RELIGIONE – 2°
PREMESSA
DOMANDA (logica)
Qual’è il carattere FONDAMENTALE ED IRRINUNCIABILE che una religione DEVE AVERE perchè possa essere TOLLERATA socialmente da tutti,anche da chi non la condivide????
RISPOSTA (ovvia!)
DEVE PERMETTERE a tutte le altre religioni di sopravvivere nel suo territorio,SENZA PORRE ALCUN VETO.
Ogni religione ha il DIRITTO di esprimere le proprie idee,usi e costumi (purchè non rivoluzionarie e sovversive verso lo Stato di diritto che le ospita).
Non è pensabile che esista qualcuno che non condivide quanto detto, perchè altrimenti, sarebbe necessario un RICOVERO URGENTE ALLA NEURO!!!
Fatta questa breve ma indispensabile premessa,vediamo l’argomento un po’ più nei dettagli.
Pluralismo religioso
Il pluralismo religioso è quel pensiero secondo cui è possibile superare le differenze dottrinarie tra le religioni, e i conflitti interpretativi esistenti spesso all’interno della stessa religione.
Secondo alcuni è sul piano dell’esperienza e non su quello dottrinale che è possibile aspirare alla comprensione reciproca tra le religioni.
Le più recenti acquisizioni del dialogo interreligioso hanno però mostrato tutti i limiti di quest’ultima posizione, soprattutto il fatto che essa tende ad appiattire ogni religione su di uno sfondo neutro con il quale nessuna religione riesce più a identificarsi.
Di conseguenza la libertà di religione viene indebolita dal conferimento ad una specifica religione di privilegi negati ad altre. Tale libertà religiosa viene negata in alcuni stati teocratici e in molti regimi autoritari o meno.
Paradossalmente, quando la chiesa Cattolica romana ottenne importanti privilegi dallo Stato (all’epoca di Costantino I) divenne intollerante verso i pagani e le altre chiese cristiane autocefale. In occidente, la nascita del pluralismo religioso è strettamente legata alla Riforma protestante e all’Illuminismo. Religioni come il Giudaismo e l’Islamismo coesistevano al cristianesimo in diverse zone dell’Europa, ma non godevano degli stessi diritti di quest’ultimo. Alcune nuove forme di cristianesimo vennero addirittura soppresse con la violenza (si veda ad esempio il caso della Crociata albigese in Provenza, o quella contro gli ussiti in Praga o il massacro degli ugonotti). Le prime forme di protestantesimo godevano degli stessi privilegi da essi contestati alla Chiesa cattolica romana; nell’Inghilterra, la Scozia e l’Irlanda protestanti, gli ebrei e i cattolici subivano pesanti restrizioni alla loro libertà religiosa, fino agli atti di emancipazione del XIX secolo.
Alcuni studiosi hanno osservato che, piuttosto curiosamente, nel momento in cui questi gruppi minoritari sono divenuti la maggioranza, hanno a loro volta negato la libertà tanto agognata ad ebrei e cattolici. infatti i protestanti divennero intolleranti con gli antitrinitari, così Calvino fece bruciare Michele Serveto, Lectore di Brandenburgo fece decapitare John Sylvain per aver letto un libro proveniente dalla Transilvania dove regnava la libertà religiosa e il pluralismo religioso.
Non c’è via di mezzo sul piano teoretico tra due dottrine incompatibili che non snaturi entrambe, e nella quale nessuna delle due è più in grado di riconoscersi autenticamente.
In genere, il pluralismo religioso si astiene dal dichiarare questa o quella religione assolutamente vera. È evidente infatti che alcune affermazioni di certe religioni sono in aperto contrasto con quelle di altre, il che le rende (ancora una volta, sul piano teoretico-dottrinale) reciprocamente incompatibili: un esempio classico è la convinzione dei cristiani che Gesù sia lo stesso Dio incarnato, mentre questa convinzione è recisamente rigettata come impossibile dai musulmani e dagli ebrei (il che conduce all’ulteriore frattura sulla questione della Trinità). Si potrebbero portare tanti altri esempi: i cristiani credono che Gesù sia stato crocifisso, i musulmani ritengono che, al contrario, non lo sia stato. È evidente che, con questi presupposti, è impossibile dal punto di vista logico dichiarare che il Cristianesimo e l’Islamismo siano entrambi “assolutamente veri”.
In più, alcuni pluralisti sostengono che nessuna religione possa rivendicare per sé l’esclusiva della verità, in quanto nessuna religione può definire sé stessa come l’autentica e definitiva “parola di Dio”, ma piuttosto come un tentativo umano di ripetere-descrivere-riesprimere-balbettare tale parola divina. Ciò comporta, data la natura finita e fallibile dell’uomo, che nessun testo può esaurire con precisione assoluta l’intera conoscenza di Dio e del suo volere da parte dell’uomo. In questo senso, quindi, nessuna religione può essere detta completamente vera, e la realtà (o Dio) conserva aspetti d’infinito che nessuna singola abilità umana, per quanto accurata, può essere in grado di catturare. Ciò nonostante, le religioni non rinunciano (e giustamente, perché altrimenti non sarebbero più religioni) al tentativo di raggiungere la totalità della realtà, tentativo che spesso si scontra (e non sarebbe possibile altrimenti) con i limiti storici e culturali legati al proprio punto di vista.
Su queste basi è stata notata la necessità di interpretare i cosiddetti “testi sacri” in maniera non diversa da qualsiasi testo letterario dell’epoca, distinguendo tra le affermazioni di carattere storico, quelle metaforiche, quelle a sfondo morale, ecc.
Raimon Panikkar ha spiegato che ogni religione è vera nel suo ambito, cioè dal suo punto di vista: come una finestra aperta sul tutto, essa vede effettivamente il tutto, ma soltanto a partire dalla sua prospettiva (ciò che Panikkar chiama effetto della pars pro toto). Poiché non esiste una verità, qualcosa cui si può accedere in maniera asettica e uguale per tutti, la verità nasce all’interno del rapporto tra le parti in gioco (il divino ed il credente): non c’è modo per il credente di intendere la parola divina se non con il proprio orecchio e le proprie facoltà mentali, e non c’è modo di ripeterla agli altri se non con la propria voce ed il propri linguaggio. Insomma, il divino non è cosa che, come l’affermazione “2 + 2 = 4”, possa essere trattato in maniera disinteressata ed impersonale. Ecco perché un confronto (ma più propriamente bisognerebbe parlare di dialogo interreligioso) tra le religioni non può esaurirsi sul piano teoretico e dottrinale, che presuppone l’esistenza di una unica verità oggettiva e universale. Il problema sta quindi nel presupposto: la ricerca della verità oggettiva e universale porterà sempre a uno scontro irriducibile tra posizioni contrastanti, perché una siffatta verità non esiste. La verità è relazionale, ed include entrambi i poli della relazione (in questo caso, il divino ed il credente).
Nell’ultimo secolo, sono nate alcune forme “liberali” di Ebraismo e di Cristianesimo: i loro adepti non sostengono che la propria sia l’unica forma di religione valida e definitiva, ma solo che è la più completa attualmente a disposizione dell’umanità, stabilendo così uno sfondo comune alle diverse religioni e permettendo implicitamente che una religione approfondisca un aspetto della divinità più o meno di un’altra. I sostenitori di questa posizione affermano che, al pari degli scienziati, la cui umiltà intellettuale li porta a ritrovare la verità all’interno delle leggi della natura, anche le religioni possono conoscere una simile forma di umiltà “religiosa”, ed ammettere che non esiste un unico, solo, esclusivo percorso che conduce a Dio.
Al giorno d’oggi, sono sempre di più quelli che, dall’interno come dall’esterno delle religioni organizzate, sostengono che sia possibile e perciò doveroso sviluppare il pluralismo religioso. Ciò riceve una ulteriore spinta propulsiva dalla considerazione che, dai tempi in cui è stata scritta la Bibbia, la comprensione che l’uomo ha di sé stesso e del proprio ruolo nel mondo è radicalmente cambiata, soprattutto in seguito alle conquiste della scienza moderna; ma anche l’invito dei filosofi a pensare da capo la nostra nozione di verità e di linguaggio non può essere eluso.
Nel 2001 il libro di Jacques Dupuis : Toward a Christian Theology of Religious Pluralism condusse Dupuis ad essere censurato dalla ‘Congregazione della Dottrina della Fede’ della Santa Sede. Erano state notate alcune ambiguità per le quali hanno chiesto chiarimenti, ma Dupuis non è mai stato condannato. Nella notifica, il Card. Joseph Ratzinger (allora prefetto della Congregazione, in seguito Papa Benedetto XVI) ha dichiarato: È concorde con la dottrina Cattolica sostenere che i semi della verità e della qualità esistono in altre religioni, esse sono certo partecipazione alle verità contenute nella rivelazione di/o Gesù Cristo. Tuttavia è errato sostenere che tali elementi della verità e della qualità, o alcuni di loro, non derivano infine dalla fonte-mediazione di Gesù Cristo.
Il pluralismo, infine, nega l’esistenza di una verità universale ed oggettiva, e pertanto viene spesso ritenuto un pericolo per certe verità, tipicamente (ma non soltanto) quelle religiose. È chiaro che, mentre il pluralismo tenta di armonizzare (senza assimilazioni e senza negare le differenze) posizioni diverse, quali ad esempio quella occidentale e quella islamica circa i diritti delle donna, l’irrigidimento fanatico su una delle due non può che portare ad un conflitto (cosa che il pluralismo cerca appunto di evitare).
Il filosofo e teologo Raimon Panikkar ha fondato nei suoi testi il pluralismo su una solida base metafisica, superando le eccezioni sollevate da coloro che ritengono il pluralismo un’ennesima forma di relativismo agnostico, mostrando che è possibile parlare di verità anche senza ridurre tutta la realtà ad un unico punto di vista.
Alla visione teologica di Panikkar, fortemente influenzata dal Buddhismo, si contrappongono concezioni di ontologia pluralistica niente affatto metafisiche.
Tolleranza
– la tolleranza è un termine relativo alla capacità collettiva e individuale di vivere pacificamente con coloro che credono e agiscono in maniera diversa dalla propria.
– I sistemi autoritari si fondano, al contrario, sull’intolleranza.
– Termine solitamente collegato alla pratica della nonviolenza, estende le sue implicazioni agli ambiti della religione, del sesso e della politica, e ben difficilmente conduce a comportamenti violenti; tolleranza significa anche indulgenza nei confronti degli altri.
– Nel suo senso sociologico più ampio, la tolleranza si basa sulla convinzione che l’intolleranza ed il tentativo di eliminare tutte le differenze (conducendo ad un pensiero e ad uno stile di vita unici) conduce alla violenza ed all‘instabilità sociale. La tolleranza diviene così lo spartiacque tra un modo di fare intransigente e tutto sommato cieco rispetto alle conseguenze, un residuo di una mentalità appartenente a un’epoca in cui l’incontro e il confronto con il « diverso » era davvero quantitativamente molto limitato, ma che nella società globalizzata è la regola piuttosto che l’eccezione.
– Mentre può essere ritenuto istintivo disapprovare un comportamento e un pensiero diverso dai propri, la tolleranza richiede che le parti in causa vengano lasciate indisturbate, fisicamente e intellettualmente, e che dal confronto e dalla critica anche radicale venga tenuto fuori ogni sentimento e atteggiamento ostile.
– Nel senso più genuinamente filosofico, la tolleranza non nasce dall’atteggiamento negativo basato sulla convinzione che non esistano alternative ma, al contrario, sull’accettazione di ciò che è diverso in quanto parte del tutto.
– un qualsiasi credente monoteista è per principio intollerante (non accetterebbe mai che un ateo, un agnostico o un credente di altra religione possa, anche per un solo istante, aver ragione (per ciò che riguarda Dio).
– La tolleranza religiosa è la condizione attraverso la quale le credenze e le pratiche di una o più religioni, diverse da quella professata all’interno di un popolo o di una nazione, vengono accettate o consentite.
– In particolare, in una nazione in cui vige una religione di Stato, essa va intesa come la concessione da parte del governo di praticare altre confessioni al fianco di quella ufficiale. Tale tolleranza garantisce l’immunità da qualsiasi tipo di persecuzione per le religioni aliene accettate dal governo, ma può, in alcuni casi, essere accompagnata anche da forme di discriminazione, a seconda di quali religioni vengano consentite e quali no. A differenza della libertà di religione, infatti, ciò non implica che tutte le religioni siano uguali dinanzi alla legge, in quanto si tratta di un privilegio concesso dal governo e non di un diritto contro di esso.
– A livello individuale, la tolleranza religiosa indica un’attitudine ad accettare le religioni altrui, anche se non se ne riconoscono in tutto o in parte alcuni aspetti. Ciò è fondamentale, poiché vari popoli hanno spesso avuto a che fare con credenze religiose ritenute idolatre, superstiziose, eretiche o scismatiche.
– Storicamente la tolleranza religiosa è stata oggetto di contese non solo sul fatto se sia consentito o meno che altre fedi possano essere professate liberamente, ma anche su se sia il caso che un governante credente possa essere tollerante o consenta che anche il suo popolo lo sia.
– In Europa l’idea di tolleranza religiosa fu introdotta nel XVI secolo dagli intellettuali umanisti; ad indicare la concordia fra le religioni cristiane furono anzitutto Erasmo da Rotterdam e Thomas More.
Sebastiano Castellione
Una trattazione chiara e sistematica sulla tolleranza si ebbe grazie a Sebastiano Castellione con il suo De haereticis, an sint persequendi,... del 1554, una raccolta di testi dai Padri della Chiesa fino ad Erasmo, in cui si sosteneva che nessuno poteva giudicare e risolvere le questioni di fede perché si trattava di “materia divina” e quindi non pienamente comprensibile all’uomo. L’opera venne pubblicata a Basilea con lo pseudonimo di Martinius Bellius.
L’idea di scrivere questa opera era nata in seguito all’esecuzione di Michele Serveto, mandato al rogo a Ginevra su decreto della chiesa riformata della città istigata da Giovanni Calvino.
Per questa opera Castellio è stato considerato spesso un precursore delle idee del razionalismo seicentesco e addirittura di alcune idee dell‘Illuminismo.
L’editto di Nantes
Dopo tanti secoli in cui i sudditi non avevano libertà di religione ed erano vincolati alla fede del proprio sovrano, una prima svolta si verificò con l’editto di Nantes (1598) con cui il re di Francia Enrico IV riconobbe diritti civili e libertà agli Ugonotti (protestanti tendenti al calvinismo), ma la strada era ancora lunga: la presenza di diverse identità religiose all’interno dell’Europa centrale offrì il destro per oltre un secolo e mezzo a drammatici confronti fra le diverse componenti sociali e religiose.
Storicamente,la tolleranza politica e religiosa ha sempre costituito l’aspetto più importante della tolleranza,poichè sono state le divergenze sul piano politico e religioso ad aver ispirato le più atroci guerre e persecuzioni.
Tolleranza religiosa
E’ tipica dell’impero romano e della filosofia neoplatonica (Temistio di Paflagonia,Aurelio Simmaco),ma furono soprattutto gli ebrei a diffonderla con la loro pretesa di essere rispettati nella loro diversità (Flavio Giuseppe).
Cassiodoro e la politica del re Teodorico sono agli inizi del VI secolo testimonianza della possibilità del pensiero cristiano di assorbire gli ideali di tolleranza romani.
I filosofi e gli scrittori dell’Illuminismo, soprattutto John Locke ,Voltaire e Lessing,
hanno fortemente promosso la telleranza religiosa e la loro influenza ha fortemente contribuito alla formazione delle società occidentali.
Voltaire scrisse il Trattato sulla tolleranza.
Una società tollerante non può includere l’intolleranza,pena la sua stessa distruzione (Europa-Islam!).
Tuttavia è molto difficile fare bilanci precisi e non sempre le diverse società sono d’accordo su ogni punto della questione.
Ad esempio,argomenti molto discussi in diversi paesi sono:
– la separazione fra stato e chiesa
– l’omosessualità
– il consumo di tabacco
– l’assunzione di alcolici e altre droghe
– la lettura di testi politici ritenuti diseducativi: es. Mein Kampf di Adolf Hitler
Tolleranza e violenza
Recenti saggi hanno modificato l’approcio all’idea di tolleranza,il problema è vissuto soprattutto da colui che tollera,è lui che fatica ad accettare la diversità e per sfuggire alla fatica del portare questo “peso” chi tollera diventa violento e cerca di eliminare la causa della sua fatica (la presenza del tollerato).
La tolleranza è quindi considerata la strada maestra che porta alla violenza.
La tolleranza nella legislazione moderna si può rintracciare nel:
– trattato di Cavour
firmato nel 1561 dal re Savoia e i Valdesi,che venne però abolito di fatto già nel 1655
– Editto di Torda
emanato dal re d’Ungheria e principe di Transilvania,Giovanni II che nel 1568 decretò la libertà religiosa nel suo regno,primo caso del genere nella storia moderna dell’Europa
– Trattato della Pace di Vestfalia (1648)
– Trattato di Oliva (1660)
– Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (26 agosto 1789)
– Protocollo finale del Congresso di Vienna ( 1815)
con il primo riferimento anche alla difesa delle minoranze etniche
– Trattato di Berlino (1878)
– I Quattordici punti di Woodrow Wilson (1918)
– il Patto della Società delle Nazioni (1920)
– la Carta delle Nazioni Unite (1945)
– Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo (1981)
– Carta di Algeri: Dichiarazione universale dei diritti dei Popoli (1976) ecc.
– Dichiarazione universale dei Diritti Umani firmata all’ONU nel 1948
– In Italia la Costituzione tutela questo diritto agli articoli 3, 7, 8, 19, 20, 21, 117 co. 2 lett. c e attraverso il principio di laicità dello Stato. Inoltre concorrono leggi apposite, come il Concordato fra Stato e Chiesa cattolica (chiamato nella sua prima stesura col nome di Patti Lateranensi), e intese analoghe fra lo Stato ed altre religioni.
Libertà religiosa
Consiste nei seguenti punti:
– libertà di cambiare religione
– libertà di manifestarla nell’insegnamento,nella pratica,nell’adorazione e nell’osservanza,senza limitazioni o ritorsioni da parte di autorità costituite
– testimoniare e diffondere il proprio messaggio nella società,senza per questo essere oggetto di disprezzo o di persecuzione
Intolleranza religiosa
– L‘intolleranza religiosa è la discriminazione di una persona, o di un gruppo di persone, sulla base della sua religione o credo.
– si stima che oggi il 70% della popolazione mondiale viva in paesi con elevate limitazioni alla libertà religiosa,determinate dalle autorità governative o dagli elevati livelli di ostilità sociale.
– Rapporto 2012 delle Nazioni Unite
secondo questo rapporto le manifestazioni di intolleranza più comuni comprendono:
– restrizioni burocratiche sproporzionate
– impedimenti alla costruzione di edifici religiosi
– discriminazioni sistematiche a livello sociale
– pregiudizi
– denigrazioni
– atti di vandalismo e profanazione
– proibizione di cerimonie religiose
– confische
– minacce
– atti di violenza
Costituzioni
Le costituzioni di molti paesi nel mondo contengono disposizioni chiare contro atti di intolleranza religiosa.
– Stati Uniti
– articolo 4 della Legge fondamentale della Repubblica Federale di Germania
– articolo 44.2.1 della Costituzione della Repubblica di Irlanda
– articolo 40 della costituzione dell’Estonia
– Turchia
– Cina
– Filippine ecc.
In alcuni paesi del continente asiatico la libertà religiosa è meno tollerata:
– Maldive
-Afghanistan
– Azerbaigian
ed altri,tanto che l’Asia risulta da tal punto di vista il continente più intollerante.
Fondamentalismo
Con il termine fondamentalismo si intende genericamente qualunque interpretazione letterale dogmatica di testi sacri (o loro equivalenti, fuori dell’ambito religioso) che assuma i relativi precetti a fondamenti (tipicamente della religione, ma non solo) rifiutando ogni ideologia in contrasto con essi.
– Il fondamentalismo è una corrente della religiosità protestante che si sviluppò negli Stati Uniti in un periodo compreso tra il 1878 e il 1918 (cioè tra la fine della Guerra Civile Americana e la Prima guerra mondiale).
Si tratta di una corrente di pensiero, nata all’interno della Chiesa battista, che intendeva opporsi al modernismo e al razionalismo teologici che si diffondevano fra i fedeli evangelici. Il termine fondamentalismo non aveva all’origine accezioni negative, è legato al fatto che nel 1909 venne pubblicata una raccolta di dodici volumi di saggi intitolata The Fundamentals. I testi attaccavano le attività di filologia, storia, archeologia e critica, della scuola esegetica detta di “Alta critica”. Rivendicavano al contrario la volontà di riaffermare in modo dogmatico punti irrinunciabili della fede definiti fundamentals, i fondamenti, e corrispondono anche all’affermazione della necessità di una fede facilmente comprensibile all’individuo. Questa rivendicazione aveva una prospettiva anche politico-sociale, con forte critica definibile “anti-intellettuale” o “anti-elìtes” (contro il pericolo di una società, o di una morale, “degli avvocati” e dei filosofi).
Nel periodo tra il 1910 e il 1915 il termine “fundamentals” compariva su molti volantini diffusi dai gruppi.
Caratteristica del pensiero dei fondamentalisti, era la riaffermazione del valore letterale del testo della Bibbia. Questa doveva essere considerata un testo storico che narra fatti realmente accaduti nel modo esatto in cui sono descritti, con un netto rifiuto alla “pretesa” dei teologi liberali di sottoporre la Bibbia alla stessa analisi e critica testuale a cui erano stati sottoposti gli altri testi classici dell’antichità. In particolare c’era il rifiuto rivolto alla cosiddetta “Ipotesi documentale“, la ricerca che aveva rilevato all’interno del Pentateuco diverse fonti documentali denominate “yahvwiste“, “elhoiste” e “sacerdotali“.
In poche parole, il fondamentalismo rifiutava di trattare la Bibbia come un testo paragonabile, analizzabile e quindi discutibile, alla pari degli altri.
– L’altra caratteristica è l‘attribuzione di pari valore a tutte le parti di testo della tradizione cristiana, che non ammette quindi una distinzione di importanza o distinzione di lettura tra Nuovo Testamento e Antico Testamento. Queste posizioni erano già presenti da secoli in alcuni piccoli gruppi protestanti, il fondamentalismo le ripropose in forma di nuovo proselitismo.
– Contrattaccando le correnti moderniste, i fondamentalisti aiutarono i cristiani tradizionalisti a superare lo shock delle numerose scoperte archeologiche del XIX secolo che documentavano fatti e popoli ed eventi di cui la Bibbia non aveva conservato la minima traccia – o che raccontavano in modo diverso eventi a cui la Bibbia alludeva – e dalla diffusione del darwinismo, oltre che dai progressi della filologia e delle scienze naturali.
– Rifiutando “sottrazioni” o “aggiunte” alle credenze tradizionali, i fondamentalisti diedero così una fisionomia precisa alla religiosità di tipo conservatrice del mondo protestante statunitense.
– Sul piano politico la battaglia delle idee fu vinta in un certo grado dai fondamentalisti, che riuscirono a influenzare il pensiero religioso americano molto più profondamente rispetto alle altre correnti religiose, dando alla società statunitense quella particolare impronta culturale che tuttora possiede.
– Le parole d’ordine già dei Fondamentalisti in gran parte coincidono con quelle della destra religiosa statunitense del giorno d’oggi. Senza il Fondamentalismo non si comprenderebbero battaglie come quella contro l’insegnamento della teoria dell’evoluzione nelle scuole statunitensi, ancora attive alle soglie del XXI secolo.
– Il termine fondamentalismo, all’origine si riferiva al mondo protestante .
– Questo termine però si è diffuso nell’uso comune per identificare tutti quei punti di vista – correnti di pensiero e pratica nell’ambito religioso – che insistono sull’interpretazione letterale dei testi sacri quali la Bibbia o il Corano, e che hanno carattere di movimenti anti-modernisti all’interno delle rispettive religioni.
– Nel campo della religione cattolica, in cui non vi è la centralità del libro sacro (la Bibbia e i Vangeli), ma quella auctoritas di una persona (il Papa) e di una istituzione (la struttura ecclesiastica e il clero dei pastori) che ne forniscono e tramandano l’interpretazione e ne modellano la memoria, il fondamentalismo può configurarsi come aderenza stretta ai contenuti della tradizione, facendo passare in secondo piano la vicinanza al testo sacro.
– In senso teologico, cioè, viene chiamato fondamentalista ogni approccio letterale ad un testo che rifiuta l’analisi critica di tipo filologico, nel caso che non accordi con i dogmi tradizionali definiti precedentemente. Il fondamentalismo religioso riguarda la lettura diretta dei testi sacri, con il rifiuto di strumenti esegetici o di critica testuale. Questa prassi è propria di alcune correnti protestanti ma è presente anche in alcune interpretazioni del cattolicesimo più tradizionalista.
– Si parla oggi comunemente – anche se non sempre con identico significato – di :
“fondamentalismo islamico”,
“fondamentalismo ebraico”,
“fondamentalismo cristiano” eccetera.
Il termine, che ha oggi una diffusa valenza negativa, si riferisce anche più in generale a un atteggiamento politico e culturale contrario al dialogo, che rivendica principi religiosi “non negoziabili” senza possibilità di approccio critico, insiste sul presupposto apodittico che il proprio punto di vista o dogma è l’unico giusto, in modo spesso rigido e moralmente giudicante.
“Fondamentalista” descrive un movimento di ritorno a quelli che si considerano i principi che definiscono o fondano la religione. In particolare è venuto ad indicare qualsiasi enclave religiosa che si opponga intenzionalmente ad identificarsi con il gruppo religioso più vasto nel quale originariamente era sorta, ritenendo che i principî fondamentali su cui il gruppo religioso più grande si fonda si siano corrotti o siano stati rimpiazzati da altri principî ostili alla sua identità.
Guerre di religione in Europa
Le guerre di religione sono state una serie di guerre combattute in Europa dalla fine del conflitto tra Francia e Spagna conclusosi con la Pace di Cateau-Cambrésis nel 1559 fino alla conclusione della Guerra dei trent’anni (1618-1648).
Gli scontri militari, politici, civili che si susseguirono dopo la spaccatura confessionale avvenuta a seguito della Riforma protestante (1517-1555) e dello Scisma anglicano (1534), avevano come causa scatenante il fattore religioso divenuto diffusa ideologia estremizzante e motivo di accesa intolleranza anche negli strati più bassi della popolazione europea.
Le istituzioni politiche temporali ed ecclesiastiche si schierarono nei campi contrapposti del protestantesimo e del cattolicesimo non solo per convinzioni religiose ma anche, più frequentemente, per consolidare il loro potere secondo i loro progetti politici.
Tra le conseguenze delle guerre di religione va annoverata una nuova forma di organizzazione del potere: «Il conflitto religioso trovò alla fine…la sua soluzione non nel trionfo di una fede sull’altra, ma proprio nel superamento di ogni pretesa di fondazione del potere su una fede purchessia…» Al di là dei tentativi di conservare un potere signorile basato su ormai estinte libertà feudali e di affermare un potere monocratico del sovrano fondato su basi divine e personali nasceva una «nuova forma di organizzazione del potere» rappresentata dal principe come «ordine esterno necessario a garantire la sicurezza e la tranquillità dei sudditi…»
Così il calvinismo in Fiandra rinsaldò la volontà di indipendenza dal predominio cattolico spagnolo (1568-1648) e ispirò gli ugonotti francesi e i puritani inglesi che fecero dei valori calvinisti la bandiera di una nobiltà e di una borghesia che aspirava ad abbattere l’assolutismo monarchico. L’editto di Nantes (1598) e il Parlamento inglese (1642-1649) avviarono la costituzione di uno Stato laico e tollerante e il ridimensionamento del potere temporale del papato.
Nel fronte cattolico la Controriforma rappresentò la definitiva sistemazione dogmatica disciplinare della fede cattolica con il concilio tridentino e il controllo delle coscienze con le istituzioni dell’Indice e della nuova Inquisizione, segnò la rivincita confessionale con l’avanzata della evangelizzazione ad opera dei nuovi ordini missionari in Asia e in America e la riconquista cattolica sostenuta dalle armi imperiali della Boemia e della Germania orientale. Dal fallito tentativo asburgico di creare un impero universale cattolico in Europa cominciarono ad emergere le nuove realtà nazionali.
1) L’etica protestante e lo spirito del capitalismo
L’etica protestante e lo spirito del capitalismo è un saggio dell’economista, sociologo, filosofo e storico tedesco Max Weber (1864 – 1920) in cui si identifica nel lavoro come valore in sé l’essenza del capitalismo e riconduce all’etica della religione protestante, in particolare calvinista, lo spirito del capitalismo.
2) La rivolta dei contadini tedeschi
La guerra dei contadini (in tedesco, der deutsche Bauernkrieg) fu una rivolta popolare nell’Europa rinascimentale, più precisamente nel Sacro Romano Impero, che si svolse tra il 1524 e il 1526. La guerra consistette, come per il precedente movimento Bundschuh (Lega della scarpa), e come per le guerre hussite, in un insieme di rivolte economiche e religiose, da parte di contadini, abitanti delle città, e nobili. Il movimento non possedeva un programma comune.
Il conflitto, che si svolse principalmente nelle aree meridionali, centrali e occidentali dell’odierna Germania, ma che influenzò anche aree confinanti delle odierne Svizzera e Austria comprese l’odierno Alto Adige (ove si distinse Michael Gaismair) e parte del Trentino (dove prese il nome di “Guerra rustica” o “guerra dei carneri” e dalla quale si distinse la figura di Francesco V di Castelalto), coinvolse al suo apice, nella primavera-estate del 1525, un numero stimato intorno ai 300.000 contadini insorti. Le fonti dell’epoca stimano in 100.000 il numero dei morti.
La guerra trovò ragioni etiche, teoriche e teologiche nella riforma protestante, le cui critiche ai privilegi e alla corruzione della Chiesa Cattolica Romana sfidarono l’ordine religioso e politico costituito.
Ma la guerra dei contadini rifletté anche un radicato malcontento sociale: per comprenderne le cause si devono esaminare le strutture mutanti delle classi sociali in Germania e le loro mutue relazioni. Queste classi erano quelle dei principi, dei nobili minori, dei prelati, dei patrizi, dei borghigiani, dei plebei e dei contadini.
3) La seconda guerra di Kappel
La seconda guerra di Kappel (in tedesco: Zweiter Kappelerkrieg) è stata un conflitto armato del 1531, tra i cantoni svizzeri protestanti e quelli cattolici della Vecchia Confederazione durante la Riforma protestante svizzera.
4) La guerra di Smalcalda
La guerra di Smalcalda (in lingua tedesca Schmalkaldischer Krieg) si riferisce ad un breve periodo di violenze, tra il 1546 e il 1547, avvenuto tra le forze dell’imperatore Carlo V comandate dal duca d’Alba, don Fernando Álvarez de Toledo e la luterana Lega di Smalcalda nei domini del Sacro Romano Impero.
5) La guerra degli ottant’anni nei Paesi Bassi
La guerra degli ottant’anni, o rivolta olandese o rivolta dei Paesi Bassi, fu la ribellione delle Province Unite contro il dominio spagnolo, che si tramutò in un conflitto durato dal 1568 al 1648, quando l’indipendenza delle Province Unite fu sancita dalla Pace di Vestfalia.
Il conflitto fu una delle cause del progressivo declino della potenza della Spagna, e vide sorgere un nuovo stato, la Repubblica delle Sette Province Unite, che sarebbe presto divenuta una delle potenze mondiali del XVII e XVIII secolo, distinguendosi per il suo dinamismo in campo commerciale, scientifico e culturale.
6) Le guerre di religione francesi del XVI secolo
Le guerre di religione francesi sono una serie di otto conflitti che, opponendo cattolici e protestanti, devastarono il regno di Francia nella seconda metà del XVI secolo.
Lo sviluppo, nel secolo del Rinascimento, di un pensiero umanistico critico e individualistico, volto alla verifica delle acquisizioni culturali ereditate dal passato, provocò, fra l’altro, la messa in discussione dei principi dogmatici della religione cristiana e della legittimità delle istituzioni ecclesiastiche, fino ad allora insegnati e tutelati dalla Chiesa di Roma, alla quale si contestava da tempo anche la corruzione dei costumi. Nacque così in Europa, su impulso di Martin Lutero, il movimento della Riforma protestante, alla quale il cattolicesimo tradizionale oppose sia un intransigente conservatorismo, sia una proposta di autoriforma (erasmiana) oppure di adeguamento del cattolicesimo alle nuove condizioni storiche (controriforma). Queste dispute religiose provocarono, particolarmente in Francia e in Germania, una lunga serie di guerre civili.
Le prime persecuzioni contro gli aderenti alle nuove idee iniziarono in Francia negli anni Venti. Occorre attendere gli anni Quaranta e Cinquanta per assistere allo sviluppo di una lotta sempre più violenta. Si fecero frequenti le distruzioni iconoclaste, da parte dei protestanti, di oggetti del rituale romano considerati sacri dai cattolici: reliquie, ostie, immagini devozionali. Alla fine del regno di Enrico II, il conflitto si politicizzò e alla morte del re nel 1559 le diverse famiglie della nobiltà predisposero alleanze in funzione delle loro ambizioni e della loro fede religiosa. Le guerre cominciarono nel 1562 proseguendo, inframmezzate da periodi di tregua, fino al 1598, anno dell’emanazione dell’Editto di Nantes. Alla revoca dell’Editto, ripresero le persecuzioni contro i protestanti nel XVII secolo (assedio de La Rochelle), e nel XVIII (rivolta dei Camisard), fino all’Editto di Versailles di Luigi XVI del 1788.
L’analisi di queste guerre – che segnarono un periodo di declino politico della Francia – è resa particolarmente complessa per l’intrecciarsi in esse di cause politiche, sociali e culturali in un contesto europeo di forte tensioni.
7) La guerra dei trent’anni
Per guerra dei trent’anni si intende una serie di conflitti armati che dilaniarono l’Europa centrale tra il 1618 e il 1648. Fu una delle guerre più lunghe e distruttive della storia europea. La guerra può essere suddivisa in quattro fasi: boemo-palatina (1618–1625), danese (1625–1629), svedese (1630–1635) e francese (1635–1648). Molti storici riconoscono l’esistenza di un quinto periodo oltre ai quattro canonici: il periodo italiano (1628-1630), corrispondente alla Guerra di successione di Mantova e del Monferrato.
Iniziata come una guerra tra gli stati protestanti e quelli cattolici nel frammentato Sacro Romano Impero, progressivamente si sviluppò in un conflitto più generale che coinvolse la maggior parte delle grandi potenze europee, perdendo sempre di più la connotazione religiosa e inquadrandosi meglio nella continuazione della rivalità franco-asburgica per l’egemonia sulla scena europea.
La guerra ebbe inizio quando il Sacro Romano Impero cercò di imporre l’uniformità religiosa sui suoi domini. Gli stati protestanti del nord, indignati per la violazione dei loro diritti acquisiti nella pace di Augusta, si unirono formando l’unione evangelica. L’impero contrastò immediatamente questa lega, percependola come un tentativo di ribellione, suscitando le negative reazioni di tutto il mondo protestante. La Svezia intervenne nel 1630, lanciando un’offensiva su larga scala nel continente. La Spagna, intenzionata a piegare i ribelli olandesi, intervenne con il pretesto di aiutare il suo alleato dinastico, l’Austria. Temendo l’accerchiamento da parte delle due grandi potenze degli Asburgo, la cattolica Francia entrò nella coalizione a fianco dei protestanti per contrastarli.
La guerra, caratterizzata da gravissime e ripetute devastazioni di centri abitati e campagne, da uccisioni di massa, da operazioni militari condotte con spietata ferocia da eserciti mercenari spesso protagonisti di saccheggi, oltre che da micidiali epidemie e carestie, fu una catastrofe epocale, in particolare per i territori dell’Europa centrale. Secondo l’accademico Nicolao Merker, la Guerra dei trent’anni, che avrebbe provocato 12 milioni di morti, fu “in assoluto la maggiore catastrofe mai abbattutasi” sulla Germania.
Il conflitto si concluse con i trattati di Osnabrück e Münster, inseriti nella più ampia pace di Vestfalia. Gli eventi bellici modificarono il precedente assetto politico delle potenze europee. L’incremento del potere dei Borbone in Francia, la riduzione delle ambizioni degli Asburgo e l’ascesa della Svezia come grande potenza crearono nuovi equilibri di potere nel continente. La posizione dominante della Francia contraddistinse la politica europea fino al XVIII secolo, quando in seguito alla Guerra dei sette anni la Gran Bretagna assunse un ruolo centrale.
8) Le guerre dei tre regni in Gran bretagna
Le guerre dei tre regni (a volte conosciute come le guerre delle tre nazioni) sono una serie di conflitti verificatisi in Scozia, Irlanda e Inghilterra tra il 1639 e il 1651, quale seguito del periodo del Governo Personale di Carlo I, il più famoso dei quali è la guerra civile inglese.
La denominazione di questi conflitti come guerre dei tre regni rappresenta una tendenza recente tra gli storici per unificare gli eventi aventi come causa di fondo la guerra civile inglese. Alcuni, come Gaunt o Plant, hanno usato il termine guerre civili britanniche, ma ciò porta confusione, in quanto il regno non divenne una singola entità politica sino all’Atto di Unione (1800).
Le guerre dei tre regni ebbero un parallelismo sul continente europeo — come la Fronda in Francia e la ribellione nei Paesi Bassi, Catalogna e Portogallo contro il dominio spagnolo. Alcuni storici descrivono questo come un periodo di crisi generale in Europa, caratterizzato dalla ribellione delle società conservatrici contro il potere assoluto delle monarchie.
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