L’ UNIVERSO – 17
IL DIO DEGLI ILLUMINISTI
L’illuminismo fu un movimento politico, sociale, culturale e filosofico sviluppatosi intorno al XVIII secolo in Europa. Nacque in Inghilterra, ma ebbe il suo massimo sviluppo in Francia, poi in tutta Europa e raggiunse anche l’America.
Il termine illuminismo è passato a significare genericamente qualunque forma di pensiero che voglia “illuminare” la mente degli uomini, ottenebrata dall’ignoranza e dalla superstizione, servendosi della critica della ragione e dell’apporto della scienza.
« L‘illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo. »
Sofisti
possiamo dire che erano illuministi, autori di una critica corrosiva alle presunte leggi di origine divina e all’antropomorfismo religioso
Democrito,Atomisti,Scettici,Stoici,Epicuro
erano illuministi perchè volevano liberare l’uomo dalla paura,indotta dalla religione,dagli dei e dalla morte.
L’illuminismo vuole adattare alla filosofia il metodo della fisica newtoniana affidando alla ragione la determinazione tanto delle proprie possibilità che dei propri limiti,indipendentemente da ogni verità che si presenti come rivelata o innata.
La fede nella ragione, coniugandosi con il modello sperimentale della scienza newtoniana, sembrava rendere possibile la scoperta non solo delle leggi del mondo naturale, ma anche di quelle dello sviluppo sociale. Si pensò allora che, usando correttamente la ragione, sarebbe stato possibile un progresso indefinito della conoscenza, della tecnica e della morale: convinzione questa che verrà successivamente ripresa e rafforzata dalle dottrine positiviste
Fin dagli inizi gli illuministi presuppongono che la gran parte degli uomini, pur essendo stati creati liberi dalla Natura («naturaliter maiorennes») si accontentino molto volentieri di rimanere “minorenni” per tutta la vita. Questa condizione è dovuta o a comoda pigrizia o a viltà, al non avere cioè il coraggio di cercare la verità. In ogni caso il risultato di questa non-scelta è la facilità per i più scaltri e per i detentori del potere di erigersi a guide di costoro: «Se io ho un libro che pensa per me, se ho un direttore spirituale che pensa per me…io non ho più bisogno di darmi pensiero di me. Non ho bisogno di pensare, purché possa solo pagare…».
Gli interessati tutori imprigionano dunque i vili e i pigri in una «carrozzina da bambini» paventando loro i rischi che si corrono a voler camminare da soli. Non s’impara a camminare senza cadere, ma questo li terrorizza, per cui rimarranno infanti per tutta la loro vita.
L’illuminista dovrà tutelare l’uomo ammaestrandolo a diventare “maggiorenne” usando la propria ragione per liberarsi dalla credenza irriflessa nelle verità già date, siano esse quelle innate nel campo conoscitivo, siano quelle rivelate dalla religione.
La ragione rifiuterà tutto quello che non deriva da essa con il principale compito di stabilire i propri limiti: una ragione dunque programmaticamente finita e orgogliosa di essere tale poiché, in quell’ambito limitato, che è quello dell‘esperienza, essa potrà conoscere la verità sino in fondo.
Questo avverrà applicando la critica della ragione, attraverso cioè l’analisi, la discussione, il dibattito nei confronti di quell’esperienza che non è soltanto il complesso dei fatti fisici ma anche di quelli storici e sociali:
« Dai principi delle scienze profane ai fondamenti della rivelazione, dalla metafisica ai problemi fondamentali del gusto, dalla musica alla morale, dalle controversie scolastiche dei teologi alle questioni economiche, dal diritto naturale a quello positivo, insomma ai problemi che ci riguardano più da vicino a quelli che ci toccano soltanto direttamente, tutto fu discusso, analizzato, dibattuto. »
Compito degli intellettuali illuministi, che si autodefiniscono philosophes, deve quindi essere il coraggioso uso della ragione:
« Ma quale limitazione è d’impedimento all’illuminismo? Quale non lo è, anzi lo favorisce? Io rispondo il pubblico uso della ragione… l’uso che uno ne fa come studioso davanti all’intero pubblico di lettori. »
Questa la responsabilità dell’intellettuale di fronte alla società in cui vive: un compito pedagogico di liberazione dalla metafisica, dall’oscurantismo religioso, dalla tirannia della monarchia assoluta. Questo programma educativo secondo Jean-Jacques Rousseau significherà riportare l’uomo al suo iniziale stato di natura trasformandone la spontanea bontà della condizione naturale in una conquista consapevole e definitiva della sua razionalità. Poiché:
« Ogni cosa è buona mentre lascia le mani del Creatore delle cose; ogni cosa degenera nelle mani dell’uomo. »
La natura stessa ha dotato ogni uomo della istintiva capacità di comprendere che lo rende uguale a tutti gli altri a condizione che esso sia liberato dalla corruzione della superstizione e dell‘ignoranza.
L’uomo userà la sua ragione per procedere alla costruzione di uno Stato in cui le leggi,non più tiranniche,si fondino sul rispetto dei diritti naturali.
Rouseau nel suo “Contratto sociale” asserisce che: l’uomo è nato libero e tuttavia ovunque è in catene.
L’età dei lumi: con questa espressione, che mette in evidenza l’originalità e la caratteristica di rottura consapevole nei confronti del passato, si diffuse in Europa il nuovo movimento di pensiero degli illuministi francesi che in effetti affondava le sue radici nella cultura inglese. Voltaire, Montesquieu, Fontenelle riconoscevano infatti di essersi ispirati a quella filosofia inglese fondata sulla ragione empirica e sulla conoscenza scientifica, elementi essenziali del pensiero di Locke , di Newton e David Hume che risalivano a loro volta a quello di Francis Bacon
In questo ambiente culturale svolgono un ruolo preminente le donne, le “salonnièries” (salottiere) alle quali il nuovo ideale egualitario illuminista offriva l’opportunità di collaborare, mostrando le proprie doti intellettuali, ad un progetto radicalmente riformista non più riservato a una cultura soltanto maschile.
Emblema dell’illuminismo francese, assieme al pensiero di Voltaire, sarà la grandiosa opera dell’Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri che in 17 volumi, 11 tavole e 60.000 voci, pubblicati dal 1751 al 1772, da un consistente gruppo di intellettuali sotto la direzione di Diderot e D’Alembert, diffonderà i principi illuministici non solo in Francia ma, attraverso numerose traduzioni, in tutta Europa.
L’Enciclopedia si propone di eliminare dal sapere sino allora acquisito ogni connotazione non provata razionalmente e quindi ordinare con un criterio alfabetico le nostre conoscenze.
La conoscenza fondata sulle potenzialità interiori della stessa ragione si svolge nel campo del finito e del limitato secondo l’insegnamento di Locke. Occorrerà fornire quindi la ragione di un metodo oggettivo rappresentato dall’analisi matematica che faccia affidamento più all‘aritmetica che alla geometria poiché quest’ultima, come si è visto in Cartesio, può portare a elaborazioni metafisiche sganciate da ogni esperienza.
L’illuminista vuole una ricerca razionale per la conoscenza dei fatti dopo averli analizzati rifiutando ogni impostazione aprioristica e arrivando alla definizione di leggi generali solo dopo l’accurato esame dei fatti stessi.
Dall’illuminismo viene condannato in blocco il medioevo come età di fanatismo e oscurantismo religioso mettendo da parte gli aspetti positivamente culturali di quel periodo.
Per Lessing la storia, come ricerca della verità comincia solo con l‘Illuminismo, tutto ciò che l’ha preceduta è una sorta di “pre-istoria
Da questa visione della storia dove prevale la ragione naturale universale ed eterna emergono i temi politici della tolleranza, uguaglianza e libertà intesi come valori politici naturali ed universali.
Tipico del pensiero illuminista è il rifiuto di ogni religione rivelata e in particolare del Cristianesimo, ritenuto origine degli errori e della superstizione. Da qui la scelta del deismo come religione naturale e l’identificazione della religione con la morale.
Il deismo si ritrova nella maggior parte dei pensatori illuministi i quali, attraverso argomentazioni scientifiche, cercano di dimostrare l’esistenza di un Dio all’origine dell’universo. . La meravigliosa macchina del cosmo fa infatti pensare che debba esserci come causa efficiente, non causa finale, un “eterno geometra”:
« Quando mi rendo conto dell’ordine, della prodigiosa abilità delle leggi meccaniche e geometriche che governano l’universo, dei mezzi e dei fini innumerevoli di tutte le cose, sono preso dall’ammirazione e dal rispetto…Io ammetto così quest’intelligenza suprema senza temere che mi si possa far cambiare opinione…Ma dov’è quest’eterno geometra? Esiste in qualche luogo oppure dovunque, senza occupare uno spazio? Non ne so nulla. »
Un Dio quindi che non interverrà più nella creazione dell’universo che egli «lascia andare come va» e che non interferisce nella storia dell’uomo che alla fine non sarà né condannato né premiato per le sue azioni.
La guida dell’uomo nella sua condotta morale diviene una religiosità laica, trasformazione della religione in morale naturale i cui precetti sono uguali per tutti gli uomini:
« Per religione naturale si devono intendere i principi morali comuni a tutto il genere umano. »
« I doveri a cui siamo tutti tenuti nei confronti dei nostri simili appartengono essenzialmente ed unicamente al dominio della ragione, e pertanto sono uniformi presso tutti i popoli. La conoscenza di questi doveri costituisce ciò che si chiama morale e rappresenta uno degli oggetti più importanti a cui la ragione possa riferirsi … »
Lo stesso valore di tolleranza non esclude che si possa professare la fede in una religione rivelata: questo però sarà consentito solo nell’ambito della morale privata e non in quello della morale pubblica.
– Quindi scienza e fede non sono incompatibili,
– alcune persone dicono di non credere per natura e si ostinano a pensare questo
– tuttavia a queste persone devo dire che la fede nasce dalla stessa scienza ed anche e soprattutto dai limiti della scienza,non è obbligatorio che la fede sia una cosa innata
– se una persona si ostina ad essere atea senza capire che la FEDE nasce per capire e superare i limiti della scienza,vuol dire che questa persona NON sa ragionare,è un cieco nel buio,non è un Homo sapiens ma un figlio dei lupi,perchè non sa usare la sua ragione per comprendere che i limiti dell’immanente possono e devono essere superati proprio con la FEDE, perchè da soli non si spiegano.
– e allora come può essere classificata una persona che continua ostinatamente ad andare contro la scienza e contro la ragione?
– un idiota assoluto!
– faccio presente che anche l’ateo tuttavia fa ogni giorno un atto di fede,pur non rendendosene conto, quando CREDE, come CREDE nella scienza e nel futuro (che tuttavia ancora non esiste)
Fa un atto di fede perchè il primo attributo della scienza è “essere contingente,la scienza non ha valore assoluto e quindi credere che essa possa mantenersi così com’è istante dopo istante,anno dopo anno … per sempre è pura illusione,le leggi del contingente potrebbero anche cambiare all’improvviso,quindi come si può ben capire,anche l’ateo fa continuamente nella sua vita,della sua esistenza un ATTO DI FEDE.
EINSTEIN
Sebbene i contributi principali di Einstein siano relativi alla fisica, è indubbio che egli nutrisse un sincero interesse per la filosofia: nella sua vita studiò scritti di carattere filosofico fin dagli anni del liceo (da quando per la prima volta lesse un libro di Kant). Tuttavia egli non si considerò mai un filosofo nel senso stretto del termine: il suo, più che un sistema filosofico, venne definito da Reichenbach un «atteggiamento filosofico».
Come pensatore e filosofo, era mosso da una profonda ammirazione per i sistemi di Spinoza e Schopenhauer. Del primo era particolarmente affascinato dalla concezione olistica, cioè dall’idea del cosmo come di un tutto ordinato secondo le leggi di un’entità impersonale, mentre del secondo condivideva la visione disincantata dell’umanità. Nell’ambito della filosofia della scienza, egli affermò l’importanza nei suoi studi dell’opera di David Hume e dell’epistemologia di Ernst Mach, da cui tuttavia si distaccò nella maturità. Smentì invece una sua presunta adesione al positivismo:
« Io non sono positivista. Il positivismo stabilisce che quanto non può essere osservato non esiste. Questa concezione è scientificamente insostenibile, perché è impossibile fare affermazioni valide su ciò che uno “può” o “non può” osservare. Uno dovrebbe dire: “Solo ciò che noi osserviamo esiste”: il che è ovviamente falso. »
(Brian, Einstein a life, 1996)
La sua fiducia nell’intelligibilità dell’universo lo portò ad una concezione rigorosamente deterministica, convincendolo che «Dio non gioca ai dadi» in opposizione ai risultati intrinsecamente probabilistici della meccanica quantistica, cui diede comunque indirettamente importanti contributi.
Il socialismo di Einstein
Nell’articolo del 1949 Perché il socialismo?, Albert Einstein descrisse il disordine economico della società capitalistica moderna come fonte di un male da superare. Egli era contrario ai regimi totalitari dell’Unione Sovietica e di altri paesi, ma era favorevole a un socialismo democratico che combinasse un’economia pianificata con un profondo rispetto per i diritti umani. Difatti per Einstein il vero scopo del socialismo era precisamente di superare e andare al di là della “fase predatoria dello sviluppo umano” per anticipare un modello di società nuovo che conciliasse il benessere del singolo individuo con quello della comunità intera.
Religione
– Benché di famiglia ebraica, Einstein non credeva negli aspetti strettamente religiosi dell’ebraismo
– Einstein in età adulta rifiutava nel complesso l’idea di un Dio personale (ritenendola una forma di antropomorfismo) tipica della concezione ebraico-cristiana, come testimonia una lettera personale nel 1954, dove scriveva:
« Io non credo in un Dio personale e non ho mai negato questo fatto, anzi, ho sempre espresso le mie convinzioni chiaramente. Se qualcosa in me può essere chiamato religioso è la mia sconfinata ammirazione per la struttura del mondo che la scienza ha fin qui potuto rivelare. »
E ancora, sulla morte:
« Non riesco a concepire un Dio che premi e castighi le sue creature o che sia dotato di una volontà simile alla nostra. E neppure riesco né voglio concepire un individuo che sopravviva alla propria morte fisica; lasciamo ai deboli di spirito, animati dal timore o da un assurdo egocentrismo, il conforto di simili pensieri. Sono appagato dal mistero dell’eternità della vita e dal barlume della meravigliosa struttura del mondo esistente, insieme al tentativo ostinato di comprendere una parte, sia pur minuscola, della Ragione che si manifesta nella Natura. »
In una sua lettera manoscritta datata 3 gennaio 1954 (quindici mesi prima della morte) indirizzata al filosofo Eric Gutkind, che gli aveva inviato una copia di un suo libro sulla Bibbia, Einstein ribadisce ancora le sue concezioni scrivendo:
« …Per me, la parola Dio non è niente di più che un’espressione e un prodotto dell’umana debolezza, e la Bibbia è una collezione di onorevoli ma primitive leggende, che a dire il vero sono piuttosto infantili. Nessuna interpretazione, non importa quanto sottile, può farmi cambiare idea su questo. Per me la religione ebraica, come tutte le altre, è un’incarnazione delle superstizioni più puerili… »
Era affascinato dal panteismo di Spinoza («Io credo nel Dio di Spinoza che si rivela nella ordinaria armonia di ciò che esiste, non in un Dio che si preoccupa del fato e delle azioni degli esseri umani»), ma rifiutava l’etichetta di panteista. Una volta in risposta alla domanda: «Lei crede nel Dio di Spinoza?», Einstein rispose così:
« Non posso rispondere con un semplice sì o no. Io non sono ateo e non penso di potermi chiamare panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino piccolo che entra in una vasta biblioteca riempita di libri scritti in molte lingue diverse. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri. Egli non conosce come. Il bambino sospetta che debba esserci un ordine misterioso nella sistemazione di quei libri, ma non conosce quale sia. Questo mi sembra essere il comportamento dell’essere umano più intelligente nei confronti di Dio. Noi vediamo un universo meravigliosamente ordinato che rispetta leggi precise, che possiamo però comprendere solo in modo oscuro. I nostri limitati pensieri non possono afferrare la forza misteriosa che muove le costellazioni. Mi affascina il panteismo di Spinoza, ma ammiro ben di più il suo contributo al pensiero moderno, perché egli è il primo filosofo che tratta il corpo e l’anima come un’unità e non come due cose separate »
(Brian, Einstein a life, 1996, p. 127)
Nel complesso Einstein aveva una personale fede religiosa, il cui carattere è ancora oggetto di discussione tra gli studiosi, incentrata sull’idea che l’universo fosse determinato da leggi che il pensiero umano potesse scoprire e comprendere. In questo senso la sua era una fede perché lui stesso riconosceva che non c’erano leggi scientifiche che giustificassero che tutto l’universo fosse, a priori, governato e comprensibile da leggi scientifiche.
Fu accusato di ateismo dal vescovo di Boston O’Connell, che lo accusò altresì di corrompere la morale attraverso queste sue idee, e di questo Einstein soffrì molto. In realtà Einstein non aveva nemmeno una grande opinione dell’ateismo militante:
« Gli atei fanatici sono come schiavi che ancora sentono il peso delle catene dalle quali si sono liberati dopo una lunga lotta. Sono creature che – nel loro rancore contro le religioni tradizionali come “oppio delle masse” – non possono sentire la musica delle sfere. »
E ancora:
« Trovi sorprendente che io pensi alla comprensibilità del mondo (nella misura in cui ci sia lecito parlarne) come a un miracolo o a un eterno mistero. A priori, tutto sommato, ci si potrebbe aspettare un mondo caotico del tutto inafferrabile da parte del pensiero. Ci si potrebbe (forse addirittura si dovrebbe) attendere che il mondo si manifesti come soggetto alle leggi solo a condizione che noi operiamo un intervento ordinatore. Questo tipo di ordinamento sarebbe simile all’ordine alfabetico delle parole di una lingua. Al contrario, il tipo d’ordine che, per esempio, è stato creato dalla teoria della gravitazione di Newton è di carattere completamente diverso: anche se gli assiomi della teoria sono posti dall’uomo, il successo di una tale impresa presuppone un alto grado d’ordine nel mondo oggettivo, che non era affatto giustificato prevedere a priori. È qui che compare il sentimento del “miracoloso“, che cresce sempre più con lo sviluppo della nostra conoscenza. E qui sta il punto debole dei positivisti e degli atei di professione, che si sentono paghi per la coscienza di avere con successo non solo liberato il mondo da Dio, ma persino di averlo privato dei miracoli. La cosa curiosa, certo, è che dobbiamo accontentarci di riconoscere il “miracolo”, senza poter individuare una via legittima per andar oltre. Capisco che devo ben esplicitare quest’ultima considerazione in modo che non ti venga in mente che, indebolito dall’età, io sia divenuto vittima dei preti. »
Nel complesso la sua posizione su Dio è stata largamente strumentalizzata dagli opposti partiti della disputa teismo/ateismo: ma è certo che Einstein rifuggisse da qualunque facile definizione. Senz’altro espresse rispetto per i valori religiosi adottati dalle tradizioni ebraiche e cristiane, pur non condividendone la concezione del divino. Sebbene ebreo, Einstein ammirava molto la figura storica di Gesù:
– Fino a che punto è influenzato dalla cristianità?
– Da bambino ho ricevuto un’istruzione sia sul Talmud che sulla Bibbia. Sono un ebreo, ma sono affascinato dalla figura luminosa del Nazareno».
– Ha mai letto il libro di Emil Ludwig su Gesù?
– Il libro di Ludwig è superficiale. Gesù è una figura troppo imponente per la penna di un fraseggiatore, per quanto capace. Nessun uomo può disporre della cristianità con un bon mot.
– Accetta il Gesù storico?
– Senza dubbio! Nessuno può leggere i Vangeli senza sentire la presenza attuale di Gesù. La sua personalità pulsa a ogni parola. Nessun mito può mai essere riempito di una tale vita.
Riguardo alla relazione tra scienza e religione egli nel 1950 in Out of My Later Years, scrive: «La scienza senza la religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca».
E ancora: «La scienza, contrariamente a un’opinione diffusa, non elimina Dio. La fisica deve proporsi non solo di sapere com’è la natura, ma anche di sapere perché la natura è così e non in un’altra maniera, con l’intento di arrivare a capire se Dio avesse davanti a sé altre scelte quando creò il mondo».
Circa la Chiesa Cattolica durante la seconda guerra mondiale, ad Einstein è stata attribuita questa posizione riportata a pagina 38 del numero del Time del dicembre 1940:
« Essendo amante della libertà, quando avvenne la rivoluzione in Germania, guardai con fiducia alle università… Ma le università vennero zittite. Allora guardai ai grandi editori dei quotidiani… Ma anche loro vennero ridotti al silenzio, soffocati nell’arco di poche settimane. Solo la Chiesa rimase ferma in piedi a sbarrare la strada alle campagne di Hitler per sopprimere la verità. Prima io non ho mai provato nessun interesse particolare per la Chiesa, ma ora provo nei suoi confronti grande affetto e ammirazione, perché la Chiesa da sola ha avuto il coraggio e l’ostinazione per sostenere la verità intellettuale e la libertà morale… »
Einstein sapeva dell’articolo del Time Magazine in cui era citata la sua affermazione e sulla quale alcuni chiedevano maggiori dettagli, ma non scrisse mai alla rivista per farla rettificare, anzi c’è una sua lettera del 1943, autenticata dall’esperta Catherine Williamson, in cui lui stesso dice che l’affermazione riportata dal Time Magazine è riconducibile ad una sua dichiarazione, anche se lui era stato un po’ più moderato. In una lettera successiva rifiuta tuttavia la paternità di questa frase, sostenendo che la sua dichiarazione fu travisata e modificata a tal punto da non poterla più riconoscere come sua. Inoltre specifica che la citazione non riflette il suo pensiero generale riguardo alla chiesa.
Il diplomatico e studioso ebreo Pinchas Lapide riporta nei suoi testi un’altra versione della frase pubblicata sul Time, comunque molto simile:
« Solo la Chiesa cattolica protestò contro l’attacco furioso di Hitler contro la libertà. Fino ad allora io non ero stato interessato alla Chiesa ma oggi io sento grande ammirazione per la Chiesa, che, sola, ebbe il coraggio di combattere per la verità spirituale e la libertà morale. »
La posizione di Einstein verso la religione ammette sì una ‘attitudine religiosa‘ dinanzi al mistero e alla bellezza della natura, un’attitudine che però non ha nulla a che vedere con la teologia cristiana. Einstein rifiuta espressamente la concezione di un Dio personale come si ricava senza ambiguità da questo brano tratto da Il Mondo come io lo vedo: “Fu l’esperienza del mistero – seppure mista alla paura – che generò la religione.
Sapere dell’esistenza di qualcosa che non possiamo penetrare, sapere della manifestazione della ragione più profonda e della più radiosa bellezza, accessibili alla nostra ragione solo nelle loro forme più elementari – questo sapere e questa emozione costituiscono la vera attitudine religiosa; in questo senso, e solo in questo, sono un uomo profondamente religioso. Non posso concepire un Dio che premia e punisce le sue creature, o che possiede una volontà del tipo che noi riconosciamo in noi stessi.
Un individuo che sopravvivesse alla propria morte fisica è totalmente lontano dalla mia comprensione, né vorrei che fosse altrimenti; tali nozioni valgono per le paure o per l’assurdo egoismo di anime deboli. A me basta il mistero dell’eternità della vita e la vaga idea della meravigliosa struttura della realtà, insieme allo sforzo individuale per comprendere un frammento, anche il più piccino, della ragione che si manifesta nella natura”.
Piccola nota: Einstein non è morto suicida (come qualcuno vorrebbe far credre) ma semplicemente per la rottura di un aneurisma addominale.
PERCHE’ ABBIAMO UN’ANIMA
L’Uomo,la creatura più alta uscita dalle mani del Creatore. L’Uomo è davvero un essere prodigioso. Non riusciremo mai a conoscerlo fino in fondo,non ce la faremo mai a sopprimere il suo mistero. Anche la struttura corporea è talmente complessa che, per quanti progressi scientifici siano stati fatti,essa offre ancora un campo di ricerca inesauribile a chi voglia saperne qualcosa di più.
Lo stesso vale per i comportamenti psicologici dell’uomo: chi è mai in grado di sondarne i meandri? Si possono forse trovare alcune leggi generali di comportamento,ma siamo in ogni caso sempre davanti all’imprevisto,sempre costretti ad interrogarci su molti comportamenti inattesi.
E che dire della spiritualità dell’anima? Essa è per sua definizione inoggettivabile,è essa stessa quella coscienza riflessa che si ripiega perfettamente su di sè (reditio completa in semetipsum),senza poter mai diventare oggetto per il soggetto che s’interroga su di sè.
Ogni singolo individuo,in quanto “persona”,si qualifica per la propria singolarità,pur stando in una rete insuperabile e inestricabile di relazioni con gli altri.
Ogni teoria riduzionista,tanto di matrice spiritualistica quanto d’ispirazione materialistica,non riesce a dare ragione della complessità variamente stratificata dell’essere umano,portatore di valori cognitivi ed etici tutti riconducibili alla dignità della persona umana.
La riflessione intorno al corpo e all’anima non solo ha attraversato la storia del pensiero,ma continua ad affascinare ed interrogare il presente.
Non si può accettare che il pensiero sia il prodotto delle sinapsi neuronali.
Da quando è nata una filosofia della mente propriamente detta,diciamo dalla metà del secolo scorso,con le opere di Wittgenstein,Russel,Ryle e Sellars,la disciplina si è concentrata in gran parte sulla demolizione dei residui del dualismo cartesiano, che postula l’esistenza di due sostanze distinte, la mente e il corpo.
La disciplina si è così avviata sulla strada del naturalismo e del fisicalismo,secondo cui la scienza empirica è l’unica fonte di conoscenza autentica e ciò che sappiamo del mondo ci fa propendere per la tesi che” tutto ciò che esiste è solo ciò che è descritto dalla fisica.”
Ma i problemi diventano insormontabili quando ci si confronta con i fenomeni mentali, ovvero con ” il modo in cui opera la nostra mente,consciamente e inconsciamente,in maniera libera,nella percezione,nell’azione e nel pensiero,nelle sensazioni,nelle emozioni,nella riflessione e nella memoria e in tutti gli altri suoi aspetti”
In particolare l’intenzionalità e la coscienza sembrano aspetti della vita mentale ancora refrattari a qualsiasi spiegazione soddisfacente.
Come fanno i nostri stati mentali a riferirsi a oggetti lontani o a contenuti concettuali complessi?
Possiamo dire che il DUALISMO non è ancora davvero confutato.
Forse quello del rapporto mente-corpo è un mistero destinato a rimanere senza soluzione?
Cercare di capire cosa sia e come nasca uno stato di coscienza e quale sia il suo rapporto con il cervello,è uno dei problemi che da lungo tempo assilla la riflessione filosofica.
Le posizioni che si sono contrapposte sulla natura della coscienza e del cervello e sul loro rapporto sono tre:
1) il dualismo ontologico,secondo cui esistono una sostanza spirituale e una sostanza materiale
2) il monismo materialista ,secondo cui esiste solo la materia
3) il monismo spiritualista,secondo cui esiste solo lo spirito,
DUALISMO
Il DUALISMO,i cui principali rappresentanti classici sono Platone,Descartes,Geulincx,Malebranche,annovera tra i suoi sostenitori odierni K.R.Popper e J.C.Eccles ,E.W. Averill e B.Keating, R.Swinburne, J. Foster, D.J. Chalmers, U. Meixner.
I problemi irrisolti del dualismo sono due.
1) il primo è l’impossibilità di spiegare l’interazione tra lo spirituale e il fisico. Un fenomeno non fisico,infatti,non può essere causa di un fenomeno fisico,perchè il mondo fisico è chiuso dal punto di vista causale: nessun fenomeno fisico può avere una causa che non sia essa stessa fisica. Se così non fosse,verrebbe violato il principio fondamentale della fisica,quello della conservazione dell’energia,secondo il quale ogni attivazione di un moto o mutamento di un corpo costa energia e l’energia può essere solo trasferita,non creata nè annullata.
– Descartes
R.Descartes ipotizzò la ghiandola pineale come un luogo dove coscienza e cervello interagiscono. Ovviamente va da sè che questa è un’ipotesi bizzarra e fantasiosa, la pineale fa ben altre cose….
– Gassendi
Ma ho fatto l’esempio citato per dire che contro questa ipotesi fu obiettato da Gassendi che vi è l’impossibilità che una res cogitans che è immateriale possa interagire o unirsi con una res extensa che è fatta di materia e che ha comunque una estensione.
– Geulincs e Malebranche
una spiegazione ad hoc sembra l’occasionalismo di A. Geulincx e N. Malebranche,che tenta di evitare il problema dell’interazione ipotizzando che Dio produca uno stato mentale in occasione di un certo stato fisico e uno stato fisico in occasione di un certo stato mentale,per cui non c’è alcun rapporto di casualità tra mentale e fisico,ma è Dio la vera causa di tutto.
– Eccles
un altro tentativo di superare il problema dell’interazione tra fisico e mentale concepite come due sostanze diverse è stato quello di Eccles,con la sua ipotesi che la mente è analoga a un campo probabilistico e produce cambiamenti di probabilità in alcuni processi cerebrali. Ma questa ipotesi non spiega come qualcosa di non fisico,la mente,possa cambiare la probabilità che avvenga qualcosa di fisico e inoltre,non spiega come possa una mente probabilistica possedere un’intenzionalità.
– Averill e Keating
essi cercano si superare il problema dell’interazione sostenendo che la legge di conservazione dell’energia non è violata,perchè il mentale ridistribuisce l’energia esistente senza modificarne la quantità totale,ma non viene chiarito come ciò possa avvenire,come il mentale possa operare sul fisico,agire sul fisico,producendo questa redistribuzione.
– Chalmers
ha proposto un’altra soluzione ipotizzando che la coscienza nasca da proprietà fondamentali e irriducibili,che sottostanno anche alla realtà fisica.Ma allora si dovrebbe ammettere che ogni cosa sia dotata di una anche pur minima capacità di coscienza.
2) Il secondo problema del dualismo è quello della precedenza dell’attivazione neurale,evidenziato dai famosi esperimenti di B. Libet. L’attivazione di gruppi neurali che precede una specifica azione determina un potenziale di preparazione ,che si può misurare con elettrodi posti sul cranio. Negli esperimenti di Libet i soggetti compiono quando vogliono un movimento e con l’uso di uno schermo in cui un punto si muove circolarmente, individuano il punto temporale preciso in cui sorge in loro la decisione di compiere quel movimento. Libet ha scoperto che questa decisione compare alla coscienza dopo 350 m/sec. circa dalla comparsa del potenziale di preparazione,cioè dopo un’attivazione neurale già avvenuta.
Il problema del dualismo è di spiegare perchè lo stato mentale (intenzione di compiere il movimento) non precede lo stato fisico (gruppi neuronali attivati).
QUESTA PROVA E’ chiaramente ERRATA,perchè non può necessariamente corrisponde al vero,in quanto nessuna azione può precedere il pensiero di farla.
MONISMO
# Monismo panteistico
Nell’ambito del Monismo,una posizione particolare è il monismo panteistico di B. Spinoza, secondo cui esiste un’unica sostanza divina,di cui la res cogitans e la res extensa sono due attributi o proprietà.
Ma anche questa posizione presenta un problema irrisolto: se le proprietà della coscienza sono diverse da quelle del cervello,dato che uno stato di coscienza non ha estensione ed è percepibile solo all’interno,mentre uno stato cerebrale ha estensione ed è percepibile all’esterno,coscienza e cervello non possono essere la stessa sostanza,perchè,in ossequio alla legge di Leibniz dell’identità degli indiscernibili,una sostanza identica deve avere proprietà identiche.
# monismo spiritualista e idealista
l’altra posizione monista è il monismo spiritualista e idealista (G. Berkeley, F.W.J. Schelling, G.W.F. Hegel, B. Croce, G. Gentile).
– secondo Berkeley essere è essere percepito e l’unica sostanza esistente è quella spirituale.
I problemi irrisolti del monismo spiritualista sono tre.
1) il primo è quello classico,evidenziato da J.F. Herbart,che l’essere dev’essere distinto dalla conoscenza dell’essere. Ciò che viene conosciuto non è l’essere,ma un’idea,una rappresentazione dell’essere e dal fatto che io conosco idee dell’essere non consegue che io sono l’essere, cioè che l’essere è solo il soggetto.
2) Il secondo problema è quello di non poter spiegare se un certo oggetto esiste solo come contenuto di una rappresentazione,come è nata la rappresentazione di quel certo oggetto. Se non c’è una realtà esterna e fisica che ha generato le rappresentazioni mentali,deve inevitabilmente ammettersi che tutte le rappresentazioni sono innate o sono già dentro la mente il che è chiaramente falso e confutato dalle esperienze e dai comportamenti quotidiani dei neonati e dei bambini.
3) Il terzo problema dell’idealismo è che,negando l’esistenza di una realtà materiale e fisica,deve affermare che le leggi scoperte dalla fisica,che non può negare,descrivono una realtà che non è fisica,ma spirituale. Gli idealisti devono ammettere ,cioè, che all’interno dello spirito all’evento o stato A segue sempre B,all’evento o stato B segue sempre C,ecc. Ma non si capisce come possano farlo se negano, tutti,questo carattere di necessità alla vita spirituale,sostenendo che lo spirito è libero.
E d’altra parte,se si ammettesse uno spirito che ha certe proprietà e uno che ne ha altre,si uscirebbe dal monismo.
# Il monismo materialista
che risale a Democrito,è sostenuto da Epicuro, T. Hobbes, J.O. de la Mettrie, C.A. Helvetius, P.H.T. d’Olbach, D.Diderot.
I filosofi monisti contemporanei non sono più propriamente materialisti,ma fisicalisti ( tra di essi U.T.Place, H.Feigl, J.J.C.Smart, D.Lewis, D.M.Armstrong, J.R.Searle).
Fisicalismo
Il fisicalismo afferma che esistono soltanto le entità postulate dalla fisica,che l’universo è costituito ontologicamente solo da tali entità.
Due sono i problemi irrisolti dal monismo materialista e fisicalista.
1) Il primo è quello dei cosiddetti qualia, cioè “l’effetto che fanno” alcuni stati di coscienza, ad esempio la percezione di una parete gialla,o dell’odore di foglie di menta,o del gusto del succo di limone,la sensazione della sete ecc.
Gli stati di coscienza hanno una qualità che gli stati cerebrali non hanno. Un determinato stato cerebrale presente nel momento in cui si ha uno stato di coscienza,o correlato neurale della coscienza,è un insieme di neuroni eccitati e di sinapsi attive,un insieme di caratteristiche fisiche ,elettriche,biochimiche e neurofisiologiche molto complesse del cervello nella sua interezza. Come questo correlato neurale possa dare di per sè un ” quale” è un mistero.
Per il fisicalista,infatti,anche i qualia devono essere stati fisici. E ognuno di essi deve coincidere con una determinata configurazione del cervello,con uno stato cerebrale.
Ma è proprio questa coincidenza tra fisicità cerebrale e qualità percepita nella coscienza che non esiste,che nessuno scienziato ha mai dimostrato,neanche lontanamente.
Supponiamo di costruire un computer estremamente complesso,come una rete neurale naturale,ogni elemento ha la forma di un neurone,supponiamo che il numero degli elementi sia simile a quello del cervello umano,100 miliardi.
Se un simile computer venisse messo in funzione,potrebbe assolvere a molte funzioni,ma non avrebbe mai degli stati di coscienza, neanche se potesse costruirsi non con silicio,ma con materiale biologico.
Tra uno stato fisico cerebrale e uno stato di coscienza c’è una differenza che il fisicalista non può spiegare.
Il funzionamento di qualsiasi oggetto complesso come un computer o un cervello,consiste nell’azione coordinata delle sue parti,che lavorando insieme producono un effetto di qualche tipo.
Ma laddove l’effetto da spiegare è un pensiero o uno stato do coscienza,quale funzione sarà assegnata alle parti individuali,siano esse transistor o neuroni?
Ma possiamo anche ipotizzare che lo stato d’esperienza che abbiamo in un certo momento sia frazionato in modo tale che qualche sua piccola parte sia rappresentata in ciascuna delle molte e diverse parti del cervello. In altre parole,ammettiamo che ogni esperienza che abbiamo sia divisa anche fra i tanti neuroni interessati a produrre quello stato di esperienza; ma realizzato ciò,avremo ancora la domanda: chi o che cosa è consapevole dello stato cosciente come di un tutto?
In altre parole se una nostra attività è svolta e suddivisa fra tanti neuroni,chi ci può dare la coscienza di tutto ciò come di un tutto?
Perchè è un fatto che si è consapevoli del proprio stato cosciente,in ogni momento,come di un dato unitario.
Sorge dunque un interrogativo per il materialista: “quando sono consapevole di uno stato cosciente complesso,quale entità fisica è consapevole di quello stato?”
Questa domanda a mio parere ,non può e non potrà mai avere una risposta accettabile.
Sembra invece che l’entità cosciente,la cosa che in effetti è consapevole dei nostri stati di pensiero e di sensazione,sia e debba essere,qualcosa di diverso da qualunque parte del corpo.
Per spiegare l’esperienza cosciente abbiamo bisogno di un ingrediente supplementare al momento sconosciuto.
Le proposte sono tante e a volte veramente bizzarre: una dinamica non lineare, processi non algoritmici, meccanica quantistica ecc.
2) Soggettività
l’altro problema irrisolto dal monismo fisicalista è quello della soggettività. Ogni stato di coscienza è soggettivo, è di un soggetto. Se ammettessimo che questa entità è anch’essa fisica,cadremmo nella contraddizione in cui lo stato di coscienza è uno stato fisico.
Nell’ambito del fisicalismo si colloca anche il funzionalismo, di H.Putnam, secondo cui uno stato mentale è un software realizzato fisicamente in un hardware cerebrale,così che c’è solo una trasmissione di energia fisica.
Ma anche il funzionalismo presenta due problemi irrisolti.
1) il primo è che i singoli elementi che uno stato mentale,per essere tale,metterebbe in relazione sono già a loro volta degli stati mentali: un input sensoriale è già uno stato di coscienza con la sua qualità e così una credenza o un desiderio.
2) il secondo problema del funzionalismo,evidenziato da N.Block, è che,se uno stato mentale è scomponibile in parti che sono funzioni,nessuna delle quali singolarmente ha le caratteristiche dei qualia, non si spiega come dalla somma di tali funzioni si producano i qualia.
Intenzionalismo
Un’altra teoria proposta è l’intenzionalismo ( M.Tye, T. Crane).
Secondo l’intenzionalismo,gli stati mentali sono stati intenzionali, cioè sono sempre rivolti verso qualcosa,verso un determinato oggetto e non esiste uno stato mentale che non abbia un oggetto.
Gli stati mentali sono diversi fra loro,perchè diversi sono gli oggetti intenzionali.
Anche l’intenzionalismo presenta un problema irrisolto,che nasce dal chiedersi come un oggetto,esistente o non esistente nella realtà esterna,giunga a far parte di uno stato mentale.
Vi può giungere solo attraverso l’attivazione di un processo psicologico.
Ma se il processo che si attiva fosse quello percettivo si cadrebbe in una spiegazione tautologica: la percezione si spiega con la percezione.
Tautologia è una affermazione vera per definizione.
# Se il processo che si attiva implicasse il coinvolgimento della memoria e/o dell’immaginazione,cioè se i qualia provenissero dall‘introspezione e dalla rappresentazione,capacità acquisite,si dovrebbe ammettere non solo che le primissime sensazioni non hanno qualia, ma anche che molti animali, non avendo capacità introspettive e riflessive,non possiedono stati di coscienza ,mentre,a parte i comportamenti che fanno pensare che l’animale abbia la coscienza di un oggetto che improvvisamente non vede più come esistente nel posto dove lo aveva visto l’ultima volta,o si rappresenti coscientemente una persona che è uscita da una porta come presente dietro la porta,ci sono due dati sperimentali che dimostrano il contrario:
1) se si registra l’EEG di un uomo e di un animale nel passaggio dallo stato di sonno a quello di veglia,si vede in entrambi i casi la scomparsa delle onde theta e delta e la comparsa delle onde alfa; non si capirebbe perchè lo stesso tipo di attività sincronizzata dei neuroni,nell’uomo sia collegato a uno stato di coscienza e nell’animale no.
2) sia nell’uomo che negli animali nel passaggio dal sonno alla veglia aumenta l’attività dei neuroni noradrenergici del locus coeruleus del ponte e dei neuroni serotoninergici dei nuclei del rafe del tronco cerebrale; entrambi i gruppi di neuroni inviano segnali al talamo,all’ipotalamo,all’ippocampo e ad ampie aree della corteccia cerebrale; non si capirebbe perchè lo stesso tipo di attività neuronale sia collegato ad uno stato di coscienza nell’uomo e non lo sia nell’animale.
Rappresentazionalismo
Un’ulteriore teoria è il rappresentazionalismo proposto da F.Dretscke, secondo cui gli stati mentali e i qualia sono proprietà rappresentate dell’esperienza di un fatto da un sistema percettivo che ha capacità discriminatorie e le cui informazioni sono immediatamente presenti nella coscienza.
Ma dire che gli stati mentali sono proprietà rappresentate presuppone un processo rappresentativo complesso, una capacità che non sembra presente in alcuni animali che pure,come abbiamo visto,devono avere stati coscienti.
Inoltre,se ci fosse un processo rappresentativo che produce il quale x, un processo rappresentativo che produce il quale y,e così via,le rappresentazioni precederebbero le sensazioni; ma filogeneticamente ed evolutivamente è proprio il contrario.
Emergentismo
Ed infine,tra le teorie avanzate per spiegare il rapporto tra coscienza e cervello,c’è l’emergentismo ( E.Morin, J.Margolis, R.W.Sperry, D.R.Hofstadter, M.Bunge, W.Hasker), secondo cui la coscienza emerge quando i componenti fisici del sistema nervoso centrale sono assemblati in un certo modo complesso.
I problemi irrisolti dell’emergentismo sono due.
1) Il primo è che non si spiega come possa da uno stato fisico ,per quanto complesso,emergere uno stato mentale con le sue caratteristiche qualitative radicalmente diverse.
Sarebbe come dire che il gusto aspro del succo di limone emerge direttamente dalla complessa configurazione chimica e fisica del succo stesso.
2) Il secondo problema dell’emergentismo è che presuppone una relazione tra livelli, ma non spiega come avviene; esso,parlando di qualcosa che emerge dall’organizzazione delle parti di un sistema,evoca una spiegazione che però non viene mai chiaramente definita.
Se presentano problemi irrisolti sia il:
– dualismo ontologico
– dualismo delle proprietà
– monismo spiritualista
– fisicalismo
– funzionalismo
– intenzionalismo
– rappresentazionalismo
– emergentismo
si dovrebbe tentare un’altra spiegazione ,perchè è chiaro che una spiegazione e una verità sul rapporto tra coscienza e cervello devono comunque esserci,anche se noi non le conosciamo o non le conosceremo.
Si potrebbe pensare che la realtà è costituita da una sola sostanza,che si manifesta a noi in modi o forme diverse,il mentale e il fisico.
Ma questa ipotesi presenterebbe due problemi.
1) Il primo è la difficoltà di capire quali caratteristiche potrebbe avere qualcosa che,essendo una sostanza,deve pur avere delle caratteristiche,ma che non sarebbero nè quelle del mondo mentale nè quelle del mondo fisico.
2) Il secondo nasce dalla considerazione che,se la sostanza unica si manifesta in modi diversi,si manifesta a qualcuno.Non si può evitare di associare un soggetto alla manifestazione della sostanza.
Se questo soggetto è ontologicamente mentale,oppure se è fisico, la teoria cade,perchè presuppone un’ontologia nè mentale nè fisica.
Se questo soggetto è ontologicamente nè mentale nè fisico , rimane da spiegare come possa avere percezioni o rappresentazioni, come possa cioè ricevere le manifestazioni della sostanza.
COSCIENZA – AUTOCOSCIENZA – CONSAPEVOLEZZA
Possiamo riportare molte definizioni,vediamone alcune:
– Il termine coscienza indica quel momento della presenza alla mente della realtà oggettiva sulla quale interviene la “consapevolezza” che le dà senso e significato, raggiungendo quello stato di “conosciuta unità” di ciò che è nell’intelletto.
Vuol dire “essere consapevole, conoscere” (composto da cum e scire, “sapere, conoscere”) e indica la consapevolezza che la persona ha di sé e dei propri contenuti mentali.
– Il primo autore a considerare una nozione di “coscienza” come luogo di riflessione e interiorità fu il filosofo neoplatonico Plotino.
– Già lo stoicismo aveva evidenziato il carattere di interiorità della coscienza che si manifesta come colloquio dell’anima con se stessa di fronte al “non senso” del mondo e delle sue realtà caduche, l’unica via che rimane al saggio è il ripiego su sé stessi che dà significato alla propria esistenza individuale.
– Nel XX secolo di pari passo con lo sviluppo della fisica moderna e delle neuroscienze sono state proposte diverse teorie sulla formazione della coscienza, nessuna delle quali ancora provata sperimentalmente; una di queste è stata elaborata dal fisico teorico Roger Penrose ed implicherebbe fenomeni connessi alla meccanica quantistica e alla teoria della relatività.
– La coscienza (Nella formulazione freudiana, in tedesco Bewusstsein) è una qualità della mente che di solito include altre qualità quali ad esempio la soggettività, la autoconsapevolezza, la conoscenza e la capacità di individuare le relazioni tra sé e il proprio ambiente circostante.
Nel linguaggio comune, si intende per coscienza la consapevolezza dell’ambiente circostante e la facoltà di interagire con esso.
L’espressione ‘livelli di coscienza’ indica che la coscienza pare variare a seconda dei diversi stati mentali (come per esempio l‘immaginazione e i sogni a occhi aperti).
In alcuni filoni di pensiero, soprattutto religiosi, la coscienza non si estingue dopo la morte ed è presente anche prima della nascita.
Molte tradizioni culturali e religiose situano la coscienza in un’anima separata dal corpo.
Per contro, molti scienziati e filosofi considerano la coscienza qualcosa di inseparabile dalle funzioni neurali del cervello.
# Le domande sull’origine e la definizione della coscienza sono alla base di importanti questioni etiche. Ad esempio:
– in che senso è possibile dire che alcuni animali sono coscienti?
– In quale momento dello sviluppo fetale inizia la coscienza?
Domande tanto più centrali in quanto coinvolgono direttamente il nostro modo di rapportarci agli altri, siano essi animali o embrioni umani
– Il Catechismo della Chiesa Cattolica sviluppa il tema sviluppando l’insegnamento della scolastica secondo cui la coscienza è un giudizio della ragione che presiede alle scelte morali
– Coscienza in ambito filosofico, si potrebbe genericamente definire come un’attività con la quale il soggetto entra in possesso, tramite l’apparato sensoriale, di un sapere immediato e irriflesso che riguarda la sua stessa, indistinta, corporea oggettività e tutto ciò che è esterno a questa.
– La psicologia ha ormai accertato che solo nel secondo anno di vita il bambino entra nella fase della autocoscienza riferendosi a sé come “io”: «è questo il primo contenuto di identità, quello di esprimere la componente riflessiva che il soggetto sviluppa su di sé e di cui la grammatica è espressione e codificazione»
– A differenza dell’autoconsapevolezza, l’autocoscienza rappresenta allora un grado più elevato di coscienza di sé ed implica un progresso dell’identità. In un senso epistemologico, essa è la comprensione personale del nucleo della propria identità. L’autocoscienza gioca un ruolo importante nel comportamento.
– Nell’ambito della coscienza la filosofia ha inteso ricondurvi non solo i dati sensoriali ma anche la complessa interiorità rappresentata dai sentimenti, le emozioni, i desideri, i prodotti del pensiero, come pure il senso di identità personale.
COSCIENZA CONCLUSIONI
Se osserviamo tutte le definizioni che ci danno i vari autori a proposito della COSCIENZA,possiamo renderci rapidamente conto che tutti danno appunto una più o meno semplice definizione di che cosa sia la coscienza,ma se guardiamo attentamente,NESSUNO ci dice esattamente DOVE RISIEDE E COME SI FORMA. Questo è l’aspetto che più di ogni altro vorrei provare ad indagare.
Adesso farò un piccolo riassunto per farti vedere come ho già detto,che si tratta sempre di DEFINIZIONI che riguardano la coscienza ma non spiegano come si forma realmente
RIASSUNTO
– Il termine coscienza indica quel momento della presenza alla mente della realtà oggettiva sulla quale interviene la “consapevolezza” che le dà senso e significato, raggiungendo quello stato di “conosciuta unità” di ciò che è nell’intelletto.
– Vuol dire “essere consapevole, conoscere” (composto da cum e scire, “sapere, conoscere”) e indica la consapevolezza che la persona ha di sé e dei propri contenuti mentali.
– la coscienza è il luogo di riflessione e interiorità,
– la coscienza si manifesta come colloquio dell’anima con se stessa,
– la coscienza è una qualità della mente
– la coscienza è la consapevolezza dell’ambiente circostante e la facoltà di interagire con esso
– la coscienza varia a seconda degli stati mentali
– la coscienza non si estingue dopo la morte ed è presente anche prima della nascita
– la coscienza sta in un’anima separata dal corpo
– la coscienza è inseparabile dalle funzioni neurali del cervello
– gli animali sono coscienti?
– In quale momento dello sviluppo fetale inizia la coscienza?
– la coscienza è una funzione psichica
– la coscienza con il suo imperativo categorico da dove nascono?
– la coscienza è un giudizio della ragione
– la voce della coscienza
– educare la coscienza
– coscienza è un’attività con la quale il soggetto attraverso i sensi entra in possesso di un sapere immediato
NESSUNO FINO AD OGGI HA SAPUTO DIMOSTRARE DA DOVE NASCA LA COSCIENZA DEL DIVERSO DA NOI, oppure la COSIENZA DI NOI STESSI, definita anche come l ‘ IO o ANIMA.
Forse passeranno ancora molti secoli, ma più probabilmente MAI, qualcuno riuscirà a dimostrarlo.
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