ZINGARI
ZINGARI A FIRENZE
Rossi con i ROM
Guardate come sono carini tutti insieme,veramente un bel quadretto di famiglia! Quale regalo più gradito si potevano aspettare i toscani!!
E poi Rossi ci fa anche bella figura in mezzo,forse qualcuno ne dubitava,ma è proprio così,guardate che bei colori sfavillanti,forse Rossi è un po’ troppo scuro,ma comunque è anche comprensibile,forse è un po’ preoccupato per le lunghe file d’attesa che i suoi sudditi devono fare agli ospedali… ma insomma,via,ora non chiediamo troppo,accontentiamoci dell’oggi e cioè di vedere almenno un quadrettino così originale.
Io l’ho già stampato perchè a Natale lo voglio dare in regalo a tutti i miei amici,Ahhh! è molto meglio di un Presepe!!
L’unico appunto che voglio fare al compagno Rossi è che poteva magari scegliere un posto un po’ meno allusivo e irrispettoso per i suoi carissimi amici,intendo dire che quelle sbarre come sfondo sono portatrici di cattivi auspici,non si sa mai,chissà che a qualcuno non venga la voglia di toglierle,anzi di segarle…!
Ma,insomma,non chiediamo troppo,accontentiamoci di vedere tanto amore e altruismo da parte di Rossi,che effettivamente è proprio un grande presidente,amabile,calmo,accomodante,mette sempre tutti daccordo,sta coi frati e zappa l’orto, anche se ora veramente ,forse ha cambiato un po’,sì perchè come si vede, anzichè coi frati sta coi ROM e manda gli spazzini ad aprire i tombini….
Ma quante belle cose ci sono in quei tombini,chi l’avrebbe detto? Ma cosa vuoi,bisogna capire.. aiutare tutti… ognuno mette la roba dove può.
Ma chi avrà messo tanta bella roba in quei tombini?? Questo è un mistero,pagherei 1000 euro per saperlo,lo chiederò a Rossi,non si sa mai,forse lui è più informato di noi poveri cittadini onesti,che abbiamo la sola colpa di pagare le tasse,tante tasse,per ripulire e svuotare (anche) i tombini.
E poi di che cosa ci dobbiamo lamentare,quando l’amato presidente ci porta in casa tanta bontà?? Bella gente,raffinata,educata,piena di cultura,non violenta,rispettosa della proprietà altrui e come se non bastasse o se a qualcuno tutto questo non andasse bene,consoliamoci almeno a guardare tanti bei costumi così sfavillanti,allegri,colorati,ma volete mettere rispetto al nero di Rossi che ventata di allegria e ottimismo ci mettono addosso!!!
Chissà che anche Armani non ci metta sopra gli occhi!
Grazie Rossi,per il bel regalo che ci hai fatto,daltronde io non ho mai dubitato di te,ho sempre saputo che sei altruista e fai di tutto per tirarci dentro tanta bontà.
Anzi,ti dirò,quasi quasi ti proporrei come terzo Papa,sì,magari “ad onorem” o per “giusta causa” o magari perchè non si sa mai,se Francesco a volte non potesse intervenire e avesse bisogno di un sostituto,io ti ci vedrei veramente,ma veramente bene nei suoi panni,che bello sarebbe avere un terzo Papa che con la sua presenza rassicurerebbe tutti i toscanacci che lo amano tanto!
Però amico Rossi,potevi anche sentire prima almeno il parere dei fiorentini se avessero gradito quella foto,in mezzo a quel contesto… magari ti avrebbero anche consigliato qualche piccola modifica… ma si sa,tu sei un presidente che ha sempre la verità in tasca e ne sei tanto convinto che neppure ti può minimamente sfiorare l’idea che “la tua idea” non possa essere che quella di tutti cittadini toscani che tu,tanto autorevolmente rappresenti.. !!!
BRAVO ROSSI ,io personalmente VORREI CHE NON ANDASSI PIU’ VIA da dove sei,perchè sono certo che quel giorno mi prenderà la depressione assoluta a pensare di rimanere orfano di una eccelsa guida spirituale e morale come te!
Se non ci fossi Rossi,bisognerebbe inventarti,io ti sarò sempre vicino… mi riscalderò alla luce della tua immagine,per me sarai sempre un modello irraggiungibile,una luce di speranza,sarai come la Madonna… no,anzi molto di più…!
Grazie Rossi per tutta l’ospitalità che tanto generosamente dai agli amici ROM,spero solo che dopo quella bellissima foto di gruppo,almeno tu abbia avuto la delicatezza di offrire loro un caffeino con qualche pastina alla crema! Sai, loro gradiscono molto certi pensierini e te ne saranno grati,prima o poi…!
Ma soprattutto ringrazieranno sempre i fiorentini di avere un cuore tanto grande da dar loro tutto ciò che hanno,oro,argento borse… ma l’unico appunto da fare è che ormai a questo punto,diamogli anche dei magazzini decenti ove possano svolgere giustamente tutte le loro splendide e redditizie attività,anche perchè se arriva l’ASL e non li trova in regola sono guai !!!!
E infine già qualche anno fa qualcuno disse: “Libertè,Egalitè,Fraternitè” che vogliamo fare? Vogliamo tornare in dietro?
Non sia mai detto!
Ciao compagno Rossi
Un saluto cordiale da un suddito fedele.
Tombini in Piazza della Libertà
Romania, le favolose magioni dei Rom
Una comunità di commercianti di metalli si è arricchita e si è trasferita in lussuose abitazioni.
I Rom rumeni condividono questo destino con i Rom di tutta l’Europa orientale, dove questa etnia, un tempo seminomade, costituisce una disprezzata classe inferiore, povera, non istruita e ostinatamente incline all’isolamento. Per molti gadje, termine della lingua romanès con cui si indicano i non appartenenti all’etnia Rom, le case sontuose dei Rom di Buzescu sono uno schiaffo alla povertà, un’ostentazione di ricchezza peraltro non meritata.
All’élite però sembra che interessi poco fare buona impressione sui gadje. Ti fanno capire chiaramente che lì intorno non vogliono estranei che fanno domande e scattano foto. Pleaca, pleaca, vai via, gridano i bambini. Gli adulti guardano in cagnesco oppure voltano le spalle appena uno si avvicina.
Le palazzine sono un modo per ostentare ricchezza e status sociale all’interno della comunità rom. E questa ricchezza da dove viene? I Rom del luogo rispondono: «Dal commercio del metallo» ( sì,commerciano molto in metalli in Italia,soprattutto rame). I Rom di Buzescu sono per lo più Kalderash – che in lingua romani significa ramaio – un gruppo tradizionalmente associato alla lavorazione del metallo.
Chi sono davvero i Rom di Romania? Perchè vengono in Italia? Cosa cercano nel nostro paese, e perchè abbandonano il loro?
Il primo documento scritto che attesta la presenza di Rom nell’attuale Romania risale al 1385 . Nei principati di Valacchia e di Moldavia – antenati della Romania – i Rom sono stati schiavi fino al 1856, anno in cui in Valacchia viene emanata una legge che prevede l’abolizione della schiavitù : nei periodi successivi, tra XIX e XX secolo, i Rom hanno svolto prevalentemente mestieri artigianali e girovaghi, sono stati calderai, fabbri, artigiani del legno, raccoglitori di vetro ecc.
Questa collocazione sociale è una delle origini della prolungata marginalità dei Rom: in un paese prevalentemente agricolo come la Romania, i Rom hanno abbandonato le terre in cui lavoravano come schiavi, e hanno svolto mansioni itineranti, legate ad un artigianato povero e precario. Il fatto di essere una minoranza etnico-linguistica, con una propria lingua diversa da quella maggioritaria, li ha poi resi sospetti, scomodi, “fuori posto” proprio nel momento in cui, in Romania come in gran parte dei paesi europei, si affermava l’ideologia nazionalista. Le versioni più radicali di quest’ultima – sangue e suolo – porteranno, a cavallo tra le due guerre mondiali, a vere e proprie persecuzioni a sfondo razziale: nel periodo Antonescu, 25.000 Rom verranno deportati in Transnistria, e lasciati morire al freddo.
L’avvento del regime comunista sembra risollevare un po’ le sorti di questa minoranza discriminata. Nella campagna elettorale del 1946, il Blocul Partidelor Democratice (alleanza elettorale guidata dal PC) indirizza agli zingari uno speciale appello, «Fraţi romi şi surori romniţe» (fratelli Rom e sorelle romnì), che invita a votare per il Blocul, e si impegna a contrastare discriminazioni ed esclusioni contro le minoranze.
Si tratta, però, di un interesse fugace. Già nel Dicembre 1948, il Comitato Centrale del Partito Comunista ormai al potere (che in questo periodo si chiama PMR, Partidul Muncitoresc Român, cioè «Partito Rumeno del Lavoro») dedica una speciale sessione di dibattito al problema delle minoranze etniche: la risoluzione finale dell’Ufficio Politico, mentre attribuisce nuovi poteri a minoranze nazionali come quella ungherese, ignora completamente l’esistenza dei Rom.
La politica del regime, in effetti, si rifiuterà sempre di riconoscere i Rom come una vera e propria minoranza etnica. Gli ţigani (zingari) saranno trattati piuttosto come un problema sociale, in ragione della precarietà dei loro mestieri: essi verranno esclusi – certo – dai benefici delle nazionalità minoritarie, ma, al contempo, finiranno per usufruire delle numerose opportunità di ascesa sociale garantite ai più poveri. Gli studi storici sottolineano in particolare che, nel primo periodo del regime comunista, molti Rom diventano Sindaci, quadri di partito, funzionari dei servizi segreti, ufficiali dell’esercito, dirigenti di polizia: scompaiono, insomma, in quanto Rom, ma acquisiscono ruoli e prestigio in quanto individui.
Nel secondo periodo di vita del regime comunista – che possiamo far coincidere, grosso modo, con l’era Ceaucescu – la Romania cerca di avviare una vera e propria assimilazione forzata dei Rom, in particolare di coloro che praticano ancora mestieri girovaghi e ambulanti, e che sono per questo definiti nomazi (nomadi). I provvedimenti non si discostano molto da quelli che, più o meno nello stesso periodo, sono presi negli altri paesi socialisti. Dopo un primo esperimento promosso dalla Polonia nel 1952, infatti, è l’URSS di Krusciov a fornire le «linee guida» delle politiche contro il vagabondaggio: con un decreto del 1956, lo stato sovietico vieta la vita «nomade», prevede cinque anni di lavori forzati per chi resiste, e al contempo garantisce casa, lavoro, assistenza sanitaria e inserimento scolastico per le famiglie che si «adeguano».
Questa sedentarizzazione forzata produce, in Romania, i suoi effetti: «le autorità locali», «vengono obbligate a mettere a disposizione alloggi, e ad assicurare posti di lavoro. Nelle province con una numerosa presenza di nomadi (Mures, Alba ecc.), una parte delle famiglie vengono trasferite in altre province o addirittura in altre zone del paese, spesso nei grandi centri urbani. L’intera operazione viene diretta a livello centrale, ma messa in pratica dalle autorità locali e dalla milizia. Scompaiono così dal paesaggio rumeno le carovane di zingari che percorrono i villaggi»
Avviata già dalla fine degli anni ’60, questa politica di sedentarizzazione raggiunge il suo culmine nel 1977, quando il Comitato Centrale del Partito Comunista promuove un programma speciale di integrazione sociale dei Rom (i cui dettagli non verranno mai resi pubblici). Nel 1977, il censimento registra la presenza di circa 65.000 zingari nomadi, e di quasi 230.000 cittadini di etnia Rom, equivalenti all’1,76% della popolazione: un dato che gli storici ritengono largamente sottostimato, essendo il numero reale valutabile in circa un milione.
I Rom alla fine del periodo comunista: tra meticciato e marginalità sociale
Dobbiamo ora fermarci per un attimo, e valutare le conseguenze delle politiche messe in pratica dal regime: ciò consentirà di capire in che modo la minoranza Rom arriva all’appuntamento del crollo del comunismo, e come le condizioni sociali in cui i Rom si troveranno a vivere contribuiranno, negli anni Novanta, all’avvio dei processi migratori.
Un primo fenomeno degno di nota è l’inserimento massiccio dei Rom nel mercato del lavoro, sia agricolo che industriale: le comunità girovaghe dedite a mestieri artigianali tendono a scomparire, e i loro membri diventano sempre più operai, lavoratori agricoli, ferrovieri, impiegati, persino dirigenti di partito o quadri dell’esercito. Questo fenomeno agevola processi di meticciato, perchè i Rom – sempre meno separati dal resto della popolazione – cominciano a convivere con gli «altri rumeni» (o con le «altre rumene»), e con loro lavorano, vivono, si sposano, mettono su famiglia, fanno figli. Si tratta di una dinamica di straordinaria importanza, e che pure viene sottovalutata spesso : gran parte dei Rom comincia a parlare il rumeno come prima lingua, in tanti perdono l’uso del romanés, molte comunità si mescolano, il confine che separa gli «zingari» dai «rumeni» si fa via via meno rigido (ma, è opportuno ricordarlo, nessun confine «etnico» è mai stato tale). Oggi, le tracce di questi potenti processi di meticciato – avviati ben prima del periodo comunista, ma agevolati dalle politiche di assimilazione e di integrazione – sono ben visibili nei gruppi emigrati in Italia. Chi conosce anche superficialmente i «campi» sulle rive dei fiumi, le «baraccopoli» delle grandi città, sa benissimo che vi si trovano popolazioni dall’identità incerta e mobile: molti si definiscono «Rom», altri parlano di se stessi come di «rumeni», altri ancora utilizzano termini dialettali che alludono proprio all’esser «meticci», mescolati, misti.
Un secondo fenomeno degno di nota riguarda la perdurante emarginazione sociale dei Rom: un’emarginazione che rimanda, come abbiamo visto, alla «storia profonda» della Romania, al suo essere paese rurale, e poi anche industriale, con una minoranza Rom dedita a mestieri poveri legati all’artigianato e all’ambulantato. Le politiche di assimilazione forzata, l’inserimento degli «zingari» nel lavoro agricolo o di fabbrica, otterranno successi solo parziali: il regime, infatti, avvierà questi interventi in un momento di grave crisi economica, e non riuscirà a mobilitare tutte le risorse necessarie per raggiungere gli obiettivi prefissati. Così, se nel 1977 circa un terzo dei Rom risultano disoccupati, nel 1983 i senza lavoro saranno ancora cresciuti
Infine, un terzo fenomeno degno di nota attiene alla sfera, per così dire, «ideologica» e simbolica. Il regime comunista ha fatto del nazionalismo uno degli assi portanti delle proprie politiche «identitarie»: prima che dittatura del proletariato e socialismo realizzato, l’élite dirigente ha pensato alla Romania contemporanea come ad una «nazione», erede di un lungo percorso storico che dal periodo dacio-romano porta alla costruzione di uno stato moderno su basi «etniche». Ed è in particolare tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 che Ceaucescu promuove una intensissima campagna ideologica nazionalista, riprendendo persino temi propri del tradizionalismo rumeno di estrema destra
Come è facile intuire, in un clima di rinnovato nazionalismo, dove si esalta la presunta «omogeneità etnica» della Romania, le minoranze etnico-linguistiche diventano oggetto di sospetti e diffidenze.
Il post-comunismo
I Rom, dunque, giungono all’appuntamento della caduta del regime in condizioni di relativa marginalità sociale: non sono più – o sono sempre meno – un corpo separato dal resto della società, non girano più da decenni in carovane “nomadi”, esercitano sempre meno i mestieri ambulanti tradizionali, ma sono comunque poveri e percepiti come “diversi”.
Nel 1991 viene approvata la cosiddetta «Legge del Fondo Fondiario», che smantella le grandi imprese agricole di Stato e restituisce ai “legittimi proprietari” la terra espropriata nell’epoca comunista. I terreni agricoli vengono assegnati, per lo più in piccoli lotti, ai discendenti di coloro che l’avevano posseduta prima della collettivizzazione: così, molte famiglie rumene diventano proprietarie di piccoli terreni, con i quali riescono ad avviare una minima economia di sussistenza.
«Legea Fondului Funciar n°18/1991» (Legge del Fondo Fondiario n. 18/1991)
Questa legge, però, penalizza gravemente la minoranza Rom, che storicamente non ha mai posseduto terreni, e che dunque ora non può beneficiare della «restituzione»
Tra l’altro molti Rom erano impiegati proprio nelle imprese agricole statalizzate dell’epoca Ceaucescu: la chiusura di queste aziende provoca un’ondata di licenziamenti, e un incremento della disoccupazione soprattutto nelle minoranze etniche più discriminate.
Ne emerge un quadro sconfortante. Il 79,4% dei Rom risulta completamente disoccupato (58% tra gli uomini e 88% tra le donne), il reddito medio di una famiglia Rom è assai più basso della media nazionale, e molti giovani, che non trovano lavoro, restano a lungo nelle famiglie di origine.
Al contempo, la ricerca dimostra che i processi di meticciato, di mescolanza sono largamente compiuti. Così, per esempio, solo il 40,9% delle persone che si definiscono «Rom» parla il romanés come lingua madre, e solo il 3,9% svolge mestieri e professioni tradizionali legati alla «cultura Rom». Lo studio osserva che dietro l’etichetta generica di «zingari» si raccolgono popolazioni assai diverse, per molte delle quali è difficile tracciare un confine rigido con i rumeni non-Rom.
Nonostante questo, però, i gruppi che l’immaginario collettivo continua a vedere come «zingari tout court» sono non solo percepiti come radicalmente diversi dai «rumeni», ma fatti oggetto di crescenti sentimenti razzisti e xenofobi. «Dopo la caduta del regime comunista in Romania», «vi fu, in particolare nella prima metà degli anni ’90, un’esplosione di violenza razzista nei confronti delle comunità Rom. In decine di villaggi rumeni folle inferocite assaltarono e incendiarono le case dei Rom, distrussero le loro proprietà e li cacciarono dai villaggi, impedendo loro di ritornare; durante queste violenze collettive alcuni Rom vennero assassinati. Esemplare in questo senso, e ormai tristemente famosa, è la sommossa di Hadareni, avvenuta nel 1993, durante la quale tre Rom furono uccisi, 19 case bruciate e 5 distrutte
Ad alimentare le violenze a sfondo razziale interviene anche il clima di rinnovato nazionalismo che caratterizza la Romania all’indomani della transizione post-comunista. In particolare, già dagli anni ’90 emerge nel panorama politico-elettorale una nuova forza politica, il PRM – Partidul de Romania Mare («Partito della Grande Romania») guidato da Corneliu Vadim Tudor. Si tratta di una formazione ultranazionalista, che ripropone il mito della «purezza etnica» contro le minoranze del paese (quella Rom e quella, ben più forte e organizzata, degli ungheresi). Gli osservatori internazionali definiscono il PRM di «estrema destra», ma in realtà Tudor riprende anche i miti nazionalisti propri dell’ultima fase del regime comunista
L’emigrazione verso l’Italia
L’insieme di questi fenomeni, qui descritti in modo necessariamente sommario, favorisce l’emigrazione di molti Rom. In una primissima fase (attorno alla metà degli anni ’90), gli arrivi riguardano soprattutto comunità discriminate, oggetto di persecuzioni e di violenze, che fuggono dalla Romania e che, non di rado, chiedono asilo politico nel nostro paese, quasi sempre senza successo: è il caso, per esempio, del consistente gruppo segnalato a Torino nel 1997, che proviene dalla regione di Ialomita.
Presto, però, le migrazioni di Rom rumeni si trasformano, investendo gruppi relativamente ben inseriti, che cercano all’estero ““opportunità di lavoro”” in modo da «compensare» il progressivo impoverimento dovuto agli effetti delle riforme agrarie. E’ il caso, soprattutto, della consistente comunità, che emigra da Craiova e dalla regione del Dolj e che si insedia nel campo nomadi «Garibaldi» di Milano, da dove nel 1996 viene trasferita alla baraccopoli di Via Barzaghi.
Gli arrivi nel nostro paese registrano una vera e propria «impennata» tra il 2000 e il 2001: è il periodo in cui l’Italia abolisce l’«obbligo di visto» per i cittadini rumeni, consentendo a questi ultimi di varcare la frontiera esibendo semplicemente il passaporto. Quasi tutte le inchieste condotte nelle città – Milano, Bologna, Roma – mostrano che i Rom si inseriscono facilmente nei circuiti del lavoro nero e dell’economia sommersa, e costituiscono una manodopera ambita soprattutto in edilizia.
Tanto a Milano quanto a Bologna, poi, i Rom rumeni si rendono protagonisti di importanti vertenze per il diritto alla casa e al soggiorno.
Oggi, la presenza complessiva di Rom rumeni in Italia viene stimata attorno alle 50.000 unità.
ROM IN ITALIA
Che cosa è successo? Perchè tanti ROM in Italia?
Il fenomeno si è accresciuto a seguito della Rivoluzione rumena del 1989, il fenomeno si è ulteriormente accentuato dopo il 2002, con la liberalizzazione dei visti turistici in Romania, e soprattutto dopo il 2007, in seguito all’ingresso della Romania nell’Unione europea e al conseguente godimento per i cittadini rumeni del beneficio della libera circolazione delle persone nella cosiddetta “Area Schengen“.
ETICA ROM
))))))) Ma perché in azione entrano sempre più spesso le nomadi, soprattutto incinte? È una scelta tattica. In carcere restano appena 24 ore per le loro condizioni di donne gravide e destano meno sospetti degli uomini, anche perché si portano dietro i bambini.
Un investigatore che da un trentennio gira per le strade della città descrive così le ladre: “Hanno gonne lunghissime sotto le quali nascondono di tutto: dai bottini agli arnesi per entrare nelle case, fino ai loro bambini che mandano all’assalto per poi proteggerli durante la fuga. Sono abilissime e veloci. E soprattutto non si perdono d’animo. Riescono a restare per ore davanti a un palazzo per riuscire a carpire quanto più possono sugli inquilini”. Anche le porte blindate sembrano non avere segreti per le nomadi. I poliziotti del commissariato hanno scoperto come le neutralizzano. Utilizzano le bottiglie di plastica, ad esempio quelle degli shampoo: le tagliano a metà, le appiattiscono e le inseriscono a mo’ di scheda tra l’alloggio del chiavistello e lo stipite della porta.
Le rom non temerebbero nemmeno i cani, che vengono narcotizzati durante i colpi. È successo una settimana fa in casa di un anziano della zona San Lorenzo: aveva due cani da guardia che sono stati neutralizzati.
)))))) A seguito di una segnalazione i carabinieri hanno arrestato due 14enni, provenienti dal campo nomadi di Tor bella Monaca, nullafacenti e già noti alle Forze dell’Ordine, che, ieri pomeriggio stavano rubando in uno stabile di via Ovidio. Quando i militari sono arrivati, i minori, per sottrarsi all’arresto, hanno reagito con calci e pugni e hanno tentato di fuggire.
Sono però stati inseguiti e bloccati in via Cassiodoro, a poche decine di metri dal luogo del furto. In tasca i due avevano diversi oggetti in oro, sottratti poco prima dall’appartamento, che sono stati consegnati ai proprietari. Entrambi si trovano ora presso il centro di prima accoglienza per minori, di Roma, Virginia Agnelli, in attesa del rito direttissimo.
)))))) Una banda di rom dediti a furti e rapine è stata sgominata nel Milanese. Quindici le ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata a furti e rapine emesse dal gip del Tribunale di Monza. I carabinieri del Nucleo investigativo di Monza hanno eseguito gli arresti, riuscendo a individuare otto dei quindici soggetti colpiti da ordine di cattura, dislocati in vari campi nomadi
)))))) Furti sui Tir
Diverso, invece, il caso dei furti (quasi ogni notte, seriali anche quelli, quindi) sui tir. I camionisti di passaggio, infatti, si fermano per le ore di riposo. I rom arrivano sempre dal campo, ma dato che la merce da trafugare è parecchia di solito divelgono le inferriate che delimitano l’area di sosta.
A quel punto tagliano i teloni dei camion per rubare la merce e portarla al di là della recinzione e da lì fino al loro campo.
Se si ha la voglia e il tempo di fermarsi di notte, più di una notte, il via vai di rom, automobilisti, camionisti e polizia stradale è continuo. La polizia stradale, infatti, interviene su questi furti seriali costantemente. Gli agenti arrivano, accertano il furto, se i rom sono ancora nei dintorni si procede all’identificazione ed eventualmente all’arresto.
A Milano, per esempio, le autorità competenti (chi decide, insomma) opta per lasciare alcune zone in mano a ladri e delinquenti magari non troppo pericolosi!
Guardate che cosa fanno in Romania ai politici che sono contro gli interessi del popolo:
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