I blog di Alessioempoli

Data 7 dicembre 2019

IUS culturae

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IUS culturae

 

“IL CONGIUNTIVO”

 

PROPOSTA  PER GLI STRANIERI

La riforma favorirebbe l’acquisizione della cittadinanza degli stranieri “più integrati”, nati in Italia da genitori stranieri con permesso di soggiorno di lungo periodo (ius soli temperato) o residenti in Italia da prima dei 12 anni e avendo frequentato per almeno cinque anni il luogo di integrazione per eccellenza: la scuola elementare o media (ius culturae). Ma se non hanno imparato il CONGIUNTIVO ed il CONDIZIONALE, non possono acquisire la cittadinanza italiana.

 

PROPOSTA PER GLI ITALIANI

1) i ragazzi  che hanno frequentato le scuole Elementari e Medie e che non hanno imparato il CONGIUNTIVO, all’età si 18 anni non possono acquisire la cittadinanza italiana e quindi il passaporto.

2) se hai fatto l’Università e non sai il CONGIUNTIVO,devi perdere la cittadinanza italiana ed il passaporto italiano perchè sei una capra.

Ricordo brevemente che cosa siano il CONGIUNTIVO ed il CONDIZIONALE,se non li sai usare, non puoi essere considerato un ITALIANO – MAI –  al massimo puoi essere una capra.

 

Il congiuntivo è un modo di diverse lingue, comprese l’italiano e le altre lingue romanze, la cui funzione basilare è quella di indicare un evento soggettivo, irreale, non sicuro, ipotetico o non rilevante. Rispetto all’indicativo che esprime un dato di realtà che può essere provato vero o falso, il congiuntivo sottolinea invece la dimensione soggettiva, individuale:

 

– Penso che sia ubriaco.

– È possibile che sia così.

– Temo che non venga

 

I suoi tempi rispecchiano, seppure in maniera ridotta, il sistema verbale dell’indicativo. La lingua italiana ne è dunque abbastanza ricca:

 

– Congiuntivo presente (che io arrivi, che io prenda, che io senta)

– Congiuntivo imperfetto (che io arrivassi, che io prendessi, che io sentissi)

– Congiuntivo passato (che io sia arrivato/a, che io abbia preso, che io abbia sentito)

– Congiuntivo trapassato (che io fossi arrivato/a, che io avessi preso, che io avessi sentito)

Le regole della concordanza dei tempi determinano la loro scelta.

 

1) Congiuntivo nella subordinata in italiano

Normalmente, questo modo occorre nella frase o proposizione subordinata, in questi esempi introdotta dalla congiunzione che:

 

– spero che tu venga presto.

– sono contento che tu sia qui

Del resto, il congiuntivo deve il suo nome alla presenza abbastanza costante di una congiunzione. Nei due enunciati appena proposti, il congiuntivo indica rispettivamente un fatto non sicuro (venga) ed uno reale, ma visto in maniera personale, non obiettiva (tu sia qui).

Nelle subordinate concessive, il congiuntivo indica la condizione irrilevante:

 

non ti apro, malgrado tu stia davvero suonando da minuti.

 

I criteri di scelta di questo modo, rispetto all’indicativo, sono molto raffinati e cambiano a seconda del contesto e delle varietà di italiano. In quanto segue, si propone una casistica essenziale dei vari usi del congiuntivo, il cui uso può essere, di volta in volta, più o meno vincolante.

 

Gli esempi proposti si concentrano soprattutto sulla costruzione introdotta dalla principale al presente, costruita con l’uso del congiuntivo presente nella subordinata. Le analoghe costruzioni con un verbo al passato nella principale prevedono invece il congiuntivo imperfetto nella subordinata:

 

– speravo che tu venissi presto.

– ero contento che tu fossi con me.

– non ti aprivo malgrado tu stessi davvero suonando da minuti.

 

Una forma futura del congiuntivo manca in italiano come del resto nella maggior parte delle lingue, sicché il suo posto viene preso dalle forme dell’indicativo futuro o del congiuntivo presente.

 

2) Uso nelle subordinate oggettive

L’uso di determinati verbi, nel costrutto introdotto da “che”, richiede l’uso del congiuntivo. Si tratta, nel caso delle subordinate oggettive, di un insieme eterogeneo. Comprende infatti l’indicazione di un pensiero/opinione, un dubbio/timore, di una volontà, di un’opinione personale eccetera.

Ad una subordinata oggettiva del tipo so che tu sei lì, di contenuto sicuro, si oppone dunque una del tipo mi sembra che tu sia, più insicura.

 

Verbi di pensiero ed opinione

A differenza di altre lingue romanze, in italiano i verbi di opinione e pensiero quali credere, pensare, ritenere, reputare, ecc. reggono il congiuntivo nella proposizione subordinata :

 

– Penso che tutti siano ancora là.

– Credo che sia molto contento di essere stato promosso.

 

In questi casi, l’uso del congiuntivo è obbligatorio nell’italiano standard, soprattutto nel registro formale. L’uso dell’indicativo

 

– penso che tutti sono

denota una sintassi meno sorvegliata ed è quindi sconsigliabile in diversi contesti (ad esempio nella lingua scritta).

 

Dubbio, timore, irrealtà

L’uso dei verbi che denotano insicurezza, timore e dubbio come dubitare, temere e simili prevede il congiuntivo nella secondaria:

 

– Ho paura/temo che domani piova.

– Dubito che siano ancora tutti svegli.

 

Rientra in questo gruppo anche l’uso del congiuntivo per indicare una persuasione dubbia (John è convinto che Genova sia in Francia), oppure quello nei costrutti introdotti da verbi che indicano una palese irrealtà, come illudersi, fingere e simili:

 

Allora faremo finta che tutto vada bene.

 

Desiderio, volontà

Altri verbi indicano una volontà, un’aspettativa oppure un assenso e si comportano in maniera simile a quelli appena ricordati:

 

– Chiediamo che tutti partano subito.

– Vogliamo che tutti partano subito.

– Ci aspettiamo che tutti partano subito.

– Lascia che tutti partano

 

Questi sono i casi in cui l’uso del congiuntivo è caratterizzato dal maggior grado di obbligatorietà, dato che il verbo indica un’azione non ancora avvenuta, ma semplicemente attesa. Lo stesso discorso vale per i costrutti introdotti da sperare o augurare:

 

– Speriamo/Ci auguriamo che smetta di piovere.

 

Va detto, d’altro canto, che i diversi verbi che introducono l’uso del congiuntivo possono avere diverse accezioni: in virtù del significato che assumono nel contesto possono richiedere a volte l’indicativo, altre il congiuntivo:

 

– ammetto che il cane salga sul mio letto (tollero‘)

ma

– ammetto che il cane sale sul mio letto, (‘confesso‘)

 

Considerazione personale

Talvolta il congiuntivo indica fatti reali, come negli esempi qui esposti:

 

– Sono contento che, da giorni, tutto vada bene.

– Trovo un peccato che tu stia mangiando tanto.

– Capisco benissimo che essi vogliano andarsene.

– Trovo assurdo che, mentre uno lo difende, egli gli si schieri contro

 

A questo punto ci si domanderà come mai in tali costrutti non si preferisca l’indicativo, dato che si può trattare di eventi reali: in questo caso, il senso della forma verbale è quello di indicare un fatto considerato in maniera non obiettiva. Si noti come qui il verbo capire viene inteso nel senso di ‘avere comprensione per un fatto‘; usato con un’altra accezione (‘rendersi conto di qualcosa‘) lo stesso verbo richiede l’indicativo:

 

Capisco solo ora che essi vogliono andarsene.

 

Correlato all’uso del congiuntivo nelle considerazioni personali è quello delle espressioni impersonali, esposto in quanto segue.

 

Uso nelle subordinate soggettive

Il congiuntivo ricorre dopo frasi soggettive introdotte da espressioni impersonali, soprattutto formate da essere + sostantivo oppure aggettivo:

 

– È incredibile che non si paghi mai in tempo.

– È difficile che si paghi subito tutto.

– È uno scandalo che nessuno paghi subito.

– È allucinante che, mentre noi vi difendiamo, voi vi schieriate contro di noi.

 

Sono impersonali anche espressioni formate con verbi come bisognare, bastare, occorrere, valere la pena, piacere che e simili:

 

– Non devi essere un campione, mi basta che tu riesca ad arrivare in tempo.

– Mi dispiace che tu parta così presto

 

Si noti come in tutte queste espressioni impersonali, la subordinata tende a prendere le veci del soggetto, che nella principale non è definito: si tratta di proposizioni soggettive, il che spiega la mancanza della preposizione di. In questi costrutti, non ha veramente importanza che il fatto sia veramente accaduto; è invece importante esprimerlo nella frase per fare le proprie considerazioni.

 

L’uso del congiuntivo vale anche per il discorso indiretto introdotto dal pronome impersonale si:

 

– Si dice che il signor X sia stato diverse volte in prigione

 

anche se in tali costrutti, l’uso dell’indicativo potrebbe indicare l’evento come reale.

 

Uso nelle subordinate concessive

L’uso del congiuntivo può essere richiesto da un verbo nella frase principale (volere, pensare, credere, sembrare ecc.) D’altro canto, anche il tipo di congiunzione usato per formare la subordinata può essere determinante al fine della scelta tra indicativo e congiuntivo. È questo il caso ad esempio delle frasi concessive.

Se da una parte anche se regge l’indicativo,

 

– Resto a casa anche se sto benissimo

 

le congiunzioni malgrado, nonostante, benché e sebbene sono usate come sinonimi di registro più elevato e richiedono l’uso del congiuntivo:

 

– Resto a casa malgrado io stia benissimo

 

In tutti questi casi, il congiuntivo indica un fatto considerato come non rilevante. Lo stesso discorso vale per i pronomi indefiniti chiunque, dovunque, comunque, qualunque/qualsiasi usati per introdurre la frase:

 

– Comunque tu faccia e dovunque tu vada, ti aiutiamo senz’altro

 

Questi pronomi richiedono il congiuntivo oppure il futuro

 

Uso nelle subordinate comparative

Il congiuntivo si usa nella frase secondaria che indica il secondo termine di paragone quando questo è indicato dalla frase secondaria (proposizione comparativa):

 

– Il bambino dorme più tranquillamente di quanto (non) abbia pensato.

– È più intelligente di quel che sembri

 

In questo caso, l’uso dell’indicativo viene considerato come accettabile. Altrettanto facoltativo è l’uso della negazione fraseologica, un tempo considerata come obbligatoria: oggi, questo tipo di negazione viene considerato come piuttosto imprevedibile ed assai difficile da spiegare.

 

Uso nelle subordinate relative

Nella subordinata relativa, il congiuntivo indica un requisito oppure una limitazione:

 

– Possono iscriversi al secondo corso tutti coloro che abbiano concluso il primo.

– L’ingegner X è l’unico che possa sperimentare il sistema senza commettere errori.

– Cerchiamo un’attrice che abbia i capelli rossi (per farle interpretare un ruolo in un film).

 

Esiste però anche l’uso dell’indicativo; l’alternativa è in genere molto importante ai fini del significato. Riformulando all’indicativo l’ultimo degli esempi appena esposti si potrebbe formare il seguente enunciato:

 

– Cerchiamo un’attrice che ha i capelli rossi, sai, si tratta della ragazza che ieri qui parlava francese.

in questo caso l’indicativo denota un fatto reale e suggerisce quindi che si voglia quindi indicare una determinata persona.

 

L’uso del congiuntivo imperfetto nella subordinata relativa retta da una principale al presente ha valore ipotetico:

 

– Porto ancora lo zucchero per chi ne volesse

 

A differenza dell’indicativo, anche in questo caso il congiuntivo esprime un’incertezza. Nello stesso enunciato, la forma vuole indicherebbe infatti una certezza (quella che qualcuno vuole lo zucchero).

 

Naturalmente, l’incertezza può essere indicata dal condizionale, laddove un evento reale è sottoposto ad una condizione:

 

– Signora Rossi, qui all’entrata c’è un cliente che vorrebbe farle una domanda

 

Uso nelle interrogative indirette

L’uso del congiuntivo è pienamente facoltativo nelle subordinate interrogative:

 

 – Suonano: mi domando chi è

– Suonano: mi domando chi sia

– Suonano: non so se è il caso di aprire

– Suonano: non so se sia il caso di aprire

 

In questo caso, il congiuntivo denota una maggior accuratezza stilistica oppure un dubbio più forte nella domanda.

 

3) Uso nelle subordinate ipotetiche

La proposizione ipotetica è spesso introdotta da congiunzioni come qualora, caso mai, nel caso che. I costrutti ottenuti con queste congiunzioni prevedono l’uso del congiuntivo presente nel caso di una possibilità più concreta, mentre l’imperfetto sta ad indicare una possibilità più remota:

 

– Caso mai l’auto sia davvero guasta, non rinunceremo per questo alle nostre vacanze

– Nel caso che suonasse qualcuno, non aprite la porta a nessuno

 

Un discorso a parte merita l’uso del congiuntivo imperfetto nel periodo ipotetico retto dalla principale al condizionale e introdotto da se. In questo caso, il congiuntivo imperfetto ha la funzione di esprimere l’irrealtà nel presente, mentre il congiuntivo trapassato indica l’irrealtà nel passato:

 

– Se fossi ricco, non starei qui

– Se fossi nato ricco, sarei venuto via di qui

 

Altri usi e altri criteri di scelta

Si ricordano qui diversi casi in cui una congiunzione regge la subordinata con l’uso del congiuntivo. Le frasi subordinate elencate sono di varia natura e possono – il più delle volte – esser formate all’indicativo oppure al congiuntivo a seconda della congiunzione che le introduce, fermo restando il fatto che il congiuntivo indica una sorta di incertezza. Più vincolante è l’uso del congiuntivo nelle proposizioni:

 

esclusive introdotte da senza che (Arriverò senza che tu te ne accorga);

temporali introdotte da prima che (L’arrosto si potrebbe bruciare prima che tu te ne accorga), ma non da dopo che (Mi accorsi del pasticcio solo dopo che l’arrosto si era bruciato);

– proposizioni a valore restrittivo (Arriverò a condizione che/purché tu sia puntuale);

eccettuative, introdotte da a meno che, talvolta da tranne che (Andremo a fare un’escursione a meno che il tempo non faccia capricci);

consecutive introdotte da in modo che, cosicché, in maniera tale che e simili (Aggiusteremo la scala in modo che possiate scendere in tutta tranquillità), fin tanto che viene indicata un’eventualità;

finali (Andremo a fare un’escursione affinché/ perché i bambini possano divertirsi).

 

È invece più facile riscontrare l’indicativo nelle

 

causali introdotte da non perché (Laura era povera in canna, non perché fosse/era disoccupata, ma a causa dei debiti di famiglia),

limitative introdotte da per quel che, per quanto e simili ( per quel che io ne sappia/so, non è venuto nessuno).

 

Anche l’ordine della frase può interferire nella scelta di modo, dato che la frase subordinata anteposta può essere formata al congiuntivo con una certa facilità, ma non è detto il contrario:

 

 – Che tu sia intelligente, lo sappiamo

– Sappiamo che sei intelligente

 

La presenza della negazione nella frase principale può, in alcuni casi, interagire con la scelta tra indicativo e congiuntivo, laddove resta comunque il fatto che quest’ultimo ha la funzione di segnalare un fatto come non sicuro:

 

– Dico che la tua soluzione mi sta davvero bene.

– Non dico che la tua soluzione mi stia davvero bene.

– È che non ti capisco più.

– Non è che non ti capisca più.

– Tua madre sa se Stefano è a casa.

– Tua madre non sa se Stefano è/sia a casa.

– Tutto ciò significa che il pianeta è come dici tu.

– Tutto ciò non significa che il pianeta sia come dici tu.

 

Non si tratta di un fenomeno frequente in italiano, mentre ai fini della selezione tra congiuntivo e indicativo il ruolo sintattico della negazione nella principale ha importanza fondamentale in altre lingue romanze come il francese e lo spagnolo.

 

Omissione di “che”

Nella subordinata al congiuntivo non è raro incontrare dei casi in cui la congiunzione che venga omessa.

 

– Immagino (che) sia tutto ormai a posto

 

L’omissione non è possibile in tutti i contesti, ma dipende dal verbo della frase principale. I verbi che indicano un’incertezza o un timore permettono questo costrutto, mentre quelli che indicano volontà non sono compatibili con l’omissione. Come si può facilmente constatare, l’enunciato

 

– Voglio tu stia a casa

 

non è grammaticalmente accettabile.

 

Subordinazione implicita

L’uso del congiuntivo è previsto solo nel caso in cui i soggetti della frase principale e della frase subordinata non coincidano:

 

Io penso che egli sia in ritardo

 

Quando i soggetti coincidono, è prevista la subordinazione implicita, dato che l’uso di una forma coniugata come quelle del congiuntivo darebbe pessimi risultati (forse ancora peggiori che con l’indicativo): al posto di dire:

 

  Io penso che io sia in ritardo

si dirà infatti

– Io penso di essere in ritardo

 

4) Congiuntivo nella principale in italiano

Sporadicamente, questo modo indica nella proposizione principale un desiderio, un’esortazione o una supposizione:

 

Che tu possa arrivare sano e salvo!

– Sento suonare. Che stia arrivando Sonia?

Vogliate farci pervenire il documento a stretto giro di posta

 

La presenza di una congiunzione (che) suggerisce spesso l’ipotesi, più che plausibile, che si tratti in verità di frasi subordinate rimaste in qualche modo senza l’appoggio sintattico della principale. Una possibilità per spiegare questo fenomeno sarebbe l’ellissi. A questo punto, dato che la principale resta implicita e non è osservabile, si finisce per attribuire ad una subordinata il ruolo di principale.

Un discorso a parte costituisce invece l‘imperativo della terza persona (venga pure), che prende le sue forme dal congiuntivo presente.

 

CONGIUNTIVO PRESENTE

Il congiuntivo presente è la forma verbale della lingua italiana generalmente usata nella frase secondaria per indicare eventi visti come non reali o non obiettivi (Spero che voi siate sinceri) oppure non rilevanti.

 

Coniugazione del congiuntivo presente

Questa forma verbale si coniuga aggiungendo alla radice del verbo le desinenze previste nella grammatica italiana nelle tre coniugazioni. Dato che il congiuntivo occorre generalmente dopo la congiunzione che, questa viene spesso ripetuta.

1-

 

CONGIUNTIVO PASSATO

Il congiuntivo passato è una forma verbale della lingua italiana generalmente usata per indicare passati o conclusi, visti come non reali o non obiettivi o non rilevanti (Tutti pensano che io sia andata via).

 

Coniugazione del congiuntivo passato

Questa forma verbale si coniuga combinando le forme del congiuntivo presente degli ausiliari avere (a) o essere (b) con il participio passato del verbo in questione:

2-

 

CONGIUNTIVO IMPERFETTO

Il congiuntivo imperfetto è la forma verbale della lingua italiana usata in genere nella proposizione subordinata laddove la principale al passato esprime insicurezza:

 

– Speravo che tu fossi sincero

 

Dato il suo valore di irrealtà, il congiuntivo imperfetto gioca un ruolo di primo piano nella formazione del periodo ipotetico:

 

– Se tu fossi sincero, lo sarei anch’io

 

La formazione del congiuntivo imperfetto

Questa forma verbale si coniuga aggiungendo alla radice del verbo delle desinenze previste nella grammatica italiana nelle tre coniugazioni:

3-

 

CONGIUNTIVO TRAPASSATO

 

Il congiuntivo trapassato (o congiuntivo piuccheperfetto) è una forma verbale della lingua italiana generalmente usata per descrivere un fatto visto come non reale o non obiettivo, che si distingue per l’anteriorità temporale rispetto ad un momento passato (io credevo che a mezzanotte tutti fossero arrivati da parecchio).

Questa forma verbale viene inoltre utilizzata nella formazione del periodo ipotetico dell’irrealtà con riferimento al passato (Se avessimo fatto attenzione, avremmo potuto evitare l’errore).

 

Coniugazione del congiuntivo trapassato

Questa forma verbale si coniuga combinando le forme del congiuntivo imperfetto degli ausiliari avere (a) o essere (b) con il participio passato del verbo in questione:

4-

 

VERBO ESSERE

5-

 

VERBO AVERE

6-

 

“IL CONDIZIONALE”

 

Il condizionale è un modo verbale abbastanza comune nelle lingue europee. Viene usato soprattutto per indicare un evento o situazione che ha luogo solo se è soddisfatta una determinata condizione:

 

Verrei volentieri, se tu mi accompagnassi

– Con un milione comprerei una casa

– Al tuo posto, farei diversamente

 

Si noti come la condizione non viene indicata con il verbo coniugato al condizionale, ma con un complemento (al tuo posto) o addirittura con un’intera frase subordinata (se tu mi accompagnassi). Altre volte, essa non viene affatto specificata:

Vorrei provare i pantaloni rossi in vetrina.

Le due forme di questo modo sono quella semplice e quella composta, che corrispondono ai tempi del presente (chiamato anche condizionale semplice: vorrei) e del passato (chiamato anche condizionale composto: avrei voluto).

 

VERBO ESSERE

7-

 

VERBO AVERE

8-

 

 

Ricapitolando

– Il congiuntivo è un modo di diverse lingue, comprese l’italiano e le altre lingue romanze, la cui funzione basilare è quella di indicare un evento soggettivo, irreale, non sicuro, ipotetico o non rilevante. Rispetto all’indicativo che esprime un dato di realtà che può essere provato vero o falso, il congiuntivo sottolinea invece la dimensione soggettiva, individuale

– normalmente, questo modo occorre nella frase o proposizione subordinata, in negli esempi introdotta dalla congiunzione che

– del resto, il congiuntivo deve il suo nome alla presenza abbastanza costante di una congiunzione.

– gli esempi proposti si concentrano soprattutto sulla costruzione introdotta dalla principale al presente, costruita con l’uso del congiuntivo presente nella subordinata. Le analoghe costruzioni con un verbo al passato nella principale prevedono invece il congiuntivo imperfetto nella subordinata

– l’uso di determinati verbi, nel costrutto introdotto da “che”, richiede l’uso del congiuntivo. Si tratta, nel caso delle subordinate oggettive, di un insieme eterogeneo. Comprende infatti l’indicazione di un pensiero/opinione, un dubbio/timore, di una volontà, di un’opinione personale eccetera.

– a differenza di altre lingue romanze, in italiano i verbi di opinione e pensiero quali credere, pensare, ritenere, reputare, ecc. reggono il congiuntivo nella proposizione subordinata

– l’uso dei verbi che denotano insicurezza, timore e dubbio come dubitare, temere e simili prevede il congiuntivo nella secondaria

– rientra in questo gruppo anche l’uso del congiuntivo per indicare una persuasione dubbia (John è convinto che Genova sia in Francia), oppure quello nei costrutti introdotti da verbi che indicano una palese irrealtà, come illudersi, fingere e simili

– altri verbi indicano una volontà, un’aspettativa oppure un assenso e si comportano in maniera simile a quelli appena ricordati. Questi sono i casi in cui l’uso del congiuntivo è caratterizzato dal maggior grado di obbligatorietà, dato che il verbo indica un’azione non ancora avvenuta, ma semplicemente attesa. Lo stesso discorso vale per i costrutti introdotti da sperare o augurare:

– talvolta il congiuntivo indica fatti reali

– a questo punto ci si domanderà come mai in tali costrutti non si preferisca l’indicativo, dato che si può trattare di eventi reali: in questo caso, il senso della forma verbale è quello di indicare un fatto considerato in maniera non obiettiva. Si noti come qui il verbo capire viene inteso nel senso di ‘avere comprensione per un fatto'; usato con un’altra accezione (‘rendersi conto di qualcosa‘) lo stesso verbo richiede l’indicativo

– Il congiuntivo ricorre dopo frasi soggettive introdotte da espressioni impersonali, soprattutto formate da essere + sostantivo oppure aggettivo

– sono impersonali anche espressioni formate con verbi come bisognare, bastare, occorrere, valere la pena, piacere che e simili

– l’uso del congiuntivo vale anche per il discorso indiretto introdotto dal pronome impersonale si

– l’uso del congiuntivo può essere richiesto da un verbo nella frase principale (volere, pensare, credere, sembrare ecc.) D’altro canto, anche il tipo di congiunzione usato per formare la subordinata può essere determinante al fine della scelta tra indicativo e congiuntivo. È questo il caso ad esempio delle frasi concessive.

le congiunzioni malgrado, nonostante, benché e sebbene sono usate come sinonimi di registro più elevato e richiedono l’uso del congiuntivo

–  lo stesso discorso vale per i pronomi indefiniti chiunque, dovunque, comunque, qualunque/qualsiasi usati per introdurre la frase

– Il congiuntivo si usa nella frase secondaria che indica il secondo termine di paragone quando questo è indicato dalla frase secondaria (proposizione comparativa)

– Nella subordinata relativa, il congiuntivo indica un requisito oppure una limitazione

– l’uso del congiuntivo imperfetto nella subordinata relativa retta da una principale al presente ha valore ipotetico

– la proposizione ipotetica è spesso introdotta da congiunzioni come qualora, caso mai, nel caso che. I costrutti ottenuti con queste congiunzioni prevedono l’uso del congiuntivo presente nel caso di una possibilità più concreta, mentre l’imperfetto sta ad indicare una possibilità più remota

– un discorso a parte merita l’uso del congiuntivo imperfetto nel periodo ipotetico retto dalla principale al condizionale e introdotto da se. In questo caso, il congiuntivo imperfetto ha la funzione di esprimere l’irrealtà nel presente, mentre il congiuntivo trapassato indica l’irrealtà nel passato

– anche l’ordine della frase può interferire nella scelta di modo, dato che la frase subordinata anteposta può essere formata al congiuntivo con una certa facilità, ma non è detto il contrario

– la presenza della negazione nella frase principale può, in alcuni casi, interagire con la scelta tra indicativo e congiuntivo, laddove resta comunque il fatto che quest’ultimo ha la funzione di segnalare un fatto come non sicuro

– l’uso del congiuntivo è previsto solo nel caso in cui i soggetti della frase principale e della frase subordinata non coincidano

– quando i soggetti coincidono, è prevista la subordinazione implicita, dato che l’uso di una forma coniugata come quelle del congiuntivo darebbe pessimi risultati (forse ancora peggiori che con l’indicativo)

– sporadicamente, questo modo indica nella proposizione principale un desiderio, un’esortazione o una supposizione. La presenza di una congiunzione (che) suggerisce spesso l’ipotesi, più che plausibile, che si tratti in verità di frasi subordinate rimaste in qualche modo senza l’appoggio sintattico della principale.

– Il congiuntivo presente è la forma verbale della lingua italiana generalmente usata nella frase secondaria per indicare eventi visti come non reali o non obiettivi

– Il congiuntivo passato è una forma verbale della lingua italiana generalmente usata per indicare passati o conclusi, visti come non reali o non obiettivi o non rilevanti

– Il congiuntivo imperfetto è la forma verbale della lingua italiana usata in genere nella proposizione subordinata laddove la principale al passato esprime insicurezza

– dato il suo valore di irrealtà, il congiuntivo imperfetto gioca un ruolo di primo piano nella formazione del periodo ipotetico

– Il congiuntivo trapassato (o congiuntivo piuccheperfetto) è una forma verbale della lingua italiana generalmente usata per descrivere un fatto visto come non reale o non obiettivo, che si distingue per l’anteriorità temporale rispetto ad un momento passato. Questa forma verbale viene inoltre utilizzata nella formazione del periodo ipotetico dell’irrealtà con riferimento al passato

– Il condizionale è un modo verbale abbastanza comune nelle lingue europee. Viene usato soprattutto per indicare un evento o situazione che ha luogo solo se è soddisfatta una determinata condizione

 

Considerazioni finali

– essere cittadino italiano non è uno scherzo o una concessione gratuita

– per essere italiano occorre prima studiare,imparare bene il CONGIUNTIVO ed il CONDIZIONALE ed ENTRAMBE CONTEMPORANEAMENTE ASSIEME nella stessa frase

(di cui non ho  fatto esempi,ma che avrei dovuto fare) e la cosa sarebbe ancora più complicata,

– lo straniero deve fare sia le scuole elementari che le medie e se non basta anche il liceo,ma DEVE imparare sia il Congiuntivo che il Condizionale,se non ci riesce NON PUO’ DIVENTARE ITALIANO ,quindi nè cittadinanza,nè passaporto,

– alcuni partiti vorrebbereo dare lo “ius culturae” solo per ricevere voti in cambio,con la sola scuola elementare senza preoccuparsi di sapere se lo straniero conosce veramente la lingua italiana,questo non si può fare,anzi ciò è ALTAMENTE OFFENSIVO verso tutti gli studenti italiani che si impegnano costantemente e profondamente per imparare la lingua madre,

– se un ragazzo figlio di italiani che al momento della maggiore età non sa i congiuntivi ed il condizionale,non potrà ricevere il passaporto,

– l’Italia è la Patria dei Poeti,Scrittori,Letterati,che l’hanno resa grande nel corso dei secoli e tale deve rimanere,non può essere contaminata da persone che parlano con i piedi e che non sanno esprimere un concetto che ,senza congiuntivi e condizionali ,non riuscirà MAI a far capire un tubo  se quel discorso si riferisce al futuro ,al domani, ,ad un’ipotesi,ad una possibilità,ecc… Ma che lingua del c… è questa??

– dobbiamo onorare la memoria dei Poeti,Scrittori, italiani che hanno reso grande la lingua e la narrativa italiane: Dante Alighieri,Angiolieri,Cavalcanti,Boccaccio,Davanzati,Petrarca,Carducci e tantissimi altri.

– in Italia,stando così le cose,per merito di alcuni partiti scellerati che vogliono distruggere la nostra lingua meravigliosa,formata nel corso dei secoli,solo per acquisire più voti e svendere quindi l’Italia agli stranieri,sentiremo sempre più parlare in dialetto Afrikaans,Akan,Amaraico, Arabo,Berbero,Chewa,Fulani,Gikuyu,Hausa,Igbo,Kinyarwanda,Kirundi,Kikongo,Lingala,Luganda,Dholuo,Malgascio,Creolo mauriziano,More,Ndebele del sud,Sotho del nord,Oromo,Sotho del sud,Shona,Swahili,Tigrina,Tshiluba,Tswana,Umbundu,Xhosa,Yoruba,Zulu.

Si sa che certi partiti sono dei venduti,ma gli italiani vogliono questo ????

 

Accademia della Crusca

L’Accademia della Crusca (spesso anche solo la Crusca) è un’istituzione italiana che raccoglie studiosi ed esperti di linguistica e filologia della lingua italiana. Rappresenta una delle più prestigiose istituzioni linguistiche d’Italia e del mondo. Nata a Firenze nel 1585.

La Crusca è la più antica accademia linguistica del mondo (1583). Nei suoi oltre quattro secoli di attività si è sempre distinta per lo strenuo impegno a mantenere “pura” la lingua italiana, pubblicando, già nel 1612, la prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca, che servì da esempio lessicografico anche per le lingue francese, tedesca e inglese. Nel 1636, il cardinale Richelieu creò l’Académie française sul modello dell’Accademia della Crusca.

Fa oggi parte della Federazione Europea delle Istituzioni Linguistiche Nazionali, il cui compito è quello di elaborare una linea comune di protezione di tutte le lingue nazionali europee. Per l’Italia partecipano alla Federazione l’Accademia della Crusca e l’Opera del Vocabolario Italiano del CNR (iniziativa avviata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, peraltro proprio in collaborazione con l’Accademia della Crusca).

 

– per difendere l’Italia e la sua cultura nel corso dei secoli sono anche morte migliaia di persone,i nostri nonni,genitori,parenti ed ora? Ci ritroviamo alcuni partiti di merda che vogliono concedere” gratuitamente “allo straniero lo “ius  soli” e lo “ius culturae”, senza neppure saper usare il Congiuntivo ed il Condizionale,violentando,distruggendo la nostra madre lingua fino alle sue radici più profonde, questi venduti si dovrebbero vergognare !!! Il loro atteggiamento non è indice di civiltà,ma di barbarie politica.

– e ancora di più,questi politici sostengono questi abominevoli “diritti” perchè essi stessi non conoscono il Congiuntivo ed il Condizionale,basta vedere tante interviste televisive per capire quanto sia grande la loro ignoranza in materia di lingua italiana (e non solo!!!),questi politici,anzichè parlare di leggi improbabili,dovrebbero per primi ritornare sui banchi di scuola,perchè sono delle capre!

– inoltre nelle scuole italiane non c’è più rigore,se uno studente non sa l’italiano,viene promosso comunque,magari con una semplice esortazione a migliorare in seguito le sue capacità linguistiche! Tutto questo non va bene,anzi è scandaloso,chi non sa usare il Congiuntivo ed il Condizionale DEVE ESSERE RESPINTO ANCHE DIECI VOLTE, SENZA SE E SENZA MA,FINO A QUANDO NON LO AVRA’ IMPARATO.

Amiamo di più la nostra Italia! Non possiamo ridurla ad un popolo di capre!!! Già i nostri politici lo sono!

 

 

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