confronti del bello, soprattutto riferito all’antichità greco-romana. Alla fine del XIX secolo un altro tedesco omofilo, Wilhelm von Gloeden, si rifugia in Italia del sud e crea il nudo maschile nella fotografia. A cavallo tra il XIX e il XX secolo nasce il cinema ed ecco apparire immediatamente anche l’omosessualità nel cinema; lo sviluppo sempre più massiccio del fumetto produce l’omosessualità nei fumetti (in terra nipponica con le denominazioni specifiche di Bara (genere narrativo), Yaoi e Yuri.
Negli anni sessanta dell’800 un medico ungherese conia il neologismo greco-latino omo-sessuale, ma molti altri appellativi sorgono in contemporanea o di poco successivi, da quello indicante i poeti uraniani, a omofilo all’altamente peggiorativo e gergale frocio; mentre le lesbiche diventano tribadi, amazzoni, camioniste (butch in lingua inglese). Il poeta statunitense Walt Whitman in “Calamus”, sezione di Foglie d’erba (1855) loda a voce spiegata “l’amore dei compagni”. All’interno della lunga storia dell’omosessualità in Germania nasce il primo movimento omosessuale, precursore di quello odierno.
Vi sono poi coloro che hanno parlato di terzo sesso e chi, richiamandosi ai mitici e sempre presenti esempi dell’Androgino, di Ermafrodito e altri hanno contribuito ad un’identificazione transgender, o transessuale o intersessuale, originante anch’essa dai tempi più antichi, basti solo vedere i temi transgender nell’antica Grecia. A seguito dei Procedimenti giudiziari a carico di Oscar Wilde che condussero nel 1895 ad una condanna a due anni di lavori forzati, a causa del suo innominabile connubio col giovane lord Alfred Douglas, molti uomini di lettere con le stesse sue preferenze amorose contribuirono a sviluppare una certa cultura a tematica ristretta o inerente a personaggi omosessuali, quella che diverrà la contemporanea letteratura gay.
Molti cercarono di tradurre in chiave omosessuale l’esistenza terrena di personaggi celebri: da Socrate sedotto dall’allora giovinetto Alcibiade al maturo genio rinascimentale Leonardo da Vinci che pare stregato da “Salaì” (il diavoletto) alias Gian Giacomo Caprotti; da Michelangelo Buonarroti che scrive appassionate poesie d’amore al giovane uomo Tommaso de’ Cavalieri, fino al misterioso William Shakespeare che dedica i suoi Sonetti ad un altrettanto misterioso venticinquenne; fino al pittore precursore del Barocco Michelangelo Merisi da Caravaggio che ritrae spesso e volentieri nudo o seminudo il suo – presunto, probabile – amante adolescente Mario Minniti. “Se tutti questi erano, o avrebbero potuto, essere gay, allora i loro discendenti moderni potevano ben affermare di appartenere a una nobile famiglia”.
Il XX secolo ha portato alla ribalta nuovi nomi ed altre parole per descrivere sempre la stessa cosa: gay o l’acronimo LGBT; ma vi sono anche gli “uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini” e basta. Il termine Queer è invece stato adottato, assimilato positivamente da un’iniziale sua significazione negativa. Nel 1936 i franchisti fucilano il poeta spagnolo Federico García Lorca gridandogli contro “maricon”; nel 1975 viene barbaramente assassinato un altro poeta, questa volta italiano, Pier Paolo Pasolini ed il caso viene frettolosamente chiuso essendoci un ragazzino reo confesso: una “storia da froci”. Ancora nel 1995 nel paese più evoluto ed avanzato del pianeta un giovane “faggot” viene seviziato e lasciato morire, Matthew Shepard.
La storia dell’omosessualità è quindi anche una storia degli atteggiamenti sociali possibili verso un comportamento percepito come “deviante”, ed ha interesse anche da un punto di vista sociologico, antropologico, politico e in qualche misura filosofico. Per questo motivo esiste una branca della storiografia che si occupa espressamente di storia LGBT. Figure mitologiche, personaggi storici e personalità di rilievo di vario tipo divengono icone gay.
L’atteggiamento sociale verso i comportamenti omosessuali ha conosciuto momenti di relativa tolleranza, come abbiamo visto, durante i quali la società ammetteva un certo grado di discussione ed esibizione pubblica del tema, anche attraverso l’arte e le produzioni culturali (come è avvenuto per esempio nell’antica Atene classica, nella Toscana del Rinascimento, o a Berlino e a Parigi nell’anteguerra) alternandoli però a momenti di repressione durissima, come nell’Italia del Trecento, o nell’Europa della Riforma protestante e Controriforma cattolica o ancora nel periodo a cavallo della Seconda guerra mondiale, durante il quale persero la vita diverse decine di migliaia di persone: la storia degli omosessuali nella Germania nazista e durante l’olocausto è così parte integrante di un breve ma intenso periodo di persecuzione generalizzata. Dall’altra parte vi sarà la persecuzione dell’omosessualità nell’Unione Sovietica.
Dalla seconda guerra mondiale in poi l’atteggiamento sociale nei confronti delle persone omosessuali è andato migliorando, anche a seguito delle battaglie condotte a questo scopo dal movimento di liberazione omosessuale. Secondo la cronologia della storia LGBT la cultura omosessuale rimanda indietro nel tempo fino al cinque, dieci, quindicimila a.C.; al giorno d’oggi prosegue con la richiesta di Diritti LGBT nel mondo e col riconoscimento di una qualche forma di matrimonio tra persone dello stesso sesso. In Natura pare infine esistere anche l’omosessualità negli animali.
Omosessualità e legge
La maggior parte delle nazioni non impedisce il sesso consensuale tra persone al di sopra dell’età di consenso. Alcune giurisdizioni riconoscono anche gli stessi diritti, la protezione ed i privilegi per le strutture familiari di coppie dello stesso sesso, a volte anche il matrimonio. Alcune nazioni impediscono relazioni omosessuali, vietandole per legge. I trasgressori possono andare incontro alla pena di morte in alcune aree di fondamentalismo musulmano come l’Iran e alcune parti della Nigeria. Esistono, comunque, numerose differenze tra la politica ufficiale e la reale attuazione delle leggi.
Benché i rapporti sessuali tra omosessuali siano stati decriminalizzati in alcune parti del mondo occidentale, come in Polonia (1932), Danimarca (1933), Svezia (1944) e Regno Unito (1967), non fu prima della metà degli anni settanta del XX secolo che la comunità gay iniziò dapprima a richiedere limitati diritti civili in alcune nazioni sviluppate.
Una meta importante fu raggiunta nel 1973, quando l’American Psychiatric Association rimosse l’omosessualità dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, negando così la sua precedente definizione di omosessualità come disordine mentale. Nel 1977 il Québec divenne il primo luogo al mondo a proibire a livello giuridico la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale. Durante gli anni ottanta e novanta del XX secolo, la maggior parte delle nazioni sviluppate approvò leggi decriminalizzanti il comportamento omosessuale e che proibivano la discriminazione contro persone lesbiche e gay nel lavoro, nei contratti d’affitto, in casa e nei servizi. D’altra parte, molte nazioni del Medio Oriente e africane, così come vari stati asiatici, caraibici e sudpacifici, ritengono l’omosessualità illegale. In sei nazioni il comportamento omosessuale è punibile con l’ergastolo; in altre dieci la pena può giungere alla morte.
Omosessualità e società oggi
Pregiudizio e omofobia
Il termine omofobia indica la scarsa tolleranza e la repulsione nei confronti dell’omosessualità, delle persone omosessuali e delle azioni ad esse riconducibili. L’omofobia può arrivare alla violenza fisica e all’omicidio, motivati dalla pura e semplice omosessualità della vittima. In quanto atto discriminatorio, l’omofobia si configura come una forma di sessismo. Alcuni autori, ritenendo inappropriato il suffisso -fobia, utilizzano al posto di omofobia il termine “omonegatività”.
In molte culture, le persone omosessuali sono frequentemente soggette al pregiudizio e alla discriminazione. Come i membri di altri gruppi minoritari che sono oggetto del pregiudizio, anch’essi sono soggetti a stereotipi, spesso aggravanti la marginalizzazione. Il pregiudizio, la discriminazione e gli stereotipi sono tutti esempi di omofobia e eterosessismo. L’eterosessismo può includere la presunzione per cui l’eterosessualità o l’attrazione per i membri del sesso opposto sia la giusta norma e quindi che gli eterosessuali siano superiori. L’omofobia, come già accennato, si manifesta in diverse forme e un gran numero di tipologie ne è stato formulato, tra le quali ricordiamo l’omofobia interiorizzata, l’omofobia sociale, l’omofobia emozionale, l’omofobia razionale ed altre. Similmente esistono differenti forme di lesbofobia (specifica nei confronti dell’omosessualità femminile) e di bifobia (contro le persone bisessuali). Quando certi atteggiamenti si manifestano come crimini, questi vengono solitamente definiti crimini di odio.
Gli stereotipi che caratterizzano le persone LGBT sono tanto negativi, quanto solitamente poco concernenti il romanticismo dell’individuo omosessuale; sono caratterizzati dalla promiscuità e spesso dall’erronea associazione dell’omosessualità all’abuso su minori, concezione più volte duramente contraddetta dai ricercatori e studiosi. Inoltre, ricerche suggeriscono che le persone LGBT sviluppino relazioni romantiche anche più durature e stabili. Gli uomini gay vengono spesso associati a persone con tendenze pedofile e allo stesso modo a persone che più degli uomini eterosessuali commettono tali crimini, un punto di vista rigettato dalla gran parte dei gruppi psichiatrici e contraddetta dai ricercatori. La pretesa che esistano evidenze scientifiche in sostegno ad un’associazione tra l’essere gay e l’essere pedofilo sono basate sulla misura in termini di travisamento dell’attuale evidenza. Non a caso, le statistiche dimostrano che, relativamente alla densità di popolazione in base all’orientamento sessuale, l’abuso su minore viene effettuato maggiormente dalla popolazione eterosessuale, e che, sempre in rapporto alla densità di popolazione etero e omosessuale, semmai sono le vittime di tali abusi ad essere superiori nella popolazione omosessuale, anziché in quella eterosessuale.
Attivismo politico
Sin dagli anni sessanta, molte persone LGBT in Occidente, in particolare nelle aree metropolitane, hanno sviluppato una cosiddetta cultura gay. Per molti, la cultura gay viene semplificata dal movimento del gay pride, che provvede a parate annuali e all’esposizione di bandiere arcobaleno. Nonostante ciò, in realtà molte persone LGBT decidono di non partecipare alla cultura queer, e molte lesbiche e gay ne declinano l’importanza o l’efficacia. Per alcuni sembra essere uno scenario frivolo, che perpetua gli stereotipi gay. Per altri, la cultura gay rappresenta una forma di eterofobia ed è sdegnata perché causa di un allargamento del divario tra le persone gay e non-gay.
Con lo scoppio dell’AIDS nei primi anni ottanta, molti gruppi LGBT e campagne organizzate da vari individui per promuovere trattamenti per l’educazione all’AIDS, alla prevenzione, alla ricerca e al supporto al paziente, riuscirono grazie a queste iniziative a farsi avanti nel mondo politico e a richiedere ai vari governi del sostegno per tali programmi.
Le spaventose statistiche di morte causate dall’AIDS all’inizio sembrarono rallentare il progresso dei movimenti per i diritti ai gay, ma conseguentemente, ciò galvanizzò alcune parti della comunità LGBT al servizio pubblico e all’azione politica, e cambiò la comunità eterosessuale verso una risposta compassionevole. Moltissime produzioni cinematografiche, in questi anni, riportarono sul grande schermo questa sensibilità sociale alla crisi causata dall’AIDS anche nei confronti degli omosessuali; ricordiamo An Early Frost (1985), Che mi dici di Willy? (1990), Il Grande Gelo (1993), Philadelphia (1993), e Common Threads: Stories from the Quilt (1989).
Politici pubblicamente gay hanno ottenuto numerose assegnazioni politiche e governative, anche in nazioni con leggi sulla sodomia o con trascorsi storici ostili (come ad esempio in Germania e in Italia).
I movimenti LGBT sono contrastati da numerosi individui e organizzazioni. Alcuni conservatori credono che le relazioni sessuali con persone diverse da quelle del sesso opposto siano erosive nei confronti della famiglia tradizionale e che i bambini dovrebbero crescere in una casa che abbia un padre ed una madre. I diritti gay vengono spesso attaccati da una certa permissiva libertà di espressione da parte di alcuni individui, da parte di persone che fanno appello alla libertà di esprimere la propria religione contraria all’omosessualità, anche nei posti di lavoro, dalle varie chiese,[94] organizzazioni caritatevoli ed altre organizzazioni religiose in accordo con un unico punto di vista religioso.
Il prezzo critico che la correttezza politica deve pagare ha portato alla minimizzazione dei problemi relativi all’omosessualità e, per estensione, all’HIV.
La presenza omosessuale in Italia oggi
Secondo i risultati di una rilevazione ISTAT del 2011, circa un milione di persone si è dichiarato omosessuale. Tuttavia, tale istituto stima che sono circa 3 milioni gli individui (6.7% della popolazione) che “si sono apertamente dichiarati omosessuali/bisessuali o che, nel corso della loro vita, si sono innamorati o hanno avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso, o che sono oggi sessualmente attratti da persone dello stesso sesso”.
Gli atteggiamenti nei confronti dell’omosessualità in Italia tendono ad essere più conservatori che in altre parti dell’Europa Occidentale. Malgrado ciò, esiste una significativa tradizione liberale, benché anch’essa sia ostacolata da forze maggioritarie conservatrici che si oppongono con viva voce all’omosessualità in molte delle richieste che i movimenti LGBT e l’Unione europea stessa fanno nel riconoscimento e tutela delle persone e delle coppie LGBT.
Una statistica del 2009 riscontra che il 52,5% della popolazione ritiene l’amore omosessuale eguale a quello eterosessuale, il 33,3% crede invece che l’omosessualità debba essere tollerata tanto quanto essa non debba essere ostentata, mentre il 9,3% la definisce immorale. Queste statistiche si ottengono da sostanziali differenze tra le categorie di età: mentre il 62,1% delle persone tra i 25 e i 34 anni ritiene l’amore omosessuale eguale a quello eterosessuale, solo il 33,9% di coloro che superano i 65 anni sono dello stesso parere.
Lo stesso esame ha chiesto alle persone quale sarebbe la reazione che avrebbero se il loro figlio fosse gay o lesbica. Il 53,5% ha risposto che avrebbe accettato il fatto senza alcun problema, il 13,7% l’avrebbe meramente tollerato nella misura in cui il figlio non ne parlasse più, il 12,7% non lo accetterebbe e il 2,2% considererebbe l’idea di mandare il figlio da un dottore. Si riscontra che le donne sono più tolleranti per un 8% in più rispetto agli uomini. Esistono inoltre importanti differenze geografiche: nell’Italia Settentrionale il 71,2% dei testati accetterebbe il figlio gay, nel centro il 58,4% e nell’Italia Meridionale solo il 43,6%.
Un sondaggio condotto da Demos nell’ottobre 2014 ha mostrato che il 55% degli Italiani è favorevole al matrimonio omosessuale, in aumento di ben 13 punti percentuali rispetto alla precedente rilevazione condotta poco più di un anno fa, a maggio 2013. I contrari sono il 42%
In Italia è presente il movimento chiamato Arcigay, cui si associa anche Arcilesbica, che in ogni città pone dei punti di ritrovo e di ascolto per tutti coloro che hanno bisogno di incontrare e di discutere con altri omosessuali dichiarati in quell’ambiente. Inoltre ogni sede ufficiale Arcigay mette a disposizione alle persone di maggiore età una tessera che consente l’accesso a vari locali e punti di ritrovo.
Omosessualità e religioni
Benché il rapporto tra omosessualità e religione possa variare grandemente in termini di tempo e spazio, tra differenti religioni e sette, e riguardo differenti forme di omosessualità e bisessualità, gli organi autoritari attuali e le dottrine delle più grandi religioni nel mondo vedono l’omosessualità in termini negativi. Ciò va dallo scoraggiare in linea di massima l’attività omosessuale, all’esplicito divieto di praticare il sesso omosessuale, opponendosi così all’accettazione sociale dell’omosessualità. Alcuni insegnano che l’orientamento omosessuale sia esso stesso un peccato, mentre altri asseriscono che solo l’atto sessuale sia peccaminoso. Alcuni affermano che l’omosessualità sia superabile o curabile mediante la fede e le pratiche religiose. Dall’altra parte, esistono voci nelle stesse religioni che vedono l’omosessualità in termini più positivi, e le fazioni più liberali possono anche benedire il matrimonio omosessuale. Alcuni punti di vista ritengono l’amore e/o il sesso omosessuali sacri, e una mitologia dell’amore omosessuale è rintracciabile in molte zone del mondo. Nonostante le loro posizioni riguardo l’omosessualità, molte persone di fede si affidano sia ai testi sacri che alla tradizione nel giudizio di tale ambito. Comunque, l’autorità in varie tradizioni o in vari passaggi delle sacre scritture, nonché correzioni di interpretazione e traduzione sono ampiamente disputati e costantemente sotto esame.
Il tema dell’omosessualità sollecita da millenni l’interesse delle religioni.
La posizione tradizionale di buona parte delle religioni abramitiche (ebraismo, cristianesimo, islamismo) è in generale di ferma condanna degli atti omosessuali, ritenuti contrari al disegno divino e/o alla moralità.
Tuttavia, il dibattito in corso su questo tema ha prodotto e sta producendo posizioni maggiormente sfumate, sia pure sempre nel quadro della condanna tradizionale.
Cristianesimo
Cattolicesimo
La posizione della Chiesa cattolica sull’omosessualità è compendiata in diversi testi ufficiali, riguardanti la dottrina cristiana. Nel Catechismo (nº 2358), l’omosessualità viene definita come una inclinazione «oggettivamente disordinata», purtuttavia i cattolici vengono chiamati ad accogliere le persone che presentano tale orientamento sempre con «rispetto, compassione, delicatezza», evitando ogni «ingiusta discriminazione». Le persone omosessuali, invece, per la Chiesa sono chiamate alla castità. La posizione della Chiesa cattolica nei confronti dell’omosessualità è espressa nel documento emanato dalla Congregazione per la dottrina della fede, a firma cardinale Joseph Ratzinger, intitolato Cura pastorale delle persone omosessuali, che in merito stabilisce:
« Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata. »
La Chiesa si oppone a qualsiasi forma di tutela e riconoscimento sociale della coppia omosessuale, e di proposizione dell’omosessualità come modello paritetico e parallelo all’eterosessualità. Avvalora inoltre discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale in certuni contesti quali l’ordinazione sacerdotale, l’assunzione a insegnanti di atletica, il servizio militare, l’adozione e l’affido.
All’interno della Chiesa cattolica esiste tuttavia una pluralità di controversie in ordine alle questioni pastorali, pedagogiche, gnoseologiche, sociali e politiche connesse all’omosessualità. In particolare, gli approcci pedagogici vanno dal trasformazionalismo, che rifiuta la concezione di condizione omosessuale e propone un cammino di “guarigione” verso comportamenti eterosessuali (non previsto dalla dottrina), fino a pratiche di benedizione di coppie omosessuali cattoliche non riconosciute dal diritto canonico (ad esempio Holy Unions in Dignity/USA, e Patto d’amore nella Comunità di base di Pinerolo). Tra i due estremi, esistono una pluralità di approcci presumibilmente ortodossi (gruppi diocesani, metodo “Pezzini”, ricerca teologica di Concilium, gruppi cattolici di studio su fede e omosessualità, ecc.).
Chiesa ortodossa
La Chiesa ortodossa è contraria ai rapporti omosessuali, non alle persone in quanto tali. Da questi, pretende la castità.
Protestantesimo
Le Chiese Protestanti mostrano diversi atteggiamenti: alcune mostrano maggiore tolleranza, ammettono il matrimonio omosessuale e l’ordinazione di omosessuali nel clero senza l’obbligo di celibato, altre, invece, sono contrarie a qualunque tipo di relazione omosessuale.
Altre dottrine
I Testimoni di Geova sono contrari ai rapporti omosessuali ma si dichiarono “non omofobi”. Critiche, discriminazioni e disprezzo verso persone omosessuali sono considerate dal loro movimento un comportamento non cristiano. Secondo i Testimoni, i cristiani dovrebbero trattare tutti con rispetto al di là del loro orientamento sessuale.
Islam
Nel diritto islamico non è ammissibile il concetto di orientamento sessuale, quindi sono valutati soltanto i comportamenti, cioè gli atti sessuali. In passato erano piuttosto tollerati i rapporti amorosi pederastici casti, ma il sesso anale (liwāṭ), compiuto con uomini o donne indifferentemente, è considerato un peccato molto grave dalla dottrina islamica, così come il rapporto tra due donne (siḥāq). Il Corano non prevede pene per l’omosessualità, ma le prevede per il rapporto sessuale illecito, in arabo zinā, ossia un rapporto sessuale che non rientra nel matrimonio o, per quanto riguarda l’uomo, nella relazione di concubinato. Inoltre, nonostante manchino nel Corano riferimenti diretti al liwāṭ o al siḥāq, la condanna e poi distruzione del popolo di Lot da parte di Dio, viene considerata dalla maggior parte degli esegeti una conseguenza della sodomia che essi praticavano.
I giuristi ritengono in modo unanime che il rapporto sessuale tra donne debba essere punito con una pena discrezionale stabilita dal giudice (ta’zīr), mentre per quanto riguarda il liwāṭ la questione è più complessa: la maggior parte dei giuristi della scuola ḥanafita, in accordo con il fondatore Abū Ḥanīfa, ritiene che il liwāṭ non sia equiparabile al peccato di zinā, e che quindi vada punito con una pena discrezionale.Altri due importanti giuristi della stessa scuola invece, Abū Yūsuf e Abū ʿAbd Allāh Muḥammad b. al-Ḥasan b. Farqad, detto al-Shaybānī, ritengono che vada applicata la stessa pena per zinā. I mālikiti ritengono invece che chi compie liwāṭ vada lapidato in ogni caso, mentre per shafeiti e hanbaliti si trovano due posizioni: secondo la prima, il colpevole andrebbe lapidato in ogni caso. Secondo la seconda, va applicata la stessa pena che si applica in caso di zinā, ossia la lapidazione per il muḥṣan (la persona che ha già contratto e consumato un matrimonio) e la fustigazione per il non muḥṣan.
La discussione classica si concentra quindi sulla questione della pena: il punto dei giuristi è stabilire se gli atti omosessuali siano leciti o meno e, una volta giunti alla conclusione unanime che non lo sono, valutare come essi vadano puniti.
Tali discussioni sulla pena avevano da un lato uno scopo deterrente e dall’altro erano giustificate dalla necessità che il discorso giuridico avesse una certa completezza, dal momento che il diritto islamico aspira ad essere un diritto comprensivo. Tuttavia, nella prassi raramente le pene per i rapporti omosessuali sono state applicate: da un lato questo è certamente legato alla difficoltà di dimostrare il reato, per il quale era necessario avere quattro (per quei giuristi che ritenevano trattarsi di un crimine equivalente a quello di zinā) o due testimoni che dichiarassero di aver visto l’atto illecito, dall’altro perché esisteva una certa accettazione sociale dei rapporti omosessuali.
Diversi Stati a maggioranza musulmana prevedono oggi pene contro l’omosessualità, ma si tratta di legge statale e non religiosa, molto spesso di derivazione coloniale, come nel caso libanese, in cui i rapporti sessuali “contro natura” vengono puniti dall’art. 534 del Codice Penale, di derivazione francese.
In Egitto non esiste una legge contro i rapporti omosessuali, che vengono però puniti facendo riferimento a una legge contro lo sfruttamento della prostituzione (legge 10/1961, art. 9c). In otto nazioni i rapporti omosessuali portano ufficialmente alla pena di morte: Arabia Saudita, Iran, Mauritania, Sudan, Somalia, Yemen e parte della Nigeria (il settentrione). Anche nella Striscia di Gaza, durante il controllo da parte di Hamas (dal 2007), è stata applicata la pena di morte. Altri paesi, come il Pakistan, applicano invece le pene corporali (come la flagellazione). In molti altri paesi i rapporti omosessuali vengono puniti con il carcere, per esempio in Bahrain, Qatar, Marocco, Algeria e Maldive.
In alcune nazioni a maggioranza musulmana l’omosessualità è legale, ad esempio Turchia, Giordania, Palestina esclusa la Striscia di Gaza, Mali, Iraq.
Ebraismo
L’ebraismo ortopratico, o “ortodosso”, maggioritario in Israele, condanna l’omosessualità.
Tuttavia negli USA, dove risiede la maggiore comunità ebraica della Diaspora, la corrente maggioritaria dell’ebraismo, quella riformata, ammette unioni gay e ordina rabbini omosessuali; al suo interno vi sono anche alcune sinagoghe gay.
Buddhismo
Il precetto buddhista circa la sessualità recita “Astenersi da una cattiva condotta sessuale”. Nelle diverse società ed epoche questo precetto è stato variamente interpretato, ma ha sempre mantenuto il significato di “non usare il sesso per nuocere agli altri”. Questo esclude alcuni comportamenti violenti (stupro) o che non rispettano i sentimenti e la dignità propria e altrui (adulterio).
Per un monaco, questo significa semplicemente non avere rapporti sessuali con nessuno: uomini, donne o animali.
Nei paesi in cui si è diffuso il Buddhismo (Sud Est Asiatico, Cina, Corea, Giappone) non risultano leggi e condanne legali per le pratiche omosessuali, finché queste non furono introdotte dagli occidentali (in special modo britannici).
C’è da registrare che i punti di vista sull’omosessualità sono diversi e differenziati e vanno da una esplicita condanna (non senza fraintendimenti sui significati delle parole, come l’episodio relativo alla condanna dell’omosessualità da parte del Dalai Lama) e la piena accettazione.
L’attuale Dalai Lama Tenzin Gyatso, guida del buddhismo tibetano, ha condannato gli atti omosessuali con un «No assoluto. Senza sfumature». L’orientamento predominante è però quello di una serena accettazione.
Induismo
Non ci sono condanne esplicite, tuttavia è socialmente vista come negativa. Il fenomeno dei castrati, gli hijra, un tempo diffuso, è oggi più raro.
Comportamento omosessuale negli animali
L’omosessualità negli animali si riferisce alla documentata evidenza di un comportamento omosessuale, bisessuale o transgender negli animali non-umani. Tali comportamenti includono rapporti sessuali, corte, affetto, accoppiamento e omogenitorialità. Comportamenti omosessuali e bisessuali sono diffusi nel regno animale: una ricerca del 1999 di Bruce Bagemihl dimostra che il comportamento omosessuale viene osservato in almeno 1500 specie, a partire dai primati agli acantocefali, ed è ben documentata per 500 specie. Il comportamento sessuale animale ha differenti forme, anche nella stessa specie. Le motivazioni e le implicazioni di questi comportamenti non sono ancora stati ben compresi, dacché molte specie debbono ancora essere ben studiate. Secondo Bagemihl, “il regno animale lo fa con molta più diversità sessuale – tra cui omosessualità, bisessualità e sessualità non produttiva – di quanto la comunità scientifica e la società abbiano voglia di ammettere.”
Uno dei casi più famosi, in quanto ampiamente pubblicizzato dai mass media, è stato quello riguardante Roy e Silo, la coppia di “pinguini gay” dello zoo newyorkese.
BISESSUALITA’
Si indica col termine bisessualità l’orientamento sessuale di un soggetto che ha la capacità di provare una forte attrazione romantica, sentimentale e affettivo-erotica nei confronti di individui sia del proprio sia dell’altro sesso, indirizzando il proprio comportamento sessuale di conseguenza. La persona bisessuale (diminutivo bisex o BI) può quindi sperimentare attrazione sessuale e intraprendere relazioni amorose con componenti di entrambi i sessi. Comunemente, le persone che non hanno un orientamento esclusivo per un sesso rispetto all’altro vengono facilmente identificate come bisessuali.
La bisessualità è stata osservata in varie società umane lungo tutto il corso della storia registrata e nel resto del regno animale; non è pertanto caratteristica esclusiva dell’essere umano. Come gli altri due termini principali indicanti le possibili varianti di orientamento sessuale, ossia eterosessuale e omosessuale, anche la parola bisessuale è stata coniata e per la prima volta utilizzata nel corso del XIX secolo.
Terminologia
Il termine bisessuale è stato coniato nel 1809 da alcuni botanici, per descrivere le piante provviste di organi riproduttivi sia maschili sia femminili. Non è noto quando il termine sia stato applicato al contesto dell’orientamento sessuale.
Pansessuale, omnisessuale e pomosessuale (sessualità postmoderna) sono termini che si riferiscono all’attrazione verso ogni genere, compreso il transessualismo e il transgenderismo.
Con bifobia si indica la paura o il rifiuto della bisessualità, in base alla convinzione che solo l’eterosessualità e l’omosessualità siano “reali” orientamenti sessuali e corretti stili di vita. I bisessuali possono anche essere l’obiettivo di omofobia da parte di coloro che considerano soltanto l’eterosessualità come appropriato orientamento sessuale. Al contrario, alcuni bisessuali possono essere oggetto di critiche sia da parte di coloro che hanno atteggiamenti eterofobi, sia da una parte della comunità gay.
La bisessualità nella storia
È importante tenere presente che i termini eterosessualità, omosessualità e bisessualità, ma più in generale le nozioni stesse di sessualità e orientamento sessuale, costituiscono concetti relativamente nuovi e sono stati introdotti per la prima volta dalla psicologia e dalla medicina nel corso del XIX secolo. Essi quindi non necessariamente si trovano adatti a indicare contesti storici precedenti, dal momento che le società antiche non utilizzavano, almeno non esattamente, le stesse categorie di pensiero.
La considerazione sociale del comportamento bisessuale nel corso della storia e presso le varie civiltà è stata molto varia. Relativamente alla cultura occidentale si è andati dall’apprezzamento del mondo greco, quando esercitato secondo precisi canoni, alla assoluta condanna della tradizione giudaico cristiana, che riteneva comunque inaccettabile l’attività sessuale fra individui dello stesso sesso.
Queste relazioni erano generalmente strutturate in base a classi di età (come nella pratica della pederastia nel bacino mediterraneo dell’antichità classica o la pratica dello “Shudo” nel Giappone premoderno), o strutturato in base al genere (come nella tradizione dei “Due Spiriti” proveniente dai nativi americani, o nelle pratiche dette “Bacha Bazi” dell’Asia centrale).
Molto più recentemente, nel quadro della laicizzazione o secolarizzazione del mondo occidentale, ha cominciato a svilupparsi un consistente movimento di opinione che considera la condotta bisessuale accettabile e naturale quanto la condotta eterosessuale o omosessuale.
All’opposizione verso la bisessualità delle morali tradizionali si è aggiunta, almeno in alcuni casi, una forte opposizione di molti gruppi omosessuali, che vedono tale pratica come sinonimo di promiscuità, oppure come contraddizione alla teoria della natura innata degli orientamenti sessuali, e perciò negano il concetto stesso. Ciò ha portato alcuni sostenitori del movimento bisessuale a parlare di bifobia, intesa come avversione alla bisessualità, come equivalente, specialmente in determinati settori gay, dell’omofobia.
La bisessualità è oggi molto lontana dal ricoprire l’importanza sociale che ha avuto nel mondo antico.
Europa
La gran parte di ciò che chiamiamo omosessualità nelle culture antiche è in realtà una forma più o meno istituzionalizzata di bisessualità, in quanto la pratica e le relazioni omosessuali in quel tempo erano raramente intese e progettate in modo da escludere qualsiasi relazione eterosessuale; ciò in contrasto con l’attuale classificazione perentoria in cui una persona omosessuale è attratta esclusivamente da persone dello stesso sesso, mentre una eterosessuale esclusivamente da persone di sesso opposto. È necessario comunque premettere che le informazioni storiche di cui oggi disponiamo riguardano quasi esclusivamente la bisessualità maschile; quella femminile è più difficile da stabilire, poiché le società erano generalmente patriarcali e le varie fonti a disposizione parlano solo delle relazioni maschili, interessandosi invece molto poco di quelle femminili.
Sia nella società dell’Antica Grecia sia in quella dell’Antica Roma il fatto di provare attrazione per le persone dello stesso sesso non era, di per sé, considerato deplorevole (benché fosse talora, specie in epoca tarda, oggetto di lazzi) ma, al contrario di quanto è stato talvolta sostenuto, questo non significava affatto una piena accettazione dell’omosessualità o l’esistenza di una sessualità libera. Nel mondo antico, relazioni fra persone dello stesso sesso potevano essere accettate solo all’interno di un comportamento bisessuale: per quanto non vi fosse di per sé nulla di condannabile nell’attrazione verso persone dello stesso sesso, ciò poteva realizzarsi solo a patto che un cittadino adulto, sia greco sia romano, assolvesse i doveri nei confronti dello stato. Fra questi ovviamente figuravano al primo posto l’unirsi in matrimonio, generare figli e rispettare le leggi e convenzioni sociali sulla famiglia, considerata l’architrave della società. Qualsiasi comportamento che minasse questo principio era assolutamente condannato. Ulteriori limitazioni derivavano poi dalle leggi o convenzioni che regolavano i rapporti sessuali con persone dello stesso sesso: il comportamento effeminato e il crossdressing erano di fatto deplorati. Sulle modalità con cui tale rapporto poteva realizzarsi, il mondo greco e quello romano differivano profondamente tra loro. Anzi, anche nel corso della storia greca tali modalità cambiarono notevolmente.
Antica Grecia
Gli antichi greci non etichettavano le relazioni sessuali secondo codici rigidamente binari, come la società occidentale moderna invece fa: gli uomini che avevano amanti anche di sesso maschile non venivano identificati come omosessuali, in quanto potevano benissimo avere al contempo anche una moglie o altre amanti femminili. Ciò è ben spiegato da Eva Cantarella nel suo saggio Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico.
Il primo modello di relazione bisessuale tramandatoci è quello manifestato dagli eroi omerici: il rapporto fra uomini è, secondo una felice definizione di H. I. Marrou, una “omosessualità militare” la cui essenza consiste in un cameratismo fra guerrieri. La storia di Achille e Patroclo è stata in questo senso ritenuta paradigmatica. Anche dopo che questo modello fu abbandonato, almeno secondo la morale ufficiale, esso ha continuato a essere ben presente anche nella cultura greca successiva. Uno dei drammi perduti di Sofocle si intitolava, non a caso, “Achilleos Erastai” (Gli amanti di Achille). Le stesse fonti omeriche chiariscono peraltro che questo tipo di rapporto poteva ridursi a esclusiva relazione omosessuale; indicativo in questo senso è il tipo di rimprovero che Teti, madre di Achille, rivolge al figlio per la sua relazione con Patroclo: non biasima l’eroe perché porta avanti una relazione immorale, ma perché questa relazione sta ritardando il dovere naturale cui neppure il semidio può sfuggire, quello di sposarsi e generare una discendenza.
D’altro canto si deve osservare come i legami di tipo omosessuale fra guerrieri fossero comuni anche presso altre culture, come ad esempio quella dei Celti. Un quadro meglio conosciuto è quello della Grecia cittadina, che è invece del tutto differente. Un uomo, oltre che con le donne, può avere relazioni omosessuali, ma esclusivamente sotto forma di pederastia, cioè la relazione tra un adulto con un adolescente, secondo regole e ruoli codificati e ineludibili. Non si tratta certamente di una relazione alla pari; di fatto al pais (fanciullo) è assegnato il ruolo passivo. Esso viene scelto con precise limitazioni di età (ad Atene era un fanciullo fra 12 e i 17 anni). Non solo era vietato scegliere un bambino di età inferiore, ma anche continuare nel ruolo passivo oltre i 17 anni era ritenuto inaccettabile. All’interno di tali regole la relazione non solo è tollerata ma diviene socialmente apprezzabile, in quanto ritenuta formativa ed educativa per l’adolescente.
Oltre l’adolescenza era possibile ricoprire solo un ruolo attivo, quindi avere relazioni eterosessuali adulte e con altri fanciulli, secondo le regole di cui sopra. L’omosessualità esclusiva era socialmente biasimata quando si esercitava il ruolo attivo o, addirittura, punita per un adulto che accettasse il ruolo passivo.
Secondo quanto racconta Plutarco nella Vita di Licurgo – figura leggendaria e secondo la tradizione il principale legislatore di Sparta – ogni uomo adulto doveva avere una relazione con un adolescente ed essere per lui guida morale. Era considerato vergognoso per un adolescente non avere un amante. Erano poi previste punizioni per quegli adolescenti che avessero mostrato di preferire un amante semplicemente bello e ricco a uno virtuoso. Gli Spartani inoltre pensavano che le relazioni, sia affettive sia erotiche, tra soldati esperti e principianti, avrebbero rafforzato la lealtà in combattimento e favorito i comportamenti coraggiosi da parte di coloro che volevano fare buona impressione nei confronti dei propri amati. Quando i giovani soldati raggiungevano la maturità, la relazione sarebbe dovuta diventare prettamente affettiva, senza più alcuna implicazione sessuale, ma non è ben chiaro quanto frequentemente ciò avvenisse. Alcuni giovani erano infatti accusati di continuare la relazione con il proprio mentore anche durante l’età adulta e per tale motivo venivano stigmatizzati: Aristofane li chiama euryprôktoi e li dipinge come delle “mezze donne”.
I testi sacri, riflettendo alcune abitudini culturali del tempo, incorporano anche bisessuali; l’argomento poteva essere affrontato sia sotto il profilo mistico sia didattico.
La bisessualità femminile in Grecia era sicuramente praticata e meno soggetta a regolamentazioni rispetto a quella maschile; ciò a causa del ruolo sociale assolutamente subalterno che la cultura dominante assegnava alla donna. Proprio a causa della marginalizzazione sociale della donna greca, almeno per quanto riguarda la sfera pubblica, è possibile affermare che con Saffo finisce la tradizione letteraria dell’amore fra donne: dopo di lei non rimarranno tracce evidenti nella cultura tramandata e si sa quindi ben poco sull’argomento.
Antica Roma
Ci si aspettava, ed era socialmente accettabile, che un uomo romano nato libero volesse intrattenere rapporti sessuali sia con femmine sia con maschi, fintanto che egli prendesse il ruolo sessuale attivo (vedi Attivo e passivo nel sesso). Sia le donne sia i giovani erano sempre stati considerati normali oggetti del desiderio, ma al di fuori del matrimonio un uomo poteva esprimere i propri desideri solamente con gli schiavi e le prostitute, le quali erano anch’esse spesso schiave: la moralità del comportamento dipendeva pertanto dalla posizione sociale del partner, non del genere a cui apparteneva.
Non era quindi il sesso a determinare se un partner era o meno accettabile, a patto che la soddisfazione sessuale di un uomo non usurpasse l’integrità di un altro uomo libero: erano quindi rigorosamente proibiti la violenza sessuale, la fellatio e il sesso anale con un altro cittadino romano. Risultava immorale avere rapporti sessuali con la moglie di un altro uomo nato libero, con sua figlia, con suo figlio o con l’uomo stesso; mentre l’utilizzo sessuale di uno schiavo altrui era soggetto ad autorizzazione.
La mancanza di autocontrollo, anche in relazione alla propria vita intima, indicava che un uomo era incapace di governare gli altri; troppa auto-indulgenza nei confronti dei piaceri sensuali minacciava di erodere l’élite maschile nella sua identità di persona colta.
La massima virtù era la virilità che era però intesa anche, se non principalmente, come sottomissione sessuale. Era pertanto applicabile solo ai soggetti considerati all’epoca “inferiori”, alla donna (moglie, concubina o prostituta che fosse) e in generale a chi si trovasse in situazione di schiavitù indipendentemente dal sesso. Viceversa era del tutto esclusa la possibilità, per un cittadino romano libero, di avere un ruolo passivo. Sarebbe stata una stridente contraddizione con l’ideologia del civis romanus quale dominatore assoluto.
Non avendo quindi nessuna valenza educativa, ma anzi essendo una dimostrazione di predominio, non poteva avere senso una relazione pederastica (adulto-ragazzo) come quella greca, almeno verso un fanciullo libero. Al contrario, fin dalla più tenera infanzia il romano era educato a sottomettere gli altri, anche sessualmente, e a non piegarsi mai. La passività sessuale non poteva essere tollerata, neppure temporaneamente come nel modello ellenico. Che la cosiddetta Lex Scantinia fosse stata promulgata per punire unicamente lo “”stuprum cum puero”” (intendendo come puer non uno schiavo ma un adolescente libero) non è dimostrato e non c’è concordanza di vedute tra gli studiosi.
Il tutto può lapidariamente riassumersi nella frase che Seneca, nelle Controversie, fa pronunciare all’avvocato di un liberto, cioè uno schiavo liberato, criticato per avere una relazione col suo ex padrone: “la passività sessuale (impudicitia) è un crimine per un uomo libero, una necessità per uno schiavo, un dovere per un liberto”. D’altra parte per un greco il rapporto sessuale con uno schiavo sarebbe stato, almeno secondo l’ideologia ufficiale, completamente privo di contenuti “alti”; si sarebbe trattato di meschino soddisfacimento degli istinti sessuali. A prescindere dal fatto che, specialmente in età imperiale, i comportamenti effettivi si allontanassero non poco da quelli professati negli intenti ideologici, l’indirizzo tradizionale, almeno ufficialmente, non fu mai messo in discussione e quindi la passività non fu mai ritenuta socialmente accettabile in un uomo libero. L’elemento unificante che consente di affermare che, tanto quella greca che quella romana, furono culture bisessuali, è il fatto che l’opposizione nei confronti dei comportamenti sessuali non fu mai, principalmente, fra eterosessualità e omosessualità ma fra attività e passività sessuale. Questo concetto rappresenta una sostanziale differenza rispetto alle successive società occidentali, fra cui quella attuale. Progressivamente, anche a causa dell’affermarsi del Cristianesimo, la repressione di ogni comportamento tendente all’omosessualità sarà sempre più intensa.
Scandinavia
Le fonti medievali che sono sopravvissute fino a oggi sono piuttosto frammentate per quanto riguarda il territorio scandinavo: una legge del 1164 sembra proibire gli atti omosessuali, ma senza essere adeguatamente applicata. Secondo la letteratura del tempo l’attività omosessuale è, per gli uomini, socialmente accettabile a patto che essi assumano il ruolo attivo (vedi attivo e passivo nel sesso) nel rapporto. A quanto pare, era anche accettabile per la maggior parte degli uomini (i quali dimostrano uno spiccato omoerotismo), ma solamente nei confronti degli schiavi.
Nel resto d’Europa
Il comportamento bisessuale è stato riportato tra il popolo dei Celti nei tempi antichi, tra cui anche relazioni omosessuali di tipo pederastico.
Nell’Europa medievale la bisessualità (e coloro che la praticavano) fu, in tempi e luoghi diversi, o accettata o ridicolizzata. Risulta ancora quantomai difficoltoso per uno storico arrivare a quantificare con precisione e segnalare le relazioni omosessuali all’interno della società in genere, in quanto ciò è stato sottoposto alla censura religiosa del tempo; ma anche per l’omofobia di alcuni studiosi contemporanei.
Si può tuttavia considerare quanto accaduto a personaggi celebri le cui vite sono più documentate, cioè i sovrani e i loro entourage: pratiche bisessuali sono quindi state rinvenute per alcuni grandi nomi, come il re inglese Riccardo Cuor di Leone, che si era perdutamente innamorato in gioventù del re Filippo II di Francia.
Per quanto riguarda invece Enrico III di Francia, che pur era sposato con Luisa di Lorena-Vaudémont e aveva per amanti Louise de La Béraudière du Rouhet e Maria di Clèves, è stato nonostante ciò spesso presentato dagli storici come omosessuale: vissuto in un periodo di forti turbolenze e controversie religiose e pertanto inviso a molti, parrebbe pertanto che il più delle voci di relazioni illecite coi suoi “mignons” abbiano a che fare con accuse fatte dai suoi avversari politici piuttosto che con l’effettiva realtà storica.
Nel XVI secolo re Giacomo I d’Inghilterra, sposato con la regina Anna di Danimarca e dalla quale ha avuto almeno otto figli, teneva presso di sé pubblicamente anche degli amanti maschi. Un altro esempio di comportamento bisessuale nelle corti reali è quello riguardante Filippo di Francia, duca d’Orléans, fratello di Luigi XIV (il re Sole da parte sua, pur amando profumarsi, truccarsi e incipriarsi, non ha mai visto messa in dubbio la propria “mascolinità” e il proprio orientamento sessuale): noto per le sue molteplici relazioni con uomini effeminati aveva avuto vari figli provenienti da due diversi matrimoni.
Durante il Rinascimento italiano, il “crimine di sodomia” era largamente praticato, nonostante le severe pene inflitte dalla Santa Inquisizione; vi fu a un certo punto una buona metà della popolazione di Firenze incriminata per atti sodomitici.
Una certa fluidità sessuale lungo il corso della vita, accompagnata da esperienze omosessuali compiute in gioventù, era quindi considerato come parte integrante del processo di crescita e maturità degli uomini “eterosessuali”. Tuttavia, contrariamente a quanto accadeva nell’antica Grecia e a Roma, una volta sposati essi rinunziavano quasi tutti e in maniera completa a continuare a mantenere rapporti sentimentali/amorosi con altri uomini. Niccolò Machiavelli afferma ad esempio, parlando d’un contemporaneo: da giovane rubava i mariti alle mogli, oggi ruba le mogli ai mariti.
La figura del libertino poi è stata anch’essa storicamente associata con la bisessualità, questo a partire dal XVII secolo almeno; si trattava per lo più di aristocratici che potevano, dato il loro rango, permettersi d’amare sia donne sia uomini senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. L’esempio di Gastone d’Orléans (1608-1660), fratello di Luigi XIII può essere citato come esempio; trascorreva il tempo libero tra banchetti e declamazioni di poemetti erotici, in una sorta di edonismo mondano comprendente anche relazioni sessuali con persone di entrambi i sessi. La designazione di libertino è poi proseguita per tutto il XVIII secolo, per riferirsi a persone “libere” da pregiudizi anche in campo sessuale; in quanto sfidavano l’autorità della Chiesa e la moralità del tempo, il potere religioso ha condotto contro di essi una guerra senza quartiere.
India
Nell’antico testo indiano Kama Sutra sono presenti indicazioni riguardanti le posizioni sessuali più adatte sia per l’omosessualità maschile sia per quella femminile, allo stesso modo in cui vengono descritte tutte le pratiche eterosessuali; inoltre la descrizione di pratiche sessuali all’interno della mitologia induista è stata considerata come l’espressione di una “bisessualità universale”. Tuttavia, la colonizzazione britannica e il puritanesimo vittoriano ch’essa ha introdotto in tutto il subcontinente indiano durante il XIX secolo, hanno causato la cancellazione di tutte queste manifestazioni di bisessualità della cultura indiana originale.
Cina
Nella Cina imperiale il comportamento bisessuale viene riportato fin dai tempi più remoti; almeno dieci imperatori della dinastia Han hanno avuto presso di sé amanti maschi, in aggiunta alle mogli legittime. A quel tempo vi era inoltre la presenza di prostituzione maschile, accettata e integrata all’interno della società neo-confuciana. Autori come Wang Yangming vedono difatti i bisogni sessuali, quali che siano, del tutto naturali.
L’idea di considerare illegali i rapporti intimi tra persone dello stesso sesso si è sviluppata tardi in Cina, è datata al 1740 la prima condanna penale nei confronti della bisessualità. Successivamente, con l’imposizione del regime comunista, si è avuto il periodo più difficile per l’aperta espressione bisex; la situazione, a seguito della rivoluzione culturale, è andata leggermente migliorando con un ammorbidimento progressivo.
Giappone
Nel Giappone medievale, tra gli aristocratici, erano molto comuni le pratiche bisessuali: l’élite era libera d’impegnarsi in relazioni amorose con membri di entrambi i sessi e la pratica erotica omosessuale e il diritto non erano assolutamente visti come incompatibili. Molti rappresentanti della classe nobile frequentavano i teatri appositamente per poter incontrare i giovani maschi che vi lavoravano come attori.
Sono riportate inoltre pratiche bisessuali di tipo pederastico: “wakashudō” (La via dei giovani) è un esempio di codice che rimanda alla concezione antica della pederastia. Uomini adulti, solitamente sposati, seguivano anche il loro desiderio nei confronti dei ragazzi considerati idonei per essere amati, ossia entro un limite d’età compreso tra i 13 e i 19 anni.
La bisessualità è presente anche in alcune opere di letteratura, come “Kōshoku ichidai otoko” (L’uomo che viveva di solo amore, 1682) di Ihara Saikaku: la storia racconta la vita sentimentale di un libertino (figura), le cui conquiste amorose finiscono con l’ammontare a 725 uomini e 3 742 donne.
È anche ben documentato, in particolare attraverso testimonianze diaristiche dei contemporanei, che vari imperatori hanno mantenuto relazioni omosessuali oltre all’ufficiale vita eterosessuale con le rispettive consorti; questo almeno fin dall’XI secolo (Shirakawa, Toba (imperatore del Giappone) e Go-Shirakawa sono alcuni di questi).
Per quanto riguarda le donne, a partire dall’inizio del ‘900, molte giovani lasciavano le loro case per andare in collegi e convitti scolastici, ove i legami e le relazioni intime tra ragazze si verificavano con una certa frequenza; questo continuava fino a quando non si sposavano.
Così com’è accaduto in molte altre parti del mondo, anche in Giappone queste pratiche cominciano a esser malviste solamente dopo i primi contatti avvenuti col mondo occidentale cristiano; l’unica legge che criminalizza l’omosessualità è stata promulgata nel 1873, ma è stata fatta applicare per appena otto anni.
Culture mediorientali e mondo arabo-musulmano
In Medio Oriente l’omosessualità era diffusa; alcune fonti la descrivono come “molto frequente”. Era anche un leitmotiv decantato da celebri artisti, dal Medioevo fino al XIX secolo, come il famoso poeta Abu Nuwas e il pittore persiano Reza Abbasi. Ancora oggi, nel Corano esistono divieti contro comportamenti omosessuali manifestati in pubblico (mentre l’attrazione è consentita), sono inoltre previste pene severe per i colpevoli, fino ad arrivare alla pena di morte in alcuni Stati.
In ogni caso, il Corano prescrive che quattro uomini, oppure otto donne, testimonino sulla avvenuta “trasgressione” per condannare i colpevoli. Quindi, mentre i comportamenti omosessuali erano diffusi, gli uomini non avevano eccessivi problemi riguardo a ciò nel caso in cui fossero stati sposati, avessero messo su famiglia e adempiuto agli altri obblighi sociali. Esiste comunque il fatto che tali pratiche debbano rimanere “segrete”, una esplicita ammissione della propria omosessualità sarebbe socialmente inaccettabile. In questo modo, la bisessualità nel mondo arabo e nell’impero persiano assomiglia alla cultura prevalente in alcune comunità afroamericane e latine.
Americhe
America del Nord
In molte tribù dei nativi americani era presente anche una categoria indicante i rappresentanti di un terzo sesso, gli uomini che si vestivano e comportavano come le donne, svolgendo le occupazioni tradizionalmente riservate a loro e venendo a ricoprire ruoli separati come guaritori o sciamani. Gli esploratori francesi che per primi entrarono in contatto con queste tribù chiamarono questi individui berdaches (in seguito emerge un altro titolo, quello di “Due-Spiriti”, proposto da alcune comunità di nativi americani), che poi divenne anche il nome utilizzato in Europa per indicare il partner più giovane in una relazione omosessuale maschile. Molti tra gli uomini “pellerossa” sposati erano bisessuali e tendevano ad avere tra le proprie mogli anche dei berdaches: il capo indiano Cavallo Pazzo era uno di questi.
Centro e Sud America
Tra i Maya faceva parte dei costumi sociali che nel corso dell’esistenza si potessero avere relazioni sentimentali sia con uomini sia con donne; era frequente che, durante la prima adolescenza, un ragazzo si trovasse a diventare l’amante di un giovane più grande di lui, fino a quando non sposava una donna raggiunta l’età dei vent’anni: il ragazzo amato si ritrovava poi a sua volta ad amare uno più giovane. In tal modo gli uomini maya vivevano in una certa fluidità sessuale che si sviluppava nel corso del tempo, con la gioventù associata alle relazioni omosessuali, prima di lasciar spazio nella vita adulta a uno stile di vita eterosessuale fondato sul matrimonio.
La bisessualità è documentata anche in numerose altre tribù indigene del centro e sud America: il periodo dell’adolescenza è quello più associato con le relazioni d’amore tra persone dello stesso sesso, anche se poi uomini sposati con figli potevano continuare a impegnarsi in tali rapporti.
Un’altra pratica abbastanza comune era quella di allevare un bambino maschio come fosse una femmina e poi, cresciuto, darlo in moglie a un uomo: questi “uomini-moglie” finivano con l’essere generalmente più ricercati delle spose ufficiali.
Africa
Gli studi su questo tipo di sessualità sono molto rari nel continente africano, per il tabù che nella maggior parte dei casi vige su ciò; le pratiche omosessuali sono infatti quasi sempre fortemente condannate, moralmente e spesso anche giuridicamente. Nonostante ciò in alcuni paesi, come ad esempio il Senegal, sono stati condotti a partire dagli anni 2000 seri studi in modo da riflettere sulla realtà e varietà di tali fenomeni.
Ricercatori occidentali hanno rilevato essevi state numerose pratiche bisessuali nel periodo pre-coloniale, interrotte bruscamente e forzosamente col sopraggiungere degli europei, e denigrate e criminalizzate dagli africani stessi dopo aver subito le influenze straniere occidentali e i dettami religiosi di cristianesimo e islam. Pertanto le pratiche, considerate da un certo momento in poi immorali e contro-natura dai nuovi arrivati, vengono sistematicamente cancellate lungo il corso del XVIII secolo; la convinzione quindi che l’attrazione nei confronti di persone dello stesso sesso non sia mai esistita in Africa è un mito il quale però in parte prosegue ancor oggi.
Alcuni si sono spinti fino al punto di sostenere che queste pratiche sarebbero esclusivamente di derivazione occidentale e che sarebbero quindi state importate dai coloni, ma in realtà è esattamente il contrario: i paesi africani hanno effettivamente criminalizzato l’omosessualità sulla base delle leggi assorbite dagli ex-colonizzatori. Ad esempio l’antropologo tedesco Kurt Falk aveva stimato ancora negli anni ’20 che, tra le tribù native dell’Africa occidentale studiate, v’era una prevalenza assoluta di uomini bisessuali che raggiungeva il 90% dei casi.
A titolo d’esempio si può citare anche la tribù Gangellas nell’odierna Angola: un adolescente diciottenne potrebbe dichiarare pubblicamente il suo amore per un altro maschio più giovane e cominciare a viverci assieme; anche dopo essersi sposato potrebbe continuare a intrattenere rapporti sessuali col ragazzo, fino a quando questi non sia abbastanza grande da sposarsi a sua volta e desiderare qualcuno di più giovane. Si può parlare in questi casi di una pratica molto simile alla pederastia tradizionale, ovvero l’accettazione dei rapporti tra uomini e ragazzi, con un divieto e condanna morale invece per quanto riguarda un’eventuale relazione tra due uomini adulti.
Un’altra prova di bisessualità molto simile all’antica pederastia greca o all’omosessualità militare nell’antica Grecia è quella esistente nell’oasi di Siwa, nei pressi dell’attuale confine libico-egiziano: uomini adulti e già sposati vengono fatti accoppiare con adolescenti maschi e, in edifici posti al di fuori dei confini del villaggio, vengono a formare coppie di guerrieri a scopo difensivo. Il rapporto che lega i due partner è sia romantico sia sessuale, ma anche educativo.
Per quanto riguarda la bisessualità contemporanea, una ricerca effettuata nel 2009 indica che una gran maggioranza di uomini sposati continua a mantenere relazioni sessuali anche con altri uomini: in Senegal tra l’87-94%, in Nigeria l’86%, in Uganda il 73%. Lo studio è attento a sottolineare che i soggetti coinvolti erano di tre grandi città del Senegal e non è quindi un campione rappresentativo dell’intera comunità senegalese, osservando che questo “è l’unico metodo di reclutamento possibile per un sondaggio relativo a un argomento altamente stigmatizzato e per il quale non esiste base di campionamento generale della popolazione.”
Oceania
In molte società tradizionali dell’area del Pacifico la bisessualità era largamente praticata, mentre l’omosessualità esclusiva era molto più rara. La bisessualità può essere ritualizzata o socialmente codificata: il caso delle tribù della Melanesia, dove i ragazzi maschi devono lasciare, raggiunta l’adolescenza, le famiglie d’origine, per andare a vivere per un periodo con i loro compagni uomini adulti sposati, praticando per lo più sesso orale. Una volta cresciuto, il giovane si sposa e prende a sua volta in casa un ragazzo; vi è quindi una fluidità sessuale che continua nel tempo, con un’iniziazione sessuale omosessuale in gioventù e un comportamento eterosessuale riproduttivo in seguito.
Nella parte orientale dell’arcipelago melanesiano, l’omosessualità rappresenta per lo più una transizione di fase la quale può anche esser considerata come un modo per compensare, durante l’adolescenza, la mancata possibilità di intrattenere relazioni eterosessuali prima del matrimonio. Le pratiche omosessuali posson anche esser parte di un processo d’iniziazione, infine in certi casi vengono mantenute nella vita adulta assieme alle relazioni eterosessuali.
Nella tribù di Nambas avere diverse donne e ragazzi coinvolti in relazioni amorose è attributo di potere e prestigio sociale; i giovani maschi appaiono qui come una proprietà e come tali possono anche venire prestati o venduti per un certo periodo di tempo, dai loro “mariti”, ad altri uomini.
Bisessualità oggi
Nonostante vi siano molte manifestazioni contemporanee di bisessualità, questa continua a rimanere uno dei grandi tabù moderni. Ciò è in parte dovuto al fatto che molte persone, pur essendo in realtà bisessuali (vale a dire provano sentimenti d’attrazione nei confronti di entrambi i sessi), tengono occultato il fatto e non lo esprimono, impedendo così l’emergere di una vera visibilità della bisessualità. Esistono anche alcuni termini alternativi per descrivere le varie forme di bisessualità, ma molti di essi sono considerati neologismi non universalmente accettati.
Concetti e neologismi contemporanei
– Bi-curioso (o bicurioso, spesso utilizzato anche in italiano nella sua forma anglosassone bi-curious): La bi-curiosità è un aggettivo che si applica a qualcuno che, pur definendosi eterosessuale o omosessuale, mostra più o meno occasionalmente un certo interesse o fantasia d’aver relazioni con una persona del sesso da cui solitamente non viene attratto, pur continuando a non assumere o rifiutando l’etichetta di bisex. Alcuni studiosi utilizzano il termine assumendo che esista un continuum tra eterosessualità e omosessualità. I termini omoflessibile ed eteroflessibile possono essere considerati sinonimi del termine “bi-curioso”. Il temine bicurious (senza trattino) viene citato tra quelli nati nell’ambito del gayspeak, ovvero dello slang legato alle comunità LGBT. Secondo un recente studio statunitense la “bi-curiosità” è una tendenza molto comune tra le donne che si considerano eterosessuali: il 60% di loro ha sperimentato una sorta di eccitazione sessuale verso un’altra donna, mentre al 45% è capitato di baciarsi con una donna. L’accademica britannica Yvonne Jewkes afferma che, a causa dei molti tabù ancora esistenti su ogni tipo di relazione sentimentale al di fuori di quella etero, molte persone bi-curiose utilizzano Internet come modo per socializzare affettivamente con persone dello stesso sesso, mentre pubblicamente continuano a mantenere una facciata di perfetta eterosessualità. Si osserva inoltre che il concetto di bi-curiosità, anche se l’interesse che suscita nei media dato il suo apparente aumento non influisce sulla egemonia etero, consente ad alcune donne di sperimentare in modo alternativo la propria sessualità. Spesse volte questo interesse e curiosità può essere importante anche per gli uomini, essi però non paiono impegnarsi con la stessa facilità delle donne in un comportamento o stile di vita bisex in quanto la reazione sociale nei loro confronti è meno favorevole. Una ricerca del 1993 della Università di Harvard (Harvard School of Public Health) rilevò che l’8,7 % dei maschi intervistati provavano attrazione per altri uomini ma non avevano relazioni omosessuali; una ricerca analoga svolta nel 2000 nel Regno Unito nell’ambito del National Survey of Sexual Attitudes and Lyfestyles ottenne numeri non molto diversi, appurando che l’8,1 % degli intervistati provava attrazione sessuale verso altri uomini ma non agiva per arrivare a rapporti omosessuali. Il prof. Ritch Savin-Williams della Cornell University afferma che in base alle proprie ricerche il gruppo dei maschi che si dichiarano prevalentemente eterosessuali è in forte crescita rispetto a coloro che si auto-etichettano come etero, gay o bisessuali. La sessuologa clinica Nathalie Mayor constata che internet ha cambiato radicalmente la situazione preesistente, si parla molto più spesso di prima di sesso a tre ad esempio, o di scambismo. Le donne hanno sempre più voglia di provare, la curiosità è di molto accresciuta; per gli uomini invece è ancora un argomento difficile da affrontare, pur essendo ben presente (almeno tanto quanto vi è nelle donne) il desiderio di provare. Alcuni soggetti sono spesso ritenuti omosessuali oppure bisessuali (anche se in modo non appropriato), che però non accettano la loro omosessualità (in questo caso si parla di omosessualità latente). La parola bi-curioso può inoltre essere usata per classificare chi è “bi-passivo”, “bi-permissivo” oppure aperto a rapporti bisessuali. “Bi-passivo” descrive una persona eterosessuale o “bi-curiosa” che è “aperta” a contatti sia “casuali” sia intenzionali, contatti che spesso si realizzano durante il sesso di gruppo con persone dello stesso sesso, solitamente in modo passivo, ovvero dal lato che riceve la stimolazione (o la penetrazione) da parte del soggetto attivo. “Bi-attivo” descrive una persona “bi-curiosa” o bisessuale che comincia a stabilire un contatto diretto con persone dello stesso sesso, e svolge un ruolo attivo nel rapporto, praticando la stimolazione o la penetrazione del partner.
– “Bisessuale-chic“: questo termine descrive persone che s’impegnano in rapporti di seduzione nei confronti sia di uomini sia di donne con l’intento di far parlare di sé in una prospettiva glamour. Un esempio è la cantante statunitense Madonna (cantante) la quale ha inventato lei per prima il concetto, con il videoclip della sua canzone del 1990 Justify My Love in cui la si vede baciare alternativamente un uomo e una donna. Ella ha poi anche fortemente sorpreso il pubblico nel 2003 baciando apertamente sulla bocca Britney Spears durante un concerto[63]. Da allora in poi con sempre maggior frequenza lo stesso termine ha cominciato a esser applicato a molte altre donne famose come Fergie, Kylie Minogue, Drew Barrymore, Demi Lovato, Megan Fox, Katy Perry, Rihanna e Kesha. La stessa Rihanna e Miley Cyrus sono state poi anche oggetto di speculazioni o voci riguardanti una loro effettiva bisessualità. La bisessualità-chic al maschile è invece attualmente più rara, anche se in gran parte presente già negli anni ’80 riferita ad artisti del calibro di David Bowie, Mick Jagger, Marlon Brando e Lou Reed. Più in generale sembra che proprio il vedere due belle donne che si baciano tra loro sia una delle maggiori fantasie moderne maschili.
– “Bi-permissivo” (in inglese Bi-permissive) indica qualcuno che non cerca attivamente relazioni sessuali con persone di un sesso specifico, ma che è “aperto”, ossia disponibile a fare nuove esperienze. In questa categoria può essere fatta rientrare l’omosessualità (o se è per questo eterosessualità) cosiddetta opportunistica, che descrive l’eccezionale disponibilità a rapporti omosessuali (o eterosessuali) legata alla mancanza contingente di partner disponibili del sesso preferito – il caso più classico restando quello degli ambienti sessualmente segregati. Le persone che rispondono a questa descrizione potrebbero identificarsi come eterosessuali o omosessuali, e potrebbero essere incluse nella Scala Kinsey ai posti 1 o 5 (vedi più avanti), pur avendo normalmente rapporti sessuali con persone di sesso opposto.
– “Ambisessuale” indica un’indiscriminata attrazione che si rivolge verso persone di ambo i sessi. Chi si identifica come ambisessuale può provare attrazione verso qualcuno da un punto di vista fisico, emotivo, intellettuale o spirituale, a prescindere dal sesso o dal genere, mentre conferma i suoi criteri selettivi in altri ambiti. D’altra parte, alcuni potrebbero sperimentare nei confronti di un soggetto, un’intensa attrazione forse causata da particolari qualità riguardanti proprio il sesso o il genere. Una persona con questo orientamento può essere inclusa nel settore 3 della scala Kinsey, anche se alcuni potrebbero identificarsi a pieno titolo nei posti 2 o 4 (nonostante alcuni possano pensare di essere, invece, “bi-permissivi”).
– “Tri-sessuale” è sia una variante di “bisessuale” sia un gioco di parole sempre collegato alla parola “bisessuale”. Comunque, nel suo significato più tecnico, indica persone attratte da uomini, donne e transgender (cioè transessuali o crossdresser). In termini più generici, può indicare persone interessate a “tutte” le possibili e variegate esperienze sessuali.
– “Down low“: all’inizio del XX secolo con tale termine s’intendeva lo stile di vita proprio di certi afroamericani che intessevano rapporti omosessuali di nascosto, pur continuando a mantenere una vita pubblica di relazione con le rispettive mogli o fidanzate.
– Fluidità sessuale: i termini fluidità sessuale o sessualità fluida si riferiscono a cambiamenti di comportamento sessuale nel corso del tempo, da eterosessuale a omosessuale e viceversa. Nell’inglese americano questa parola viene a volte utilizzata per sostituire “bisessuale”. La natura fluida della sessualità può anche significare che l’orientamento sessuale non è esclusivo o monolitico, ma può muoversi in alternanza o passare da una monosessualità all’altra. Il termine è spesso associato con la vita emotiva delle donne, che appaiono all’interno delle società moderne come maggiormente in grado rispetto agli uomini di riconoscere per sé l’attrazione o il desiderio di relazioni omosessuali.
– Gay for pay-gay a pagamento: il termine viene applicato a persone che si definiscono eterosessuali, ma che s’impegnano in rapporti sessuali con persone dello stesso sesso in cambio di denaro. È cosa questa alquanto comune all’interno del settore della pornografia o della prostituzione e fra i gigolò; alcuni esempi sono i porno-attori Jeff Stryker, Ryan Idol e Ken Ryker.
– Eteroflessibilità: questo termine di origine statunitense, spesso usato in tono derisorio o per negare la propria bisessualità, si riferisce a un individuo prevalentemente etero, ma che si può impegnare in un rapporto omosessuale occasionalmente perché si trova temporaneamente in un contesto favorevole a esso.
– Lesbiche fino alla laurea: questo termine descrive giovani donne anglofone le quali durante gli anni di studio all’università s’impegnano in relazioni con altre donne, per adottare poi, una volta laureate un atteggiamento rigorosamente eterosessuale e finendo con lo sposarsi con un uomo.
Oggi: diffusione nel mondo occidentale
Alcuni sondaggi indicano che una frazione di popolazione compresa tra il 2% e il 6% è bisessuale, ma esistono ancora difficoltà metodologiche riguardo alla casualità e all’ampiezza del campione preso in esame, e anche riguardo all’accuratezza con cui gli intervistati descrivono la propria condizione. Differenti studi usano inoltre test e “scale di misurazione” diverse: alcune ricerche ignorano del tutto i comportamenti omosessuali, oppure li separano nelle componenti eterosessuale e omosessuale.
I risultati proposti divergono sulla individuazione di aree geografiche o paesi nei quali l’omosessualità sia più diffusa della bisessualità (del termine bisessualità, come abbiamo visto, le definizioni sono diverse). Rapporti “non ufficiali”, che vanno dunque presi con il beneficio del dubbio, evidenziano come, nelle aree al di fuori del mondo occidentale, la bisessualità sia maggiormente diffusa dell’omosessualità. Inclinazioni e comportamenti bisessuali (specie sotto forma di masturbazione contemporanea o reciproca) sono inoltre comunemente ritenuti più frequenti nell’adolescenza che nell’età adulta, indipendentemente dal fatto che siano consapevolmente percepiti come tali dagli interessati.
Alcuni studi, tra cui ricordiamo quelli di Alfred Kinsey pubblicati nei volumi “Il comportamento sessuale nel maschio umano” del 1948, e “Il comportamento sessuale nella femmina umana” del 1953, indicano che la maggioranza delle persone esaminate sia in una certa misura bisessuale. Molti dei soggetti esaminati provano una certa attrazione per persone dello stesso sesso, sebbene provino una più forte attrazione verso persone dell’altro sesso. Secondo altri studi (erroneamente attribuiti a Kinsey), solo il 5 – 10 % della popolazione può essere considerato esclusivamente eterosessuale o omosessuale[senza fonte]. D’altra parte, una percentuale anche più piccola non ha specifiche preferenze nei confronti di uomini o donne.
Il rapporto Janus sul comportamento sessuale (Janus Report on Sexual Behavior), pubblicato nel 1993, ha concluso che almeno il 5% degli uomini e il 3% delle donne si consideravano bisessuali, mentre il 4% e il 2% rispettivamente si definivano invece esclusivamente omosessuali.
Un sondaggio del 2002 condotto dal Centro nazionale di statistica degli Stati Uniti ha rilevato che l’1,8% dei maschi tra i 18-44 anni si consideravano bisessuali mentre il 2,3% esclusivamente omosessuali, infine il 3,9% come “qualcosa d’altro”); la percentuale riferita alle femmine era invece rispettivamente del 2,8%, dell’1,3% e del 3,8%.
Nel 2007 il 14,4% delle giovani donne americane si giudicava essere “non strettamente eterosessuale”, mentre il 5,6% degli uomini si identificava come gay o bisex.
In gioventù
Sembra che la bisessualità venga maggiormente accettata e riconosciuta durante la giovinezza, rispetto a quanto accadeva in passato: le giovani generazioni infatti paiono considerare meno fondamentale la tradizionale dicotomia etero-omo, questo soprattutto tra le ragazze.
Una ricerca francese indica che la percentuale di giovani che s’identificano come gay o bisex sono esponenzialmente aumentati dal 2006 al 2013: per la fascia d’età 18-24 anni sono passati dal 2,7% al 9% per i maschi e dall’1,4% al 9% per le femmine; secondo lo studio, i giovani che s’identificano come bisessuali sono due volte più numerosi dei giovani che s’identificano esclusivamente come gay o lesbiche.
L’indagine mostra anche che la percentuale di giovani che dichiara di esser stati attratti almeno una volta da persone dello stesso sesso aumenta con l’età: se ciò è accaduto all’8% dei maschi e al 12% delle femmine tra i 15-17 anni, si passa rispettivamente all’11% e al 20% tra i 18-24 anni.
Vita familiare
La maggior parte dei bambini di coppie dello stesso sesso risultano essere i figli biologici provenienti da una precedente relazione eterosessuale di uno dei due partner.
Inoltre, un certo numero di coppie eterosessuali sposate sono composte da almeno un componente bisex; nel 1990 le donne statunitensi sposate a uomini attivamente bisessuali (che hanno avuto rapporti omosessuali negli ultimi cinque anni) è stata stimata da 1,7 a 3,4 milioni.
Studi sulla bisessualità
Nonostante sia sempre stata presente nel corso della civiltà umana, la bisessualità è stata oggetto di studi scientifici affidabili solamente a partire dalla seconda metà del XX secolo. Rimangono comunque molte interpretazioni discordanti riguardo alla sua natura. Per alcuni il termine esprime un contrasto con l’omosessualità e l’eterosessualità, mentre per altri indica una posizione intermedia fra i due estremi. In particolare Alfred Kinsey nella sua opera più nota, “Il comportamento sessuale nel maschio umano”, scrive:
« Il mondo non è diviso in pecore e capre. Non tutte le cose sono bianche o nere. È fondamentale nella tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie discrete. Soltanto la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte. Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto. Prima apprenderemo questo a proposito del comportamento sessuale umano, prima arriveremo a una profonda comprensione delle realtà del sesso »
Come è evidente il nucleo centrale del pensiero di Kinsey sta nella parola chiave continuum. Ovvero la sessualità umana non è una variabile discreta che può assumere solo i valori eterosessuale-omosessuale. L’idea della natura come continuum è largamente presente nella tradizione scientifica (basti pensare al Natura non facit saltus, e ai postulati di semplicità e uniformità di Isaac Newton). Tenendo ferme queste premesse Kinsey ritenne comunque utile proporre una scala tassonomica:
Tale approccio non esaurisce completamente la complessità dell’orientamento sessuale. Viene ad esempio lasciato fuori dalla definizione il “fattore temporale”. Con il passare del tempo alcune persone possono modificare il loro orientamento sessuale. Questo è particolarmente vero per molti bisessuali, gay o lesbiche e, sebbene in misura minore, ciò vale anche per gli eterosessuali. Non è affatto detto, comunque, che il punto della scala Kinsey in cui può trovarsi oggi una persona, sia lo stesso che aveva nel passato o che avrà nel futuro.
Uno studio del 2011 affermò che la bisessualità nell’uomo esiste, avendo così confutato la tesi di una ricerca del 2005.
Una tendenza naturale e universale?
A partire da Freud, col suo lavoro sulla psicologia della sessualità umana, la questione se la bisessualità sia la tendenza generale dell’uomo si ritrova sia nella cultura popolare sia nella ricerca accademica.
Secondo il Journal of the American Medical Association «Gli esseri umani sono per natura psicologicamente bisessuali, vale a dire che hanno la capacità di amare persone di entrambi i sessi».
Una delle difficoltà nel quantificare con precisione l’entità della bisessualità all’interno della popolazione è che molti bisessuali, per vari motivi, si autodefiniscono o come eterosessuali o come omosessuali; infatti, quando viene chiesto direttamente tramite indagini statistiche, sono pochissime le persone che si considerano e si presentano come bisessuali; se invece vogliamo sapere chi ha provato un’attrazione romantico-sessuale o si è impegnato in relazioni con persone di entrambi i sessi, ecco che si viene a ottenere una minoranza significativa (dal 43% al 46% degli intervistati, studi Hite e Kinsey) con certi casi in cui si raggiunge la maggioranza. Vi sono pertanto molte più persone che provano attrazione per entrambi i sessi rispetto a chi si identifica come bisessuale.
Bisessualità e società
Il tema della bisessualità è un argomento di difficile trattazione per diversi motivi: esistono degli stereotipi, come nel caso dell’omosessualità, dettati da condizionamenti culturali oppositivi, che potremmo definire in termini di “bifobia”, in analogia con il termine “omofobia”. Per inciso, la fobia è una “paura razionalmente non motivata”.
La bisessualità, rispetto all’omosessualità, è un concetto meno presente nell’opinione comune, poiché solitamente il bisessuale non viene identificato (nella realtà o solo nello stereotipo del senso comune) con i comportamenti considerati tipici o cliché omosessuali, come l’effeminatezza nei maschi. Di conseguenza la persona bisessuale non è percepita come soggetto che si discosti significativamente dallo stereotipo maschile o femminile corrente, cosa che ovviamente potrebbe risultare completamente difforme alla prova dei fatti. In altre parole, per il senso comune, il bisessuale semplicemente “non esiste” o non appare. Ciò ha avuto come effetto, sul piano sociale, che solo negli ultimi decenni, in particolare negli Stati Uniti, la bisessualità sia risultata visibile a livello pubblico. Anche come conseguenza di tale scarsa visibilità a livello di opinione pubblica, il comportamento bisessuale tende, presso alcuni, a essere assimilato con la tendenza eterosessuale tout court, l’uomo che ha rapporti sessuali come partner attivo, con uomini e con donne, rientra comunque nella categoria del “maschio”. Presso altri è viceversa considerata una finzione, un camuffamento adottato per sfuggire alla disapprovazione sociale che in vasti strati dell’opinione pubblica circonda l’omosessualità. Un detto della cultura gay recita: Bi now, gay later (Bisessuale oggi, gay domani).
Come conseguenza di questa subcultura, la persona bisessuale rischia un doppio ostracismo, tanto da parte dell’ambiente eterosessuale quanto da quello omosessuale, che non lo riconosce in quanto tale o lo giudica un “omosessuale mascherato”, ovvero con tendenze latenti.
Dato che molti individui bisessuali non si sentono di appartenere né alla tipologia gay né al mondo eterosessuale, e tendono a mimetizzarsi in queste categorie, è stata creata negli anni una comunità politica bisessuale, che ha costituito una propria cultura e movimenti politici specifici. Così come la comunità gay si è data come simbolo la bandiera arcobaleno, esiste anche la bandiera dell’orgoglio bisessuale. In ogni caso, forse proprio a causa di questa ambivalenza latente il “bisessuale” medio non si è mai trovato a interessarsi eccessivamente, da un punto di vista politico, alla difesa di uno stile di vita che comunque tende a vivere in un modo strettamente privato.
L’ILGA (International Lesbian and Gay Association) ha fissato per il 23 settembre la giornata mondiale dell’orgoglio bisessuale.
Nelle arti
Letteratura
Come accaduto in molti altri settori, anche in letteratura la bisessualità è stata in gran parte nascosta nel corso dei secoli.
Tuttavia, molti autori sono noti per la loro bisessualità, sia che questa si esprima nel loro lavoro o meno. Gli esempi in letteratura francese coinvolgono Louis Aragon (sposato con Elsa Triolet, dopo la morte di quest’ultima si è impegnato in varie relazioni sentimentali con giovani uomini); il poeta Paul Verlaine(sposato, mantenne una relazione sessuale continuata con Arthur Rimbaud); l’accademica di Francia Marguerite Yourcenar (che ha scritto un libro famoso sull’imperatore romano Adriano, le Memorie di Adriano), Simone de Beauvoir e Colette.
Ma la bisessualità è stata molto più comunemente discussa ed espressa, anche come tema letterario, nel mondo antico classico greco-romano, sia in discussioni filosofiche (il Simposio di Platone) sia in romanzi veri e propri (il Satyricon di Petronio Arbitro). Eva Cantarella, autrice di Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico afferma che tematiche bisessuali vengono affrontate spesso nelle opere di Omero, di Anacreonte e Pindaro per quanto riguarda i greci; e in Plutarco, Cicerone e Catullo tra gli altri per quanto riguarda i latini.
La bisessualità esplicita è di solito parte del romanzo libertino sviluppatosi nel XVIII secolo, il quale postula che ogni desiderio sessuale dev’essere realizzato indipendentemente dalla disapprovazione morale della società. Ne Le relazioni pericolose (1782) di Choderlos de Laclos, l’autore fa apparire uno dei personaggi principali (la marchesa di Merteuil) come una temibile seduttrice che ha avuto innumerevoli amanti e che ora appare fortemente attratta anche dalla quindicenne Cecilie.
Anche il personaggio del Cavaliere in La filosofia nel boudoir del Marchese de Sade, s’impegna allegramente in esperienze omosessuali quando queste gli vengono proposte da Dolmancé, pur ribadendo che “tutte queste sono stravaganze che non mi faranno in alcun modo cambiare la mia preferenza nei confronti delle donne” (Primo dialogo). Se descrizioni di vere e proprie orge bisessuali sono molto comuni nell’opera di Sade, l’omosessualità esclusiva è invece molto rara.
Famosi romanzi che descrivono personaggi bisessuali sono: Two For One, di Sean David Wright (inedito in Italia); Un grido fino al cielo, di Anne Rice; Polvere, di Rosamond Lehmann; Le ultime gocce di vino e Il ragazzo persiano, di Mary Renault; la serie di romanzi Claudine, di Colette; La lingua perduta delle gru e Mentre l’Inghilterra dorme, di David Leavitt; Passione, di Jeanette Winterson; Sul filo del tempo, di Marge Piercy; e Young in One Another’s Arms, di Jane Rule (inedito in Italia). Alcuni saggi, come Sexual Personae di Camille Paglia (1990) e Byron and Greek Love di Louis Crompton (1985), entrambi inediti in lingua italiana, hanno riportato alla luce storie sepolte di bisessualità.
Il fumetto statunitense Love & Rockets descrive la bisessualità in modo sottile.
Cinema
Il primo film a rappresentare la bisessualità sembra essere stato l’americano “A Florida Enchantment” del 1914. Nel 1934 viene redatto il Codice Hays il quale vietava qualsiasi raffigurazione di personaggi caratterialmente omosessuali o bisessuali[62]; rivelatosi del tutto obsoleto è stato abbandonato durante gli anni ’60.
In “Inside Daisy Clover” del 1966 il protagonista bisessuale è un egoista del tutto amorale, ma molti ritratti della bisessualità possono essere trovati in altri film di successo come Goldfish Memory, The Rocky Horror Picture Show e Henry & June. In Basic Instinct del 1992 Sharon Stone interpreta una fatale donna bisex, anche se la pellicola è stata accusata dal movimento LGBT di voler assimilare la bisessualità con la criminalità.
La bisessualità di alcuni personaggi storici del mondo dello spettavolo, come James Dean, Montgomery Clift, Judy Garland, Janis Joplin, ma anche Oscar Wilde e Frida Kahlo è stata rappresentata in film biografici.
Uno dei più recenti film francesi sulla bisessualità è La vita di Adele del 2013.
Televisione
Questo tema è trattato anche in alcuni show per la televisione; in Will & Grace, per esempio, il personaggio di Karen Walker è descritto come omnisessuale; nonostante sia sposata con un uomo, spesso bacia Grace e pare che durante la sua vita abbia avuto molte esperienze amorose con donne. Ci sono anche rappresentazioni negative della bisessualità, riflesso dei pregiudizi e degli stereotipi che si sono creati attorno a tale figura. Ad esempio, il telefilm Friends ha presentato una breve canzone ironica sull’argomento, che esprime un comune pregiudizio sulla materia:
« Qualche volta gli uomini amano le donne, qualche volta gli uomini amano gli uomini, dopo ci sono i bisessuali, così la gente può dire “che maiali”. »
Una battuta del Saturday Night Live recitava così:
« Un bisessuale è una persona che tira giù le mutande di un’altra persona ed è soddisfatto di qualunque cosa trova! »
(Dana Carvey)
Il pregiudizio risulta anche palese nelle trame di alcuni film, nei quali la bisessualità di un personaggio nasconde nevrosi omicide (Basic Instinct, Velluto blu, L’amante sconosciuta, Cruising e Ragazze interrotte).
Musica
Nella musica popolare, molte canzoni degli Smiths sono citate come esempi classici.
Il tema della bisessualità è stato affrontato nelle seguenti canzoni:
– Depuis qu’il vient chez nous, di Dalida (1979)
– 3e sexe, del gruppo Indochine (1985)
– Bi, dei Living Colour presente nell’album intitolato Stain (1993).
– Coming Clean, di Green Day (1994)
– Underwear, dei The Magnetic Fields (1999)
– To bi or not to bi, di Ysa Ferrer (2008)
– I Kissed a Girl, di Katy Perry (2008)
– Poker Face, di Lady Gaga (2008)
– If U Seek Amy, di Britney Spears (2009)
– Not Myself Tonight, di Christina Aguilera (2012)
– Girls/Girls/Boys, dei Panic! at the Disco (2013)
Nel regno animale
Osservato sia allo stato libero sia in cattività, il comportamento degli animali contraddice nettamente l’idea che i rapporti sessuali fra esseri dello stesso sesso siano una prerogativa degli esseri umani. Sono circa 450 le specie animali nelle quali sono stati osservati comportamenti di questo genere. L’elevato numero di osservazioni scientifiche contrasta quindi con la definizione di questi rapporti come “contro natura”, almeno se la si intende come definizione derivante da osservazioni naturalistiche. Fatta l’ovvia premessa che non possono esistere specie esclusivamente omosessuali, a seconda delle specie varia la percentuale di soggetti eterosessuali esclusivi, bisessuali e omosessuali esclusivi.
Di seguito sono riportate le frequenze di comportamento sessuale di varie specie:
– Gabbiano australiano (Chroicocephalus novaehollandiae) fra le femmine: 10% omosessuali; 11% bisessuali, 79% eterosessuali.
– Gabbiano comune (Chroicocephalus ridibundus) – fra ambedue sessi: 22% omosessuali, 15% bisessuali, 63% eterosessuali.
– Macaco giapponese (Macaca fuscata) – fra ambedue i sessi: 9% omosessuali, 56% bisessuali, 35% eterosessuali.
– Bonobo (Pan paniscus), una scimmia antropomorfa, – fra ambedue i sessi – 0% omosessuali, 100% bisessuali, 0% eterosessuali.
– Cacatua pettorosa (Eolophus roseicapilla), un tipo di pappagallo: 44% omosessuali, 11% bisessuali e 44% eterosessuali.
Come si può osservare nel caso del bonobo, una scimmia antropomorfa con cui condividiamo il 96% del nostro patrimonio genetico, il comportamento bisessuale sembra essere l’unico praticato. Comportamenti bisessuali sono stati osservati anche in specie diversissime, come le ostriche, le farfalle e le giraffe.
BISESSUALITA’ INNATA
La bisessualità innata (o predisposizione alla bisessualità) è un termine introdotto da Sigmund Freud, basandosi sui lavori del suo associato Wilhelm Fliess, che sta ad indicare il fatto che gli uomini siano nati bisessuali ma attraverso degli sviluppi a livello psicologico, includendo sia fattori interni sia fattori esterni, diventarono monosessuali mentre la bisessualità è rimasta in uno stato latente.
Non c’è consenso da parte della scienza moderna ad esempio su come la biologia abbia influenzato l’orientamento sessuale.
Tre saggi sulla teoria sessuale
Nel suo Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), Freud discute sul concetto di inversione (ad esempio l’omosessualità) o la predisposizione biologica all’omosessualità o alla bisessualità.
Le conclusioni che traccia sono basate sui fatti che nelle prime fasi della crescita, gli umani attraversano un periodo di ermafroditismo. Basandosi su ciò, egli afferma che la concezione che noi deduciamo da fatti anatomici conosciuti da lungo tempo è l’originale predisposizione dalla bisessualità, che lungo la crescita è cambiata in “monosessualità”.
Ciò porta ad una teoria generale secondo la quale l’attrazione verso entrambi i sessi è possibile ma che uno è più comune per entrambi i sessi. Egli spiega anche l’inversione dell’attrazione omosessuale come il risultato di un episodio traumatico o di episodi che prevengono il normale sviluppo dell’attrazione verso il sesso opposto.
Freud caratterizzò gli uomini come “perverso polimorfo” di natura, intendendo che o praticamente ogni oggetto può essere fonte di piacere erotico o che gli infanti sono relativamente indifferenti agli oggetti che gli procurano piacere erotico.
Differenti utilizzi
Molti usi moderni della dizione bisessualità innata sono più propensi ad indicare le ricerche di Alfred Kinsey piuttosto che quelle di Freud. In questo senso, è una suggestione che tutti o la maggior parte degli esseri umani siano bisessuali sotto alcuni aspetti ma possono non esprimere la bisessualità come comportamento.
Entrambe le teorie sono state criticate ampiamente.
Casi e studi
Dora
“Dora” è lo pseudonimo usato da Freud mentre scriveva, per indicare la sua paziente Ida Bauer (1882-1945). Spesso la teoria della bisessualità innata viene collegata alla sessione di Freud con Dora.
L’uomo dei lupi
Un altro studio spesso associato a questa teoria è che “l’uomo dei lupi”, al secolo Sergei Pankejeff, un pazente che tentò di reprimere le sue tendenze omosessuali. Freud spiegò le azioni dell’uomo dei lupi nei termini di un’incapacità di reprimere la sua innata natura femminile.
COMPORTAMENTO SESSUALE SITUAZIONALE
Il comportamento sessuale situazionale è un comportamento sessuale di tipo differente da ciò che è usuale per quella persona (o da ciò che quella persona normalmente esibisce) dovuto all’ambiente sociale che permette, incoraggia o obbliga quegli atti.
Per esempio, persone che viaggiano oltreoceano non possono avere sesso con prostitute nei loro paesi, ma lo fanno quando visitano altri paesi, dove tali attività sono legali o ignorate dalle autorità. Contrariamente, per coloro la cui primaria identificazione sessuale è la pedofilia, visitando paesi stranieri dove il sesso coi minori può essere facilmente praticato, tale attività non è considerata un comportamento sessuale situazionale.
Altri esempi sono le persone in prigione, i militari, collegi a sessi separati, isole deserte o altre comunità di segregazione sessuale, dove i membri spesso assumono comportamenti omosessuali ma si identificano come eterosessuali in altre circostanze.
Molte persone cambiano il loro comportamento sessuale al cambiare della situazione. Per esempio, uomini e donne all’università possono praticare la bisessualità solo in quell’ambiente. Esperimenti di questo tipo sono molto comuni tra adolescenti, sia maschi che femmine. Comuni termini per tale tendenza includono “eteroflessibilità”, “BUG” (Bisexual Until Graduation = Bisessuale fino alla laurea), o “LUG” (Lesbian Until Graduation = Lesbica fino alla laurea).
EROTISMO
L’erotismo (dalla lingua greca ἔρως-eros, la divinità maschile Eros dell’amore) è l’insieme delle varie manifestazioni del desiderio erotico che attrae verso qualcuno o qualcosa e il tipo di relazione che si instaura tra soggetti che ne sono coinvolti.
Secondo Platone (Simposio), nel momento in cui ne sentiamo la mancanza (desiderium in latino), l’oggetto erotico ci attira verso di sé con la forza di una calamita.
Si può pertanto provare attrazione erotica, spirituale e fisica insieme, per una persona dell’altro sesso o del proprio, ma anche per la sua rappresentazione (vedi ad es. la leggenda della statua di Pigmalione).
Caratterizzazione
Erotismo e sensualità sono due termini strettamente collegati ed interconnessi l’uno con l’altro, questo anche quando non si trovano ad avere il medesimo significato, in quanto entrambi vengono a riferirsi ad un tentativo di attrarre ed incoraggiare l’attenzione altrui. L’erotismo va oltre la mera sensualità fisica, comprendendo anche le espressioni facciali più complesse, le azioni più prettamente corporee, ma anche le dichiarazioni verbali; il suo significato comprende i segnali uditivi e visivi, linguaggio simbolico per eccellenza del corpo: l’erotismo può esprimersi con una maggiore o minore tendenza alla “sessualizzazione”, a seconda dell’intenzionalità e dell’intimità con cui si esprime.
L’erotismo può dipendere anche da un qualche cosa di completamente innocente, come uno sguardo profondo e sostenuto in un momento inaspettato, sfiorare o sussurrare qualcosa all’orecchio della persona desiderata, o urtarla con apparente inconsapevolezza; fino a giungere a qualcosa di molto più profondamente intimo e sensuale. Per tutte queste ragioni si può dire che l’erotismo è parte più di una cultura sociale che un comportamento sessuale intimo.
La dicotomia esistente tra amore erotico e amore romantico di solito non è così assoluta come potrebbe a prima vista apparire, ma è lasciata all’associazione tra amore e storia d’amore, che si fa disinteressata e si suppone aver raggiunto un certo grado di sublimazione; ed è proprio questa la distinzione che fin dall’antichità i Greci intendevano tra eros e agape (il secondo è amore solidale, si potrebbe dire già pienamente romantico), in latino tradotta come la differenza che vi è tra cupiditas e caritas.
L’erotismo è anche sempre ben presente all’interno dei vari sistemi di credenze religiose, ma può essere trovato in due aspetti apparentemente molto opposti: nei testi mistici della cristianità cattolica ad esempio, da San Giovanni della Croce a Santa Teresa di Lisieux, posseggono una retorica che ha direttamente riempito di erotismo sublimato le invocazioni dirette alla divinità; mentre nelle antiche religioni del vicino oriente esisteva una prostituzione sacra offerta al dio a cui si apparteneva.
Ma anche nel mondo classico greco-romano vi è un evidente contrasto tra la “lussuria”, con abbondanza di arte erotica (fino ad essere direttamente pornografica), e la severa castità-verginità imposta d esempio alle sacerdotesse vestali. Tali contraddizioni all’interno dello stesso sistema religioso sono evidenti anche nell’induismo, ove vi sono movimenti che promuovono il più rigoroso ascetismo da una parte e dall’altra l’esaltazione della sessualità così com’è espressa nel testo del Kama Sutra o nelle immagini dei templi di Konark e Khajuraho.
L’erotismo non va neppure confuso col feticismo, che è deviazione della libido verso particolari oggetti o parti del corpo, di modo che la semplice vista o anche solo l’immagine mentale del feticcio provoca il desiderio sessuale.
Una percezione più intellettuale dell’erotismo comprende aree tematiche in cui si presume superficialmente la sua mancanza, per esempio la scultura di Gian Lorenzo Bernini intitolata Transverberazione di santa Teresa d’Avila, dove viene rappresentata l’estasi mistica della santa spagnola con l’espressione di una donna in stato di profonda estasi fisica del tutto simile all’orgasmo.
L’erotismo è in definitiva un dispositivo complesso, in quanto copre i vari componenti sia del personale che del sociale, andando dalla biochimica all’arte; può generare attrazione sessuale che può essere adeguatamente ed opportunamente incanalata.
Erotismo e pornografia
Va distinto l’erotismo dalla pornografia: nell’erotismo infatti è importante e rilevante la presenza di un’emozione, laddove la pornografia si caratterizza per la netta separazione fra la sessualità, esibita nella sua crudezza, e il sentimento amoroso, che ne è perlopiù escluso: in questo ambito gli appassionati di manga distinguono il genere ecchi (allusivamente erotico) dall’hentai (apertamente pornografico).
L’erotismo si distingue dalla pornografia in quanto quest’ultima si definisce per ciò che viene mostrato (vale a dire il rapporto sessuale umano mostrato esplicitamente), laddove l’erotismo è definito da ciò che si sente (corrispondente sia all’eccitazione sessuale che al vissuto emotivo interiore). La pornografia non è quindi un erotismo più corposo, appartiene invece propriamente ad un altro campo semantico, anche se a volte vengono a fondersi.
Nel linguaggio comune il termine pornografia è spesso inteso come una semplice intensificazione di erotismo; un film erotico non mostra gli organi sessuali così come fa un film porno, il quale da par suo non necessariamente è erotico, vale a dire in grado di provocare emozioni sensuali nello spettatore. Altre volte la pornografia è vista anche come una certa qual forma di pervertimento dell’erotismo; quest’ultimo è considerato più nobile, sottile, capace di affascinare proprio perché non mostra quelle parti del corpo supposte essere oscene.
I termini inglesi soft (“leggero”), da cui softcore, e hard (“duro”), da cui hardcore vengono specificatamente utilizzato per differenziare la leggerezza dell’erotismo dalla durezza della pornografia. André Breton ha riassunto la questione riguardante la distinzione dei due significati così: “La pornografia è l’erotismo degli altri” (quello che non ci appartiene intimamente e che non ci piace, noi lo giudichiamo non più erotico, bensì pornografico).
Approccio filosofico
In ambito filosofico vari pensatori si sono cimentati nelle questioni riguardanti l’erotismo, da Socrate, la cui intera filosofia è legata al tema di Eros e Verità, del bello che rimanda al buono e al giusto, fino ai contemporanei Michel Henry, Roland Barthes, Vincent Cespedes e Jean-Clet Martin.
Erotismo e finitezza
Secondo l’autore francese Georges Bataille l’erotismo è intrinsecamente associato alla finitezza a cui è destinato l’individuo; l’uomo finito, centrato su se stesso, si sente spinto ad unirsi a qualcosa d’altro e a rischiare così di perdersi negli altri, nella “comunità carnale”; comunità di sensi e sentimenti scrive Lévinas per descrivere la vicinanza sensibile dei corpi, vale a dire quella che induce al sentimento erotico che prelude alla voluttà.
L’erotismo deve molto anche al senso di curiosità, ovvero al fascino provato nei confronti di un corpo che non è il proprio. Più approfonditamente, erotismo è promessa di una coincidenza, interiore ed esteriore, con l’altro; un coincidere di sensazioni e sentimenti che però rimane distinto dall’unione fisica di per sé, ché tra questi due mondi vi sono persone separate: vedi il discorso messo in bocca ad Aristofane nel Simposio di Platone.
Secondo questa linea di pensiero “platonica” pertanto, l’atto fisico d’amore è parte di una profanazione, la mera sessualità partecipa della profanazione nei confronti dell’erotismo (vedi amore platonico). Erotismo è innanzi tutto gioco, ove quello che cerca di ottenere qualcosa si espone mentre l’altro si ritira, per Jean Paul Sartre si tratterebbe di una vera e propria verità indubitabile: si invita così il partner ad investire il suo corpo, ad essere il suo corpo e ad offrirsi, non come mera e cieca carne ma in quanto fisicità abitata da una persona che è libertà.
Anche nel succitato Simposio vediamo Socrate spiegare che l’erotismo è superiore, vive e vede più in alto rispetto alla comunità e alla complementarità degli amanti; è un’indicazione verso il Vero. Così come accade per la fede religiosa, anche l’erotismo giunge a confrontare l’individuo (immerso nella propria finitezza e condannato alla propria limitazione) ad una forza creativa che lo trascende: questa può essere chiamata Dio, ideale di Bellezza, Vita, sessualità in senso biologico, capacità e forza riproduttiva.
Sacralizzata, la sessualità è tanto spaventosa quanto seducente; secondo Bataille (vedi L’erotismo (Bataille), 1957) non è affatto immorale, bensì sospende la morale individuale in nome della vita e della specie. L’erotismo ha poi in comune con la morte il fatto di smentire la chiusura di sé dell’individuo, della sua coscienza più intima all’altro, all’alterità.
Il desiderio sessuale, legato alla riproduzione, oltrepassa l’orizzonte dell’istinto di autoconservazione: l’individuo non si riproduce perché è mortale, ma è mortale perché la vita possa perennemente rinnovarsi.
Sessualità e seduzione
Simone de Beauvoir ne Il secondo sesso sottolinea come, nel caso dei mammiferi, la sessualità assuma un significato radicalmente differente per il maschio e per la femmina; in quest’ultima l’individualità non si afferma: durante il rapporto sessuale la femmina abdica e rinuncia a sé a favore del partner, il quale reclama dalla femmina una tal abdicazione con l’intento d’affermare se stesso.
Inoltre, sempre secondo la saggista femminista, il maschio svolgerebbe principalmente il ruolo di tentatore ed aggressore, questo per poter manifestare la propria potenza vitale “per un lusso gratuito e magnifico” (il piacere sessuale). La civetteria, che consiste nel rifuggire da ciò che più intimamente si ricerca, nel finto rifiuto di donarsi, è allora l’espressione della paura della donna, che vive nella sua carne l’alienazione di sé espressa dall’essere posseduta sessualmente e dalla schiavitù data dalla gravidanza e dal parto.
L’erotismo è tuttavia contrario alla brutalità del desiderio, o almeno ne rappresenta un suo raffinato travestimento; Alain scrive a proposito della “danza dell’amore”, che è un bene se “l’animale durante l’atto sessuale non si mostra troppo agli altri, in quanto è proprio allora che si umanizza”. L’erotismo manifesta sia la prossimità e la vicinanza alla frenesia, all’eccitazione e al desiderio di possesso fisico, sia la capacità di trattenersi, di rinunciare al possesso reale in favore dell’immaginazione.
Si tratta di una sublimazione, non tanto per distaccarci dalla sessualità, quanto per purificarne certi aspetti risultanti maggiormente difficoltosi: l’erotismo è in tal modo sessualità che diventa arte e ritmo.
È quindi corretto distinguerlo dalla pornografia, che è la forma più brutale di negazione del desiderio e della personalità dell’altro; l’osceno partecipa della realtà, è realismo allo stato puro, presentando la carne e l’atto dell’espressione sessuale in tutta la sua materialità e nient’altro. Oltretutto la pornografia nega l’essenza del femminile, la quale esiste qui solo sottomessa e posseduta, dominata e brutalizzata: si riveste la femminilità di purezza per poter meglio spogliarla e violentarla, in perfetto stile sadico.
Il pensatore Emmanuel Lévinas scrive che “il bello dell’arte inverte la bellezza del volto femminile”, privandola della sua profondità e del suo disordine carnale, rendendo la piena bellezza di una forma ricoperta di materia indifferente come lo è un dipinto o una statua. Questo rovesciamento nell’autore di matrice giudaico-cristiana è anche un’allusione all’amore platonico, qui concernente la giovinezza che mira ad ammantarsi ed elevarsi ad un grado maggiore di sublimazione della bellezza del corpo in direzione della bellezza ideale dell’anima.
Ma di fronte alla nudità erotica il volto si oscura, in quanto in essa viene prolungata, tramite l’intrinseca ambiguità che la contraddistingue, l’animalità istintiva. L’ambiguità della bellezza sarebbe allora quella del volto stesso, che a volte richiede rispetto ed altre si offre alla profanazione.
Libertinismo
Il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer rimase colpito dal contrasto esistente tra la leggerezza e le battute brillanti dell’uomo in società e l’estrema serietà che invece ogni specie animale ha di fronte all’atto sessuale. Ha paragonato inoltre il gioco erotico ad un semplice richiamo, ad una trappola tesa dalla vita stessa (dall’istinto di vita) nei confronti dell’intelligenza e dell’individualità degli amanti.
Ma a questo punto possiamo altresì rimarcare, rovesciandone i termini, che l’erotismo – preoccupandosi poco o nulla della procreazione – prolunga il piacere e il desiderio, rispetto a quanto accade invece al desiderio sessuale lasciato a se stesso il quale molto rapidamente s’esaurisce.
L’erotismo è da questo punto di vista profondamente ed esclusivamente umano, difatti proprio la specie umana si distingue da tutte le altre forme animali per il fatto che non conosce più l’alternanza animale costituita dall’indifferenza sessuale e dalla stagione degli amori. È in questo spazio di indeterminatezza che si sviluppa sia la moralità che la licenziosità; il desiderio non è più tanto provocato dalla Natura, quanto dall’arte della seduzione. Il piacere supera qualsiasi legittimazione biologica o sociale per apparire in tutta la sua gratuità e leggerezza giocosa.
L’erotismo si fonde poi con tutto ciò che la cultura e l’ingegno aggiungono o sottraggono alla sessualità, per renderla un gioco piacevole e desiderabile. L’amore stesso sembra essere troppo restrittivo e serio. Nel Fedro Platone fa dire all’oratore Lisia che è molto meglio favorire ed incoraggiare le imprese seduttive di coloro che non ci amano, in quanto sono meno invadenti ed incoerenti di coloro che ci amano.
L’erotismo è quindi una forma di civiltà, come l’arte o la conversazione; tuttavia vige il tentativo di deridere o banalizzare la soddisfazione data dal gioco erotico, simile in ciò a chi annusa con l’acquolina alla bocca una buona pietanza senza addentarla. Ma l’erotismo in sostanza non è il confronto con un altro corpo e un’altra persona, ma fa parte del mistero, di un’esperienza di alterità della coscienza.
Vi è anche infine la sfida costituita dalla licenziosità e dal libertinaggio, così come viene mostrato nella figura di Don Giovanni. L’individuo gioca qui con il fuoco, “con le corna del toro” secondo l’espressione di Michel Leiris; vale a dire che i sacri poteri del sesso e della morte fanno pericolosamente correre il rischio all’uomo di bruciarsi ed ammalarsi. Sfida le forze che minacciano la sua individualità ed indipendenza, matrimonio, malattia e amore, per ritrovarsi infine immutato.
Il libertinaggio poi s’avvicina pericolosamente al maschilismo, Simone de Beauvoir ha notato infatti che il maschio si distacca immediatamente dalla femmina dopo che l’ha fecondata; in questo modo il maschio, dopo aver temporaneamente oltrepassato la propria individualità, in essa nuovamente si rinchiude soddisfatto. Solamente con l’avvento delle tecniche di contraccezione di massa e della liberalizzazione morale condotta dalla rivoluzione sessuale anche alle donne viene per la prima volta permesso questa forma di gioco, sia nell’ambito dell’erotismo che della pornografia.
Approccio psicoanalitico
Nella teoria freudiana, invece, il desiderio erotico è concepito come libido, ovvero come un impulso fondamentale che muove l’essere umano verso la ricerca del piacere. L’oggetto erotico, quindi, in questo caso è investito eroticamente come potenziale fonte di soddisfazione della pulsione.
Autori e opere
Una certa curiosità nei confronti dell’erotismo è del tutto naturale negli esseri umani. Sin dai tempi antichi, la rappresentazione della nudità, in raffigurazioni come quelle della Venere di Milo o delle divinità della fertilità sulle pareti delle grotte preistoriche costituiscono la prova di questo interesse archetipico: il nudo artistico si è espresso coerentemente in tutte le culture e in tutte le epoche storiche, dall’uomo delle caverne a quello d’oggi.
L’erotismo può altresì esplicitarsi in forme e attività non direttamente connesse al suo appagamento concreto, ovvero mediante l’immaginazione o la fantasia. In questi casi esso può concretizzarsi in veri e propri prodotti artistici o intellettuali, come la fotografia, la letteratura, il cinema, la pittura, la pubblicità, etc.
Alcune delle opere di erotica classica di seguito elencate sono rappresentative per l’accanimento, ai limiti dell’odio, con cui son state perseguitate, assieme ai loro autori.
IPERSESSUALITA’
L’ipersessualità o dipendenza sessuale o, in lingua inglese, sex addiction, è un disturbo psicologico e comportamentale nel quale il soggetto sperimenta una necessità patologica ossessiva di avere rapporti sessuali o comunque di pensare al sesso, e ha quindi una dipendenza dall’attività sessuale (analoga a quella che si può avere per un qualsiasi tipo di droga).
Definizione
La ninfomania e la satiriasi non sono elencate come malattie nel DSM-IV (Manuale diagnostico e statistico dei disordini mentali) pubblicato negli Stati Uniti d’America, tuttavia rimangono parte dell’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems ICD-10, ognuna elencata come sottotipo della ipersessualità. Nella comunità medica, scientifica e specialistica della sessuologia non si è raggiunto il consenso sul fatto che la dipendenza sessuale esista effettivamente e su come descrivere il fenomeno. Gli esperti che ne sostengono l’esistenza la descrivono come un’effettiva dipendenza, al pari di altre come l’alcolismo e la tossicodipendenza. L’atto, in questo caso quello sessuale, verrebbe utilizzato per gestire lo stress o i disturbi della personalità e dell’umore.
Alcuni studiosi ritengono che la dipendenza sessuale sia, allo stato attuale, una forma di disturbo ossessivo-compulsivo e si riferiscono ad essa come sexual compulsivity, ovvero compulsione sessuale. Altri ancora credono che la dipendenza sessuale sia un mito in sé, un sottoprodotto di influenze culturali e di altro tipo.
Conseguenze
L’ipersessualità comporta un’attitudine dell’uomo o della donna a essere pronti, in qualsiasi luogo e con qualsiasi persona, a copulare oppure a praticare atti di masturbazione (a volte anche compulsiva), esibizionismo e voyeurismo. Per colui che ne soffre, potrebbero prima o poi deteriorarsi i rapporti affettivi e relazionali (anche gradualmente), compromettendo di conseguenza altre attività quotidiane e sociali dell’individuo. Il soggetto affetto da dipendenza sessuale può avere livelli più alti, rispetto alla media della popolazione, di disturbi della personalità e dell’umore quali ansia, depressione, aggressività, ossessività e compulsività.
Le conseguenze di una dipendenza sessuale possono essere molteplici, ma non necessariamente si presentano contemporaneamente in tutti i soggetti, inoltre possono essere più o meno accentuate a seconda del livello, della gravità e del tipo di dipendenza.
Tra le conseguenze indotte dalla dipendenza sessuale possono essere citate:
– Stress fisico;
– Deterioramento delle relazioni sociali;
– Diminuzione della memoria a breve termine e di sintesi;
– Opacità cognitiva e diminuzione delle abilità cognitive quali: intuito, astrazione, sintesi, creatività, concentrazione;
– Diminuzione del rendimento fisico ovvero stanchezza cronica;
– Alterazione del sonno;
– Aumento dell’ansia, senso di frustrazione, apatia;
– Disorientamento progettuale: incapacità di operare scelte importanti o di cambiamento;
– Svalutazione di sé, tristezza, malinconia e depressione, irrequietezza, isolamento sociale.
Tra le conseguenze legate specificatamente alla sessualità:
– Saturazione attrattiva e affettiva, difficoltà di innamoramento.
– Variazione delle consuete relazioni sessuali: il soggetto cerca di ricreare con il proprio partner uno schema osceno.
La dipendenza patologica è in taluni casi progressiva, aumentando di intensità col presentarsi concomitante di una forma di saturazione sessuale. Per poter soddisfare la propria pulsione può verificarsi nel soggetto la ricerca sempre più intensa di rapporti sessuali tendenti all’osceno o al perverso. Tali aspetti dovrebbero essere contestualizzati in un ambito di disagio psicologico-psichiatrico. D’altra parte, ancora oggi, l’interesse della psichiatria verso la sessualità e i problemi sessuali dei pazienti affetti da disturbi mentali è tiepido: da ciò consegue una possibile impreparazione del clinico nell’affrontare e nel gestire la dimensione sessuale del suo assistito.
Il clinico potrebbe trovarsi quindi nella disagevole condizione di utilizzare la propria esperienza come unico metro di misura del comportamento sessuale. L’evento sessuale rischia paradossalmente di essere “accettato” o “rifiutato” a seconda del fatto che sia in accordo con ciò che il clinico ritiene possa appartenere alle categorie del “buono” o del “cattivo”; in questo caso verrebbe meno una capacità di comprensione che trascenda i luoghi comuni, e che quindi possa fornire paradigmi esplicativi utili ad una gestione scientificamente corretta della domanda e del disagio sessuale del paziente disfunzionale.[senza fonte] Il soggetto portatore di un disturbo è innanzi tutto una persona con una propria identità, orientamento, preferenze e conflittualità inerenti alla sessualità, elementi che si articolano con le strutture psicopatologiche dei disturbi mentali e si declinano in “neosessualità”, la cui complessità deve essere “interpretata” più che etichettata.
L’avvento di Internet e la conseguente facilità di accesso alla pornografia, sembrerebbero avere influenza sull’aumento dei casi di dipendenza sessuale.
Diagnosi
La causa, secondo alcuni clinici, può essere dovuta a traumi o disturbi di tipo psichico ma, più in generale, è sconosciuta come del resto lo è l’eziologia di molti altri comportamenti sessuali che differiscono dalla norma.
Per distinguere il disturbo dell’ipersessualità (o dipendenza dal sesso) da una normale attività sessuale intensa, sono stati elaborati esami e test sessuali specifici come il SAST (americano) e il SESAMO (italiano). È importante dunque conoscere questo disturbo al fine di poter identificare prima possibile i sintomi che lo caratterizzano ed evitare che si manifestino e prendano corpo le più gravi conseguenze della patologia che, a volte, possono intersecarsi con la devianza ed arrivare ad interessare, a causa dei loro acting-out, l’aspetto criminologico.
I criteri diagnostici sono simili a quelli suggeriti dal DSM per altre dipendenze. La diagnosi clinica è resa più complessa e difficile nel caso di soggetto egosintonico, a meno che non sia egli stesso ad accusare la disfunzione (soggetto egodistonico) o un suo parente/conoscente che lo indirizzi verso un consulto specialistico.
Teoria della dipendenza
Secondo Patrick Carnes il ciclo della Dipendenza Sessuale inizia con i “Core Beliefs” (“Convinzioni di base”, generalmente inconsce) che il dipendente dal sesso ritiene di avere:
– “Io sono principalmente una persona cattiva e immeritevole”.
– “Nessuno mi amerebbe per quello che sono”.
– “I miei bisogni non saranno mai soddisfatti se devo dipendere dagli altri”.
– “Il Sesso è il mio bisogno più importante”.
Terapia
Il disturbo, investendo naturalmente il campo psicologico, viene di norma affrontato con psicoterapia individuale o di gruppo, all’interno della quale viene applicato un metodo leggermente diverso da quello usato nell’astinenza (utilizzato ad es. nelle dipendenze da alcol e droghe), un procedimento che si prefigge l’obiettivo di spingere il soggetto a superare l’ossessiva percezione del bisogno e ritornare ad avere un sano rapporto con la sessualità. Nei casi più ostinati, accanto alla psicoterapia, possono essere impiegati farmaci di tipo ansiolitico e terapie farmacologiche in grado di attenuare la libido.
L’uso del metodo dei gruppi di sostegno è ampiamente consigliato da vari terapeuti e autori internazionali. In alcune nazioni i soggetti vengono indirizzati al gruppo direttamente dai servizi sociali. In particolare negli Stati Uniti ci sono casi che vengono inviati al gruppo, con frequenza obbligatoria, dai Giudici del Tribunale a seguito di avvenimenti con rilevanza giuridica.
PORNOGRAFIA
La pornografia (dal greco πόρνη, porne, “prostituta” e γραφή, graphè, “disegno” e “scritto, documento”e, quindi, letteralmente “scrivere riguardo” o “disegnare” prostitute) è la raffigurazione esplicita di soggetti erotici e sessuali, in genere ritenuti osceni, effettuata in diverse forme: letteraria, pittorica, cinematografica, fotografica.
Definizione
Il termine “pornografia” tuttavia è di recente conio. È attribuibile, nella forma a noi nota, a Restif de La Bretonne che introdusse il termine nella pubblicistica moderna con il suo romanzo “Le pornographe” (1769).
Ogni essere umano ha normalmente delle fantasie erotiche, cioè usa l’immaginazione per rappresentarsi delle scene eccitanti eroticamente, senza altro scopo che l’eccitazione in sé: la pornografia è la concretizzazione di queste fantasie in immagini, disegni, scritti, oggetti o altre produzioni. Poiché molte persone hanno fantasie erotiche simili, di solito il materiale pornografico prodotto da un singolo, con le scene della sua immaginazione erotica, risulta eccitante anche per molti altri. Sebbene la pornografia sia stata usata anche come semplice ingrediente di opere artistiche più articolate, il suo fine principale è quello di indurre uno stato di eccitazione sessuale
Il termine ha iniziato ad essere impiegato con questo significato agli inizi del XIX secolo, per poi diffondersi nei decenni successivi allo scopo di distinguerla dal concetto di arte.
Generalmente, negli ordinamenti giuridici occidentali non è considerata illegale, ma in determinati contesti è (o è stata) soggetta a censura, e ne viene vietata la visione (in particolare a minorenni).
Da sempre si è dibattuto sul mutevole confine tra arte, erotismo e pornografia.
Storia della pornografia
La pornografia intesa come raffigurazione di situazioni erotiche o scene di sesso ha origini molto antiche: forme di rappresentazione esplicita di atti sessuali sono testimoniate presso la maggior parte delle civiltà della storia, ed è questione controversa se l’importanza relativa della pornografia sia correlata con il “grado di civiltà” di un popolo.
Certamente la pornografia intesa nel senso corrente è un fenomeno moderno, nato come detto precedentemente agli inizi del XIX secolo; nell’esaminare la storia di questo fenomeno, quindi, occorre estendere l’accezione di pornografia ed intendere qualsiasi genere di rappresentazione esplicita di atti sessuali, nudità e così via; tenendo però presente che, al di fuori di alcuni casi, non sempre è ipotizzabile che tale rappresentazione avesse lo scopo di provocare eccitazione nell’osservatore.
Le donne nude e le attività sessuali sono descritte in maniera minuziosa nell’arte paleolitica (vedi ad esempio la Venere di Willendorf), tuttavia, non è sicuro che lo scopo di tali opere fosse il risveglio sessuale, dato che tali immagini possono avere preferibilmente un’importanza spirituale.
Relativamente all’epoca romana, a Pompei sono tuttora in perfetto stato di conservazione i lupanari, case chiuse sulle cui pareti sono ancora presenti rappresentazioni pornografiche. Inoltre sono state recentemente notate raffigurazioni degli organi sessuali maschili e femminili eseguita in alcune strade: per gli organi femminili era segno che la strada in cui ci si trovava era frequentata da prostitute; per l’organo sessuale maschile invece il discorso è diverso: ve ne erano moltissimi scolpiti o disegnati per le vie di Roma. infatti, l’organo maschile eretto era un simbolo portafortuna, da cui è derivato il nostro cornino di corallo. Una particolare sezione del Museo archeologico nazionale di Napoli (vietata ai minori di 14 anni e ai minori di 18 non accompagnati) contiene tutto quello che di pornografico è stato trovato negli scavi archeologici di Pompei: statue, affreschi, suppellettili (e persino giocattoli erotici), che ci fanno supporre che all’epoca questo tipo di raffigurazioni fossero comunemente diffuse.
Nell’aprile del 2005 alcuni archeologi della Germania hanno notato un grosso disegno, di circa 7.000 anni fa, raffigurante un uomo che si piega sopra una donna nel tentativo di veder soddisfatte le proprie richieste sessuali. Tale figura è stata chiamata Adonis von Zschernitz.
Per molto tempo e, in parte, anche oggi, la pornografia è diventata bersaglio di lazzi e gag umoristiche o satiriche. Addirittura, nel 1920, furono pubblicati negli Stati Uniti d’America, alcuni fumetti d’impronta comica che prendevano bonariamente in giro il mondo della pornografia. Il titolo era Le Bibbie di Tijuana.
Nella seconda metà del XX secolo, la pornografia si è evoluta negli USA grazie ad alcune riviste specializzate per soli uomini, quali ad esempio Playboy e Uomo Moderno (entrambe fondate nel 1950). Questi periodici hanno ritratto donne famose completamente nude.
Dal 1960 in poi queste riviste hanno cercato una forma di raffigurazione sessuale più esplicita. Tale ricerca è terminata negli anni novanta, quando erano ormai inseriti articoli ed immagini riguardanti l’amore lesbico, l’omosessualità, la penetrazione, il sesso di gruppo, il feticismo sessuale.
Pornografia e censura
L’opportunità di censurare o meno le raffigurazioni pornografiche è da sempre all’origine di dibattiti etici e sociali. I favorevoli alla censura credono che un’azione legislativa più severa renderebbe la pornografia un fenomeno meno diffuso. I contrari alla censura sostengono che l’autodeterminazione dell’individuo non dovrebbe essere limitata per legge (fatti salvi i casi più aberranti). Inoltre, spesso, ciò che un tempo era considerato pornografico o scandalistico con le mutazioni dei costumi della società non è più considerato tale. Per esempio tratti del Decamerone di Giovanni Boccaccio, che fu addirittura inserito nell’Indice dei libri proibiti dalla Chiesa cattolica, e del romanzo di David Herbert Lawrence L’amante di Lady Chatterley, che fu considerato nell’anno in cui fu pubblicato (il 1928) osceno e offensivo al comune senso del pudore.
Una questione rilevante nel dibattito sulla censura riguarda il ruolo della pornografia nella trasmissione e nella riproduzione di forme di oppressione e violenza nei confronti della donna o di altre figure, e, in ogni caso, di un uso puramente mercantile del corpo umano. Uno degli aspetti maggiormente rimproverati alla pornografia è l’eccessivo utilizzo del sadismo.
In Giappone ad esempio, la legge non pone limiti al tipo di argomenti o di storie, ma proibisce di mostrare gli organi genitali al pubblico: per questo motivo nei film pornografici e nelle riviste, compresi anime e manga, i genitali sono censurati con vari artifici grafici.
Forme di pornografia
Stampa
Le forme più diffuse della pornografia sono foto che ritraggono donne in atteggiamenti sessuali espliciti, immagini di rapporti sessuali eterosessuali o omosessuali con due, tre o più persone coinvolte.
La stampa dedicata alla pornografia è un mercato composto da centinaia di pubblicazioni periodiche come ad esempio Penthouse, Hustler, Private e altre. Altre riviste sono in forma di fotoromanzo porno.
Pubblicazioni di notevole successo commerciale sono i fumetti porno che in Italia e Giappone sono disegnati da fumettisti di fama mondiale. Fra i maggiori autori italiani in questo campo troviamo Guido Crepax, Milo Manara e Giovanna Casotto.
Cinema
La cinematografia ha sempre avuto interesse per la pornografia ma ha trovato ostacoli nelle legislazioni delle varie nazioni. Attualmente il genere del cinema porno è un notevole affare commerciale nelle nazioni dove è consentito.
Letteratura, musica, arte
Esistono forme artistiche con contenuti erotici da alcuni assimilate alla pornografia, in letteratura (valgano per tutti gli esempi di La chiave, dello scrittore giapponese Junichiro Tanizaki, tutta la bibliografia del Marchese de Sade e la letteratura popolare inglese che ha preceduto il romanzo Moll Flanders di Daniel Defoe), nei fumetti (il genere hentai giapponese), nell’arte (La fornarina di Raffaello), nella poesia (Catullo, Marziale, Tibullo, Properzio, Ovidio, Gabriele D’Annunzio e il “divino” Aretino) e nella musica (ad esempio il brano allora giudicato scandaloso Je t’aime… moi non plus di Serge Gainsbourg e Jane Birkin).
Nella pittura e nella fotografia numerosissimi sono i casi di nudità al confine con la pornografia.
Pornografia ed internet
La grande disponibilità di pubblico e l’economicità del mezzo, rendono Internet un mezzo molto usato per la distribuzione e la fruizione di materiali a contenuto pornografico. Di fatto, con l’avvento di internet, soprattutto, per la diffusione di sistemi quali il file sharing (condivisione di file) e video sharing (condivisione di video), la pornografia è divenuta immediatamente e anonimamente disponibile ovunque e per chiunque. L’ultima conseguenza di questo fenomeno ha, innanzitutto, mitigato il generico sentimento di condanna di fronte a questa forma espressiva, dall’altro ha agevolato l’esplosione o larghissima diffusione di fenomeni quali il genere “amatoriale”, consistente nella realizzazione di foto e video di carattere porno-erotico ritraente persone comuni (spesso gli stessi soggetti autori del prodotto).
Oltre al file sharing, altro canale principale di distribuzione della pornografia via internet è rappresentato dai siti a pagamento, un’attività sempre più lucrosa per i produttori di materiale professionale che stanno privilegiando il web ai canali di distribuzione classici quali edicole, videoteche e sexy shop.
Grazie alla rete oggi si sta sempre di più affermando quello che alcuni autori definiscono Neoporn, inoltre vanno diffondendosi il flashgames per adulti, ovvero giochi elettronici, le cui situazioni (pur variando dalla commedia al fantasy) mantengono un carattere dichiaratamente pornografico.
La divulgazione di spettacoli a pagamento e non, attraverso la trasmissione in webcam, molto diffusa in tutto il web. Si dà la possibilità di assistere a spettacoli porno e comunicare via chat con chi si sta esibendo in quel momento.
Uno studio endocrinologico dell’Università di Padova ha correlato all’uso della pornografia, tra i giovani che ne fanno un uso massiccio in rete, il calo del desiderio sessuale e dell’eiaculazione precoce, nonché, in alcuni casi, disturbi come ansia sociale, depressione, ansia da prestazione, DOC e ADHD .Generalmente, è possibile che in alcuni individui si creino meccanismi di dipendenza psico/fisica da pornografia, alla stregua di qualsiasi altro tipo di dipendenza da sostanza. La ricerca di novità, e la sua messa in atto permessa dalla quantità infinita di materiale disponibile ed accessibile per chiunque, genererebbe scariche di dopamina sui neurotrasmettitori, rendendoli meno sensibili, e quindi portando ai disturbi sopra citati.
Femminismo e pornografia
Nei movimenti femministi si individuano due posizioni contrapposte riguardo alla pornografia. Le femministe ad essa favorevoli, come la sociologa della Northwestern University di Chicago Laura Kipnis, considerano la pornografia un aspetto positivo e cruciale della rivoluzione sessuale che ha portato alla liberazione della donna, contrariamente alla morale dei conservatori, che la vedono invece come oppressiva per le donne.
Invece secondo l’altra posizione, rappresentata soprattutto dalla giurista Catharine MacKinnon della University of Michigan Law School, la prospettiva “liberazionista” della pornografia è puramente illusoria: anzi essa, ponendo l’esposizione della sessualità della donna al centro del suo fuoco, la danneggia sotto vari aspetti: innanzitutto, sostenendo una ecologia culturale sessista che si compiace di ridurla a oggetto e merce sessuale, e di trasmetterne un’immagine degradata. In secondo luogo, essa si rende spesso causa o concausa di danni a persone specifiche sia in fase di produzione (donne forzate a posare, o riprese senza loro reale consenso alla produzione o circolazione del materiale pornografico), sia dopo, attraverso le modalità della diffamazione o della molestia, o ancora fornendo una spinta verso l’aggressione sessuale in persone predisposte.
Per queste ragioni certi gruppi di femministe si sono spinte a boicottare alcune manifestazioni pornografiche, sia cinematografiche che letterarie. La contestazione più curiosa è avvenuta a Napoli nel 2000: un gruppo di femministe battagliere ha scaraventato dei pomodori contro Tinto Brass, nonostante il fatto che il regista non si occupasse di pornografia, ma il suo genere di riferimento ascrivibile al softcore, e più nello specifico ai films erotici.
Pedopornografia e pornografia minorile
La pedopornografia è la pornografia in cui sono raffigurati soggetti in età pre-puberale. Si tratta dunque di materiale pornografico destinato a individui affetti da pedofilia, ossia la devianza sessuale che consiste nell’attrazione sessuale per i bambini.
La pedopornografia viene tuttavia spesso erroneamente confusa con la pornografia minorile, ossia il materiale pornografico in cui sono coinvolti individui che, pur non avendo ancora raggiunto la maggiore età, hanno già subito le trasformazioni fisiche e mentali proprie della pubertà o che hanno comunque raggiunto l’età del consenso. Tale confusione nasce probabilmente dal fatto che in molte legislazioni viene considerata illegale e punita non solo la pedopornografia in quanto tale, ma più in generale qualsiasi forma di pornografia minorile, ossia la produzione, distribuzione e detenzione di materiale pornografico coinvolgente minori.
In Italia la detenzione, la diffusione e la produzione di pornografia minorile sono punite secondo gli articoli 600 e seguenti del codice penale. È da notare, a questo proposito, che, in diversi ordinamenti, è punita anche la produzione e successiva detenzione di materiale non destinato alla diffusione (cfr. l’eventuale caso di minori che riprendano volontariamente le proprie esperienze sessuali).
Bisogna tuttavia considerare che il raggiungimento della maggiore età è diverso da paese a paese (14, 16, 17, 18, 21 o addirittura 23 anni), ragion per cui è possibile che un prodotto pornografico coinvolgente attori diciottenni, perfettamente legale in una nazione, sia illegale in un’altra e viceversa. In altri casi la soglia di età per cui immagini di nudo o pornografiche venivano considerate pedopornografia è stata elevata a più riprese, per cui materiale legale e presente in commercio alcuni decenni prima è poi divenuto illegale (cfr. ad esempio la Gran Bretagna dove il Protection of Children Act del 1978 ha definito “bambini” tutte le persone sotto i 16 anni, modificato poi dal Sexual Offences Act del 2003 che ha alzato lo spartiacque fino ai 18 anni). Allo stesso modo alcune nazioni differenziano le età da cui sono permessi il semplice nudo, rispetto a quelle in cui sono permesse le rappresentazioni di atti sessuali espliciti.
La pornografia secondo la Chiesa Cattolica
La morale cattolica fin dal Medioevo condanna la pornografia, considerata un atto che lede la dignità della persona degradandola.
Ecco come si esprime al riguardo il Catechismo della Chiesa Cattolica:
« La pornografia consiste nel sottrarre all’intimità dei partner gli atti sessuali, reali o simulati, per esibirli deliberatamente a terze persone. Offende la castità perché snatura l’atto coniugale, dono intimo degli sposi l’uno all’altro. Lede gravemente la dignità di coloro che vi si prestano (attori, commercianti, pubblico), poiché l’uno diventa per l’altro l’oggetto di un piacere rudimentale e di un illecito guadagno. Immerge gli uni e gli altri nell’illusione di un mondo irreale. È una colpa grave. Le autorità civili devono impedire la produzione e la diffusione di materiali pornografici »
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2354)
DIPENDENZA DALLA PORNOGRAFIA
La dipendenza dalla pornografia (in alcuni casi pornodipendenza) è una forma di compulsione caratterizzata da un abuso di visione di pornografia con o senza masturbazione, che comporta una diminuzione della qualità della propria vita personale o familiare. Al pari della masturbazione compulsiva con o senza pornografia, fa parte della più ampia dipendenza sessuale.
Definizione
La prima descrizione del fenomeno risulta effettuata nel 1995 dalla psicologa Kimberly Young, che si è occupata di varie dipendenze dovute ad internet. Varie pubblicazioni concordano sul fatto che per alcune persone la fruizione di pornografia può raggiungere livelli di abuso pari a quelli riscontrati con l’alcool, il gioco d’azzardo o altre droghe. In particolare Lakshmi Waber, dell’Ospedale dell’Università di Ginevra, descrive: “la persona dipendente da Cyber – pornografia può provare un ‘flash’ durante la masturbazione o mentre condivide il materiale erotico con altre persone. Inoltre può risentire dei sintomi di astinenza e avere delle ricadute durante il processo terapeutico, fa diversi tentativi per smettere, senza riuscirci, quindi, di fatto, è assolutamente paragonabile alle altre dipendenze”.
Attualmente la dipendenza da pornografia non è indicata nell’ultima revisione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV-TR), che non contempla un problema così specifico, legato esclusivamente al rapporto con la pornografia. Vi sono tuttavia vari psicologi che hanno proposto questo riconoscimento.
Controversie scientifiche
L’origine e l’esatta terminologia scientifica da applicare al fenomeno sono oggetto di controversie. Alcuni terapeuti la giudicano non comparabile alle dipendenze da sostanze e ritengono non dovrebbe essere classificata come tale.
Erick Janssen, ricercatore al Kinsey Institute, considera il problema come una compulsione, più che una dipendenza, e critica l’uso del termine “dipendenza”, in quanto, “anche se il disturbo è simile alla dipendenza, trattare i soggetti come “dipendenti” può non essere di aiuto”. Anche per la sessuologa Leanne Weston “compulsivo è un termine più appropriato” per indicare il fenomeno.
Altri autori preferiscono parlare di “abuso di pornografia”, limitando la descrizione del fenomeno a un uso eccessivo di pornografia che interferisce con le normali attività. Per altri ancora è “una ricerca compulsiva di emozioni profondamente piacevoli” tramite la pornografia, normalmente accompagnata da masturbazione compulsiva.
Per la letteratura scientifica italiana, al pari della più ampia dipendenza dal sesso, anche la pornodipendenza è lungi dall’essere definita chiaramente, e sul piano terapeutico le linee guida sono ancora incerte e frammentarie.
Controversie culturali
Risultano invece più ampie controversie sugli aspetti culturali e religiosi di questa compulsione, laddove la scarsa conoscenza o le forti controversie morali sulla pornografia in generale si interessano allo specifico argomento della dipendenza. In molti interventi, infatti, si confonde sovente la lotta alla pornodipendenza (terapia psicologica) con la lotta alla pornografia (battaglia morale) e all’industria dell’hardcore.
Diagnosi
Allo scopo di differenziare l’uso generico di materiale pornografico dalla pornodipendenza, risultano applicabili i comuni criteri diagnostici suggeriti dal DSM per le altre dipendenze.
Conseguenze
Il primo studio rigoroso sugli effetti della pornografia online sui pazienti in cura, ad uso dei sessuologi e terapeuti, è stato pubblicato nell’agosto 2000 da Al Cooper con la revisione di Christian Perring. Le conseguenze generalmente indicate in letteratura psichiatrica sono simili a quelle di altre dipendenze e disagi psichici. Soggetti interessati al fenomeno riportano inoltre alcune conseguenze specifiche del disturbo, quali sessualizzazione del partner, incapacità di innamoramento profondo e ripercussioni sulla coppia. Per Lakshmi Waber “quando non si pensa ad altro che a navigare tutto il giorno su internet e si trascorrono 15, 20 ore al giorno senza fare altro, senza mangiare, senza dormire, senza curarsi delle potenziali relazioni che si potrebbero intrattenere in quel momento, si può parlare di perdita di controllo perché il paziente ha l’impressione di non controllare più il proprio comportamento. I sintomi descritti sono sempre gli stessi, sensazione di astinenza, consumo compulsivo, desocializzazione e difficoltà professionale”. Secondo vari istituti, gli effetti della visione prolungata di pornografia nel cervello umano sono equiparabili a quelli della cocaina.
Terapia
Il disturbo, investendo naturalmente il campo psicologico, viene di norma curato tramite psicoterapia individuale o di gruppo assistito o di gruppo di mutuo auto aiuto tramite terapeuti interessati a questo ambito, centri di ricerca o associazioni di auto aiuto.
L’uso del metodo dei gruppi di sostegno è ampiamente consigliato da vari terapeuti e autori internazionali, quali Patrick Carnes, Kimberly Young e Claudia Black. Secondo Kimberly Young “le terapie più efficaci sono la cognitivo comportamentale, il tradizionale Gruppo di Supporto dei 12 Passi e la terapia coniugale o familiare, come necessario. Praticamente lo stesso per qualsiasi altra dipendenza”. In generale i terapisti che trattano i dipendenti da pornografia riportano di intervenire con le stesse modalità definite per le altre dipendenze.
Gli ospedali universitari di Ginevra risultano pionieri sull’argomento in Europa, col lancio di un programma specifico ‘anti-assuefazione-sessuale’ a cui nei primi mesi del 2009 sono una decina i pazienti che hanno chiesto di essere curati.
Cause
La causa del disordine in generale è sconosciuta come del resto lo sono molti altri comportamenti sessuali difformi dalla norma. Per gli studiosi clinici la causa può essere dovuta a traumi di tipo psichico. Secondo le pubblicazioni di Patrick Carnes il ciclo dei comportamenti dipendenti e compulsivi in ambito sessuale inizia invece dalle Convinzioni Inconsce (Core Beliefs) che il dipendente dal sesso ha di sé. Questi possono essere
ad esempio:
– sentirsi una persona cattiva e immeritevole
– avere la convinzione di non poter essere amato/a
– credere che i propri bisogni non saranno mai soddisfatti dall’aiuto altrui
– percepire il sesso come il bisogno più importante.
Judith Reisman, infine, autrice di The Psychopharmacology of Pictorial Pornography (La psicofarmacologia delle immagini pornografiche) qualifica la pornografia come “erotossina”: “La pornografia agisce sul cervello come una droga – è una droga. Guardare film hard infatti rilascia una dose di adrenalina che viene assimilata dal corpo, oltre a una secrezione di testosterone, di ossitocina, di dopamina e di serotonina. È un cocktail di droghe. La pornografia è un eccitante estremamente potente, che provoca euforia”. Nel 2007 è stato pubblicato uno studio decennale di neurologia applicata all’uso di pornografia, condotto dal ricercatore Mark B. Kastleman e che similmente conclude definendo l’abuso di pornografia come “una dipendenza da droga/sostanze”, specificando “la pornografia in internet causa il rilascio di un flusso di potenti sostanze neurochimiche nel cervello, virtualmente identiche alle droghe sintetiche”.
Teorie
Secondo Mary Anne Landen, premesso che una delle caratteristiche peculiari della dipendenza è lo sviluppo di tolleranza alla sostanza, allo stesso modo di come i tossicodipendenti abbisognano di sempre maggiori dosi, anche i dipendenti da pornografia avrebbero bisogno di materiale sempre più estremo per ottenere lo stesso livello di eccitamento sperimentato in precedenza.
Alcuni psicologi e terapeuti sessuali (ad esempio Kimberly Young, e Victor Cline) hanno proposto l’identificazione di alcuni stadi nella dipendenza da pornografia. Il serial killer Ted Bundy dichiarò che la sua dipendenza da pornografia attraversò diverse fasi: da ragazzo, visionava pornografia softcore, successivamente passò all’hardcore e infine alla pornografia violenta; questo potrebbe però essere correlato ad una sua evoluzione patologica e non necessariamente indice di una gradualità nel consumo di materiale pornografico.
Si nota come i vari stadi non debbano necessariamente essere consequenziali e come non tutti i soggetti affetti dal disturbo passino attraverso tutte le fasi.
L’IDENTITA’ SESSUALE DAI GRECI A FREUD
L’identità sessuale dai Greci a Freud è un saggio storico scritto da Thomas Laqueur nel 1990, che indaga sulle diverse rappresentazioni dei generi sessuali dagli antichi Greci in poi.
Il linguaggio e la carne (introduzione)
Questo saggio ha per oggetto il contrasto millenario tra Corpo e Genere, vale a dire tra corpo e cultura. Prima del 1750 essere uomo o donna significava, ancora prima di avere un corpo, possedere un ruolo sociale.
Nella seconda metà del Settecento – e solo allora – si giunge a concepire la possibilità che “la maggioranza delle donne non sia un granché turbata dai sentimenti sessuali”: la presenza/assenza dell’orgasmo divenne cioè un contrassegno biologico della differenza sessuale.
Fino ad allora la differenza sessuale era considerata come un’omologia di organi, che gli uomini presentavano al di fuori e le donne al di dentro. Ma nel tardo Settecento questo modello unidimensionale cede il passo ad un radicale dimorfismo; un secolo dopo questa differenza radicale arriverà fino al livello dei componenti elementari microscopici.
La scienza non è affatto sintonizzata con l’evoluzione culturale: proprio all’apice della concezione dimorfistica (1850), la biologia andava nel senso opposto, riformulando l’isoformismo sessuale a livello embriologico, con la scoperta che pene e clitoride hanno la stessa origine nel feto. (“Da sola l’epistemologia non produce due sessi opposti. Perché ciò avvenga occorrono talune circostanze politiche”).
Secondo Michel Foucault, la sessualità non è una qualità intrinseca della carne, e neppure un impulso biologico. Essa è “una maniera di modellare l’io nell’esperienza della carne”, e si costituisce a partire da certe forme di comportamento. La sessualità è una sorta di opera d’arte.
Le teorie della differenza sessuale hanno influenzato il corso del processo scientifico e l’interpretazione di particolari risultati sperimentali. La biologia – come la letteratura – non riproduce la realtà, ma la costruisce. Perciò occorre coinvolgere esplicitamente la biologia nei dilemmi interpretativi della letteratura. In questo consisterebbe la lezione dello strutturalismo: gli esseri umani impongono il loro senso dell’opposizione (bianco/nero, acceso/spento, maschio/femmina) ad un mondo fatto di gradazioni continue di differenze e somiglianze.
Il destino è l’anatomia
L’ossimorico corpo monosessuale, dove i confini tra maschio e femmina sono politici: differenza e desiderio sono modellati più dalla retorica che dalla biologia.
– Secondo Galeno “Tutte le parti che hanno gli uomini le hanno anche le donne (all’interno)”; i genitali femminili sono la versione imperfetta dei maschili, come gli occhi ciechi della talpa sono la versione imperfetta dei nostri occhi.
– Aristotele, benché convinto dell’esistenza di due sessi come filosofo-naturalista, è persuaso dell’immaterialità del carattere mascolino, e si adopera dunque a demolire le distinzioni organiche tra i sessi. Gli organi sessuali fisici sono considerati perciò contrassegni contingenti; la verità naturale del sesso mascolino o femminino era l’opposizione attivo/passivo; non c’è nessun tentativo di fondare i ruoli sociali sulla natura. La paternità, non il pene, caratterizza l’uomo. Per Kaulos si può intendere sia il pene che la vagina che il clitoride: la confusione terminologica deriva da una mancata esigenza, da parte degli studiosi, di sviluppare un preciso vocabolario anatomico.
– Fino a tutto il Medioevo i fluidi corporei e gli organi sono ritenuti tutti in comunicazione tra loro: lo sperma, ad esempio, è sangue raffinato (la schiuma del sangue) che passa nel cervello e poi attraverso midollo, reni, testicoli, giunge al pene. Questo sangue, le donne, meno calde degli uomini (prive cioè del calore necessario a farlo schiumare), lo perdevano o con le mestruazioni o lo raffinavano in maniera meno imperfetta, sotto forma di nutrimento per il feto o di latte (Isidoro di Siviglia).
Secondo Aristotele anche gli uomini, se munti regolarmente, produrrebbero latte. I fluidi riproduttivi (seme maschile e femminile, sangue, latte) erano distinti non morfologicamente, ma gerarchicamente: non in un rapporto di opposizione, ma di contiguità.
– Per Aristotele solo l’uomo produce un seme; per Galeno esiste un seme maschile ed uno femminile; per Ippocrate il seme maschile (forte) o femminile (debole) può essere prodotto sia dal maschio che dalla femmina: è la maggior quantità di seme forte o debole ottenuto con le due emissioni a determinare il sesso del nascituro, in una “battaglia dinanzi all’utero”. L’idea galenica e poi ippocratica che anche la femmina produca seme può provocare un dubbio inquietante: che bisogno ha dunque la donna dell’uomo per generare? E se l’uomo fosse un semplice strumento per scaldare e rimescolare il seme della donna? Credere all’importanza del maschio nella riproduzione è necessario, ma difficile: così come nel caso dell’invisibile Dio ebraico (vedi Freud, L’uomo Mosè e la religione monoteista) occorre prestare fede ad una deduzione, contro l’evidenza materiale dei sensi.
– Per gli Antichi la libido non aveva sesso. Causa della libido è il seme, che produce smania nella parte del corpo predisposta. Galeno non spiega chiaramente se l’utero abbia un’erezione o no. Aristotele, per proteggere la differenza filosofica tra causa efficiente (maschile) e materiale (femminile) arriva a postulare la possibilità di un concepimento senza orgasmo femminile. Del resto anche nel maschio il piacere è dovuto allo sfregamento, non all’emissione. L’orgasmo è comune ad entrambi i sessi, ma è gerarchicamente ordinato.
– Le esigenze della cultura: nel mondo monosessuale era spesso difficile marcare le differenze. Nella favola degli ermafroditi (Simposio di Platone) il sesso sembra un aspetto secondario. L’omosessualità è tollerata finché non lede lo status. Lo schiavo non ha sesso. Per Aristotele “sperma” è sineddoche per ‘cittadino’. In Isidoro di Siviglia: solo gli uomini hanno sperma (solo loro danno ai discendenti i diritti ereditari), oppure solo le donne (nel caso di figli illegittimi sono loro a conferire i diritti), oppure entrambi (chi dà al figlio le proprie sembianze). Si vede qui come a definire il figlio l’aspetto culturale (il diritto ereditario) e naturale (le sembianze) costituissero un tutto unico.
– Il modello monosessuale passerà senza grandi distorsioni attraverso Sant’Agostino e gli altri Padri della Chiesa, lungo tutto il medioevo cristiano (anche se si accentua il carattere irrazionale del sesso, conseguenza forse dalla caduta di Adamo).
Nuova scienza, una sola carne
– Nel Cinquecento si fa strada “una scienza nuova e di impronta deliberatamente revisionista” (alcuni studiosi all’inizio del secolo sostengono di avere “scoperto” la clitoride), che tuttavia non modifica il modello monosessuale, ma lo rafforza, proclamando con vigore che la Verità e il progresso non stavano nei libri, ma nel corpo aperto o appropriatamente esibito. I frontespizi e le altre illustrazioni delle opere di anatomia inizieranno e continueranno ad invocare innanzi tutto l’autorità di un corpo teatralmente aperto e scoperchiato. Credere è vedere: le rappresentazioni di Andrea Vesalio del pene/vagina (con un lieve sforzo di immaginazione è possibile vedere la vagina nel disegno del pene, tanto è marcata l’omologia) non sono né il risultato di determinate convinzioni rappresentative, né il frutto di un errore, ma il risultato di una concezione del mondo. “Era l’ideologia, e non la precisione delle osservazioni, a determinare in quale modo [gli organi] venivano visti, quali differenze contavano e quali no”. Anche chi (H. Crooke) cerca prove contro la somiglianza degli organi maschili e femminili, ne trova di marginali rispetto alla nostra moderna prospettiva. Bartholin critica gli isomorfismi ma resta nel modello monosessuale, J. Duval obbietta che un utero rovesciato è meno simile ad un pene che ad una bottiglia: ma la bottiglia ha la stessa forma della “braghetta” che compare, con chiara allusione sessuale, in François Rabelais (Pantagruel) ed in un ritratto del Pontormo.
– Il linguaggio della differenza e dell’identità: “Un linguaggio che distinguesse gli organi maschili dagli organi femminili non esisteva e non occorreva che esistesse”. Come sostiene Thomas Kuhn, “è impossibile tradurre l’uno nell’altro i linguaggi di due teorie separate da una rivoluzione”: allo stesso modo è impossibile tradurre i fumosi e ambivalenti termini rinascimentali nei nostri. “Fu probabilmente la politica del genere nel mondo reale a produrre nei testi l’insistente reiterazione dell’idea che in realtà non esistevano donne affatto.”
– La verità del modello monosessuale. In un mondo in cui lo spreco di seme era cosa grave, nessuno presta attenzione alle prove che smentiscono la necessità dell’orgasmo femminile al fine della procreazione. L’antica idea della fungibilità dei fluidi (dal cervello al pene) trova persino il sostegno della scoperta di Vesalio della vena renale sinistra, dalla quale partono le vene ovariche, che avrebbe dovuto invece smentire la nozione di Galeno. Mentre la scoperta (di Leonardo da Vinci) che i vasi epigastrici non partono dall’utero e dalle vie vascolari reali viene semplicemente ignorata. La ‘cronaca’ che forniva esempi a questi anatomisti, parlava di uomini che allattavano, o di donne che in Brasile non erano soggette a mestruazioni perché perdevano il sangue da appositi tagli nei ginocchi, mentre per gli uomini era comunque opportuno un salasso in primavera… “Le componenti verificabili del modello dell’unica carne erano dunque sorrette da un’intera tradizione clinica.”
– Corpi e metafore. Ma esiste anche una retorica della differenza, alternativa all’anatomia degli isomorfismi, che proclama le verità uniche del corpo femminile. Anche questa maniera di parlare, a ben vedere, dispone comunque la verità sessuale lungo un asse verticale, gerarchico. “In nessuno dei due la collocazione dei sessi entro la grande catena dell’essere è puramente metaforica, ma nemmeno ha una fase puramente corporea […] il discorso dell’unica carne […] sembra considerare gli organi, e le qualità dei corpi in generale come elementi in una serie di significati…” Ad esempio l’utero vagante, credenza folklorica, rimane all’ordine del giorno nell’anatomia ufficiale fino al Secolo XVIII, quando ormai da secoli l’anatomia di Vesalio ne aveva reso assurdo il senso letterale. E cos’erano gli umori (sangue, bile, flegma…)? Né attributi corporei né mere metafore.
La rappresentazione del sesso
La natura del sesso è il risultato non della biologia, ma dei bisogni che noi portiamo nel parlarne. Nulla di specificatamente corporeo è peculiare a ciascun sesso. Il doppio significato medievale-rinascimentale della parola cosmos (microcosmo, il corpo; macrocosmo, l’universo): la nuova scienza, ‘autonoma’ dalle autorità del passato, era in realtà ben radicata in questa tradizione metaforica. (Ad esempio le specie vegetali del genere Orchis eccitavano l’appetito venereo “in virtù della loro somiglianza coi testicoli”. J. Tanner: “Nell’uomo, come in un cannocchiale, può essere vista Madre Terra”. L’uomo è una mappa-epitome dell’universo. Le mestruazioni sono chiamate “fiori” della donna, la biologia funge da immagine, da cassa di risonanza della poesia. È un modello grottesco del corpo umano (carnevalesco, direbbe Michail Bachtin), cosmico, universale, sociale, i cui avvenimenti essenziali sono le espulsioni, attraverso pene(/vagina) e intestino.
La rappresentazione dell’unico sesso in un mondo bisessuale
“Del corpo si scrive, e lo si raffigura, come se rappresentasse il regno del genere e del desiderio, in cui le differenze sono solo di grado. Ne Il Cortegiano di Baldassarre Castiglione è vivacemente dibattuto se un corpo ‘eccessivo’ non femminilizzi il maschio o viceversa. Montaigne e A. Paré testimoniano entrambi un caso di cambiamento di sesso: la spiegazione è che un accesso di calore avrebbe spinto improvvisamente fuori dall’utero/pene i testicoli. Questo può accadere, ma non può accadere l’opposto: sarebbe un paradosso. Montaigne attribuisce molta importanza alla forza dell’immaginazione, ma a volte sembra piuttosto fantasticare sul suo pene. Alla corte di Francesco I di Francia l’anatomista Estienne produce “immagini anatomiche” che catturano l’occhio per la teatralità spettacolare, non per i loro organi. È la superficie che conta, “il teatro, il gioco delle apparenze”: così anche nel Ragionamento della Nanna di Pietro Aretino.
Sesso, genere, medici e legge
In certi casi il pene viene considerato uno status sociale. Anche nel caso dell’ermafrodito di Rouen, nonostante l’attenzione clinica per gli organi, la questione principale era: è costui degno di occupare il rango di maschio? L’escissione di Henrika Schuria (lesbica che penetrava le compagne col clitoride) mostra come solo l’isomorfismo pene/utero sia accettato: l’isomorfismo pene/clitoride (per noi moderni forse più accettabile) invece infastidisce.
Per le autorità il passaggio da un sesso all’altro doveva essere avvenuto in seguito ad un incidente, in maniera istantanea: così come istantaneo era il cambiamento di status della donna con il matrimonio. Parlando di una donna che si finge maschio, Montaigne usa la terza persona maschile finché essa non viene riconosciuta come femmina.
- Zacchia risolve giuridicamente la questione dell’ermafroditismo con la sua opera Quæstionum medico-legalium: 19 pagine in folio su “chi debba essere detto uomo e chi donna”: sugli ermafroditi maschi o femmina può decidere l’osservatore professionalmente esperto. Eppure, anche nell’apparentemente arido lessico legale è permesso ravvedere l’ideologia: l’ermafrodito il cui membro è sufficientemente grande per essere considerato maschile, gode del beneficium clitoridis (e non, più semplicemente, di un amplificatio clitoridis). In realtà in Zacchia linguaggio politico, giuridico, biologico, sono la stessa cosa.
Perché una femmina può diventare maschio ma non viceversa? Per ragioni anatomiche? No, per un elementare principio di termodinamica: “la natura tende sempre a ciò che è più perfetto”.
William Harvey
Disputations touching the Generation of Animals, di William Harvey, è “l’ultima grande esposizione della generazione e del corpo profondamente ancorata all’estetica politica e del modello monosessuale”. Al contrario dell’Exercitatio, le Disputations sono un'”opera aperta”, ed inconcludente, nella quale non si riesce ad abbattere il modello monosessuale, e la politica tracima ancora nella scienza. Eppure Harvey abbandona Aristotele, sostenendo che causa materiale ed efficiente si trovano entrambe nella femmina. E abbandona Galeno, smentendo che i fluidi (semi) maschili e femminili si mescolino nell’atto del concepimento. Per Harvey lo sperma accende l’uovo agendo per contagio: è ‘stella’, portatore della fiamma celeste. L’orgasmo femminile non è segno di inseminazione, ma resta l’apice della forza vitale del corpo. “Lo sperma permette a un’idea – il primordium o uovo – di essere generato nel cervello uterino della donna”.
La scoperta dei sessi
Il capitolo ricostruisce il crollo del modello monosessuale e il progressivo insediamento dei “due sessi”: conseguenza di una rivoluzione epistemologica e socio-politica.
– A metà del Secolo XVIII uomo e donna sono ormai considerati diversi da un punto di vista biologico, nell’apparato osseo ed in quello nervoso. E in quello sessuale: finalmente battezzate vagina e ovaie. Ma i due sessi furono reinventati come un nuovo fondamento del genere (nel frattempo il modello monosessuale sopravvive nella letteratura divulgativa (ossia ‘scientifica’ di serie b, e tra i medici).
– I motivi di questa rivoluzione? Vi sono spiegazioni epistemologiche:
- a) Si afferma lo scetticismo (passione settecentesca), si marca lo spartiacque tra Vero e Falso, ossia tra sesso biologico e genere teatrale.
- b) Secondo Michel Foucault questo periodo è la fine dell’epistème del micro-macrocosmos: sparito il macrocosmo, resta solo la carne, il sesso, e ad esso spetta il lavoro che prima spettava al genere (istituire una gerarchia tra maschi e femmine).
– C’è anche una possibile spiegazione politica: col venire meno dell’ordine trascendentale, la battaglia tra sessi e classi per il potere si sposta sul corpo.
– Ma il modello delle differenze sessuali non gode a dire il vero di grande stabilità. Gli scienziati appoggiarono gli ideologi col loro prestigio, più che con effettive scoperte.
- a) Secondo Poullain de la Barre (di scuola cartesiana) la mente non è il corpo, la mente non ha sesso.
- b) Per Thomas Hobbes nessuna specie di autorità (neanche quella del maschio sulla femmina) ha fondamenti nella natura o sul cosmo.
- c) Secondo John Locke la decisione ultima spetta all’uomo, più capace e più forte: i corpi sono fondamento, non segno, della comunità civile.
- d) Per Alexis de Tocqueville dalla rivoluzione americana in poi è necessario tracciare nuove linee di azione anche per i sessi.
– Le vecchie rappresentazioni tracollano lentamente. Nel 1700 è battezzata la vagina, nel 1770-80 Spallanzani riesce ad ottenere l’inseminazione artificiale su una cagna. (Il che non provava ancora che fosse possibile un’analoga operazione sulla donna). Del resto nel 1785, sul primo testo inglese di medicina legale, le donne stuprate sono ancora dette acquiescenti. Solo nel 1820 tutto è risolto, nel senso che al sistema ovarico è riconosciuto di poter lavorare inconsciamente e senza segni esteriori. L’anatomia è basata sull’osservazione, ma anche sull’estetica della rappresentazione. Anche queste immagini sono il prodotto di un’attività che ha carattere sociale: devono essere belle, secondo i canoni dell’estetica già teorizzata da Winckelmann (la bellezza assoluta, somma di tante bellezze parziali). Per von Soemmering lo standard anatomico deve necessariamente essere bellissimo.
– Embriogenesi e omologie galeniane: “vien fatto di sospettare che la differenza sessuale sia stata creata malgrado le nuove scoperte, e non in forza di esse… si sapeva fin dal Secolo XVIII che pene e clitoride avevano origine embriologica simile… e la moderna cartografia genitale sembra riprodurre la lezione di Galeno.”
– Spermatozoo e uovo: Nel 1651, Harvey sostiene che la vita trae origine da un uovo; nel 1672 De Graaf trova il follicolo; nel 1670 Leeuwenhook scopre che lo sperma contiene “animaletti” (con che è salva la dignità maschile nella partecipazione attiva alla procreazione, che Harvey aveva messo in serio pericolo). Il sesso “sociale” si proietta sul sesso biologico, e persino dagli animali alle piante. Quando esce, la tassonomia botanica di Linneo è ritenuta indecente. Verso il 1850 finisce la corsa a cercare in ogni tipo di manifestazione naturale la riproduzione sessuale.
– Nel 1876 Oskar Hertwig dimostra che la fecondazione è l’unione dei nuclei dello spermatozoo e dell’ovaia, l’uno nell’altra: fino alla scoperta del DNA il dimorfismo incommensurabile è fornito di un paradigma microscopico inattaccabile.
– Ovaia e natura della donna: occorre smascherare la traduzione di fatti concernenti la riproduzione in fatti di differenza sessuale. L’ovaia, si dice, rende la donna “quel che è”: e si comincia allora a praticare, prima ancora di provarne l’utilità, l’ovariectomia bilaterale nei casi di isteria, come una sorta di ‘castrazione femminile’. L’esperienza veterinaria, che dimostrava la scarsa utilità dell’operazione, fu pervicacemente ignorata. Migliaia di ovaie asportate perché qualche medico aveva “preso alla lettera la sua sineddoche”.
– Orgasmo e differenza sessuale: La scienza si fabbricava nuove idee circa l’apassionalità femminile, ma non è che trovasse molte prove. Fino al 1830 circa la convinzione generale era che l’ovulazione avvenisse solo per effetto del rapporto sessuale. Si arriva a considerare le tracce di corpi lutei nelle vergini come prove di attività masturbatoria. Insomma l’ovulazione è vista come attività venerea. La donna che concepisce prova necessariamente l’orgasmo: ma non è necessario che la donna che prova l’orgasmo “provi qualcosa”. Le donne insomma sperimentano l’erezione come gli uomini, ma in assenza di sensazioni. Certo, si trattava di un campo nel quale era difficile fare misurazioni. Cause di infertilità di natura morale fanno capolino nel mondo del sesso scientifico.
Il sesso socializzato
Mentre la nuova scienza del sesso si intreccia con le rivendicazioni culturali, il modello monosessuale dà prove della sua perdurante vitalità.
1) Politica e teoria politica. John Locke è il primo a formulare un’obiezione al modello illuministico che conferisce pari dignità ad ambo i sessi. Con la Rivoluzione francese nasce il femminismo e l’antifemminismo; ma “per entrambi il posto della donna è determinato dal corpo”. Gli antifemministi considerano l’assetto sociale basato sulla differenza del corpo maschile da quello femminile; le femministe rivendicano spazi e competenze proprio in virtù di queste differenze. E tuttavia una teoria “portante” come quella liberale del contratto sociale prendeva le mosse da un corpo asessuato: come legittimare allora il dominio reale del maschio sulla femmina? “Contrabbandando caratteristiche sociali nello stato di natura”. A prova di ciò, Rousseau e Pufendorf dimostrano che si può disporre degli stessi dati scientifici e arrivare a conseguenze ideologiche opposte. Per Rousseau l'”aspetto morale” artificiale dell’amore nasce con la “modestia femminile”: cioè in un fatto allo stesso tempo fisiologico (la donna non ha stagioni di ‘calore’) e culturale (la donna non si concede). Come se la Caduta, o comunque il passaggio dell’uomo dal naturale al culturale, coincidesse col primo negarsi della donna all’uomo. Per Miller i sessi si differenziano con le civiltà. E sono le stesse prime femministe ad indicare come caratteristiche della “sfera separata” di competenza femminile modestia e moralità: caratteristiche che a loro avviso si possono leggere nel corpo femminile. I rapporti sono capovolti: l’uomo è accusato di non usare la testa perché non ha l’utero.
2) L’ovulazione nel ciclo mestruale. Anche nell’istologia e nella fisiologia le osservazioni si trasformano in materiale per l’arte. Darwin dà una spiegazione darwiniana: l’evoluzione sviluppa nei maschi un’attitudine al coraggio, nelle femmine alla modestia femminile. (Cenni sulla frenologia). Nel 1843 si scopre l’ovulazione femminile spontanea nei cani; ma un uovo fecondato umano lo si vide soltanto nel 1930. Si credeva che l’ovulazione seguisse immediatamente il mestruo. “Il concepimento avviene durante e subito dopo il periodo” (la metà del ciclo era invece da secoli considerato il momento meno indicato per concepire). In questo modo il mestruo finiva col venire identificato col calore, ed indicato con termini quali foia, Burnst, estro… Per Heape la differenza dell’appetito genitale rende in ogni punto maschio e femmina differenti. Oppure il mestruo viene interpretato come momento distruttivo, punto debole di ogni donna. Sono insomma “gli imperativi della cultura e dell’inconscio a dettare il linguaggio sessuale”. Anche quando a scrivere è una femmina o femminista: la Jacobi sostituisce all’icona della debolezza quella della nutrizione, affermando che “istinto sessuale e capacità riproduttiva rimangono separati”. Ed ancora, in un sobrio manuale di anatomia del 1977 si può leggere questa descrizione metaforica della mestruazione: “L’utero piange per non poter nutrire un bambino”. La stessa letteratura ottocentesca etnografica è generata in parte da pressioni politiche; i pellerossa vanno in calore, gli europei no. Per Wostenbolm, nel 1893, le mestruazioni erano un segno dell’oppressione maschile. E ancora oggi si scrivono studi scientifici in cui si cerca di dimostrare l’esistenza di cicli di interesse sessuale in rapporto al mestruo.
3) Masturbazione e prostituzione. Il ‘vizio solitario’ ed il male sociale erano considerate patologie sociali che avevano ripercussioni sul corpo così come nei secoli precedenti blasfemia e dissolutezza dei genitori generavano figli mostuosi. Per Foucault la letteratura onanistica del Settecento e Ottocento “genera il desiderio erotico allo scopo di controllarlo”. Il male solitario è male in quanto solitario. Intanto nel Settecento si apre la discussione sulla liberazione del desiderio in un’epoca commerciale. Fino a quel momento le prostitute erano malviste perché merce improduttiva, e considerate sterili per natura (almeno finché si può credere nella necessità dell’orgasmo femminile alla procreazione). Un’idea che proviene dal Medioevo, quando “la prostituzione è sterile perché il modo dello scambio che rappresenta è sterile. Come l’usura – peccato mortale – la prostituzione è puro scambio.” (L’usura è una sorta di incesto). Ma nell’era del libero mercato l’usura non è più peccato, tutt’altro. Ma può l’economia liberale sorreggere il corpo sociale ed il corpo sessuale?
4) Freud rientra nell’epoca dei Lumi (crede nell’incommensurabilità dei sessi) e allo stesso tempo fuori (la libido non ha sesso). Pene e clitoride sono organi erogeni assimilabili; nella donna il clitoride cede il posto alla vagina per un caso di isteria generalizzata. La scoperta dell’orgasmo clitorideo è un bluff (era già cosa nota alla scienza del tempo). Ma l’invenzione della rimozione puberale, che costringe l’uomo ad intensificare le sue prestazioni, è sulle orme di Rousseau: anche per Freud la modestia è la culla della civiltà. Eppure egli sapeva di non avere prove di questo trasferimento dell’eccitabilità erogena. “La storia del clitoride è una parabola della cultura, di come il corpo assuma una forma giovevole alla civiltà non in virtù di un’evoluzione spontanea, ma suo malgrado”. Questa idea, tuttavia, Freud la prende in prestito da una tribù dove si pratica l’escissione del clitoride; mostrandoci così quanto è difficile per la cultura far rientrare il corpo nelle categorie necessarie ai fini della riproduzione biologica e naturale.
Conclusione: “il linguaggio muta col tempo… ma il contenuto di ciò che si dice riguardo alla differenza sessuale è svincolato dai fatti ed ha tutta la libertà di un gioco della mente”.
MASTURBAZIONE
Con storia della masturbazione s’intendono gli ampi cambiamenti avvenuti all’interno della società riguardanti l’etica, gli atteggiamenti sociali, lo studio scientifico e la rappresentazione artistica della masturbazione. All’interno della sessualità umana la stimolazione dei propri organi genitali è stata variamente interpretata dalle differenti religioni, è stata oggetto di legislazione, di forte polemica sociale, ma anche di studio intellettuale in sessuologia. Il punto di vista dell’opinione pubblica riguardante il tabù della masturbazione è variato anche notevolmente nelle diverse culture e nei diversi periodi storici.
Storia antica
Vi sono raffigurazioni di masturbazione maschile nelle pitture rupestri preistoriche il tutto il mondo; molto più rara è invece la rappresentazione della masturbazione femminile, un esempio della quale, una statuetta d’argilla risalente al IV millennio a.C. raffigurante una donna nell’atto di masturbarsi, è stata ritrovata in un sito templare nell’isola di Malta.
Nella civiltà dei Sumeri, apparentemente vi era un atteggiamento piuttosto libero e rilassato nei riguardi della sessualità e la masturbazione pare fosse una tecnica atta a migliorare la potenza sessuale.
La masturbazione maschile risulta essere ancora più importante per l’Antico Egitto; la masturbazione eseguita da un dio in alcuni miti egizi può essere considerata come un atto creativo o magico: si credeva ad esempio che Atum avesse creato l’intero universo visibile masturbandosi, mentre il flusso e riflusso del Nilo venivano attribuiti alla frequenza della sua eiaculazione. Al faraone, in risposta a questo mito di creazione, veniva richiesto di masturbarsi durante le cerimonie che si svolgevano sulle rive del grande fiume.
L’antico testo indiano Kāma Sūtra spiega in dettaglio la procedura migliore per masturbarsi.
Gli antichi Greci consideravano l’autoerotismo come un sostituto normale e sano di altre forme di rapporto sessuale, una valvola di sicurezza contro la frustrazione sessuale distruttiva, e il termine comunemente usato era anaphlan; trattarono inoltre la masturbazione femminile sia nell’arte che nei loro scritti. Diogene di Sinope, considerato come uno dei fondatori del cinismo, accredita l’invenzione della masturbazione al dio Hermes che, provando sincera compassione verso il figlio Pan che era preso da struggimento per la bella Eco la quale non voleva saperne di lui, gl’insegnò il trucco di “fare da sé” al fine d’alleviare la propria sofferenza.
La masturbazione viene poco descritta nell’antica Roma e fonti riferentesi alla sessualità in quell’epoca non ne parlano approfonditamente; il poeta Marziale la considera una forma inferiore di liberazione sessuale, a cui fanno ricorso gli schiavi (anche se ammette di ricorrervi di tanto in tanto). Anche se poco menzionata è stata però tema di lunga data della satira latina, e appare in uno dei pochi frammenti superstiti di Lucilio; ad ogni modo gli antichi romani per masturbarsi preferivano usare la mano sinistra, in quanto la destra era riservata a coglier il cibo da tavola.
Infine, all’interno del bacino del fiume Congo gli antropologi hanno incontrato dei gruppi etnici, tra cui gli Aka, i Ngandu, i Lesi e gli Ituri, nella cui lingua manca del tutto una parola che indichi l’autoerotismo, e che sono confusi dal concetto stesso di masturbazione.
Prime preoccupazioni per la salute
Ancora nel XVII secolo in tutta Europa la pratica veniva comunemente usata dalle bambinaie e governanti per convincere i ragazzini ad andare a letto e mettersi a dormire tranquilli. Oltreoceano, in un codice di legge della fine del ‘600 della colonia di New Haven in Connecticut la quale seguiva i dettami del puritanesimo, i bestemmiatori, gli omosessuali e i masturbatori erano passibili di pena capitale.
Opuscolo del XVIII secolo
« Disturbi dello stomaco e della digestione, perdita di appetito o fame vorace, vomito, nausea, indebolimento degli organi della respirazione, tosse, raucedine, paralisi, indebolimento dell’organo della generazione al punto da condurre all’impotenza, mancanza di libido, mal di schiena, disturbi dell’occhio e dell’orecchio, diminuzione totale dei poteri del corpo, pallore, magrezza, brufoli sul viso, declino dei poteri intellettuali, perdita di memoria, attacchi di rabbia, follia, idiozia, epilessia, febbre e, infine, suicidio. Onania, 1712 »
Ma la tolleranza al riguardo cominciò presto a venir meno; il primo uso del termine onanismo (dal personaggio biblico Onan) per fare riferimento esplicito alla masturbazione pare risalire al 1712 tramite un opuscolo anonimo (ma attribuito al chirurgo John Marten, mentre le opere del teologo olandese Balthasar Bekker ne sarebbero state la fonte d’ispirazione) distribuito a Londra ed intitolato Onania: ovvero l’odioso peccato dell’autopolluzione e tutte le spaventose conseguenze per entrambi i sessi, con consigli spirituali e materiali per coloro che si sono già rovinati con questa pratica abominevole e opportuni avvertimenti ai giovani della nazione di ambo i sessi….. Suo tema principale è per l’appunto il “peccato atroce di auto inquinamento”, e dopo aver avvertito che chi vi si fosse lasciato indulgere avrebbe sofferto di impotenza, gonorrea ed epilessia, oltre che di un veloce deperimento delle facoltà psicofisiche (inclusi vi erano testimonianze dirette di giovani moribondi ridotti in quello stato dagli affetti terribili della masturbazione compulsiva), l’opuscolo passa poi a raccomandare come rimedio efficace una speciale tintura e una polverina disponibili in un negozio locale.
Robert James
Negli anni tra il 1743 e il 1745 il medico inglese Robert James, nel suo A Medicinal Dictionary, descrive la masturbazione come “produttrice dei disturbi più deplorevoli e generalmente incurabili”, aggiungendo che “non vi è forse altro peccato produttivo causa di tante orribili conseguenze”.
Tissot
Uno di quelli che rimase inorridito dalle descrizioni della spaventosa malattia descritta in Onania fu il medico svizzero Samuel-Auguste Tissot: nel 1760 pubblicò L’Onanisme, il suo trattato di medicina globale sui presunti effetti negativi della masturbazione. Citando, come base del proprio ragionamento, i casi di suoi giovani pazienti maschi curati da lui a Losanna, il dottore sostiene che lo sperma è un “olio essenziale” e di stimolo e che pertanto, dopo esser stato perduto dal corpo in grandi quantità, potrebbe causare una “percettibile riduzione delle forze, della memoria e anche della stessa ragione; causando così visione offuscata, disturbi nervosi, gotta e reumatismi, indebolimento degli organi della generazione, sangue nelle urine (ematuria), disturbi dell’appetito e mal di testa.”
Ellen Gould White
La religiosa predicatrice e profetessa avventista Ellen Gould White, nel suo libro del 1870 intitolato A Solemn Appeal (“Un solenne appello”), scrive:
« Se la pratica [dell’auto-indulgenza] continua per molto dopo i 15 anni di età, la natura protesterà contro gli abusi che ha subito e farà pagare una pena severa per la trasgressione delle sue leggi, causando numerosi dolori e varie malattie al fegato e ai polmoni, nevralgie e reumatismi, debolezza alla colonna vertebrale, malattie ai reni e tumori cancerosi… il risultato è la morte. »
Questo per quanto riguarda la masturbazione maschile. Per quanto concerne quella femminile, invece, scrive:
« Le femmine possiedono meno forza vitale rispetto all’altro sesso.. Il risultato di un auto-abuso in esse si rivela in varie malattie, come catarro, idropisia, mal di testa, perdita di memoria e della vista, grande debolezza nella schiena e nei fianchi, affezioni della colonna vertebrale, e spesso, verso l’interno un decadimento della testa… La mente è spesso del tutto rovinata e sopravviene la follia. »
Kellogg
Molti rimedi sono stati concepiti, tra cui avere una dieta vegetariana priva del tutto di grassi animali; questo approccio è stato promosso dal dottor John Harvey Kellogg il quale gestiva un manicomio con metodologia olistico alternativa (fu l’inventore dei Corn flakes) e dal reverendo Sylvester Graham (produttore di un particolare tipo di cracker).
Kellogg era un attivista particolarmente zelante contro il peccato masturbatorio anche nei confronti del fratello Will Keith Kellogg: “né la peste, né la guerra, né il vaiolo, né malattie simili, hanno prodotto risultati così disastrosi per l’umanità come l’abitudine perniciosa all’onanismo… le vittime muoiono letteralmente di propria mano”. Credeva che la pratica del “vizio solitario” causasse il cancro dell’utero, malattie urinarie, emissioni notturne, l’impotenza, l’epilessia, la pazzia e una generale debilitazione fisica e mentale; consigliava, per curare gli adolescenti affetti dal morbo bendaggi, legatura delle mani, coprire i genitali con gabbie brevettate, scosse elettriche e circoncisione senza anestesia. Metteva infine in guardia i genitori contro la servitù malvagia e ignorante che aveva l’abitudine di masturbare i ragazzini per calmarli.
La circoncisione è stata ampiamente adottata nel mondo anglosassone in parte anche a causa del presunto effetto preventivo che si credeva avesse proprio contro la masturbazione.
Abd-al-Aziz ibn Abd-Allah ibn Baaz
Nel 1990 il Gran Mufti dell’Arabia Saudita Abd-al-Aziz ibn Abd-Allah ibn Baaz ha sentenziato che la masturbazione provoca un’interruzione del sistema digerente, infiammazione dei testicoli, danni alla colonna vertebrale, tremore e instabilità in alcune parti del corpo come i piedi, indebolimento delle ghiandole cerebrali che può portare alla diminuzione dell’intelletto e anche a disturbi mentali e vera e propria follia.
Preoccupazioni morali
Il trattato di Tissot viene presentato come lavoro scientifico di un accademico in un momento in cui la fisiologia sperimentale era praticamente inesistente; gli argomenti del medico svizzero furono ripresi anche da filosofi quali Immanuel Kant e Voltaire, spostando in tal maniera sempre più l’opinione della medicina occidentale dei successivi due secoli nei riguardi della masturbazione verso l’idea che fosse una malattia debilitante.
Questo punto di vista resiste bene per tutta l’epoca vittoriana, quando la forte censura medica nei confronti dell’autoerotismo col comune atteggiamento conservatore all’interno della società civile. Si raccomandava tra l’altro che i pantaloni dei maschi adolescenti non avessero tasche profonde sul davanti, così da impedir loro di toccarsi i genitali con le mani; agli scolari a scuola veniva impedito d’incrociare o accavallare le gambe, mentre alle ragazze era proibito di andare a cavallo o usare la bicicletta, perché le sensazioni che tali attività producevano erano considerate troppo simili al piacere dato dalla masturbazione. I ragazzi e i giovani uomini che, tuttavia, continuavano ad indulgere nella pratica, venivano velocemente bollati come deboli di mente destinati alla follia.
Prosegue la criminalizzazione medica
Nel frattempo la scienza medica, fermamente convinta che la masturbazione conducesse infallibilmente all’epilessia, alla catalessia, catatonia e alla pazzia furiosa prescriveva per curarla l’infibulazione, l’uso di cinture di castità, camicia di forza e cauterizzazione, fino a giungere all’Elettrochoc. Nei decenni successivi le più drastiche tra queste misure vengono sempre più sostituite con tecniche psicologiche, come gli avvisi che la masturbazione conduca alla cecità, faccia crescere i peli sul dorso delle mani ed impedisca una crescita fisica sana e robusta: alcuni di questi miti persistono ancor oggi.
L’atteggiamento medico verso la masturbazione cominciò a cambiare agi inizi del XX secolo quando il sessuologo Havelock Ellis nel suo lavoro del 1897 intitolato “Studies in the Psychology of Sex” smonta una ad una le teorie di Tissot: “Arriviamo alla conclusione che la masturbazione moderata in individui sani non sia necessariamente perniciosa.
Come tabù
Nel 1905 Sigmund Freud nei suoi “Tre saggi sulla teoria sessuale” associa la masturbazione all’uso di stupefacenti, rivelando al contempo che i bambini si masturbano anche durante l’infanzia.
Allo stesso tempo la condizione di isteria caratteristica delle donne (dal greco hyster-utero) di fine ‘800 veniva curata prescrivendo la somministrazione della masturbazione per le pazienti: la tecnica includeva l’uso del primo vibratore e strofinando i genitali con creme-placebo”.
Nel 1910 le riunioni del Circolo di Vienna hanno discusso degli effetti morali o riguardanti la salute della masturbazione, i suoi risultati non sono però stati pubblicati.
Robert Baden-Powell, il fondatore della The Scout Association, in un passaggio dell’edizione del 1914 del suo libro Scautismo per ragazzi mette in guardia contro i pericoli della masturbazione: si doveva pertanto fuggire dalla tentazione eseguendo della buona attività fisica che avrebbe dovuto stancare il corpo.
Lo psicoanalista austriaco Wilhelm Reich nel suo saggio del 1922 Über Spezifität des Onanieformen (Per quanto riguarda le forme specifiche di masturbazione) ha cercato di individuare le forme sane e malsane di masturbazione, affermando che il modo in cui le persone si masturbano è indicativo della potenza sessuale e del grado d’inclinazione verso il sesso opposto. Si credeva all’epoca anche che la masturbazione provocasse l’omosessualità.
Rivoluzione sessuale
Il lavoro del sessuologo Alfred Kinsey nel corso degli anni quaranta e cinquanta del XX secolo, in particolare il suo Rapporto Kinsey, ha portato alla conclusione che la masturbazione è un comportamento istintivo del tutto naturale sia per i maschi che per le femmine.
Nel 1980 Michel Foucault ha sostenuto che il tabù della masturbazione sia stato “uno stupro perpetrato dai genitori nei confronti dell’attività sessuale dei loro figli”.
Il dottor Thomas Szasz, autore tra l’altro de Il mito della malattia mentale riconosce lo spostamento di consenso scientifico nei riguardi della masturbazione: “L’attività sessuale primaria dell’umanità nel XIX secolo era una malattia. Alla fine del XX secolo è divenuta una cura”.
MASTURBAZIONE COMPULSIVA
Per masturbazione compulsiva si intende il bisogno incontrollato – non necessariamente patologico – di un individuo di masturbarsi ripetutamente. Alla difficoltà nel gestire tempi e frequenza dell’attività autoerotica deve associarsi un significativo disagio individuale o relazionale dell’individuo per poter ipotizzare la natura disfunzionale o patologica di tale condotta.
La masturbazione compulsiva come pratica patologica
Si ritiene che la masturbazione compulsiva possa assumere, in alcuni casi, le connotazioni di un disturbo ossessivo-compulsivo o un sintomo di disturbo ossessivo-compulsivo di personalità all’interno delle compulsioni sessuali come sottotipo della ipersessualità. L’individuo si sente obbligato a eseguire la stimolazione auto-erotica, come una sorta di rituale stereotipato (che può servire a “riparare” un “danno” oppure a diminuire l’ansia causata da un pensiero) o per difendersi da una certa ossessione, correlata alla ricorrenza di pensieri, dubbi, immagini o impulsi ricorrenti e persistenti che lo affliggono. Alcuni testi individuano nella masturbazione compulsiva, in particolare nell’età adulta, sintomi da “psichismo da difesa” o “coazione”.
La masturbazione compulsiva riguarda entrambi i sessi, può essere vista come uno dei segnali di dipendenza sessuale e può essere associata alla dipendenza dalla pornografia.
La masturbazione compulsiva viene a volte osservata anche nei bambini, che la usano come “anti-stress” allo stesso modo di molti adulti. In questi casi viene spesso consigliato ai genitori di focalizzarsi più sulle fonti di stress che causano disagio al bambino o alla bambina, piuttosto che sull’atto in sé, per poter determinare quale sia la fonte di stress principale e poter intraprendere le azioni necessarie a ridurla. Viene sovente riscontrata anche in soggetti con disabilità mentale. In questi casi è spesso accompagnata a masturbazione in pubblico. L’associazione di gruppi di sostegno SLAA per il recupero dalla masturbazione compulsiva derivante da patologie, definisce questa compulsione una “azione che, indipendentemente da quale possa essere il suo impulso iniziale, porta ad una perdita di controllo della durata, tornaconto, o frequenza dell’azione stessa, risultando nella distruzione spirituale, mentale, fisica, emotiva o morale di se stessi od altri. L’associazione identifica inoltre la anoressia sessuale, emotiva e sociale, come area correlata di auto-privazione che conduce all’isolamento accompagnando il pattern di masturbazione compulsiva.
Per il DSM i criteri diagnostici sono simili a quelli suggeriti per altre dipendenze. La causa, secondo alcuni clinici, può essere dovuta a traumi di tipo psichico ma, più in generale, è sconosciuta come del resto lo sono molti altri comportamenti sessuali difformi dalla norma. Secondo Robert Weiss, nella famiglia d’origine del masturbatore compulsivo si riscontra spesso una storia di vergogna, abuso e diniego. Secondo Patrick Carnes il ciclo dei comportamenti dipendenti e compulsivi in ambito sessuale inizia dai “Core Beliefs” (Convinzioni Inconsce) che il dipendente dal sesso ha di sé.
Nei casi in cui la pratica sia inquadrabile nel contesto di una sindrome ossessivo-compulsiva, il quadro clinico di coloro che soffrono di tale sindrome, è quello tipicamente individuato per la sindrome, per la cui descrizione degli aspetti diagnostici e terapeutici si rimanda alla voce: Disturbo ossessivo-compulsivo.
MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI
Le mutilazioni genitali femminili (MGF), sono pratiche tradizionali che vengono eseguite principalmente in 28 paesi dell’Africa sub-sahariana, per motivi non terapeutici. Tali pratiche ledono fortemente la salute psichica e fisica di bambine e donne che ne sono sottoposte.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che siano già state sottoposte alla pratica 130 milioni di donne nel mondo, e che 3 milioni di bambine siano a rischio ogni anno. Il 6 febbraio si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale contro l’infibulazione e le mutilazioni genitali femminili.
Tipi di mutilazioni
L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha classificato le mutilazioni in 4 tipi differenti, a seconda della gravità degli effetti:
– Circoncisione (o infibulazione al-sunna): è l’asportazione della punta della clitoride, con fuoriuscita di sette gocce di sangue simboliche;
– Escissione del clitoride al-wasat: asportazione della clitoride e taglio totale o parziale delle piccole labbra;
– Infibulazione (o circoncisione faraonica o sudanese): asportazione della clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale;
– Il quarto gruppo comprende una serie di interventi di varia natura sui genitali femminili.
Queste pratiche sono eseguite in età differenti a seconda della tradizione: per esempio in Somalia si praticano sulle bambine, in Uganda sulle adolescenti, mentre in Nigeria veniva praticato sulle neonate.
Tutte queste mutilazioni ledono gravemente sia la vita sessuale sia la salute delle donne, ed è a tutela di queste ultime che si adoperano i movimenti per l’emancipazione femminile, soprattutto in Africa.
Le mutilazioni genitali femminili hanno gravissime conseguenze sul piano psicofisico, sia immediate (con il rischio di emorragie a volte mortali, infezioni, shock), sia a lungo termine (cisti, difficoltà nei rapporti sessuali, rischio di morte nel parto sia per la madre sia per il nascituro).
Campagne politiche internazionali contro le MGF
Una campagna per l’abbandono delle mutilazioni genitali femminili è stata lanciata negli anni novanta dalla leader politica Emma Bonino, che, a fianco dell’organizzazione Non C’è Pace Senza Giustizia, ha organizzato eventi, iniziative e conferenze sull’argomento con politici europei e africani.
In Italia nel 2008 un’altra campagna per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle mutilazioni genitali femminili è stata creata da Mara Carfagna tramite il Dipartimento per le pari opportunità.
Nel settembre 2009 anche Amnesty International ha dato vita a una campagna europea contro le fgm denominata End Fgm
Nel 2010 è stata rilanciata da Emma Bonino, Radicali Italiani e Non C’è Pace Senza Giustizia, la campagna contro le mutilazioni genitali femminili. In tutto il mondo, grazie alla loro iniziativa, sono state raccolte firme per un appello di messa al bando di questa pratica da presentare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite o almeno per una moratoria.
Il 20 dicembre 2012 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione sulla messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili. La risoluzione, depositata dal gruppo dei Paesi africani, è stata in seguito sponsorizzata dai due terzi degli stati membri delle Nazioni Unite.
Il 5 febbraio 2013, Plan Italia e Nosotras hanno lanciato la petizione “Stop alle Mutilazioni Genitali“ con lo scopo di chiedere al Futuro Governo Italiano di impegnarsi a porre fine alle Mutilazioni Genitali Femminili in Italia e nei Paesi dove ancora viene praticata.
Il 1º giugno 2015 l’allora presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha firmato un disegno di legge che istituisce il reato di mutilazione genitale femminile. La pena massima prevista è di quattro anni di carcere con una multa pari a 900 Euro.
MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI NEL MONDO
La pratica delle mutilazioni genitali femminili è più o meno abitualmente in uso in almeno 30 paesi dell’Africa, in alcune regioni del Medio Oriente e in Asia, oltre che all’interno di alcune comunità di immigrati in Europa, America del Nord ed Australia.
L’Organizzazione mondiale della sanità definisce come mutilazioni genitali femminili “tutte quelle procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o altre lesioni agli organi genitali femminili per ragioni non mediche”.
Secondo un rapporto dell’UNICEF datato 2013 l’Egitto ha il più alto numero totale al mondo di donne che hanno subito un qualche tipo di mutilazione genitale, mentre la Somalia si trova ad avere il più alto numero di incidenza (il 98% di tutte le donne del paese).
Classificazione
L’OMS individua 4 tipi di mutilazioni genitali femminili:
– I – rimozione del cappuccio o prepuzio clitorideo (la piega della pelle attorno al clitoride) con asportazione parziale o totale del clitoride stesso.
– II – rimozione delle piccole labbra, con asportazione parziale o completa del clitoride e delle grandi labbra
– III – rimozione parziale o totale sia delle piccole che della grandi labbra, con cucitura della vagina lasciando solo un piccolo foro per il passaggio dell’urina e del sangue delle mestruazioni. Quest’ultima è propriamente definita infibulazione.
– IV – altri atti vari, tra cui cauterizzazione del clitoride, taglio della vagina ed introduzione in essa di sostanze corrosive per restringerne il canale.
Prevalenza
Amnesty International stima che oltre 140 milioni di donne in tutto il mondo sono state colpite da una qualche forma di mutilazione genitale, con oltre 3 milioni di bambine a rischio ogni anno: praticata soprattutto in Africa, ma anche nel Medio Oriente, in Indonesia e Malesia così come all’interno di alcune comunità d’immigrati in Europa, Stati Uniti d’America e Australia. Si è vista anche utilizzare da alcune popolazioni di religione musulmana dell’Asia meridionale.
I tassi di prevalenza noti più alti sono stati registrati in una trentina di paesi africani, in una fascia che si estende dal Senegal all’Etiopia e dall’Egitto alla Tanzania.
Nella penisola araba sono eseguiti generalmente i primi 2 tipi di mutilazione genitale femminile, spesso indicate come “circoncisione prescritta dalla Sunna”: la pratica si verifica in particolare nel nord dell’Arabia Saudita, nel sud della Giordania e nel nord dell’Iraq (in tutta la regione del Kurdistan). Uno studio condotto nella città irakena di Hasira ha trovato che il 60% delle donne ha riferito di aver subito qualche forma di mutilazione genitale; vi sono poi anche prove circostanziali che la mutilazione genitale femminile venga praticata anche in Siria.
In Oman alcuni gruppi ancora la praticano, anche se gli esperti ritengono che il loro numero è ridotto e in calo anno dopo anno; in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti viene eseguita nella maggior parte dei casi da lavoratori stranieri provenienti dall’Africa orientale e dalla valle del Nilo; una ricerca condotta nel 2009 ha invece concluso che era praticamente scomparsa tra i beduini del deserto del Negev.
La pratica è stata ritrovata inoltre anche all’interno di qualche gruppo etnico dell’America Latina. In Indonesia è comune in diverse regioni e nella quasi totalità dei casi sono dei tipi I e IV; a volte le procedure sono meramente simboliche e non viene eseguito alcun taglio effettivo, in alcuni casi il clitoride viene punto per farne sgorgar qualche goccia di sangue: in entrambi i casi gli indonesiani credono che il rituale sia espressamente raccomandato, quando non ordinato, dall’Islam.
Come risultato della massiccia immigrazione, la mutilazione genitale femminile ha finito col diffondersi anche in alcuni paesi europei, oltre che in Australia e negli Stati Uniti, con alcune famiglie che hanno sottoposto le figlie alla procedura mentre si trovavano in vacanza nel paese d’origine. Nel frattempo i governi occidentali, divenuti più consapevoli del fenomeno, hanno fatto in molti casi entrare in vigore legislazioni che rendono la pratica un reato penale; nel 2006 si è verificato il primo caso negli Stati Uniti di processo contro un uomo etiope accusato di aver fatto mutilare la figlia.
Affidabilità dei dati
Gran parte dei dati disponibili sulla prevalenza di mutilazioni genitali femminili si basano su indagini verbali e auto-segnalazioni, mentre i veri e propri esami clinici per accertarsi della cosa sono quantomai rari; il presupposto è che le donne rispondano sinceramente alla domanda riguardante il loro stato e che conoscano il tipo e l’entità di mutilazione che è stata eseguita sui loro genitali.
Tuttavia molte di queste procedure vengono fatte eseguire in giovanissima età e molte culture sentono un fortissimo tabù sopra queste discussioni, e quindi un certo numero di tali fattori sollevano anche la possibilità che la validità delle risposte all’indagine potrebbe non essere corretto, pertanto potenzialmente sottostimato: in Oman ad esempio molte donne rifiutano una tale discussione prese dal timore che ciò possa rivelar al mondo i “panni sporchi” della propria cultura, provocando perciò le critiche nei riguardi di una pratica creduta essere puramente religiosa.
Nei paesi in cui la mutilazione genitale femminile è stata messa fuorilegge, la paura che i membri della famiglia possano esser perseguiti o loro stesse accusate, oltre che la disapprovazione sociale può indurre molte donne a negare recisamente che siano state sottoposte a qualche tipo di mutilazione. Questo ad esempio è accaduto nel nord del Ghana tra un campione di donne tra i 15 e i 49 anni; dopo l’emanazione nel paese di una legge che criminalizza la mutilazione genitale si è verificato un notevole aumento di percentuale di coloro che negano con forza d’averne mai subite.
L’UNICEF ha rivisto i dati di ricerche condotte nel 2005 e poi nuovamente nel 2011 nella regione del Kurdistan: da un’incidenza limitata ma con nessuna chiara evidenza in alcune comunità curde dell’Iraq al 50% di ragazze tra i 15-24 anni che ha subito mutilazione o escissione genitale quando erano bambine, nei governatorati di Arbil e Sulaymaniyya.
In Africa
Nel luglio 2003 l’Unione africana ha adottato il protocollo di Maputo per la promozione dei diritti delle donne e per chiedere la fine delle mutilazioni genitali femminili: entrato in vigore nel novembre 2005 dopo tre anni, alla fine del 2008 lo avevano ratificato 25 paesi africani.
A inizio 2013 sono stati 18 i paesi africani ad aver messo al bando qualsiasi tipo di pratica riferita a mutilazioni genitali femminili.
Algeria
La mutilazione genitale femminile è praticata in Algeria.
Benin
La pratica delle mutilazioni genitali femminili è in uso Benin; secondo un sondaggio del 2006 almeno il 13% delle donne sono state sottoposte a MGF, in calo rispetto al 2001 quando era stato registrato il 17%. La prevalenza varia a seconda della credenza religiosa: il 49% delle donne musulmane, il 15% delle protestanti, il 12% delle donne con credenze tradizionali e il 7% delle cattoliche.
Burkina Faso
Secondo un sondaggio effettuato nel 2003, la mutilazione genitale è praticata abitualmente nel 77% delle donne in Burkina Faso: la prevalenza varia a seconda della credenza religiosa, l’82% delle donne musulmane, il 73% di quelle con credenze tradizionali, il 69% delle cattoliche e il 65% delle protestanti. In uno studio del 2011 la pratica delle mutilazioni genitali femminili è risultata essere fortemente associata con la pratica religiosa e con l’età, queste le due variabili più importanti.
La legge che proibisce le MGF è entrata in vigore nel 1997; in precedenza vigeva un decreto presidenziale che imponeva multe ai responsabili di escissione del clitoride. Il Burkina Faso ha ratificato il protocollo di Maputo nel 2006.
Camerun
La mutilazione genitale femminile è in uso in Camerun, secondo un sondaggio datato 2004 il tasso di prevalenza era dell’1,4%; anche se il tasso nazionale è basso vi sono regioni interne del paese in cui la percentuale è anche notevolmente più alta. Nell’estremo nord ad esempio si arriva al 13% all’interno dell’etnia Fulani e tra le donne di origine araba.
La pratica è prevalente nel 6% delle donne musulmane, meno dell’1% di quelle cristiane e inesistente tra le donne animiste. Il codice penale nazionale non classifica le mutilazioni genitali come reato, tuttavia l’art. 277 criminalizza l’aggressione aggravata rivolta a parti specifiche del corpo; un progetto di legge per mettere al bando le MGF è rimasto sospeso per oltre 10 anni.
Ciad
Secondo l’indagine svolta nel 2004 il tasso di mutilazioni genitali in Ciad era del 45%; prevalente nel 61% delle donne musulmane, nel 31% delle cattoliche, nel 16% delle protestanti e nel 12% delle religioni tradizionali. L’uso poi varia anche a seconda dei gruppi etnici presi in considerazione, il 95% degli arabi, il 94% degli Hadjarai, il 91% degli Ouaddaï, l’86% degli abitanti lungo il lago Fitri e la prefettura di Batha, ed infine meno del 2,5% delle popolazioni Tandjilé e dei Mayo-Kebbi.
Nel 2001 è stata ufficialmente messa fuorilegge qualsiasi pratica mutilatoria contro la popolazione femminile del paese; in precedenza poteva risultare esser reato punibile ai sensi delle leggi vigenti di protezione dei minorenni da aggressione fisica.
Comore
La mutilazione geniale femminile è una pratica in uso nelle Isole Comore.
Costa d’Avorio
Secondo l’indagine svolta nel 2005 il 42% di tutte le donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni sono state sottoposte in Costa d’Avorio a mutilazioni genitali, del tutto simile ai precedenti dati del 1994 e 1998 (43 e 46%); prevalente nel 76% delle donne musulmane, nel 45% delle animiste, nel 14% delle cattoliche ed infine nel 13% delle protestanti.
Una legge del 1998 prevede che il danno all’integrità dell’organo genitale di una donna attraverso la rimozione parziale o totale, l’escissione del clitoride e la desensibilizzazione, o tramite qualsiasi altra procedura – se dannosa per la salute – siano punite con una multa e la reclusione; vi è un aggravio di pena se sopraggiunge la morte della paziente.
Egitto
Il ministero della salute ha vietato ogni forma di MGF dal 2007; la proibizione riguarda tutti i medici, gl’infermieri o qualsiasi altra persona che intenda procedere a tagli, appiattimenti o modifiche di qualsiasi parte naturale del sistema riproduttivo femminile. Le autorità islamiche, nella persona del Gran Mufti Ali Gomaa, non hanno mancato dci sottolineare che l’Islam si oppone a qualsiasi mutilazione genitale femminile.
La legge nazionale di messa al bando è entrata in vigore nello stesso 2007 aggiungendo una clausola che ha eliminato la scappatoia che consentiva il permesso di sottoporsi alla procedura per motivi di salute; vi era precedentemente a questa solo una disposizione del codice penale riguardante l’inflizione intenzionale di danno fisico con conseguenze pericolose per la stessa vita. Nel 1997 la corte di cassazione, la più alta corte d’appello del paese, ha accolto il divieto allora proposto dal governo a condizione che coloro che non l’avessero rispettato non venissero sottoposti a sanzioni penali; ma un sondaggio del 2000 rivelò che il 97% della popolazione della nazione ancora la praticava abitualmente, mentre uno studio del 2005 rilevò che oltre il 95% delle donne egiziane avevano subito una qualche forma di mutilazione genitale.
Eritrea
Il governo eritreo ha pubblicato nel 2003 una statistica ufficiale sul tasso di prevalenza di FGM attestandole all’89%; circa il 50% delle donne che abitano nelle zone rurali subiscono mutilazioni del tipo III con cuciture della vulva, mentre sono più comuni quelle di tipo I e II nelle aree urbane. Complessivamente all’incirca un terzo di tutta la popolazione femminile eritrea subiscono FGM di tipo III con cuciture.
La maggior parte delle mutilazioni -il 68% – vengono eseguite su neonate di meno di un anno, un altro 20% su bambine di età inferiore ai 5 anni; il 60% delle donne credono la pratica essere un obbligo religioso e la prevalenza varia a seconda della fede e credenza, così come dal gruppo etnico d’appartenenza (99% musulmane, 89% cattoliche, 85% protestanti). Con la promulgazione di una legge nel 2007 l’Eritrea ha ufficialmente bandito da allora in poi ogni forma di FGM, è prevista la multa o il carcere per chiunque continui a praticarla.
Etiopia
Un sondaggio effettuato nel 2010 ha verificato la prevalenza statistica nelle varie regioni del paese: Afar 94,5%;Harare 81,2%; Amhara 81,1%; Oromia 79,6%; Addis Abeba 70,2%; Regione dei Somali 69,7%; Regione Benisciangul-Gumus 52,9%; Tigrai 48,1%; Regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud 46,3%. L’incidenza varia anche a seconda della religione professata, col 92% di musulmane, 72% di protestanti, 67% di cattoliche e seguaci di credenze tradizionali.
La pratica non è specificamente illegale in Etiopia e non esistono chiare disposizioni di legge per vietarla; non vi sono inoltre casi documentati di donne che vanno in tribunale o in cerca di protezione contro queste mutilazioni.
Gambia
La mutilazione genitale femminile è praticata ampiamente in Gambia; un sondaggio dell’UNICEF datato 2006 ha rilevato un tasso di prevalenza del 78,3%, mentre secondo un rapporto 2013 si è stimato che il 76,3% delle bambine e giovani donne del paese sono state sottoposte a FGM. L’età in cui vengono svolte le mutilazioni varia dai 7 giorni di vita alla preadolescenza.
I tassi di prevalenza variano in modo significativo a seconda dei gruppi etnici interessati: Sarakollé (FGM tasso del 98%), Mandingo (97%), Diola (87%), Sérèr (43%), e Wolof (12%). Le aree urbane riportano tassi di circa il 56%, mentre nelle zone rurali giungono fino al 90%: la maggioranza delle donne che ha subito FGM hanno affermato che l’hanno fatto in primo luogo per seguire i mandati religiosi[60]. Uno studio clinico del 2011 riporta che il 66% delle FGM in Gambia sono state di tipo I, il 26% di tipo II ed infine l’8% di tipo III.
Il paese non ha ancora alcuna legge che proibisca ufficialmente le FGM ed i responsabili non vengono perseguiti neppure sulla base di altre disposizioni penali; gli attivisti per i diritti umani hanno chiesto al parlamento di deliberare al più presto una legge che affronti la situazione delle mutilazioni genitali.
Ghana
La mutilazione genitale femminile è ben presente in Ghana. L’art.39 della costituzione prevede che le pratiche tradizionali che possano risultare potenzialmente dannose per la salute di una persona ed il suo benessere psicofisico debbano essere abolite; il paese ha ratificato il Protocollo di Maputo nel 2007.
Gibuti
Le stime sul tasso di prevalenza di MGF a Gibuti variano dal 93 al 98%; secondo un rapporto dell’UNICEF del 2010 il paese possiede il 2° tasso più alto al mondo di mutilazioni genitali del tipo III commesse contro le donne, con circa i 2/3 di tutta la popolazione femminile che è stata sottoposta alla procedura; mentre il tipo I è la 2° forma più comune.
Come accade anche nei paesi vicini, le donne di Gibuti subiscono l’infibulazione sia alla nascita che dopo un eventuale divorzio; i 2/3 delle donne intervistate ha affermato essere la tradizione religiosa la motivazione principale delle mutilazioni genitali; i religiosi islamici (essendo il paese a stragrande maggioranza musulmana) si sono divisi sulla questione, alcuni sostenendo apertamente la pratica, altri invece opponendovisi.
Il codice penale entrato in vigore nel 1995 bandisce qualsiasi tipo di mutilazione genitale; l’art.333 prevede che le persone riconosciute colpevoli di questa pratica siano condannate sia al pagamento di una multa che ad una pena detentiva. Gibuti ha ratificato il protocollo di Maputo nel 2005.
Guinea
La Guinea ha il secondo tasso di prevalenza di FGM più alto al mondo, pur essendo ufficialmente illegale ai sensi dell’art.265 del codice penale: è prevista la pena di morte per il colpevole che causi il decesso della ragazza entro 40gg dopo l’esecuzione dell’operazione. Secondo un sondaggio svolto nel 2005 il 96% di tutta la popolazione femminile tra i 15 e i 49 anni aveva subito mutilazioni genitali, di cui il 27% ha subito l’operazione da personale medico addestrato.
Più della metà delle donne intervistate credono la pratica essere un obbligo religioso; le mutilazioni genitali sono prevalenti nel 99% delle musulmane, nel 94% delle cristiane e nel 93% delle animiste. Il paese ha firmato il protocollo di Maputo nel 2003 ma senza ratificarlo; nessuno è ancora mai stato perseguito per casi relativi a FGM.
Guinea-Bissau
La mutilazione genitale femminile è ben presente in Guinea-Bissau; questo nonostante una legge che ne vieti la pratica a livello nazionale sia stata promulgata nel 2011.
Libia
La mutilazione genitale femminile è praticata in Libia.
Malawi
La mutilazione genitale femminile è praticata in Malawi
Mozambico
La mutilazione genitale femminile è presente in Mozambico.
Rep. centrafricana
Secondo un’indagine svolta nel 2000 le mutilazioni genitali vengono praticate nella repubblica centrafricana sul 36% della popolazione femminile, in calo rispetto al 1994 quando era il 43%: la pratica è prevalente nel 46% delle donne animiste, nel 39% delle musulmane, nel 36% delle protestanti ed infine nel 35% delle cattoliche.
Nel 1996 è stata emessa un’ordinanza presidenziale che proibisce qualsiasi forma di mutilazione genitale sulle donne, la violazione è punita con multe e lievi pene detentive.
Rep. del Congo
La mutilazione genitale femminile è praticata nella Repubblica del Congo
RD del Congo
La mutilazione genitale femminile è praticata in tutta la Repubblica Democratica del Congo
Sudafrica
La mutilazione genitale femminile è presente in Sudafrica.
Zimbabwe
La mutilazione genitale femminile è presente in Zimbabwe
Medio Oriente
Bahrein
Qatar
Palestina
Kurdistan
Asia
Afghanistan
Brunei
Pakistan
Tagikistan
PATRIK CARNES
« in our definition of sexual addiction, the relationship is with sex, and not people »
(Patrick Carnes)
Patrick Carnes (Stati Uniti, …) è un medico, psicologo e sessuologo statunitense, si occupa di dipendenze sessuali.
Attività medica
Ha conseguito nel 1980 il dottorato di ricerca presso l’università del Minnesota. È stato direttore del servizio per i disordini sessuali all’ospedale “The Meadows” a Wickenburg (Arizona).
Ha fondato nel 1987 la “Society for the Advancement of Sexual Health”, che si occupa di ricerca sessuologica e dipendenza sessuale .
È membro del “National Council of Sexual Addiction/Compulsivity” e della “American Academy of Health Care Providers in the Addictive Disorders” e ha partecipato all’istituzione del “Certified Sex Addiction Therapist Program” (certificazione dei terapeuti delle dipendenze sessuali).
Dirige il “Gentle Path Program” presso la clinica “Pine Grove Behavioral Center” di Hattiesburg (Mississippi)
Teorie sulle dipendenze sessuali
Secondo Patrick Carnes il ciclo della dipendenza sessuale inizia con i “core beliefs“, credenze, spesso inconsce, della persona affetta da sesso-dipendenza:
– “Io sono principalmente una persona cattiva e immeritevole”.
– “Nessuno mi amerebbe per quello che sono”.
– “I miei bisogni non saranno mai soddisfatti se devo dipendere dagli altri”.
– “Il Sesso è il mio bisogno più importante”.
Queste convinzioni porterebbero il dipendente a percepire la sessualità come un lenitivo, che rende l’isolamento sopportabile: “Se non hai fiducia nelle persone, una cosa certa riguardo al sesso (come per alcool, cibo, gioco d’azzardo e rischio) è che fa sempre ciò che promette, all’inizio.”
Nel suo lavoro presso l’ospedale “The Meadows” di Wickenburg (Arizona) ha sviluppato una tecnica terapeutica basata su uno studio sul campo del recupero di 1.000 dipendenti sessuali dal 1996 al 2004. Successivamente ha riassunto la sua tecnica terapeutica nel suo saggio Don’t Call It Love.
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