Le esposizioni multiple per la gamma dinamica
Prima o poi capita a tutti i fotografi di trovarsi costretti a cestinare una foto, magari potenzialmente un ottimo scatto, perchè non si è riusciti a catturare l’intera gamma dinamica presente al momento dello scatto.
Si tratta di quelle situazioni in cui vi è una grande differenza di luminosità tra alte luci e ombre: tipicamente foto scattate controluce, ma anche foto in cui ci sono zone in ombra che riflettono una quantità di luce di gran lunga minore di quella riflessa dagli altri oggetti presenti nella composizione.
Dato che il sensore della macchina fotografica ha una gamma dinamica limitata (minore anche di quella dell’occhio umano), ovvero non è in grado di esporre correttamente e contemporaneamente due zone con livelli di luminosità molto diversi, il risultato sarà che la nostra foto avrà le ombre completamente nere (se esporremo in modo corretto le alte luci), o le luci completamente bianche (se esporremo in modo corretto le ombre). Nei casi peggiori avremo contemporaneamente ombre nere e luci bianche.
Questi dettagli non sono recuperabili dal singolo scatto perchè non sono mai stati registrati dal sensore (nel caso delle ombre completamente nere) o sono stati persi (nel caso delle luci bianche al 100%).
L’unica soluzione possibile, tra l’altro molto produttiva, è l’utilizzo di una doppia esposizione o di esposizioni multiple.
Detto molto velocemente, utilizzando un treppiede, si effettuano due (o più) esposizioni dello stesso soggetto: una esporrà correttamente le alte luci mentre l’altra servirà per le ombre. In Photoshop uniremo le diverse esposizioni e il risultato sarà un’immagine senza zone completamente nere nè luci bruciate.
La foto qui sopra è un esempio: la fotocamera non è stata in grado di fornirmi uno scatto con il masso a sinistra non nero e contemporaneamente la cascata non totalmente bianca (punto 1).
La soluzione è stata la fusione di più esposizioni (in questo caso tre) con Photoshop (punto 2). Partendo quindi dall’immagine composta dalla fusione dei tre scatti, ho effettuato il mio Workflow, ottenendo l’immagine finale (punto 3).
Bene. Vediamo nel prossimo paragrafo qualche aspetto teorico e, nei successivi passiamo alla fase tecnica/pratica.
La gamma dinamica…un po’ di teoria
Il seguente paragrafo è prettamente teorico.
In fotografia con il termine gamma dinamica (dynamic range, DR) si intende il range di luminosità che un sensore (o una pellicola) è in grado di catturare. Talvolta con il termine gamma dinamica si intende anche l’estensione del range di luminosità effettivo dell’area che vogliamo fotografare.
Le single-lens reflex digitali (dSLR) attuali hanno una gamma dinamica che varia di norma dagli 8 agli 11 stop a seconda del modello. Le fotocamere compatte ne hanno (indicativamente) dai 5 ai 7. L’occhio umano ha un’estensione maggiore: può arrivare a 14 stop.
Cosa significano questi numeri? Aumentare un livello di luminosità di uno stop significa raddoppiarlo (si ragiona in base 2). Se aumenta di 2 stop, significa che quadruplica, mentre se aumenta di 3 stop significa che aumenta di 8 volte (2x2x2=2^3=8).
In base a quanto detto, se una fotocamera ha un DR di 8 stop, significa che è uguale a 2^8=256 e quindi il rapporto massimo tra la luminosità (o più correttamente la luminanza) di ombre e luci può essere al più 1:256.
Al lato pratico ciò significa che non è possibile riprodurre con un solo scatto due punti (senza sconfinare nel nero o bianco puri) se la luminosità di uno è maggiore di 256 volte quella dell’altro.
Essendo la gamma dinamica dell’occhio umano attorno ai 14 stop, il massimo rapporto tra luminanza di ombre e luci osservabile è di 1:(2^14), cioè 1:16384. Si tratta di un ordine di grandezza decisamente superiore all’ 1:256 di un’ipotetica fotocamera. Ecco quindi spiegato perchè molte situazioni osservabili ad occhio nudo non sono riproducibili con un singolo scatto.
1 – La fase di scatto
In fase di scatto è necessario tener conto di alcuni accorgimenti. Le due (o più) esposizioni dovranno essere perfettamente allineate, quindi il treppiede (o un qualunque supporto similare) è necessario. Inoltre, per evitare il più possibile micro-spostamenti della fotocamera al momento dello scatto, possono tornar utili questi due espedienti:
1) Utilizzate il bracketing (cercate sul manuale della vostra reflex se non lo conoscete) in modo da non dover toccare la reflex tra un’esposizione e l’altra.
2) Utilizzate uno scatto remoto o comunque l’autoscatto.
Con queste indicazioni, le esposizioni da fondere saranno pressochè perfettamente allineate.
2 – Sviluppo dei Raw e import in Photoshp
1) La prima cosa da fare è aprire le due immagini in Camera Raw (o simile) e procedere all’elaborazione del negativo digitale: le regolazioni che ritengo più importanti sono il bilanciamento del bianco e la rimozione dell’aberrazione cromatica (quest’ultima la eseguo in manuale). Il più delle volte, effettuate queste due regolazioni su uno scatto, sincronizzo mediante Camera Raw gli altri e li apro tutti in Photoshop.
2) Un volta aperte in Photoshop, la prima cosa da fare è trascinare sull’esposizione più scura quelle via via più chiare. Per fare ciò, è necessario sbloccare il livello di sfondo dell’immagine che vogliamo spostare nell’altro file, dopodichè ci basterà trascinare fisicamente il livello sul file di destinazione (vedasi procedimento).
3) A questo punto bisogna allineare i livelli perfettamente: per farlo ingrandiamo la foto al 300-400% e allineiamo con precisione i bordi.
Eseguite questa operazione per tutte le esposizioni.
4) Se ci sono stati degli spostamenti (seppur minimi) della reflex tra i vari scatti e non è quindi possibile allinearli perfettamente, selezionate tutti i livelli da allineare e scegliete Modifica->“Allineamento automatico livelli”; scegliete la proiezione automatica e fate click su OK. Dopo l’allineamento, potrebbe essere necessario ritagliare (oppure clonare) di qualche pixel l’immagine ai bordi.
3 – Come uniamo le diverse esposizioni?
Bene, ora che abbiamo tutti i livelli necessari in un unico file e correttamente allineati come creiamo la nostra immagine?
La prima soluzione è quella di usare le maschere di livello. In particolare, utilizzo molto spesso le maschere di livello nette in combinazione con quelle sfumate. Negli articoli che vi ho linkato se ne parla in modo abbastanza approfondito.
Spesso si rivelano molto utili anche le maschere di luminosità.
Una soluzione che uso molto spesso è la combinazione delle classiche maschere di livello e delle maschere di luminosità: le maschere di luminosità sono molto utili per la loro precisione e quindi la totale assenza di artefatti. Tuttavia, in alcune zone della foto (quelle che non necessitano di essere corrette), le maschere di luminosità possono essere dannose perchè potrebbero ridurre eccessivamente il contrasto. Una soluzione è quella di applicare la maschera di luminosità al livello, dopodichè il livello verrà inserito all’interno di un gruppo, al quale applicheremo una maschera di livello che servirà per nascondere le zone che non necessitano alcuna cura.
L’esempio qui sotto è abbastanza esplicativo:
Esposizioni multiple o filtri GND?
Sono convinto che non ci sia confronto: le esposizioni multiple sono migliori rispetto ai filtri digradanti praticamente su tutti i fronti (tranne casi molto particolari). A partire dal prezzo (le esposizioni multiple non costano nulla!), passando per la praticità e per la gestibilità, e soprattutto nella precisione.
Un filtro GND è, per definizione, un semplice filtro graduato: non potrà mai seguire correttamente il profilo di una montagna come può fare una maschera di livello, nè potrà aiutarci a schiarire una piccola zona in ombra al centro della foto senza intaccare le altre zone.
Altri usi delle esposizioni multiple
Le esposizioni multiple possono essere utilizzate anche per altri fini oltre che per il recupero di ombre/luci.
Facciamo un esempio: vogliamo fotografare una cascata e, per ottenere un effetto movimento gradevole sull’acqua dobbiamo chiudere il diaframma a f/22. Tuttavia a f/22 si perde molta nitidezza: come soluzione possiamo scattare due esposizioni (con lo stesso livello di luminosità): una a f/22 e una, per esempio, a f/6.3. Utilizzeremo, per l’immagine finale, la parte a f/22 per la cascata e per il resto lo scatto a f/6.3. In questo modo la perdita di dettaglio sarà minimizzata.
Un’altra tecnica, molto utilizzata nella fotografia macro, consiste nel fondere due o più esposizioni ognuna con il fuoco su un punto diverso, per avere tutta la foto a fuoco. Questa tecnica è utilissima nel caso in cui vogliamo avere a fuoco sia un primo piano a qualche decina di centimetri di distanza che lo sfondo che si trova anche a diversi chilometri da noi. Personalmente utilizzo quest’ultima tecnica piuttosto spesso.
Conclusioni
Come in tutte le altre tecniche anche qui (in particolare) non c’è una regola fissa. Ciò che c’è da sapere l’ho spiegato nei paragrafi precedenti; si tratta solo di allenarsi un po’ per ottenere una sensibilità adeguata per poter fondere più esposizioni nel modo più naturale possibile e senza creare artefatti.
I metodi di fusione
Cosa sono i metodi di fusione?
I metodi di fusione sono lo strumento con il quale possiamo decidere come il livello selezionato andrà ad influire su quello sottostante. Facciamo subito un esempio: data un’immagine con due livelli, se scelgo per il livello superiore il metodo di fusione “saturazione”, il risultato sarà un’immagine composta da tutti i pixel del livello inferiore con la saturazione di quelli corrispondenti del livello superiore.
A primo acchito i metodi di fusione sembrerebbero difficili da gestire, ma in questo articolo scopriremo che non è affatto così e che questi sono utilissimi, soprattutto se utilizzati in modo complementare ad altri strumenti (primi su tutti i livelli di regolazione, ai quali dedicherò anche un altro articolo).
I metodi di fusione vengono applicati al livello superiore e influiscono sul livello sottostante. Inoltre è importante osservare che applicare un metodo di fusione a un livello di regolazione è equivalente a duplicare il livello in primo piano, applicare sul nuovo livello creato la regolazione e impostare il metodo di fusione su quest’ultimo livello. Cominciamo con una veloce panoramica sui vari metodi e su come funzionano (sono evidenziati quelli che ritengo fondamentali e che ogni fotografo dovrebbe conoscere):
– Normale: Se il livello superiore è un’immagine, questa verrà visualizzata interamente e il livello inferiore risulterà nascosto. Se il livello superiore è invece un livello di regolazione, questo opererà su tutti i pixel del livello inferiore nel medesimo modo;
– Dissolvi: Photoshop mostrerà solo una percentuale di pixel del livello superiore pari all’opacità del livello. Con opacità al 100%, si ottiene lo stesso risultato che si ha con il metodo Normale perché il 100% dei pixel è mostrato. Se impostiamo opacità al 30%, il risultato sarà il livello inferiore al quale il 30% dei pixel saranno sostituiti con quelli corrispondenti del livello superiore;
– Scurisci: Sostituisce i pixel del livello inferiore con quelli del livello superiore solo se questi ultimi sono più scuri dei primi. I pixel dell’immagine finale sono influenzati anche da quelli del livello superiore;
– Moltiplica: il colore dei pixel del livello inferiore per il colore dei pixel del livello superiore. Moltiplicare un colore per un altro significa scurirlo tanto più è scuro il colore con cui viene moltiplicato. Ai due casi estremi, se moltiplichiamo qualsiasi pixel per un pixel bianco non succederà niente, mentre se lo moltiplichiamo per un pixel nero, diventerà nero anch’esso;
– Brucia: Scurisce ogni pixel del livello inferiore in base a quanto è scuro il pixel del livello superiore corrispondente, aumentando anche il contrasto dell’immagine risultante. Se uno o più pixel del livello superiore sono bianchi, non viene applicato alcun effetto ai pixel sottostanti;
– Brucia lineare:Rispetto al metodo Brucia, questo scurisce ulteriormente l’immagine risultante;
– Colore più scuro: Sostituisce i pixel del livello inferiore con quelli del livello superiore solo se questi ultimi sono più scuri dei primi. A differenza di Scurisci, con Colore più scuro, i pixel più chiari del livello inferiore non sono in alcun modo influenzati da quelli del livello superiore ;
– Schiarisci: È l’esatto opposto di Scurisci. Del livello superiore vengono mostrati solo i pixel più scuri;
– Scolora: È l’opposto di Moltiplica. Moltiplica i pixel del livello sottostante per l’opposto di quelli del livello superiore. Essendo il nero l’opposto del bianco (e viceversa), se il pixel superiore è nero non si avrà nessun effetto su quello inferiore mentre se il pixel superiore è bianco il risultato sarà un pixel bianco;
– Colore scherma: È l’opposto di Brucia. Aumenta la luminosità dei pixel del livello inferiore in base alla luminosità dei pixel del livello superiore. Se un pixel del livello superiore è nero, non si ha nessun effetto sul pixel sottostante (avendo il nero luminosità pari a 0);
– Scherma lineare: È l’opposto di brucia lineare. Schiarisce ulteriormente l’immagine risultante rispetto a Colore Scherma;
– Colore più chiaro: È l’opposto di Colore più scuro. Mostra i pixel del livello superiore che sono più chiari dei corrispondenti pixel del livello inferiore. I restanti pixel del livello inferiore non sono in alcun modo influenzati dal livello superiore;
– Sovrapponi: Si comporta in modo simile Moltiplica sui pixel chiari e come Scolora su quelli più scuri del livello inferiore;
– Luce soffusa: Molto simile a Sovrapponi ma meno intenso;
– Luce intensa: Molto simile a Sovrapponi ma più intenso;
– Luce vivida: Aumenta il contrasto del pixel inferiore scurendolo se il colore del pixel inferiore è più scuro del grigio neutro; ne diminuisce il contrasto schiarendolo se è più chiaro;
– Luce lineare: Diminuisce la luminosità del pixel inferiore scurendolo se il colore del pixel inferiore è più scuro del grigio neutro; ne aumenta le luminosità schiarendolo se è più chiaro;
– Luce puntiforme: Ogni pixel del livello superiore sostituisce quello corrispondente del livello inferiore se il primo è più scuro o più chiaro sia del grigio neutro che del secondo;
– Sovrapponi colori: Somma i valori RGB del pixel superiore e di quello inferiore. Se il risultato è maggiore o uguale a 255 mostra 255, sennò mostra 0. L’immagine sarà quindi composta solo da bianchi, neri, rossi, verdi, blu, gialli, magenta e ciano ovvero tutte le possibili combinazioni di 0 e 255 sui tre canali R, Ge B;
– Differenza: Calcola quale tra i pixel dei livelli superiore e inferiore è più chiaro e vi sottrae l’altro;
– Esclusione: Simile a Differenza ma con un livello minore di contrasto e con alcune variazioni sulle tonalità di colore originali;
– Sottrai: Sottrae ad ogni pixel del livello inferiore il corrispondente pixel del livello superiore. Se il risultato è negativo in immagini a 8bit o 16bit viene mostrato il nero (valore 0,0,0). Se l’immagine è a 32bit, sono consentiti valori negativi ma non saranno visualizzabili su monitor con una normale gamma dinamica. Ciò che si ottiene è infatti un immagine HDR (che non ha nulla in comune con i Tonemapping che vengono erroneamente definiti HDR);
– Dividi: Divide il colore di ogni pixel del livello superiore per quello del pixel corrispondente del livello inferiore;
– Tonalità: Applica ad ogni pixel del livello inferiore la tonalità del corrispondente pixel del livello superiore senza modificarne la saturazione e la luminosità;
– Saturazione: Applica ad ogni pixel del livello inferiore la saturazione del corrispondente pixel del livello superiore senza modificarne la tonalità e la luminosità;
– Colore: Applica ad ogni pixel del livello inferiore il colore (che è la combinazione di tonalità e saturazione) del corrispondente pixel del livello superiore senza modificarne la luminosità;
– Luminosità: Applica ad ogni pixel del livello inferiore la luminosità del corrispondente pixel del livello superiore senza modificarne il colore.
Molte volte i metodi di fusione vengono utilizzati per creare risultati d’impatto e addirittura esasperati (per esempio foto con contrasto e/o saturazione molto alti). Noi invece vogliamo farne un uso più soft, volto soprattutto a ottimizzare alcune tecniche di postproduzione e a preservare alcune caratteristiche dell’immagine che altrimenti sarebbero degradate in modo collaterale da alcuni strumenti di Photoshop.
I metodi di fusione nella post produzione
Il momento nel quale utilizzo maggiormente i metodi di fusione è quello in cui applico lo sharpening alla mia foto. Come ho spiegato in modo più approfondito anche nell’articolo sullo sharpening, i metodi di fusione possono tornare molto utili:
Come potete vedete qui sopra, applicando il metodo di fusione Colore sul livello in primo piano e applicando lo sharpening solo sui livelli sottostanti, si preservano i colori. Lo sharpening serve infatti solo per aumentare il microcontrasto della foto che è una proprietà della luminosità e non del colore. Alcune tecniche di sharpening che Photoshop ci mette a disposizione hanno l’effetto collaterale di alterare i colori e in questo modo lo eviteremo. Un risultato analogo si può ottenere applicando lo sharpening sul livello in primo piano e impostando come metodo di fusione Luminosità. Tuttavia preferisco il primo approccio poiché mi consente di lavorare più comodamente sullo sharpening su più livelli in modo selettivo.
Inoltre quando ci si vuole spingere oltre il limite con lo sharpening, può essere utile applicarlo su un livello con metodo di fusione “Colore più scuro” per eliminare i possibili artefatti (come nella foto sopra).
Ma come stiamo per vedere, le applicazioni dei metodi di fusione non si limitano alla sola fase di sharpening:
Nella foto qui sopra ho duplicato il livello di sfondo e sul livello creato ho applicato la maschera di contrasto (Filtro->Nitidezza->Maschera di contrasto) impostando come metodo di fusione “Colore” e applicando il livello solo sugli edifici a destra del duomo e sulla scalinata mediante le maschere di livello. La maschera di contrasto ha l’effetto collaterale di aumentare oltre che il contrasto anche la differenza di tonalità tra i colori sui bordi. Per esempio, se ho un bordo che separa rosso e verde, in prossimità del bordo aumenterà la saturazione sia del rosso che del verde. Impostando quindi la maschera di contrasto sul metodo “colore”, avremo come risultato solo questo effetto, senza che il contrasto della foto cambi (il contrasto è una proprietà della luminosità e non del colore). Consiglio fortemente questa tecnica nel caso vogliate aumentare la saturazione di una zona della foto con dettagli molto fini: in questo modo la saturazione verrà aumentata in modo “intelligente”, mentre un aumento di questa con i metodi tradizionali porterebbe a un risultato meno piacevole. Ovviamente non c’è una regola, è sempre meglio sperimentare i vari metodi e scegliere quello che ci sembra migliore.
Un altro consiglio che do è quello di applicare le regolazioni saturazione, vividezza e correzione colore selettiva solo sul colore e non sulla luminosità. In caso contrario, soprattutto con correzioni massicce, si rischia che le modifiche dei colori risultino innaturali e non omogenee sull’immagine (creerebbero una sorta di effetto pellicola sulla foto). Per applicare queste regolazioni solo sul colore dell’immagine bisogna usare i livelli di regolazione abbinati al metodo di fusione Colore e non il classico metodo Immagine->Regolazioni… .
Spesso invece può capitare che strumenti come curve, valori tonali e maschera di contrasto degradino i colori della foto. In questo caso sarà sufficiente fonderli con gli altri livelli attraverso il metodo Luminosità.
Il consiglio è sempre quello di usare il più possibile la fantasia senza aver paura di sperimentare (dopotutto c’è sempre Ctrl+Z a darci una mano 😛 ). Con i metodi colore più scuro e colore più chiaro per esempio, potrete modificare il contrasto solo nelle zone più scure o più chiare dell’immagine, potrete applicare una maschera di contrasto solo sul lato scuro/chiaro dei bordi, e moltissime altre applicazioni. Il trucco sta nel trovare il metodo giusto per ogni foto (o per ogni zona della foto) e a tal fine non bisogna far altro che provare e riprovare!
Le maschere di livello sfumate
Come ricavare una maschera sfumata
Il metodo più utilizzato per rendere realistica la fusione di due livelli attraverso le maschere di livello consiste nello sfumare la maschera nella zona di passaggio tra nero e bianco (o tra diverse tonalità di grigio) in modo da rendere la transizione da un livello all’altro più graduale e quindi più naturale.
La foto qui sopra come potete vedere l’ho ricavata partendo dall’unione di due esposizioni (due RAW differenti) in Photoshop, su cui poi ho effettuato tutte le correzioni del caso prima di arrivare al risultato finale.
Combinando due esposizioni, sono riuscito ad ottenere un primo piano abbastanza luminoso e contemporaneamente ho evitato un cielo troppo luminoso e soprattutto il mosso delle nuvole.
Per combinare due esposizioni o due diverse versioni della stessa esposizione con le maschere di livello sfumate utilizzo questa sequenza di passaggi:
1) Importo i due livelli all’interno di uno stesso file PSD allineandoli perfettamente in modo manuale.
Nei casi in cui le due esposizioni non siano perfettamente allineate (potete verificarlo zoomando al 500% o più), seleziono i due livelli e scelgo “Modifica->Allineamento automatico livelli…” e imposto proiezione su “Automatica”;
2) Applico la maschera al livello in primo piano. Se applico una maschera nera, dipingerò con un pennello bianco e viceversa. Se dobbiamo nascondere la maggior parte della superficie livello, partiremo da una maschera nera, sennò sceglieremo una maschera bianca e quindi dipingeremo di nero;
3) Scelgo il pennello più adatto: come forma utilizzo fondamentalmente sempre un pennello rotondo; per quanto riguarda Dimensione e Durezza, dipende dalle situazioni: più il pennello è grande e morbido, e più la sfumatura sarà graduale (e viceversa). Può essere che per un’immagine dobbiate utilizzare anche più pennelli, a seconda della differenza tra le diverse zone su cui andate a dipingere;
4) Dipingo sulla maschera di livello, aiutandomi anche con la visualizzazione della maschera stessa (la si può vedere tenendo premuto Alt e cliccando sulla miniatura della maschera) per rifinire alcune zone che potrebbero sfuggirmi.
Se devo unire tre o più esposizioni, lavorerò con le maschere su tutti i livelli tranne quello che si trova sotto a tutti gli altri nella palette Livelli (il quale non deve mai essere mascherato se non si vuol rischiare di ottenere un’immagine che in un punto presenti una certa trasparenza).
Quando usare le maschere sfumate
Le maschere di livello sfumate sono un’ottima soluzione in tutti i casi in cui dobbiamo combinare due esposizioni o effettuare correzioni selettive e l’area di transizione della foto in corrispondenza della quale sfumiamo la maschera non è netta, ma graduale.
Tornando all’esempio precedente della mia foto del Lago d’Iseo al crepuscolo, il passaggio tra cielo e terra non è netto: la pianura diventa via via sempre meno presente e viene man mano sostituita dal cielo, ma non si riesce a individuare una linea di stacco tra cielo e terra (come sarebbe invece possibile nel caso di un profilo netto di una montagna o di un edificio). In questo caso quindi l’utilizzo di una maschera sfumata è stata una scelta azzeccata: la zona sfumata della maschera di livello corrisponde alla zona di passaggio tra pianura e cielo.
Quando invece la zona di transizione primo piano/cielo è netta, conviene usare una maschera di livello netta che segua esattamente la linea di stacco. L’esempio qui sotto è abbastanza esplicativo.
Quindi valutate bene se e quando usare le maschere di livello sfumate. In casi come questo le maschere sfumate restituiscono degli artefatti facilmente eliminabili con le maschere nette, con le quali otterremo immagini da questo punto di vista prive di difetti!
Le maschere di livello nette, pur essendo più difficili da ricavare rispetto a quelle sfumate, sono nella maggior parte dei casi da preferirsi a quelle sfumate.
Spesso richiedono qualche minuto in più per essere create, ma i risultati non sono paragonabili (tranne nel caso di immagini che non presentano contorni netti tra i diversi piani).
Le maschere di livello nette
Molti di voi probabilmente non lavorano molto spesso con le maschere di livello e, quando le utilizzano, si affidano principalmente alle maschere di livello sfumate (Le maschere di livello sfumate) ottenendo il più delle volte risultati subottimali.
Il mio approccio è diametralmente opposto: circa i tre quarti delle mie foto sono state elaborate con le maschere di livello e di queste un buon 90% con maschere di livello nette, il restante 10% con maschere sfumate.
Ritengo che le maschere di livello nette siano uno strumento di fondamentale importanza; nella fotografia di paesaggio e d’architettura sono spesso l’arma vincente: riprendiamo l’esempio già mostrato nell’articolo sulle maschere sfumate:
Come potete vedere, con la maschera netta il risultato è di gran lunga migliore.
Le maschere di livello nette sono indicate in tutti quei casi in cui la zona di passaggio tra cielo e terra (o tra due zone su cui vogliamo effettuare regolazioni differenti) sia una linea ben definita.
Nell’esempio precedente, ho creato una maschera che segue il profilo dell’edificio, ma si potrebbe fare altrettanto anche con il profilo di una montagna o di una collina, un orizzonte ben definito durante una giornata limpida, un qualsiasi elemento architettonico, ecc.
Le maschere sfumate le possiamo lasciare alle sole foto in cui non c’è una linea di demarcazione cielo/terra ma un passaggio meno netto e più graduale (come ad esempio un orizzonte in una giornata nebbiosa).
Come ottenere una maschera di livello netta
Se per ricavare una maschera sfumata è sufficiente dipingere sulla maschera con un pennello piuttosto morbido e abbastanza grande, la creazione di una maschera netta è meno immediata e richiede la conoscenza di qualche tecnica in più.
La realizzazione di una maschera di livello netta necessita anche di qualche minuto in più rispetto alle maschere sfumate, ma la conoscenza delle tecniche che sto per spiegarvi renderà il tutto estremamente veloce.
Queste tecniche sono principalmente tre:
1) lo strumento lazo magnetico,
2) la regolazione bianco e nero
3) la funzione migliora bordo (migliora maschera).
In più ci sono altri piccoli trucchi che utilizzo per rifinire le maschere o per crearle in situazioni particolari.
Bene, ora possiamo vedere una ad una queste tecniche.
Il lazo magnetico
Per selezionare lazo magnetico utilizziamo il tasto rapido L e facciamo click col tasto destro sull’icona che verrà evidenziata scegliendo “Strumento Lazo Magnetico”.
Questo eccezionale strumento ci aiuta a disegnare una selezione lungo un bordo, grazie al suo magnetismo nei confronti dei bordi presenti attorno alla zona su cui dipingiamo.
Per utilizzarlo basterà fare click sul punto dove inizia il bordo e poi spostarsi lungo questo bordo fino al punto in cui finisce. Dopodiché bisogna chiudere la selezione tornando al punto iniziale e facendo click su di esso. Il lazo magnetico sarà attratto dal bordo e verrà creata una selezione molto precisa.
Se in alcuni punti il lazo magnetico fa fatica a riconoscere il bordo e si sposta da esso, potete aiutarlo facendo click sul bordo per creare un punto di fissaggio.
Per quanto riguarda le opzioni del lazo magnetico:
– Sfuma: Crea un bordo sfumato ma, dato che vogliamo creare una maschera netta, lasceremo questo parametro a 0;
– Anti-Alias: Lo consiglio sempre: contribuisce ad attenuare e a nascondere eventuali artefatti derivanti dalla non perfetta coincidenza tra bordo dell’immagine e selezione;
– Larghezza: Indica l’estensione dell’area attorno al cursore all’interno della quale il lazo magnetico ricerca il bordo. Più bassa è la larghezza che impostate e più dovrete essere rigorosi nel seguire il bordo (non dovete allontanarvi dal bordo per una distanza maggiore della larghezza impostata). Ma al diminuire della larghezza il risultato sarà via via più preciso. È molto utile impostare una larghezza bassa nel caso di contorni non ben definiti o nel caso in cui vi siano altri bordi nei pressi di quello che vogliamo isolare. Utilizzo spesso un’area di 5px con la quale lavoro ad un livello di zoom del 500%, oppure nel caso di immagini meno “difficili”, uso un’area di 10px e lavoro ad uno zoom minore;
– Larghezza: Indica l’estensione dell’area attorno al cursore all’interno della quale il lazo magnetico ricerca il bordo. Più bassa è la larghezza che impostate e più dovrete essere rigorosi nel seguire il bordo (non dovete allontanarvi dal bordo per una distanza maggiore della larghezza impostata). Ma al diminuire della larghezza il risultato sarà via via più preciso. È molto utile impostare una larghezza bassa nel caso di contorni non ben definiti o nel caso in cui vi siano altri bordi nei pressi di quello che vogliamo isolare. Utilizzo spesso un’area di 5px con la quale lavoro ad un livello di zoom del 500%, oppure nel caso di immagini meno “difficili”, uso un’area di 10px e lavoro ad uno zoom minore;
– Contrasto: più alto è il valore dell’opzione contrasto e più il lazo magnetico sarà selettivo nell’individuare i bordi: verranno considerati solo i bordi con un livello di contrasto pari almeno a quello impostato. Impostate un livello di contrasto il più alto possibile, ma sufficientemente basso da riconoscere il vostro bordo;
– Frequenza: indica la frequenza utilizzata dal lazo magnetico nella creazione dei punti di fissaggio. Il valore da impostare dipende da come preferite lavorare: io mi trovo bene con una frequenza attorno al 30.
Una volta creata la selezione, questa sarà il punto di partenza dal quale creare la maschera di livello.
La regolazione “Bianco e Nero”
La regolazione Bianco e Nero (Immagine->Regolazioni->Bianco e nero…) è nata per creare immagini in bianco e nero in un modo più avanzato rispetto alla più semplice regolazione “Togli saturazione”.
Con un po’ di ingegno però la si può utilizzare anche per ricavare una maschera netta in pochi secondi.
La maggior parte delle foto che vorremo mascherare presenta un cielo più luminoso rispetto al primo piano. Con la regolazione Bianco e Nero possiamo ottenere un’immagine in bianco e nero in cui la differenza tra i livelli di luminosità di cielo e terra è ancora maggiore. Per fare ciò ci basterà alzare il livello dei colori presenti nel cielo e abbassare quello dei colori presenti sul primo piano.
Qui sopra potete vedere un esempio: ho alzato il più possibile il colore prevalente nel cielo (ciano) e ho alzato il blu al livello minimo al quale il cielo era totalmente bianco. Dopodiché ho portato al minimo tutti gli altri valori. Successivamente ho applicato la regolazione Valori Tonali all’immagine per esaltare ancora di più il contrasto fino ad ottenere un’immagine composta da soli bianchi e neri. Infine col semplice pennello nero ho rifinito i pochi punti bianchi che rimanevano nell’area degli edifici.
L’utilizzo della regolazione Bianco e Nero è spesso una valida (e più rapida) alternativa al lazo magnetico. La funzione Migliora Bordo è invece complementare a questi due strumenti. Vediamola!
La funzione Migliora Bordo/Migliora Maschera
La funzione che andremo analizzare la trovate su “Selezione->migliora bordo...” se avete creato una selezione sull’immagine o su “Selezione->Migliora maschera...” se avete già creato una maschera di livello e l’avete selezionata. Nel mio flusso di lavoro utilizzo sempre Migliora Maschera perché la uso per rifinire la maschera una volta che l’ho già creata. Quindi in questa sede vi parlerò di Migliora maschera (anche se non cambia quasi nulla).
Migliora Maschera è fondamentale per rifinire al meglio una maschera netta. Questa funzione ottimizza una maschera di livello rispetto al livello a cui è applicata. Se applichiamo ad un livello una maschera che segue il contorno di un oggetto presente in quel livello, Migliora Maschera individuerà questa corrispondenza e ci permetterà di migliorare il bordo della nostra maschera.
Qui sopra un esempio. Come potete vedere, Arrotonda resta sullo 0 perché il nostro obiettivo è creare una maschera fedele al contenuto e arrotondola otterremo l’effetto opposto. Inoltre anche sfuma resta a 0 (nei casi più difficili si può sfumare di qualche pixel, però con tutte le controindicazioni e gli artefatti che ne potrebbero conseguire). Contrasto è l’inverso di sfuma: quanto più è elevato tanto più la maschera risulterà netta. Sposta bordo infine sposta il bordo verso il lato scuro o quello chiaro a seconda del segno della percentuale che impostiamo.
Come sempre, ogni immagine va trattata in modo diverso. Sperimentate fino a quando avrete trovato le impostazioni ottimali.
Altri utili consigli
Vi sono moltissimi altri modi di ottenere una maschera netta in modo efficiente. Nei casi peggiori (molto rari) sarà necessario andare a dipingere manualmente, ma nella maggior parte dei casi dovrebbero bastare gli strumenti di cui vi ho parlato qui sopra. Vediamo ora altri trucchi del mestiere che tornano sempre utili:
Quando scattate, se avete in programma di creare una maschera netta cielo-terra, scattate anche un’esposizione col cielo completamente bruciato (o il primo piano nero) in modo che in Photoshop usando semplicemente la bacchetta magica avrete pronta la vostra selezione per creare la maschera.
In alternativa, potete ottenere lo stesso effetto bruciando il cielo in Camera Raw o in Photoshop;
Spesso è sufficiente utilizzare soltanto le funzioni Togli Saturazione (piuttosto che Bianco e nero) e Valori Tonali per ottenere una maschera netta;
Ricordate sempre, una volta ottenuta la maschera di livello, di rifinire gli eventuali puntini che sono rimasti utilizzando lo strumento pennello;
Ci sono casi in cui può essere utile abbinare maschere nette e sfumate (per attenuare l’effetto che si avrebbe con la sola maschera netta): per fare ciò, mettiamo il livello con la maschera netta all’interno di un gruppo e a questo gruppo applichiamo la maschera sfumata. Uso molto spesso questa combinazione.
Le Maschere di Luminosità
Cosa sono le luminosity mask?
Le maschere di luminosità o luminosity mask sono delle maschere di livello la cui luminosità è proporzionale alla luminosità dell’immagine secondo una relazione che può essere di vario tipo: diretta, inversa, quadratica, ecc.
In termini pratici significa che una maschera di luminosità non viene disegnata manualmente ma viene ricavata mediante operazioni più o meno avanzate sui canali.
L’immagine qui sopra mostra una foto con le sue tre maschere di luminosità fondamentali:
1) La prima è la maschera di luminosità di base. È semplicemente una copia desaturata dell’immagine: la sua luminosità è uguale a quella dell’immagine in ogni punto. Questa maschera quindi lascerà trasparire le luci al 100% (bianchi) e maschererà via via le zone più scure. Le zone con luminosità nulla (i neri) risulteranno completamente nascoste dalla maschera. Per questo motivo la maschera è chiamata “Luci”.
2) La seconda maschera è l‘inverso della prima (un negativo della maschera luci). Nasconderà le zone via via più chiare mentre mostrerà le aree con un livello minore di luminosità. Questa maschera prende il nome di “Ombre”.
3) La terza maschera è un po’ più particolare. Ad una maschera completamente bianca vengono sottratte le maschere Luci ed Ombre. Il risultato sarà una maschera che nasconderà sia le luci (poichè le è stata sottratta la maschera luci) che le ombre (dato che abbiamo sottratto anche la maschera ombre). Il risultato sarà una maschera che lascerà trasparire solo i toni intermedi; per questo la chiameremo “MezziToni”.
Qualcuno di voi potrebbe chiedersi: “ma ora che ci faccio con queste maschere?”. Le applicazioni sono molteplici: qualsiasi correzione può essere applicata in modo selettivo rispetto alla maschera. Potremo ad esempio scaldare i colori delle luci e raffreddare quelli delle ombre.
Il motivo principale per il quale le si usa è però la possibilità di effettuare regolazioni (anche pesanti) sul contrasto e sulla luminosità dell’immagine preservando le zone non interessate.
Se vogliamo applicare una curva ad S per aumentare il contrasto, a un certo punto dovremo fermarci perchè sennò rischieremmo di rovinare i toni estremi. Applicando invece questa correzione attraverso un livello di regolazione con una maschera per mezzitoni, potremo spingerci un po’ oltre, perchè i toni più estremi non verranno toccati dalla regolazione.
Inoltre potremo recuperare le alte luci e le ombre scure in modo molto più naturale di quanto si riesce a fare con lo strumento Luci/ombre di Photoshop. Basterà infatti creare una curva convessa (con concavità verso il basso, “a pancia in giù”) alla quale applicheremo la maschera “Luci” per recuperare le luci alte; viceversa per le ombre.
La mia azione per le luminosity mask
Per voi lettori ho preparato un’azione per ricavare automaticamente in pochi secondi le maschere di luminosità. Potete scaricare l’azione da qui: Azione Luminosity Mask. L’azione è stata testata con le versioni di Photoshop dalla CS3 alla CS6 (ma molto probabilmente è compatibile anche con le versioni precedenti) su sistemi operativi Windows e Mac.
Dopo l’applicazione delle maschere di luminosità non c’è paragone: il contrasto è molto più intenso ma le luci e le ombre non sono state degradate come sarebbe successo se non avessimo usato le maschere di luminosità. Inoltre un effetto collaterale positivo è che i colori sono più decisi, vividi e brillanti.
Uno dei vantaggi di questa azione è il tempo: per correggere l’immagine qui sopra ho impiegato 2-3 minuti ed ho ottenuto un’immagine decisamente migliore sia nei colori che nel contrasto (pur essendo partito da un JPEG di una fotocamera compatta di bassa fascia).
Per ottenere il risultato, ho eseguito l’azione e in seguito ho rifinito i valori di default dell’azione. Il tutto, come ho già scritto, non richiede più di 3 minuti!
Vediamo ora come utilizzare l’azione
Come utilizzare la mia azione per le Luminosity Mask
Dopo aver scaricato l’azione, scompattate l’archivio e vi ritroverete con un file con estensione .atn: apritelo (con Photoshop). Bene, avete caricato l’azione in Photoshop. Ora, ad ogni avvio di Photoshop, nella palette Azioni (Finestra->Azioni) troverete la cartella che contiene l’azione “Maschere Luminosità“.
Ogni volta che vorrete usarla dovrete seguire le istruzioni che vi spiego qui sotto.
Selezionate l’azione “Maschere Luminosità” e cliccate il pulsante play per eseguirla.
A questo punto vi ritroverete con 9 livelli di regolazione (la regolazione Curve) ognuno dei quali mascherato con una diversa maschera di luminosità.
Selezionando i vari livelli potrete vedere nella palette Proprietà (Finestra->Proprietà) la regolazione che è stata applicata ad ogni livello. Ovviamente le regolazioni che ho impostato di default sono molto approssimative, ogni immagine necessita di valori diversi e quindi dovrete molto probabilmente modificarli. Vediamo con quali criteri:
Ombre: Le maschere Ombre, Ombre+ e Ombre++ agiscono sulle ombre dell’immagine in modo via via più selettivo. La maschera Ombre++ agisce solo sulle ombre più scure, Ombre agisce su tutte le ombre, mentre Ombre+ è una via di mezzo. L’obiettivo dei livelli ai quali sono applicate queste maschere è di schiarire le ombre. Quindi dovremo portare verso sinistra il punto del bianco (il triangolino bianco) e/o creare una curva concava (a pancia in su).
Luci: Le maschere Luci, Luci+, Luci++ agiscono invece sulle luci dell’immagine in modo via via più selettivo. Al contrario di quanto eseguiamo con le maschere per le ombre qui, per recuperare le luci, dovremo spostare verso destra il punto del nero e/o creare una curva convessa (a pancia in giù).
MezziToni: Le maschere MezziToni, MezziToni+, Mezzitoni++ agiscono sui mezzitoni dell’immagine in modo via via meno selettivo (al contrario rispetto alle categorie Ombre e Luci). Lo scopo di queste tre livelli è aumentare il contrasto. Quindi dovremo spostare verso il centro entrambi i punti di bianco e nero e/o creare una classica curva ad S.
Spesso è sufficiente limitarsi a spostare i punti del bianco e del nero ma, in alcuni casi, può essere utile lavorare anche sulle concavità delle singole curve.
Da questa spiegazione il tutto potrebbe sembrare difficile. Niente affatto. Come scritto sopra, uno dei lati positivi delle luminosity mask è il grande risparmio di tempo: in pochi minuti potremo ottenere colori e contrasto ottimali e ciò le rende uno strumento eccezionale anche per un’elaborazione veloce di molte foto.
L’unico consiglio che mi sento di darvi è, come al solito, provare e riprovare. Quando comincerete a usare queste maschere e la mia azione ci prenderete subito la mano e farete fatica a farne a meno.
Esposizioni multiple con le maschere di luminosità
In molte situazioni di luce non equamente distribuita (tipicamente nei controluce) è necessario ricorrere alla tecnica delle esposizioni multiple per estendere la gamma dinamica che una fotocamera è in grado di catturare.
La maggior parte dei fotografi utilizza le maschere di livello per unire le diverse esposizioni.
Seppur spesso vincenti, le classiche maschere di livello lasciano ampi spazi a imperfezioni e artefatti, ad esempio i tipici aloni.
Voglio illustrarvi come utilizzare le maschere di luminosità per fondere le esposizioni. Gli artefatti e gli aloni saranno un vecchio ricordo.
Quando usarle
Le maschere di luminosità hanno il vantaggio di mascherare un livello in modo perfettamente uniforme in base alla sua luminosità. Come già detto il vantaggio è la pressochè totale assenza di artefatti.
D’altro canto, come vedremo, la fusione di più esposizioni mediante maschere di luminosità può portare ad una perdita di contrasto nei mezzitoni (seppur evitabile mediante alcuni accorgimente che vi illustrerò).
Solitamente ragiono in questo modo:
1) Utilizzo le maschere di livello nette in tutti quei casi in cui vi siano dei contorni ben definiti nella zona di stacco tra l’area più luminosa e quella in ombra. Il tipico esempio è una foto d’architettura o un orizzonte nitido: la linea di stacco tra cielo e terra è netta. In questo caso la maschera seguirà il contorno e non ci sarà nessun artefatto. Inoltre si evita la perdita di contrasto locale tipica delle maschere di luminosità;
2) Utilizzo raramente le maschere di livello sfumate. L’unico caso abbastanza frequente è quello in cui solo il sole è sovraesposto mentre il resto del cielo è in linea con la luminosità dell’immagine. In questo caso sono da preferire le maschere sfumate perchè permettono di mascherare correttamente il sole senza che il resto del cielo venga colpito dalla perdita di contrasto provocata dalle maschere di luminosità. Un caso analogo è quello di un orizzonte non ben definito a causa della nebbia o della foschia.
3) Le maschere di luminosità sono quindi da preferire in tutte quelle situazioni in cui i contorni tra ombre e luci non siano ben definiti ma comunque difficili da gestire con le maschere di livello sfumate. Pensiamo ad un albero e a tutte le sue frasche: alcune saranno esposte correttamente, mentre quelle via via più nascoste si troveranno sempre più in ombra. Lavorare manualmente con le maschere di luminosità su ogni foglia e ramoscello sarebbe impensabile e il risultato sarebbe alquanto impreciso. Ecco che quindi le maschere di luminosità sono la soluzione vincente. Un esempio analogo può essere una foto di una città in notturna, con le innumerevili fonti di luce, ma anche un bosco con zone in ombra decisamente sottoesposte, ecc…
Vediamo Qualche esempio
La foto del duomo di Milano è il perfetto esempio di immagine che va fusa con le maschere di livello nette. Infatti è semplicissimo ricavare una maschera che ricalchi perfettamente le guglie del duomo.
In questa immagine ho usato le maschere di livello sfumate per recuperare la parte di cielo nei dintorni del sole. È bastata una pennellata veloce per ottenere un ottimo risulatato.
Qui invece ho usato le maschere di luminosità per recuperare le parti in ombra, in particolare le pietre più nascoste. Utilizzando le maschere di livello sfumate avrei ottenuto un risultato scadente e avrei impiegato molto tempo per via dei contorni irregolari da seguire. Inoltre alcune zone erano più sottoesposte di altre e quindi avrei dovuto usare il pennello a diverse intensità.
Come usarle
Il primo passo da fare se non l’avete già fatto è scaricare uno script sulle maschere di luminosità e installarlo
Lo script è estremamente intuitivo: selezionate uno o più livelli e eseguite lo script. Scegliete una maschera e la sua intensità e date l’OK. Tutti i livelli selezionati, se non hanno già una maschera di livello, verranno mascherati con la maschera che avete scelto.
L’immagine qua sopra mostra i passaggi per fondere le esposizioni con le maschere di luminosità:
Importate le esposizioni che volete unire nello stesso file psd. Allineatele con cura e se necessario usate “Modifica->Allineamento automatico livelli...”. Ordinate i livelli per luminosità decrescente (il livello più luminoso è in primo piano, via via gli altri). Selezionate tutti i livelli tranne l’ultimo (come in figura).
Ora eseguite lo script. Come maschera scegliete sempre Ombre. Come intensità decidete a seconda delle situazioni. In questo esempio ho usato l’intensita base.
Spesso l’immagine risulterà piatta e priva di contrasto, soprattutto se si usano maschere a bassa intensità (base o +). I rimedi sono diversi. Uno è quello in figura: faccio una copia del livello con esposizione 0, lo porto in primo piano, e applico una maschera grigia uniforme. In questo modo il contrasto aumenta, ma si perde gran parte della gamma dinamica.
Quali possono essere delle alternative al punto 3 che mi permettono di recuperare un’mmagine che, come quella qua sopra, ha perso gran parte del suo contrasto senza però perdere la gamma dinamica che abbiamo appena recuperato?
1) Un trucco può essere quello di utilizzare maschere di luminosità via via più intense all’aumentare della luminosità del livello. In questo modo i livelli più luminosi traspariranno solo nelle zone più scure dell’immagine e non andranno ad alterare i mezzitoni.
2) Un secondo metodo, che uso spesso in combinazione con il primo, consiste nel fare una copia del livello 0 (come ho fatto al punto 3) e applicare non più una maschera grigia uniforme ma una maschera di livello sfumata. Andremo a dipingere di bianco i mezzitoni e di nero le tonalità più estreme, in modo che il recupero di gamma dinamica sia selettivo e quindi la perdita di contrasto minimizzata in modo intelligente.
3) Infine c’è un terzo sistema, che però utilizzo molto raramente perchè può causare aloni e artefatti sui contorni. Si tratta di selezionare le maschere di livello che abbiamo generato e sfocarle (Filtro->Sfocatura->Controllo sfocatura…) con un raggio che varia da 2/3pixel a qualche decina di pixel. Come già detto questo metodo è sconsigliato perchè di fatto perdiamo uno dei grandi vantaggi delle maschere di luminosità: l’assenza di artefatti.
Conclusioni
Vi ho appena insegnato il metodo che utilizzo più spesso. Tuttavia anche in questo caso potete e dovete lavorare di fantasia. Non limitatevi a utilizzare la maschera ombre e i livelli ordinati secondo luminosità decrescente. In alcuni casi può tornare utile disporre i livelli secondo luminosità crescente e utilizzare la maschera Luci.
Non escludete nemmeno la possibilità di utilizzare la maschera mezzitoni e di combinare più maschere. Insomma, provatele tutte!
Gestire il Banding in Photoshop
A chiunque faccia post-produzione fotografica di frequente sarà capitato di ottenere nelle zone dell’immagine a tinta uniforme (spesso il cielo) un effetto a bande di colori al posto di una sfumatura uniforme. Qui sotto un esempio di ciò di cui sto parlando: il banding
Il banding o scalettatura è il fenomeno per cui le sfumature di colori in un’immagine sono rese come bande di colori. Il motivo è dato dal numero limitato di canali di un file digitale.
Un’immagine con metodo RGB ha 3 canali (rosso, verde, blu). Un’immagine a 8bit per canale ha 256 (2^8) livelli di luminosità per canale.
Se prendiamo un gradiente che va dal bianco al nero passando per le varie tonalità di grigio, questo nella realtà è rappresentato da un numero infinito di sfumature di grigio. Un file digitale a 8bit è però composto da pixel e ognuno di questi pixel deve avere un livello di luminosità compreso da 0 a 255 (256 livelli). Quindi ognuna di tutte queste infinite sfumature di grigio deve essere convertita in uno di questi 256 livelli di grigio per poter essere rappresentata. Ed è questo il passaggio che porta all’effetto banding.
Prendiamo un esempio fotografico: un cielo senza nuvole completamente azzurro.
Ipotizziamo di scattare una fotografia e che all’interno della composizione rientri un’area del cielo. Quest’area non sarà completamente uniforme: possiamo ipotizzare che il cielo nell’angolo sinistro dell’immagine abbia una tonalità RGB(0,0,192) cioè blu con luminosità al 75%; ipotizziamo anche che in corrispondenza del lato destro della foto il cielo abbia un colore RGB(0,0,193) ossia lo stesso blu dell’angolo destro ma più luminoso di un livello su 256 (immagine qui sopra, punto 1).
Tuttavia un formato immagine a 8bit potrà rappresentare solo i due toni estremi ( blu a 192 e 193) perchè non esistono valori intermedi (come ad esempio il 192,5) e quindi tutti i toni intermedi verranno approssimati al valore più vicino (192 o 193). Il risultato è il banding, ben visibile nell’immagine sopra al punto 2.
L’unico modo per rendere un gradiente difficile come quello dell’esempio citato in un’immagine a 8bit è l’utilizzo della tecnica del dithering. Il dithering è una tecnica che distribuisce i pixel in modo tale che i toni intermedi siano gestiti mediante un mix di pixel di due o più colori rappresentabili a monitor. Man mano ci si avvicina ad un tono rappresentabile (nel nostro caso blu al 192 o al 193), più i pixel relativi a quel tono saranno fitti e viceversa. Ovviamente i pixel sui monitor moderni non sono distinguibili ad occhio nudo e quindi l’effetto sgradevole dell’immagine d’esempio (punto 3) non è visibile, ma è invece visibile il gradiente pulito.
Banding: le cause
Una foto prima della post-produzione non presenterà mai banding anche nelle zone più difficili (il tipico cielo pulito). Il banding apparirà solo a seguito di interventi di post-produzione tra i quali in particolare le regolazioni di contrasto e saturazione.
Diminuendo il contrasto, i colori più scuri vengono schiariti e quelli più chiari vengono scuriti. Il risultato è che dopo una diminuzione del contrasto in una data area (si pensi al recupero delle luci con le maschere di luminosità) avremo una gamma dinamica (ossia un numero di colori) minore in questa area e quindi si andranno a creare delle bande via via più estese all’aumentare dell’intensità della regolazione.
Quindi il recupero di luci o ombre, così come ogni regolazione che diminuisce il contrasto o la saturazione, porterà ad un aumento dell’estensione delle bande.
Un aumento del contrasto (si pensi alle maschere di luminosità “mezzitoni”) darà invece più risalto alle varie bande perchè quelle più chiare diventano ancora più chiare e quelle più scure tenderanno a diventare più scure. Si noterà quindi di più lo stacco tra le varie bande. Un discorso analogo può essere fatto con l’aumento della saturazione.
Si capisce quindi come il fenomeno del banding è spesso causato da un utilizzo massiccio e poco attento di questi strumenti di post-produzione.
Come evitare il Banding in Post-Produzione
Si è sempre detto che prevenire è meglio che curare. Questa massima vale anche nel caso del banding. Come già detto, il banding è causato dalla tavolozza di colori limitata di un file immagine. Una soluzione per evitare il banding in post-produzione è lavorare sull’immagine non più a 8bit bensì a 16bit per canale. Lavorando a 16bit, ognuno dei tre canali avrà 2^16 ossia 65.536 livelli di luminosità, contro i “soli” 256 livelli di un’immagine a 8bit.
È importante che l’immagine venga importata direttamente a 16bit da file raw perchè una conversione a 8bit e una successiva riconversione a 16bit non consente di recuperare l’informazione necessaria per evitare il banding nelle zone più difficili.
Per importare l’immagine a 16bit in Photoshop da CameraRaw, aprire la finestra “Opzioni Flusso di Lavoro” di Camera Raw e settare la profondità a 16 Bit/Canale come illustrato nell’immagine qui sotto.
I files psd così come i tiff e altri formati supportano i 16 bit per canale. Altri formati tra i quali il jpeg invece supportano solo gli 8bit. Nel momento in cui l’immagine verrà salvata in jpeg quindi Photoshop andrà a convertire l’immagine da 8 a 16 bit e utilizzerà la già citata tecnica del dithering per evitare il banding in seguito alla compressione dei canali. Il dithering risulterà invisibile a qualsiasi occhio umano.
Personalmente consiglio di lavorare a 16bit solo sulle immagini più ostiche (ampi cieli puliti, sfondi ben sfocati, ecc.) dato che solo in queste c’è un rischio concreto di banding. Consiglio anche di convertire il prima possibile l’immagine a 8bit una volta effettuate le regolazioni più pesanti sulle aree difficili. Questo perchè un’immagine a 16bit è decisamente più pesante di una a 8bit per canale. Per passare a 8bit in Photoshop, scegliere Immagine->Metodo->8 Bit/Canale.
Come correggere il Banding in Post-Produzione
Può capitare che per una nostra leggerezza ci si ritrovi con un’immagine che presenta un evidente effetto banding. Cosa fare in questi casi? L’unica soluzione è quella di immettere nell’immagine un dithering a posteriori. Il dithering non è altro che una particolare tipologia di rumore digitale, proprio come il rumore che si ottiene scattando ad alti ISO.
La soluzione alla scalettatura è quindi l’aggiunta di una dose di rumore in Photoshop, magari aiutandoci con una maschera di livello per evitare di aggiungere inutile rumore a tutta la foto.
Per aggiungere rumore, va utilizzato il filtro che si trova sotto Filtro->Disturbo->Aggiungi Disturbo.
L’immagine qua sopra mostra tutti i passaggi da seguire.
Al punto 1 abbiamo un gradiente con un banding molto evidente.
Per passare al punto 2 ho applicato una buona dose di disturbo (filtro Aggiungi Disturbo). Per eliminare il banding nei cieli spesso sarà sufficiente un valore di 1%. La distribuzione deve essere uniforme e si può spuntare l’opzione monocromatico per evitare cambi di tonalità.
Come vedete viene aggiunto rumore (dithering) e il banding scompare. Tutti i tutorial che ho trovato in rete si fermano a questo punto e lasciano il fotografo con un’immagine spesso molto rumorosa e quindi poco gradevole.
Per eliminare il rumore e arrivare all’immagine finale ho ideato quindi questa tecnica estremamente elementare: dopo aver aggiunto il disturbo, lo vado a rimuovere (Filtro->Disturbo->Riduci Disturbo). Il banding è presente sostanzialmente solo nelle zone senza alcun dettaglio, quindi si può ridurre il rumore in modo massiccio senza alcun rischio. Consiglio una riduzione con Intensità massima e tutti gli altri parametri nulli. Spesso la riduzione va ripetuta diverse volte per eliminare del tutto il rumore. In questa immagine per esempio ho applicato per cinque volte la riduzione del rumore con intensità pari a 10.
Ricapitolando quindi, prevenire è meglio che curare. Lavorare a 16bit in caso di cielo uniforme o situazioni simili è l’ideale. Se però non c’è questa possibilità o ci si trova già con un’immagine affetta da banding o scalettatura, consiglio di seguire la semplicissima tecnica a due passaggi che ho ideato, un modo efficiente e sconosciuto ai più per ridurre il banding senza effetti collaterali.
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