Perchè usare Photoshop?
Photoshop non sempre è necessario
Perché usare Photoshop nella post produzione delle nostre foto quando ci sono già strumenti semplici, economici e veloci come Adobe Lightroom, Camera Raw, Bridge che tra l’altro ci permettono di fare anche altre cose, come l’organizzazione e l’archiviazione delle foto? In questa domanda c’è del vero: Photoshop non va necessariamente usato per tutte le foto. È assurdo pensare di elaborare in Photoshop centinaia di foto di un viaggio, molte delle quali magari anche simili tra di loro, perdendoci diverse decine di minuti per ognuna: sprecheremo inutilmente il nostro tempo e otterremo spesso risultati simili ad una veloce elaborazione con Lightroom o simili.
Vediamo quando conviene usare Photoshop:
Photoshop diventa necessario nella post produzione delle nostre foto migliori dalle quali vogliamo ottenere il massimo e di quelle impossibili da gestire (per esempio alcuni tramonti in controluce) con gli strumenti elementari che i programmi base (Camera Raw e Lightroom) ci mettono a disposizione.
Photoshop è l’ideale per ottimizzare le nostre foto per la stampa, per la condivisione via Web, per l’utilizzo su dispositivi mobili, ecc.(presto scriverò un articolo in merito).Una volta finita l’elaborazione di una foto infatti, potremo archiviarla oppure potremo pensare di stamparla, di pubblicarla online o di farne un qualsiasi altro uso. In questi casi non ci servirà sempre la foto alla massima risoluzione, ma dovremo ridimensionarla o comunque applicare dello sharpening sulla foto per aumentarne la nitidezza. Photoshop è lo strumento da utilizzare per queste operazioni, anche su foto che precedentemente abbiamo elaborato solo su Camera Raw o Lightroom.
Photoshop è utile anche per dare sfogo alla fantasia applicando tecniche creative e non convenzionali sulle nostre foto. Molti fotografi di fama internazionale lo utilizzano principalmente per questo. Nella foto qui sotto per esempio ho usato il filtro Sfocatura di Photoshop in modo creativo per mettere in risalto le persone rispetto al resto della foto e creare una sorta di “effetto macro”.
Photoshop può rivelarsi molto appassionante. I primi tempi fare post produzione sulle vostre foto potrebbe sembrarvi noioso. Più avanti, quando lo saprete padroneggiare al meglio, la fase di post produzione potrà essere anche più divertente e affascinante della fase di scatto! Se proprio non amate Photoshop, non perdeteci troppo tempo e dedicatelo alla fase di scatto: la fotografia dopotutto è una passione e dobbiamo coglierne il lato che più ci piace.
Alcune raccomandazioni
Detto ciò, è importantissimo ricordare che Photoshop non deve in alcun modo indurci a sottovalutare la fase di scatto e la ricerca delle condizioni metereologi che/ambientali ideali per le nostre foto. Photoshop ci può aiutare a rendere il file grezzo della nostra reflex più simile alla realtà e può anche dare un tocco in più in modo da rendere la foto finale un po’ migliore di quella che era la situazione reale. Tuttavia non fa miracoli! Può aiutarci ad ottenere una foto da 8 da un file grezzo da 6, ma per ottenere foto da 10 non si può prescindere da uno scatto effettuato in condizioni di luce ottima.
Photoshop inoltre non agisce sulla composizione della foto. In alcuni casi potremo utilizzarlo per ritagliare un’inquadratura un po’ larga, ma la composizione la si ottiene sostanzialmente sul campo. Prestate la massima attenzione a questa fase!
Un rischio che si può correre, soprattutto i primi tempi, è quello di abusare di Photoshop. Appena comincerete a gestire gli strumenti di post produzione, presi dall’entusiasmo vi spingerete spesso un po’ troppo oltre, ottenendo foto con colori troppo saturi, con eccessivo contrasto o troppo sharpening. Nessun problema, ci siamo passati tutti! I primi tempi, confrontate i vostri risultati con quelli dei fotografi che preferite. Non si tratta di copiare o di imitarli, ma semplicemente di “farsi l’occhio”, fino a quando non avrete sviluppato la giusta sensibilità.
Il flusso di lavoro nella Post Produzione
Probabilmente una buona parte dei lettori di questo articolo lavorano spesso sulle foto in post produzione. Ma quanti di questi lo fanno con un preciso criterio? E quanti invece eseguono qualche regolazione senza un preciso ordine e finiscono quando l’immagine li convince abbastanza? Moltissimi.
Non c’è niente di più sbagliato che fare post produzione “a sensazione”. Se è vero che in questa fase la sensibilità del fotografo nel dosare al meglio le varie regolazioni fa spesso la differenza, è altrettanto vero che la conoscenza delle leve su cui le tecniche di post produzione agiscono e una razionalizzazione del flusso di lavoro aiutano ad ottenere risultati migliori senza che la fantasia e la creatività del fotografo debbano essere limitate.
In questo articolo in un primo momento vi spiegherò su cosa agiscono gli strumenti di post produzione e successivamente vedremo come organizzare il flusso di lavoro, cioè con che ordine andare ad applicare le diverse regolazioni.
Le leve della Post Produzione
Per spiegare su cosa agiscono gli strumenti di PostProduzione di Photoshop (o di qualsiasi altro software), facciamo riferimento al metodo di composizione dei colori HSB. Secondo questo modello ogni colore può essere considerato come una combinazione di tre fattori: tonalità, saturazione e luminosità (o hue, saturation, brightness, da cui HSB).
La tonalità o tinta indica il tipo di colore: rosso, blu, magenta, marrone, ecc. sono tutte tonalità di colore.
La saturazione è l’intensità del colore: più un colore è saturo e più apparirà acceso; se la saturazione è nulla, avremo un grigio.
La luminosità è la quantità di luce che un colore emette: con luminosità massima avremo il bianco, con luminosità nulla il nero.
L’immagine qui sopra mostra tutti i possibili colori su tre dimensioni come combinazione delle tre variabili: l’angolo di rotazione H definisce la tonalità, l’asse S definisce la saturazione e l’asse V (Value, corrisponde a Brightness) definisce la luminosità.
Ora che conosciamo il metodo HSB, possiamo comprendere che quando faremo post produzione andremo a modificare tonalità, saturazione e/o luminosità a seconda della tecnica che utilizzeremo:
– Tonalità
Il comando Tonalità presente in Immagine->Regolazioni->Tonalità/saturazione agisce esclusivamente sulla tonalità. Lo strumento più utilizzato per regolare la tonalità è però Bilanciamento colore, raggiungibile da Immagine->Regolazioni (anche se va detto che Bilanciamento colore modifica in modo non marginale la saturazione);
– Saturazione
La saturazione può essere modificata con lo il comando Saturazione in Immagine->Regolazioni->Tonalità/saturazione, con lo strumento Vividezza (Immagine->Regolazioni->Vividezza) e in modo più accurato agendo sui canali in modalità LAB (ne parlerò in un articolo più avanti). Con lo strumento Bianco e nero (presente in Immagine->Regolazioni) non faremo altro che azzerare la saturazione (oltre a lavorare sulla luminosità spostando i diversi livelli di colore);
– Luminosità
La luminosità viene modificata direttamente attraverso gli strumenti Luminosità ed esposizione o con le tecniche di contrasto (Curve, Valori tonali) o in modo selettivo con strumenti come Ombre/Luci (tutti questi strumenti li trovate in Immagine->Regolazioni). Il contrasto di una foto dipende dalla luminosità dei suoi pixel, quindi se modifichiamo il contrasto significa che stiamo lavorando sulla luminosità.
Il flusso di lavoro
Ora che conosciamo le tre diverse leve della post produzione, vediamo in che ordine utilizzarle. Il flusso di lavoro che consiglio è questo:
– Correggere due possibili difetti della lente: Aberrazione cromatica e Vignettatura;
– Correggere eventuali sotto/sovraesposizioni della foto;
– Agire sulla tonalità lavorando sul bilanciamento del colore ;
– Modificare la luminosità lavorando sul contrasto (solo su macrocontrasto e contrasto globale, non sul microcontrasto
– Rifinire il livello di saturazione (molte volte non è necessario);
– Correggere altri due possibili difetti della foto: distorsione e linee cadenti e fare eventuali crop (ritagli).
Una volta terminato questo il flusso di lavoro, si può sempre tornare indietro per fare delle piccole correzioni, ma il ciclo deve essere sostanzialmente rispettato. Ma perché lavorare proprio secondo questo ordine? Vediamo quali sono i motivi per i quali rispetto questa sequenza di operazioni.
Comincio correggendo aberrazione cromatica, vignettatura e eventuali errori di esposizione perché sono operazioni da effettuarsi in Camera Raw o in Lightroom e quindi all’inizio del flusso lavoro. Sono infatti difetti che vanno eliminati da subito perché con le successive regolazioni non farebbero altro che accentuarsi!
Poi passo al bilanciamento del colore perché anche questa operazione va fatta sul Raw (in Camera Raw o Lightroom) per dare ai colori la giusta tonalità e per poter poi lavorare al meglio su contrasto e saturazione.
Successivamente regolo il contrasto prima della saturazione, perchè molto spesso quest’ultima non ha bisogno di regolazioni e perché un’immagine poco contrastata può sembrare poco satura (anche se non lo è). Quindi in un primo momento correggo il contrasto in modo da poter poi valutare se modificare o meno la saturazione. Nell’immagine seguente il terzo passo consiste quindi nell’aumento del contrasto con gli strumenti Curve e Valori Tonali.
Infine ho effettuato il quarto ed ultimo passo sull’immagine seguente: ho aumentato la saturazione ed ho ottenuto l’immagine finale!
Comunque, queste due correzioni le lascio per ultime assieme ad un eventuale crop perché nel caso in cui voglia effettuare un’esposizione multipla utilizzando un altro Raw, posso farlo comodamente se non ho distorto/ritagliato l’immagine.
Inoltre questa immagine è la composizione di tre esposizioni, quindi prima di effettuare tutte queste operazioni ho unito i vari files Raw con le maschere di livello. Si tratta di una tecnica avanzata. Più avanti spiegherò in un altro articolo come fare.
Un ulteriore passo nel flusso di lavoro
Lo sharpening (Il Microcontrasto), se applicato deve essere l’ultimo passo nel nostro flusso di lavoro. Non tutte le foto ne hanno bisogno (serve solo per ottimizzare una foto per un preciso uso) ed è comunque raccomandabile conservare una copia della foto senza sharpening.
La fotografia in bianco e nero
Agli inizi dell’800 nasceva tra Inghilterra e Francia quella che oggi chiamiamo fotografia. Nel 1935 Kodak introdusse sul mercato Kodachrome, la prima pellicola fotografica a colori (a sintesi sottrattiva) a raggiungere la fama mondiale. Nel lasso di tempo compreso tra questi due eventi fotografare in bianco e nero era una necessità.
Oggi invece la fotografia in bianco e nero (o B&W) è diventata una scelta stilistica adottata da molti fotografi, professionisti e non.
Vedremo le principali tecniche per ottenere ottime foto digitali in bianco e nero. In particolare vedremo gli strumenti che il software di post produzione Photoshop mette a disposizione e come usarli al meglio.
Qualche accenno teorico
Diamo solo degli accenni teorici seppur molto importanti per comprendere al meglio il metodo di lavoro.
I colori possono essere rappresentati secondo vari modelli.
– Secondo il modello HSB (tonalità, saturazione, luminosità) una foto in bianco e nero ha un livello di saturazione uguale a zero. Non ha più senso parlare di tonalità (un blu e un rosso, a parità di luminosità, sono identici se si porta a 0 la loro saturazione ). L’unica dimensione che conta in una foto in bianco e nero è quindi la luminosità.
– Secondo il modello RGB (rosso, verde, blu) la scala di grigi è rappresentata dall’insieme delle combinazioni dei tre canali tali per cui l’intensità di questi è uguale. Unendo i tre colori con intensità minima otteniamo il nero; Unendo il rosso verde e blu con intensità massima otterremo invece il bianco. Per valori intermedi avremo diverse intensità di grigio.
Il modello HSB è il più intuiutivo per capire la differenza tra un’immagine a colori e una in bianco e nero. In un’immagine in scala di grigi, come detto, saturazione e tonalità perdono di significato. Possiamo quindi pensare al bianco e nero come un HSB semplificato, dove abbiamo solo il canale B (brightness – luminosità).
Inoltre la conversione in bianco e nero è un processo irreversibile. Detto in altri termini, è possibile convertire un’immagine a colori in un’immagine in bianco e nero ma non è possibile il viceversa.
L’immagine qui sopra spiega l‘irreversibilità della trasformazione. Passiamo in Photoshop da un’immagine a colori (punto 1) ad un’immagine in bianco e nero (Immagine->Metodo->Scala di Grigio) (punto 2). Come vedete si passa da tre canali (RGB non è un canale effettivo ma la sintesi di R G e B) a uno solo. Photoshop ha tolto la saturazione al canale RGB. I canali R G e B saranno identici per quanto spiegato poco sopra nel paragrafo sull’RGB. Non ha quindi più senso mantenere i tre canali: Photoshop ne mantiene solo uno (Grigio).
I vantaggi sono considerevoli: il file è più leggero (circa un terzo essendo i canali non più tre ma uno). Ora ovviamente però non sarà più possibile tornare indietro: c’è stata una perdita di informazione e non possiamo recuperarla dal nulla. Se convertiamo di nuovo il metodo (Immagine->Metodo->Colore RGB) (punto 3), Photoshop creerà tre livelli identici al livello Grigio. Le dimensioni del file torneranno (all’incirca) quelle iniziali ma il colore non è recuperato. Come già detto infatti dall’addizione di tre livelli RGB identici non possiamo che ottenere un’immagine con saturazione nulla in ogni pixel.
Che conclusioni possiamo trarre?
– Se dobbiamo salvare per web un’immagine in bianco e nero per condividerla (ad esempio sul web), saremmo propensi a salvarla con il metodo Scala di Grigio per ridurre le dimensioni del file. In realtà è meglio evitare: lo standard per la compatibilità su schermi e stampanti è lo spazio colore sRGB che è uno spazio RGB e quindi ha 3 canali. Meglio non rischiare di avere problemi di compatibilità e rinunciare al risparmio di spazio. Se avete un’immagine in scala di grigi e volete convertirla in sRGB è consigliabile aprirla in Photoshop, convertirla in RGB (Immagine->Metodo->Colore RGB) e poi salvarla per web (File->Salva per Web...) spuntando l’opzione “converti in sRGB“. Il passaggio attraverso RGB non è obbligatorio ma consigliato.
– Essendo irreversibile il processo di conversione RGB->Scala di grigio, dobbiamo trovare un rimedio. Ciò perchè, come vedrete nel prossimo paragrafo, le informazioni dei tre livelli RGB sono utilissime per manipolare un’immagine in bianco e nero.
Bianco e nero con Photoshop
Photoshop mette a disposizione un ottimo strumento per convertire le foto in bianco e nero. Sto parlando dello strumento Bianco e Nero (Immagine->Regolazioni->Bianco e nero...). Si tratta di un’alternativa molto più potente rispetto all’automatico Immagine->Regolazioni->Togli saturazione.
L’ottimo Bianco e Nero ci permette di convertire un’immagine a colori in un’immagine in bianco e nero regolando in modo selettivo la luminosità delle diverse tonalità.
Il tutto è veramente intuitivo: basterà muovere i cursori verso destra/sinistra per aumentare/diminuire la luminosità dei toni corrispondenti.
Una volta che diamo l’ok, l’immagine viene effettivamente convertita. Il “difetto” di questo strumento è che una volta dato l’ok non sarà possibile utilizzarlo una seconda volta per fare qualche altra modifica selettiva alla luminosità dei toni.
Perchè? Il motivo è semplice e chi ha letto la sezione precedente lo dovrebbe già intuire: un’immagine in bianco e nero prescinde dal concetto di tonalità (abbiamo solo grigi) e quindi lo strumento non può funzionare.
La soluzione sta nei livelli di regolazione. In questo modo infatti aggiriamo il problema dell’irreversibilità del processo di conversione in bianco e nero e non ci precludiamo la possibilità di tornare a lavorare con lo strumento Bianco e Nero.
L’immagine qua sopra rende l’idea: il primo caso è un esempio di utilizzo errato dello strumento bianco e nero. Infatti, applicando una semplice regolazione, perdiamo le informazioni sulla tonalità e sulla saturazione e non ci sarà possibile utilizzare in un secondo momento Bianco e Nero.
Il punto 2 mostra invece il metodo ottimale: Bianco e Nero viene utilizzato non più come una semplice regolazione ma come livello di regolazione.
Come si può vedere nel punto 3, il livello Bianco e Nero dovrà restare sempre in primo piano. Questo in modo che altri livelli di regolazione che inseriremo in un secondo momento possano lavorare su tonalità e saturazione, la quale verrà comunque eliminata dal livello Bianco e Nero in primo piano.
Bianco e nero o colore?
Ma quando una foto in bianco e nero è da preferirsi alla medesima immagine a colori?
Tipicamente si addicono alla conversione in bianco e nero le foto “drammatiche” (ad esempio un cielo carico di nuvole grigie) o le foto nelle quali le texture o i pattern occupano gran parte della scena (si pensi ai granelli di sabbia visti da vicino, ad un palazzo rivestito con mattoncini o alle crepe nella terra arida) o ancora le foto scattate con luce piuttosto dura (nelle ore centrali).
Un’altra tecnica consiste nel combinare il bianco e nero con il colore mediante le maschere di livello, in particolare quelle sfumate. Un esempio classico è il primo piano di un volto umano interamente in scala di grigio tranne che nelle iridi per mettere in risalto il colore degli occhi.
Neppure la conversione in bianco e nero fa eccezione: ogni foto ha una sua storia e non possiamo generalizzare in modo assoluto. Il consiglio è quindi quello di provare più soluzioni di colore e B&W possibili per ogni foto fino al raggiungimento del risultato ideale.
Preferenze e Prestazioni
Photoshop è ormai lo standard per il fotoritocco; ad oggi ha raggiunto la versione CS6 e personalmente è il programma che utilizzo essenzialmente (in combinazione con Camera Raw della stessa Adobe) per la postproduzione di tutte le mie foto.
Tuttavia, molti lo utilizzano mantenendo le impostazioni di default, tralasciando quello che dovrebbe essere il passo immediatamente successivo all’istallazione del programma: la personalizzazione delle impostazioni e delle preferenze. Impostando al meglio alcuni parametri, Photoshop sarà in grado di interagire al meglio con l’hardware del nostro computer (scheda video, RAM, processore, ecc) e con il sistema operativo in modo da risultare più veloce e performante.
Descriverò man mano (con aggiornamenti che aggiungerò progressivamente) come regolare le preferenze e le impostazioni di Photoshop. Questa esposizione si basa sull’ultima versione di Photoshop, la CS6, su sistema operativo windows, ma in genere dovrebbe essere compatibile anche con le versioni precedenti (perlomeno la CS5 e la CS4).
Interpolazione immagine
Questa è una delle prime preferenze da aggiornare ed è forse la più importante perchè incide direttamente sulla qualità delle foto che dovremo ridimensionare
Photoshop CS6 imposta di default come metodo di interpolazione “Automatica bicubica“. Questo metodo però è poco efficace, perchè causa un’elevata perdita di qualità dell’immagine (non recuperabile con lo sharpening) ogni volta che andremo a ridurre le sue dimensioni. Per modificare questa impostazione, apriamo Photoshop, apriamo Modifica->Preferenze->Generali e impostiamo il metodo d’interpolazione migliore, scegliendo “Bicubica (per sfumature più omogenee” dal menù Interpolazione immagine. Questo è l’algoritmo migliore per ridurre le dimensioni delle nostre foto (per esempio nel caso in cui vogliamo salvare un’immagine per il web).
Le altre modalità di interpolazione (“Vicina più prossima (per contorni ben definiti)”, “Bilineare”, “Bicubica più morbida (per ingrandimenti)”, “Bicubica più nitida (per riduzioni)”) sono sconsigliate per ridurre le dimensioni delle nostre foto.
Il Dettaglio dell’anteprima in Photoshop: I livelli cache
L’impostazione del corretto numero di livelli cache (Modifica->Preferenze->Prestazioni) è un passo molto importante nella configurazione di Photoshop. Il numero di livelli cache corrisponde al numero di anteprime di dimensione diversa dal 100% che photoshop tiene in memoria. Impostando 1, Photoshop tiene in memoria solo l’immagine al 100% e quindi ogni volta che andiamo a zoomare l’immagine, photoshop dovrà generare una nuova anteprima e quindi vi sarà un rallentamento; Nel caso in cui invece livello cache sia impostato per esempio a 8 (livello massimo), essendoci diverse anteprime in memoria, non sempre vi sarà la necessità di ricampionare (operazione che richiede tempo).
Mantenere un livello di cache basso è utile in un computer con poca RAM, ma soprattutto può servire anche per aumentare il livello di nitidezza dell’immagine all’interno della finestra di lavoro di Photoshop. Più il livello di cache è basso, più l’immagine risulterà nitida. Photoshop imposta di default i livelli cache a 4. A mio avviso è troppo: Io ho impostato 2 e ciò mi consente di avere un’anteprima nitida senza avvertire rallentamenti.
Io ho ottenuto un miglioramento ulteriore nella visualizzazione dell’anteprima disattivando l’opzione “Usa processore grafico“.
Ogni volta che cambiate l’impostazione dei livelli cache, è necessario riavviare il PC (non solo Photoshop) per rendere effettive le modifiche.
Qui sotto trovate uno screenshot di un’immagine di 10 MegaPixel così come appare in Photoshop ridimensionata al 23% con le diverse impostazioni (muovendovi col cursore sui link sotto la foto noterete le differenze). Si capisce immediatamente quanta importanza possa assumere nel processo di postproduzione visualizzare l’immagine con un buon livello di sharpness (nitidezza).
Stati Storia
Per ogni operazione che apporta una modifica all’immagine, Photoshop crea automaticamente uno stato storia, cioè una copia dell’immagine esattamente com’era prima di essere modificata.
In questo modo attraverso i pulsanti Modifica->Passo Indietro e Modifica->Passo Avanti l’utente può navigare all’interno degli stati storia, annullando e ripristinando le modifiche effettuate.
Tutto ciò ha un costo in termini di prestazioni: ogni stato storia viene salvato in memoria (per la precisione nella memoria virtuale).
La dimensione di uno stato storia dipende dalla porzione di immagine che è stata modificata: se si applica una regolazione o un filtro, tutta l’immagine viene ritoccata e quindi lo stato storia sarà la copia dell’intera immagine; un’immagine di 20MB richiederà dunque uno spazio di 40MB nel caso di uno stato storia aggiuntivo, 60MB nel caso di due stati aggiuntivi e così via. Nel caso di operazioni parziali (pennello, ritaglia immagine…) la quantità di memoria richiesta sarà minore.
Per modificare il numero massimo di stati storia, andate su “Modifica->Preferenze->Prestazioni...” e inserite in ‘Stati Storia’ un numero a vostra scelta: Photoshop accetta valori compresi tra 1 e 1000. Io mi trovo bene con 20, il valore di default.
Nella post produzione fotografica 20 stati storia sono per me più che sufficienti, ma non escludo che qualcuno possa necessitare di qualche stato in più, soprattutto per altri usi di Photoshop.
I livelli di regolazione
Le regolazioni di Photoshop sono molto potenti e spesso permettono di ottenere ottimi risultati, ma hanno un punto debole: sono irreversibili.
Cosa significa? Una trasformazione è irreversibile (o distruttiva) quando non è possibile ottenere il risultato di partenza attraverso una semplice operazione inversa.
Vediamo subito due esempi:
La regolazione dell’esposizione, e similmente anche quelle del contrasto e della luminosità sono irreversibili: in seguito ad una regolazione si perde parte dell’informazione presente nell’immagine e questa non potrà essere recuperata in seguito.
Nell’immagine qui sopra ho alzato l’esposizione (Immagine->Regolazioni->Esposizione...) di 2 punti e subito dopo l’ho abbassata ancora di 2 (operazione inversa). La perdita di qualità è evidente.
Dopo la prima regolazione (esposizione +2), le zone più chiare dell’immagine diventano completamente bianche, quindi identiche. Dunque molte zone che inizialmente erano tra di loro diverse, dopo la prima regolazione non lo sono più essendo diventate bianche al 100%. Tutte le sfumature nelle zone più chiare sono andate perse e per Photoshop sono diventate omogenee. Non c’è più differenza tra l’azzurro del cielo e il giallo delle luci: ora sono ugualmente bianchi; è quindi ovvio che Photoshop non possa ottenere il risultato di partenza.
Nel momento in cui si abbassa l’esposizione di 2 punti, Photoshop dovrà scurire le zone bianche. Ma quale tonalità darà a queste zone? Come può Photoshop sapere che il cielo deve essere azzurro e le luci devono essere gialle se ora sono entrambi bianchi? Semplicemente non c’è modo. Gli algoritmi di Photoshop utilizzano uno stratagemma che consente di determinare la tonalità di un’area bianca in base alla tonalità delle aree circostanti. Tuttavia i risultati come vedete sono piuttosto scarsi.
In caso di regolazioni di luminosità e contrasto quindi il degrado maggiore lo si ha nei toni estremi: ombre e luci, poichè le sfumature tendono ad uniformarsi rispettivamente al nero e al bianco. Tuttavia nemmeno i mezzitoni sono immuni da questa perdita di qualità, seppur in misura minore.
Anche le regolazioni della saturazione (e della vividezza), nonchè quelle della tonalità (e del bilanciamento del colore) sono irreversibili.
Se per le regolazioni del contrasto e della luminosità la perdita di informazioni deriva principalmente dal fatto che ombre e luci tendono ad uniformarsi al nero e al bianco, nel caso di modifica della saturazione e della tonalità il problema è dato dal fatto che i colori tendono ad uniformarsi al grigio (se si abbassa la saturazione) o ad uno dei tre colori primari (se si alza la saturazione o si modifica la tonalità).
Nell’immagine qui sopra ho aumentato ed ho poi diminuito la saturazione per un valore pari a 60. I colori che più hanno sofferto sono quelli più saturi, ovvero i gialli/rossi del paesino: aumentando la saturazione tutti i colori vicino al rosso diventano rossi puri e nel momento in cui la saturazione va diminuita Photoshop non sa quale sia la saturazione target di ogni area. Ancora una volta gli algoritmi utilizzano degli artifizi che si dimostrano però poco efficaci.
I livelli di regolazione consentono la reversibilità
La soluzione proposta dagli sviluppatori di Photoshop al problema dell’irreversibilità delle regolazioni sono i livelli di regolazione (assieme agli oggetti avanzati).
Applicando una semplice regolazione ad un livello, Photoshop modifica direttamente il livello (ovvero rasterizza le modifiche rendendole effettive).
Un livello di regolazione funziona in modo diverso: l’algoritmo della regolazione non viene applicato a nessun livello, ma viene salvato all’interno di un nuovo livello (detto appunto livello di regolazione) e viene applicato all’anteprima in Photoshop e all’immagine finale (jpeg, png, ecc. ma non psd) che esporteremo.
Il livello in sè rimane inalterato. Potremo quindi ritoccare i valori del livello di regolazione in ogni momento senza alcuna perdita di informazioni e di qualità.
Inoltre i livelli di regolazione presentano molti vantaggi: possono essere applicati ad uno solo o a più livelli; supportano le maschere di livello (per rendere selettive le modifiche); supportano i metodi di fusione e l’opacità.
Come utilizzare i livelli di regolazione
I livelli di regolazione sono semplicissimi da utilizzare. Per crearne uno è sufficiente cliccare sull’icona apposita (numero 1 nell’immagine qui sopra) e scegliere la regolazione desiderata.
Il livello di regolazione sarà ora presente nella palette dei livelli. Per utilizzarlo, selezionatelo e aprite la palette proprietà: troverete qui gli stessi cursori e input presenti nella regolazione classica.
Di default un livello di regolazione agisce su tutti i livelli sottostanti. Per applicarlo soltanto al primo livello (o gruppo) sottostante, fate click sull icona indicata dal numero 2 nell’immagine precedente. La miniatura del livello di regolazione verrà spostata verso destra e il nome del livello cui è applicato verrà sottolineato.
Nell’immagine d’esempio il livello di regolazione “Curve” agisce solo su “Livello 1“, mentre “Bilanciamento Colore” agisce su “Livello 1” e anche su “Sfondo“. Come potete notare, a “Curve” ho applicato anche una maschera di livello.
Trovo utilissima la possibilità di applicare maschere di livello ai livelli di regolazione e di regolare la loro opacità. Molto pesso modifico anche il metodo di fusione: il caso tipico è quello in cui applico il metodo “Saturazione” ad un livello di regolazione della saturazione; in questo modo evito che la regolazione possa avere effetti collaterali su contrasto e tonalità.
Un livello di regolazione può essere eliminato come un qualsiasi altro livello. Per rasterizzare (rendere effettive) le modifiche, unite il livello di regolazione con uno o più livelli sottostanti. Il livello di regolazione sparirà e la modifica verrà rasterizzata, con conseguente irreversibilità della regolazione in futuro.
Le Maschere di livello
Le correzioni selettive
Quante volte vi sarà capitato di voler effettuare una correzione su un’area di una foto ma di dover rinunciare perché questa correzione andava a influire in modo negativo sul resto dell’immagine?
Facciamo un esempio pratico: una foto presenta sul primo piano un basso livello di contrasto (o saturazione), mentre il cielo è già abbastanza contrastato (o saturo).
In questo caso, se proviamo ad aumentare il contrasto o la saturazione, il primo piano migliorerà, mentre il cielo peggiorerà, in quanto già prima era ben bilanciato e il nostro intervento non farà altro che creare un contrasto o una saturazione eccessivi su questa area.
Molti di voi potrebbero lasciar perdere e mantenere l’immagine così com’è, oppure raggiungeranno un compromesso con una regolazione intermedia.
È abbastanza chiaro che nessuna di queste sia la soluzione ottimale: l’ideale sarebbe poter applicare la regolazione solo sul primo piano, in altre parole una regolazione selettiva.
In Photoshop ci sono diverse soluzioni per applicare le correzioni in modo selettivo. La più immediata e spesso anche la più indicata è quella di utilizzare le maschere di livello.
Le maschere di livello sono uno strumento di Photoshop creato proprio per questo fine. Il nome e la traduzione, a differenza di altre traduzioni presenti in Photoshop, sono veramente indovinati: con questo strumento infatti potremo “mascherare” ovvero nascondere un’area da noi selezionata del livello sul quale effettueremo la correzione in modo tale che soltanto la zona che volevamo effettivamente correggere (il primo piano) risulti visibile, mentre nell’area mascherata trasparirà il livello sottostante, sul quale non abbiamo effettuato la correzione.
L’immagine qui sopra è abbastanza esplicativa: a destra vedete la maschera di livello, mentre a sinistra c’è la foto sulla quale è stata applicata. Dove la maschera di livello è nera (luminosità 0%), il livello corrispondente ha opacità allo 0%. Dove la maschera è bianca (luminosità 100%), il livello ha opacità al 100%. Nelle zone di grigio avremo situazioni intermedie. Ci basterà mettere questo livello in primo piano e lo stesso livello senza maschera in secondo piano. Applicheremo quindi le regolazioni sul livello in primo piano per fare in modo che queste non siano visibili nell’area mascherata, sulla quale trasparirà il livello in secondo piano.
Quest’altra foto è un esempio più pratico: una reflex digitale non è in grado di catturare correttamente la luce in scene con alto contrasto tra ombre e luci, per esempio un controluce o una situazione come quella che vedete qui sopra. il risultato sarà inevitabilmente una foto con delle zone talmente sovra/sottoesposte da risultare completamente bianche/nere.
Possiamo rimediare scattando due esposizioni differenti e unendole successivamente in Photoshop con le maschere di livello, mantenendo la parte migliore di ogni esposizione.
Nell’esempio ho agito in questo modo: ho utilizzato soltanto il cielo dell’esposizione a destra (sottoesposta) mediante una maschera netta che seguisse il contorno dell’arcata dell’edificio. Sul resto dell’immagine ho lasciato trasparire l’esposizione (sovraesposta) che vedete a sinistra. In questo modo ho evitato di avere un cielo bruciato senza rinunciare alla luminosità del primo piano.
A sua volta, lo scatto a sinistra è il risultato dell’unione di due esposizioni differenti.
Il rischio principale legato alle maschere di livello è infatti quello di ottenere foto che presentano artefatti nelle zone di transizione. Se siete alle prime armi è normale, ci siamo passati tutti. Con l’esperienza i risultati non potranno che migliorare.
Due tipologie di maschere di livello
Mi piace distinguere tra due categorie di maschere di livello: le maschere di livello nette e le maschere di livello sfumate. La differenza è abbastanza intuitiva, tuttavia sono completamente diverse le tecniche con cui possiamo ricavare queste maschere.
Immagine -> Regolazioni
Il Menù di Photoshop più usato per la post produzione fotografica è senza dubbio Immagine->Regolazioni. Qui troviamo quasi tutti gli strumenti essenziali per una post produzione ottimale.
Nell’immagine in alto potete vedere il Menu così come appare in Photoshop CS6. Vi è principalmente solo una differenza rispetto alle altre versioni (CS5 e precedenti): il nome dello strumento Livelli è stato sostituito con Valori tonali (è cambiato soltanto il nome, perché livelli era una traduzione non del tutto appropriata).
Ho messo un segno davanti agli strumenti che vengono usati nella post produzione per ottenere foto d’impatto e realistiche. Gli altri portano a risultati realistici o sono strumenti automatici che chi vuole ottenere il massimo da Photoshop non dovrebbe utilizzare. Andiamo ad analizzarli uno per volta:
Valori Tonali
Come scritto sopra, in Photoshop CS5 e precedenti si chiamava Livelli; con Photoshop CS6 è stata (per fortuna) sistemata la traduzione). La funzione livelli aumenta il contrasto e quindi la tridimensionalità della vostra foto tagliando i toni estremi. Trascinando all’interno i due triangolino aumenterete il contrasto. Per una spiegazione più approfondita dei valori tonali si veda Il Macrocontrasto (o contrasto globale).
Curve
Simili ai valori tonali, ma da usare in situazioni diverse. Anche questo strumento è approfondito all’articolo Il Macrocontrasto (o contrasto globale). Per aumentare il contrasto, trascinare la diagonale in modo da creare una S come in figura.
Vividezza
Strumento molto potente. Aumenta la saturazione (intensità del colore) solo per i colori meno saturi. In questo modo si riesce ad aumentare la saturazione di alcuni colori quando altri sono già al limite. Sconsiglio fortemente di usare il comando Saturazione presente in Vividezza: non fatevi ingannare dal nome: nonostante abbia lo stesso nome, è molto meglio il comando Saturazione presente nello strumento Tonalità/saturazione. Qui sotto un esempio.
Tonalità/saturazione
Di questo strumento useremo solo il comando Saturazione (preferisco usare Bilanciamento colore piuttosto che Tonalità). Aumentando la saturazione, i colori diventano più intensi, si avvicinano ai colori primari e sono più gradevoli alla vista. Il problema è non eccedere. Meglio fermarsi un po’ prima nel dubbio: spesso la saturazione finisce per rovinare le nostre foto. La saturazione va dosata di più rispetto alla vividezza: piccole variazioni di saturazione si notano molto. Qui sotto un esempio.
Bilanciamento colore
Uno degli strumenti più importanti. Permette di regolare la temperatura di ombre, mezzitoni e luci. Vi sono tre possibili regolazioni: ciano/rosso, magenta/verde e giallo/blu. Solitamente bilancio soprattutto le luci e eventualmente ombre e mezzitoni in misura minore (sulle luci si ottengono risultati migliori). Solitamente i colori caldi (sul giallo e sul rosso) sono più gradevoli. Tuttavia dipende dall’immagine. Nell’immagine qui sotto ho spostato il bilanciamento di 3 gradi sul rosso e di 6 gradi sul giallo sia su luci che su mezzitoni.
Bianco e nero
Ottimo strumento per creare immagini in bianco e nero. Permette di regolare la luminosità delle varie zone dell’immagine finale in base alla tonalità del colore nell’immagine a colori.
Correzione colore selettiva
Utilizzato più in altri generi che nella fotografia paesaggistica. Permette di modificare sia la tonalità (mediante i comandi Ciano, Magenta, Giallo) sia la luminosità (con il comando Nero, ma questo lo sconsiglio) di una data tonalità di colori. Consiglio di impostare metodo Relativo e non assoluto.
Ombre/Luci
Lo strumento di per sé è molto utile. Permette di recuperare le alte luci e le ombre più scure. Tuttavia per questo tipo di correzioni preferisco lavorare in Camera Raw (nel recuperare i toni estremi sul Raw si fanno miracoli!) oppure, se voglio una maggiore precisione, con le maschere di luminosità. Consiglio di utilizzare un raggio basso e un’ampiezza tonale non troppo bassa per evitare artefatti; Con questa tecnica il rischio è l’aumento del rumore, soprattutto sulle ombre.
Sostituisci colore
È utilizzato molto dai fotografi macro e di animali che hanno foto dallo sfondo sfocato e uniforme. Permette di sostituire un colore con un altro impostando un certo livello di tolleranza. Non approfondirò la tecnica perché preferisco eseguire manualmente azioni di questo tipo in modo da essere più preciso.
Introduzione ai livelli di regolazione in Photoshop CS6
E’ possibile creare dei livelli che contengono le stesse regolazioni che abbiamo appena visto (tranne ombre/luci e sostituisci colore). Le potenzialità sono tantissime, per esempio si può applicare una regolazione solo ad una parte di una foto.
I Filtri di Photoshop in fotografia
Nella post produzione fotografica i filtri di Photoshop sono la seconda grande famiglia di strumenti, secondi per efficacia e frequenza di utilizzo solo alle regolazioni.
Utilizzando i filtri si possono effettuare moltissime azioni su un’immagine: dall’esaltazione dei dettagli alla correzione della distorsione, passando per l’aumento del contrasto, la gestione dello sfocato e molti altri interventi.
L’utilizzo dei filtri in modo combinato consente di applicare azioni avanzate su un’immagine, come ad esempio la correzione del banding mediante l’uso combinato dell’aggiunta e della riduzione del disturbo.
Adesso vedremo un’introduzione dei filtri più utilizzati in fotografia,rimandando ai vari approndimenti.
Come mostra l’immagine qui sopra, i filtri più utilizzati sono otto: il filtro Correzione lente, e altri sette suddivisi in quattro famiglie (Contrasta, Disturbo, Sfocatura, Altro).
1 – Correzione lente
Il filtro correzione lente consente di correggere tre possibili difetti di una foto:
– la distorsione geometrica
– l’aberrazione cromatica
– la vignettatura
– La distorsione geometrica è la curvatura di linee che in realtà sono dritte e può essere dovuta a diversi fattori, su tutti la tipologia di obiettivo utilizzato.
– L’aberrazione cromatica è la comparsa di fastidiose linee di vario colore (spesso verde e magenta) in prossimità dei bordi più marcati di una foto ed è anch’essa un artefatto introdotto dalla lente.
– La vignettatura è infine l’oscurazione degli angoli della foto e può essere causata dalla combinazione macchina-obiettivo o da corpi esterni (molto spesso il paraluce o i filtri a ghiera).
Lo strumento Correzione lente consente di correggere questi tre difetti in modo automatico (Correzione automatica) o manuale (Personale). La modalità automatica effettua una correzione standard in base alla fotocamera e all’obiettivo usati per scattare la foto. La correzione manuale è però più precisa e da preferirsi rispetto a quella automatica.
Nell’immagine qui sopra è stato corretto un problema di distorsione geometrica introdotto dal grandangolo utilizzato per scattare la foto. Il problema è ben visibile sull’orizzonte, che risulta curvo anziché essere dritto. La rimozione manuale della distorsione è molto intuitiva, basandosi su un solo controllo, e l’utilizzo della griglia (attivabile tramite la spunta “Mostra griglia” in basso a sinistra nella maschera di correzione lente) facilita il lavoro.
Attenzione però al fatto che la correzione della distorsione geometrica risolve soltanto i casi di curvatura delle linee (distorsione per l’appunto) ma non ha alcun effetto sulle linee storte, le quali possono essere linee cadenti o una conseguenza di uno scatto con fotocamera non perfettamente a bolla (il tipico orizzonte storto) e vanno risolte rispettivamente con le trasformazioni distorci e ruota.
L’aberrazione cromatica è risolta in modo più efficace e meno distruttivo con il software Adobe Camera Raw che è quindi da preferirsi. La correzione dell’aberrazione cromatica in Photoshop è quindi da evitarsi.
La vignettatura è anch’essa un problema molto comune e risolverla è decisamente semplice. Come si può osservare dall’immagine qui sopra, i comandi sono soltanto due: Il fattore è il grado di schiarimento applicato agli angoli della foto, mentre il punto intermedio è la dimensione dell’area a cui lo schiarimento è applicato. Una leggera vignettatura può essere gradevole e contribuisce a creare atmosfera nell’immagine, ma in alcuni contesti è fastidiosa e va quindi rimossa. Nel caso si voglia aggiungere un effetto vignettatura ad un’immagine, basterà utilizzare un fattore negativo: gli angoli non verranno schiariti ma, al contrario, verranno resi più scuri. Utilizzo spesso questo filtro con un leggero fattore negativo alla fine del mio workflow come tocco finale sulle mie immagini.
Di norma consiglio di applicare la correzione della vignettatura e della distorsione all’inizio del workflow (subito dopo l’eventuale fusione delle esposizioni multiple). La correzione della gamma dinamica invece, come già detto, va effettuata in Camera Raw.
2 – Contrasta (Nitidezza)
Il filtro contrasta (conosciuto anche come nitidezza) è uno strumento automatico di fondamentale importanza nella tecnica avanzata di sharpening. Come descritto, l’utilizzo ripetuto del filtro contrasta assieme ai metodi di fusione consente di ottenere un livello di microcontrasto altrimenti irraggiungibile e senza introdurre artefatti sull’immagine. Il filtro contrasta dà il meglio di sé quando si vuole applicare lo sharpening ad un’immagine le cui dimensioni finali saranno comprese tra i 600 e i 1200 pixel all’incirca sul lato lungo. Per le altre dimensioni il filtro Contrasta migliore consente di ottenere risultati solitamente migliori.
3 – Contrasta migliore (Nitidezza avanzata)
Contrasta migliore è, come contrasta, uno strumento di aumento del microcontrasto ma, al contrario del precedente, è basato su un algoritmo più avanzato e utilizza diversi parametri. La tecnica base di sharpening con contrasta migliore prevede l’applicazione di questo filtro sull’immagine già ridimensionata a dimensioni finali. Come viene approfondito nell’articolo sullo sharpening, solitamente questo filtro va applicato con un raggio molto basso (0,1px è spesso l’ideale) e un fattore alto (anche 500% in alcuni casi).
4 – Maschera di contrasto
La maschera di contrasto è un filtro che può essere utilizzato per aumentare sia il microcontrasto (sharpening) che il contrasto locale. Utilizzando un raggio basso si interverrà sul microcontrasto (aumento dei dettagli), mentre con un raggio di dimensioni maggiori la regolazione si sposterà via via sempre più verso il contrasto locale (aumento del contrasto, e quindi dell’ “intensità” percepita dell’immagine in modo localizzato e selettivo). Si rimanda comunque ai due articoli di approfondimento per dettagli sull’utilizzo di questo filtro polifunzionale.
La maschera di contrasto rappresenta uno degli strumenti più importanti di Photoshop, e può quindi essere anche usata per altri interventi, ad esempio per aumentare il contrasto tonale in combinazione con i metodi di fusione.
5 – Aggiungi disturbo
Il filtro aggiungi disturbo aggiunge una sorta di rumore digitale all’immagine. Il rumore è visto come un elemento negativo in un’immagine, quindi il filtro aggiungi disturbo non viene utilizzato per aggiungere del rumore all’immagine, ma è usato in modo combinato con altri filtri per effettuare interventi avanzati.
L’uso principale in fotografia è la rimozione avanzata del banding, che può essere effettuata utilizzando in modo combinato i filtri aggiungi disturbo e riduci disturbo.
6 – Riduci disturbo
Il filtro riduci disturbo, come già accennato, può essere utilizzato per rimuovere il banding in combinazione con aggiungi disturbo. Ma l’uso principale di questo filtro è la riduzione del rumore digitale.
Il rumore digitale risulta particolarmente evidente nelle ombre, soprattutto in foto scattate con ISO e/o tempi di esposizione elevati. Questo difetto è quindi frequente in generi come la fotografia di animali o d’azione (le quali richiedono esposizioni brevi e quindi alti ISO) e la fotografia paesaggistica notturna (data la scarsa luce e di conseguenza gli elevati ISO / tempi d’esposizione).
Per la riduzione del rumore utilizzo l’impostazione Base (non Avanzata) e lavoro sui due cursori Intensità ed Evidenzia particolari. Intensità definisce la quantità di rumore che viene eliminata tramite la correzione, mentre Evidenzia particolari cerca di recuperare parte del dettaglio che viene inevitabilmente perso nel processo di riduzione del rumore. Il comando Evidenzia Particolari può introdurre degli artefatti molto fastidiosi anche se usato a valori molto bassi, quindi questa regolazione va usata molto attentamente.
L’immagine qui sopra mostra come la riduzione del disturbo causi perdita di dettaglio: la prima immagine (livello A) è la foto senza alcuna riduzione del rumore. Nella seconda immagine (livello B) la riduzione del disturbo è stata applicata su tutta la foto, con conseguente perdita di dettaglio. Nella terza immagine infine la riduzione del disturbo è stata applicata solo sul livello C (ricavato tramite una maschera netta), che corrisponde al cielo, in modo da evitare la perdita di dettaglio sulle zone più ricche di particolari.
La regola generale nell’utilizzo dello strumento riduci disturbo è quindi quella di applicare la correzione solo dove necessario (zone con pochi dettagli e/o con molto rumore), e trovare il giusto equilibrio tra Intensità ed Evidenzia Particolari, tale che vi siano una buona riduzione del rumore ed un accettabile livello di nitidezza, senza creazione di artefatti.
7 – Accentua passaggio
Il filtro accentua passaggio è utilizzato in combinazione con i metodi di fusione e con altri filtri per effettuare due interventi in modo avanzato sulla foto: la riduzione del disturbo e lo sharpening.
Anche se la tecnica del filtro accentua passaggio abbinato al metodo di fusione luce intensa / luce soffusa è piuttosto famosa, i risultati che si ottengono sono molto simili all’utilizzo della maschera di contrasto con un elevato valore di Soglia. Il vero punto di forza del filtro accentua passaggio è invece il suo utilizzo tramite tecniche avanzate, che consentono di sfruttare pienamente la potenzialità del filtro, e che vengono approfondite nel workshop.
8 – Controllo sfocatura
Il filtro controllo sfocatura trova diverse applicazioni in fotografia: basti pensare all’effetto Orton, ai filtri glam, alla sfocatura dello sfondo e moltissime altre tecniche creative. Controlla sfocatura è un filtro molto semplice da regolare, l’unico parametro è il raggio che non è altro che l’ampiezza della sfocatura: all’aumentare del raggio crescerà il livello di sfocatura.
Il filtro controllo sfocatura può introdurre del banding, soprattutto sulle zone con colori molto simili tra di loro (si pensi ad un cielo senza nuvole o all’acqua del mare vista dall’alto). Si raccomanda quindi di controllare l’assenza di artefatti sull’immagine dopo l’applicazione di questo filtro, e di utilizzare gli accorgimenti illustrati nell’articolo sul banding; in particolare è molto consigliabile applicare Controllo sfocatura su immagini con spazio colore a 16 bit/canale.
Gli oggetti avanzati
Gli oggetti avanzati sono una funzionalità di Photoshop che consentono di applicare i filtri in modo reversibile. Concettualmente analoghi ai livelli di regolazione (si veda il concetto di regolazioni reversibili), il loro utilizzo è semplicissimo.
Per trasformare un livello in oggetto avanzato, selezionare il livello e fare click su Filtro -> Converti per filtri avanzati. In basso a destra sulla miniatura del livello apparirà un’icona analoga a quella visibile nell’immagine qui sotto.
Come si può vedere dall’immagine, è possibile applicare una maschera di livello all’oggetto avanzato (maschera a destra della miniatura), ma è possibile mascherare anche solo i filtri (intervenendo sulla maschera posizionata sotto la miniatura di livello). La seconda maschera di livello apparirà aggiungendo uno o più filtri, mentre la prima è gestibile come le classiche maschere di livello.
Tutti i filtri applicati verranno aggiunti sotto la seconda maschera: nell’immagine sopra ad esempio è stato applicato due volte il filtro maschera di contrasto.
Il grande vantaggio degli oggetti avanzati è però la possibilità di nascondere uno o più filtri applicati all’oggetto (cliccando sull’occhio accanto al nome del filtro applicato) e di poterli modificare: facendo doppio click sul nome del filtro apparirà la rispettiva maschera, con impostati i valori precedentemente settati, che saranno modificabili in modo non distruttivo.
Personalmente utilizzo quasi sempre gli oggetti avanzati quando devo applicare un filtro, in modo da avere traccia delle regolazioni effettuate, e per poter intervenire in qualsiasi istante su un filtro precedentemente applicato. Ad esempio, molto spesso capita che una regolazione successiva renda troppo evidente un filtro precedentemente applicato; in questo caso la possibilità di intervenire a ridurre l’intensità del filtro è fondamentale.
Le azioni di Photoshop
Cos’è un’azione?
In Photoshop un’azione è una sequenza di operazioni che è stata registrata e che quindi può essere ripetuta in qualsiasi momento con un semplice click.
Le azioni sono particolarmente utili per tutte quelle operazioni che hanno dei parametri standard. Un esempio è l’inserimento della firma in una foto: con le azioni non dovrete più scegliere ogni volta il colore, il font e la dimensione, creare il campo di testo, ecc. ma sarà sufficiente selezionare un’azione precedentemente creata e fare click su Esegui.
Vedremo prima come creare e poi come usare le azioni.
Se invece necessitate di uno strumento più potente (ma anche più complesso) delle azioni, vi rimando all’articolo sugli script. Creare uno script richiede, a differenza delle azioni, la conoscenza di un linguaggio di programmazione (io uso javascript). Gli script però permettono di eseguire operazioni più complesse e soprattutto personalizzabili dall’utente.
Creare un’azione
La creazione di un’azione è veramente semplice, ma è necessario tenere conto di alcuni accorgimenti per evitare di avere messaggi d’errore quando la eseguiremo.
Prima di tutto è necessario aprire (se non lo si è già fatto) la palette delle azioni dal menu Finestra->Azioni (Alt+F9 in Photoshop CS6 su Windows, Option+F9 su Mac).
A questo punto il pulsante “Inizia registrazione” dovrebbe essere rosso, come in figura. D’ora in poi tutte le vostre azioni verranno registrate. Non preoccupatevi del tempo che scorre o di aprire i vari strumenti di Photoshop: tutto ciò non verrà registrato nell’azione e quindi non la appesantirà. Le azioni infatti non registrano tutto ciò che fate, ma solo le operazioni che generano effettivamente un cambiamento nell’immagine. Se ad esempio aprite lo strumento Curve e fate click su annulla, non verrà registrato nulla; se invece effettuate una modifica e poi fate click su Ok, la modifica verrà registrata.
Una volta terminate le operazioni, cliccate sul pulsante “Smetti riproduzione/registrazione” (il primo). Il pulsante “Inizia registrazione” tornerà grigio. Ciò significa che la registrazione è terminata.
La vostra azione, che si trova nella palette azioni, è completa ed è pronta per essere eseguita.
Gli altri due tasti sono : “Crea nuovo set” (il quarto), che permette di organizzare le azioni in gruppi e sottogruppi; Elimina (l’ultimo), il quale serve a eliminare le azioni selezionate.
Vediamo ora le migliori pratiche da utilizzare in fase di registrazione.
Trucchi per ottimizzare la creazione dell’azione
Quello qui sopra (L’oggetto livello non è correttamente disponibile) è probabilmente l’errore più comune che capita nelle azioni di Photoshop. Cosa sta a significare? In fase di registrazione era presente un livello (in questo caso “Livello 4″) che ho selezionato con un click. In questo caso photoshop registra il click sul livello con nome “Livello 4″. Nel momento in cui l’azione viene eseguita, se non è presente un livello con lo stesso nome, viene generato l’errore e l’azione si interrompe.
Come evitare questo errore?
La soluzione è l’utilizzo dei tasti rapidi per la navigazione tra i livelli. In Photoshop CS6 (nelle versioni precedenti potrebbero differire), abbiamo alcuni tasti molto utili per creare azioni:
” Alt + = ” e ” Alt + ) ” rispettivamente per selezionare il livello superiore e il livello inferiore rispetto al livello corrente;
” Alt + . ” e ” Alt + , ” rispettivamente per selezionare il primo e l’ultimo di tutti i livelli;
Questi i tasti su Windows. Su Mac, al posto di Alt dovete utilizzare Option.
L’immagine qui sopra mostra quello che vi ho spiegato: della sequenza di operazioni registrate, la prima e la terza sono concettualmente scorrette perchè hanno una referenza assoluta (ho selezionato il livello con click e quindi Photoshop registra il nome) che potrebbe portare ad errori; le altre tre invece sono corrette perchè ho utilizzati i tasti per la navigazione tra livelli e quindi la referenza è relativa (livello superiore / livello inferiore).
Un’altra funzione che può tornare utile è l’inserimento delle interruzioni. Un’interruzione è un messaggio d’avviso con uno o due tasti: “Interrompi” (e eventualmente “Continua“). Cliccando su Interrompi l’azione si interrompe; cliccando su Continua l’azione prosegue.
Quando può essere utile un’interruzione? può servire per inserire un semplice messaggio d’avviso sul copyright da parte dell’autore oppure può avere un’utilità più pratica. Pensiamo ad un’azione per applicare dello sharpening ad una foto. Ogni foto richiede un livello di sharpening diverso.
Per creare un’azione flessibile in fase di registrazione farei così : applico uno sharpening abbastanza leggero, inserisco un’interruzione dove chiedo “Continuare?”; il tutto ripetuto per 6 volte.
In questo modo l’azione non applica sempre lo sharpening 6 volte, ma tra un’applicazione e l’altra appare il messaggio d’avviso, al che l’utente può visualizzare l’immagine e decidere se lo sharpening è sufficiente o ne serve ancora e cliccare quindi su interrompi piuttosto che su continua.
Per inserire un’interruzione fate click sull’icona del menu a tendina in alto a destra nella palette azioni e cliccate su “Inserisci interruzione...”. Scrivete il testo e decidete se visualizzare o meno il pulsante “Continua“.
Usare un’azione
Per eseguire una o più azioni è sufficiente selezionarle e cliccare sul tasto Esegui selezione (Il terzo pulsante nella palette azioni). È possibile eseguire più azioni in una volta selezionandole, ma non è possibile selezionare un set (gruppo) ed eseguire tutte le sue azioni.
Un aspetto molto importante della fase di esecuzione sono le finestre di dialogo: l’immagine qua sotto mostra un elenco di azioni. Le frecce rosse indicano le azioni il cui box per le finestre di dialogo è attivo. Cliccando su questo box potrete attivare/disattivare le finestre di dialogo. Se le finestre sono attive, per ogni azione che comporta un’opzione definibile dall’utente (ad esempio la regolazione della saturazione) apparirà una finestra di dialogo che permetterà di personalizzare i valori predefiniti in fase di registrazione. È anche possibile mostrare le finestre di dialogo solo per alcuni passaggi dell’azione: basta cliccare sul triangolino bianco a sinistra del nome dell’azione per espanderla e scegliere per quali passi mostrare le finestre.
Resta un ultimo punto da vedere: come esportare e importare azioni in Photoshop. Il tutto è semplicissimo. Le azioni sono dei files con estensione atn.
Non è possibile esportare un’azione ma solo un set (gruppo) di azioni. Sarà sufficiente selezionare il set d’azioni, aprire il menu a tendina dall’icona in alto a destra nella palette azioni e scegliere “Salva azioni”. salvate il file atn in una cartella a vostra scelta.
Per caricare un’azione, o meglio un set d’azioni, in Photoshop fate doppio click sul file atn. Se non è già avviato, Photoshop si aprirà. Ora nella palette azioni è presente (e lo sarà anche ai prossimi avvii) il set di azioni che avete appena caricato.
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