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Data 6 aprile 2016

INDICE DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE (I.R.C.) – 2°

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              INDICE DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE  (I.R.C.) – 2°

 

 

ATEROSCLEROSI

 

L’aterosclerosi  è una malattia degenerativa  multifattoriale che colpisce le arterie di medio e grosso calibro.

 

L’aterosclerosi (o aterosi) è una malattia vascolare cronica e progressiva che si manifesta tipicamente nell’età adulta o avanzata. L’aterosclerosi è una forma di arteriosclerosi caratterizzata da infiammazione cronica dell’intima delle arterie di grande e medio calibro; infiammazione che è dovuta fondamentalmente, ma non solo, all’accumulo e alla ossidazione delle lipoproteine nella parete arteriosa  (chronic lipid-driven inflammatory disease) e che produce un insieme dinamico di lesioni multifocali, la più tipica delle quali è la placca aterosclerotica.

L’aterosclerosi ha una eziologia multifattoriale,ricordiamo:

 

– fattori genetici

– fumo

– ipercolesterolemia

– diabete mellito

– ipertensione

– obesità

– iperomocisteinemia

valori plasmatici di omocisteina superiori a 12 mmol/l aumentano il rischio cardiovascolare.

L’iperomocisteina può essere controllata consumando adeguate quantità di acido folico

(vitamina presente nei vegetali a foglia verde crudi,meno in quelli cotti),vitamina B6 e B12.

sedentarietà

– alcool

agenti infettivi, prima fra tutti la Chlamydophila pneumoniae,ma anche Helicobacter pylori, vari virus fra cui cytomegalovirus

– broncopneumopatia cronica ostruttiva

– artrite reumatoide

– malattie renali croniche ecc.

 

 

La lesione caratteristica dell’aterosclerosi è l’ateroma o placca aterosclerotica, ossia un ispessimento dell’intima (lo strato più interno delle arterie che è rivestito dall’endotelio ed è in diretto contatto con il sangue) dovuto principalmente all’accumulo di materiale lipidico (grasso) e a proliferazione del tessuto connettivo, che forma una cappa fibrosa (cicatriziale) al di sopra del nucleo lipidico.

 

Le lesioni hanno sempre come caratteristiche specifiche la localizzazione nell’intima e la componente lipidica più o meno abbondante. Il loro comportamento è dinamico, cioè le lesioni si evolvono con il tempo: iniziano nell’infanzia come strie lipidiche (a carattere reversibile) e nel corso di pochi decenni tendono a divenire placche aterosclerotiche, soprattutto nelle persone predisposte e scarsamente attente al contenimento dei fattori di rischio.

 

Clinicamente l’aterosclerosi può essere asintomatica oppure può manifestarsi, di solito dai 40-50 anni in su, con fenomeni ischemici acuti o cronici che colpiscono principalmente cuore, encefalo, arti inferiori e intestino.

 

Grazie all’impiego di metodiche non invasive, in particolare dell’ultrasonografia che permette di misurare lo spessore intima-media delle arterie (carotidi), è possibile formulare la diagnosi di aterosclerosi e valutarne la gravità anche in individui asintomatici.

 

Le placche ateromatose hanno, nell’uomo, una distribuzione abbastanza costante; in ordine decrescente sono interessate:

 

– aorta addominale;

– arterie coronarie (entro i primi 6 cm);

arterie poplitee e femorali;

–  aorta toracica;

–  carotidi interne

circolo di Willis (a.vertebrale, a.basilare, a.carotide interna)

 

In questi segmenti arteriosi le lesioni colpiscono soprattutto i tratti che sono maggiormente esposti alle variazioni delle forze emodinamiche: curvature (parete concava della curva), biforcazioni (parete opposta all’angolo di biforcazione dell’arteria) e osti di origine dei rami arteriosi.

 

 

Patogenesi

 

Oltre un secolo di studi ha portato alle conclusioni che le lesioni aterosclerotiche sono il prodotto di una infiammazione cronica dell’intima.

 

Gli eventi dell’aterogenesi sono:

 

danno dell’endotelio

– accumulo nell’intima delle arterie di lipoproteine a bassa densità (LDL) e successiva modificazione con aggregazione,ossidazione e/o glicosilazione. Il loro accumulo è dovuto in parte all’aumento della permeabilità dell’endotelio danneggiato,ma principalmente al loro legarsi ai costituenti della matrice extracellulare dell’intima,legame che prolunga il tempo di residenza in loco delle lipoproteine: l’ispessimento dell’intima intrappola le LDL e aumenta la probabilità che esse subiscano una modificazione chimica operata dai radicali liberi prodotti da endotelio disfunzionale e da leucociti e dagli enzimi idrolitici (fosfolipasiA2 secretorie,sfingomielinasi e proteasi) secreti da macrofagi e cellule muscolari lisce.

La disfunzione/attivazione endoteliale comporta anche l’espressione sulla superficie endoteliale di molecole adesive  ( Selettine,VCAM-1, ICAM-1) e la produzione di segnali chemiotattici (MCP-1) che inducono l’adesione e la migrazione di monociti e linfociti T nell’intima,avviando la reazione infiammatoria.

Anche le cellule muscolari lisce situate negli ispessimenti adattativi intimali espongono molecole adesive sulla propria superficie  (ICAM-1 e VCAM-1) e concorrono a trattenere i macrofagi nelle lesioni.

 

Penetrati nell’intima, i macrofagi fagocitano le lipoproteine aggregate e ossidate e, a causa dell’impossibilità di metabolizzare il colesterolo contenuto nelle LDL, si trasformano nelle cellule schiumose (o spumose), che caratterizzano le strie lipidiche (fatty streaks). La secrezione di citochine e di fattori di crescita (principalmente, ma non solo, di derivazione macrofagica) crea un ambiente proinfiammatorio favorevole al perpetuarsi del reclutamento di leucociti e induce la migrazione delle cellule muscolari lisce dalla media nell’intima, dove proliferano, si differenziano nel fenotipo “sintetico” e sintetizzano matrice extracellulare, determinando la trasformazione delle fatty streak nelle lesioni avanzate.

 

Alla crescita delle lesioni contribuisce l’adesione di piastrine e il formarsi di trombi intramurali, conseguenti alla erosione/ulcerazione delle placche aterosclerotiche. Ampio spazio nella patogenesi dell’aterosclerosi travano anche i meccanismi immunologici e autoimmuni, che secondo Wick sarebbero innescati dal danno endoteliale. Le cellule endoteliali stressate dai fattori di rischio CV e dalle forze emodinamiche esprimono sulla loro superficie proteine intracellulari HSP-60 (heat shock proteins) che si comportano da antigeni riconosciuti da autoanticorpi e linfociti T autoreattivi. La perdita di tolleranza verso questi autoantigeni sarebbe conseguenza della loro liberazione nell’ambiente extracellulare in seguito alla necrosi cellulare o conseguenza della loro reattività crociata con le HSP-60 batteriche.

 

Se i macrofagi e i linfociti T sono le cellule immunitarie di gran lunga prevalenti nelle lesioni aterosclerotiche, i mastociti rappresentano una popolazione minoritaria, ma apparentemente importante per l’instabilità della placca ateromatose.  I mastociti elaborano mediatori chimici che aumentano la permeabilità (istamina, prostaglandine e leucotrieni), citochine (Il-6, TNF-a), b-FGF (basic fibroblast growth factor o fattore angiogenico basico) e secernono proteoglicani eparinici e proteasi neutre (triptasi e chimasi) che attivano le metalloproteasi. Le metalloproteasi (collagenasi, stromelisina-1, gelatinasi B) sono prodotte come enzimi inattivi (proenzimi) da cellule endoteliali e muscolari lisce, macrofagi e linfociti T e, una volta attivate dalle proteasi, degradano la matrice extracellulare.

 

 

RIASSUMENDO E SCHEMATIZZANDO

 

TRIGLICERIDI

 

– i grassi contenuti negli alimenti sono in gran parte rappresentati dai TRIGLICERIDI (90-98%),

e sono trasportati nei CHILOMICRONI

– i Trigliceridi sono formati da una molecola di Glicerolo con 3 Acidi grassi che possono essere saturi,monoinsaturi,polinsaturi

– i TRIGLICERIDI rappresentano i principali componenti del tessuto adiposo nel quale  vengono accumulati all’interno degli adipociti

– quando mangiamo i grassi alimentari,vengono assorbiti nell’intestino per mezzo dell’azione della bile e della lipasi pancreatica

– anche il FEGATO può sintetizzare i TRIGLICERIDI a partire dagli AMINOACIDI e dal GLUCOSIO,ecco perchè una dieta ricca di zuccheri fa aumentare i trigliceridi,dal fegato sono trasportati nelle VLDL

– quindi i TRIGLICERIDI aumentano se:

 

l’apporto di calorie è elevato

se introduciamo troppi grassi

se introduciamo troppi zuccheri

 

– un tempo non si dava molta importanza ai trigliceridi,ma oggi si ipotizza che aumentino la viscosità del sangue e riducano la capacità di rilascio di ossigeno e sostanze nutritive al cuore.

– se i trigliceridi sono alti senza che vi sia un aumento di peso,forse la causa è congenita

 

VIA ALLA PLACCA

 

VLDL

quando sono troppo cariche di TRIGLICERIDI allora si deformano e diventano preda dei MACROFAGI

 

LDL

trasportano il COLESTEROLO,ma se i trigliceridi sono troppo alti allora trasportano anche questi e quindi la loro parte proteica che si chiama Apolipoproteina B (ApoB),cambia forma e diviene meno riconoscibile da parte di alcuni recettori presenti sulle membrane cellulari.

Allora la LDL non è captata dalle cellule e rimane nel sangue preda dei macrofagi.

 

In entrambe i casi i MACROFAGI diventano molto pesanti e precipitano facilmente sulle pareti delle arterie formando le “strie lipidiche” che costituiscono la prima fase della formazione della PLACCA ATEROSCLEROTICA.

 

COAGULAZIONE

 

Nei soggeti con trigliceridi alti il sangue coagula più facilmente,spesso basta una piccola ulcerazione della placca per dare il via alla coagulazione,si formano così dei reticoli di FIBRINA che tendono ad imbrigliare gli elementi corpuscolari del sangue (G.R.,G.B., Piastrine),producendo il TROMBO.

Questo fenomeno è in genere limitato dalla FIBRINOLISI che scioglie rapidamente i RETICOLI,ma quando i TRIGLICERIDI sono alti,il PLASMINOGENO non funziona bene e quindi la fibrinolisi è ridotta.

Questo perchè si hanno:

 

bassi livelli di ATTIVATORE del Plasminogeno tPA (tissue Plasminogen Activator) e

alti livelli di INIBITORE del Plasminogeno PAI-1 (Plasminogen Activator Inhibitor 1 )

 

 

 

APOLIPOPROTEINE

 

Le apolipoproteine sono proteine capaci di legare lipidi e sono costituenti delle lipoproteine, aggregati molecolari deputati al trasporto di COLESTEROLO  e TRIGLICERIDI attraverso la circolazione, ai vari tessuti e organi.

Sono molecole anfipatiche, come i fosfolipidi in cui si immergono nella formazione delle lipoproteine, porgendo la loro faccia apolare verso l’interno delle stesse e quella polare verso l’ambiente acquoso esterno.

 

 

Classificazione

 

Le apolipoproteine esistono in cinque principali classi con relative sottoclassi, differenti per peso molecolare, associazioni ed eventuale funzione:

 

apoA1 che si associa con le lipoproteine ad alta densità o HDL (esiste anche un’importante forma mutata chiamata Apo A-1 Milano);

apoA2 che si associa anch’essa con le HDL;

apoA4 che si associa a chilomicroni e HDL;

apoA5 che si associa a VLDL, HDL e chilomicroni;

apoB100, si associa a VLDL e lipoproteine a bassa densità (LDL) ed è riconosciuta dal recettore per le LDL (LDL-R);

apoB48, si associa ai chilomicroni e costituisce poco meno della prima metà dell’apoB100 e per questo motivo manca del tratto proteico riconosciuto da LDL-R;

apoC1, si associa a VLDL e LDL;

apoC2, è associata anche ai chilomicromi e attiva lipoproteina lipasi (LPL);

apoC3, è associata anch’essa a VLDL, LDL e chilomicroni e inibisce la LPL;

apoC4, è associata principalmente alle VLDL;

apoD, si associa a HDL ed è detta anche CETP (cholesterol esterificate trasferring protein);

apoE, associata a chilomicromi, VLDL e HDL e promuove la rimozione delle VLDL e delle rimanenze dei chilomicroni.

 

Vi sono poi classi minori come l’apoH; un’altra importante apolipoproteina è la Siero associato all’amiloide o SAA, determinante nell’amiloidosi AA.

 

 

Valori

 

Apolipoproteina A           deve essere superiore a  130 mg/ml

Apolipoproteina B           deve rimanere inferiore a 130 mg/ml  (35-100 mg/100 ml)

Rapporto apoA/apoB      più basso è, e maggiore è il rischio cardiovascolare

Lipoproteina Lp (a)          normale  < 14 mg/dl  –  alto rischio  > 19 mg/dl

 

 

 

Funzioni

 

Le apolipoproteine svolgono tre funzioni principali e solo alcune delle loro sottoclassi assolvono a ciascuna funzione.

 

– La prima funzione è quella di contribuire alla struttura delle lipoproteine;

– la seconda funzione è di regolare l’attività enzimatica nel metabolismo lipidico;

– la terza, infine, è di costituire dei ligandi per i recettori (come la già citata LPL, a livello dell’endotelio o HTL, a livello del fegato).

 

Struttura

 

Le apolipoproteine presentato a livello della struttura secondaria sia alfa eliche che foglietti beta anfipatici, questo permette a queste proteine di interagire con il nucleo idrofobo delle lipoproteine e anche di aggregare tra di loro, eventualmente passando da una lipoproteina ad un’altra, evento particolarmente importante nel percorso delle VLDL e dei chilomicroni.

 

Fisiopatologia

 

Tipiche sindromi croniche sono:

 

– angina pectoris stabile

– angina abdominis

– claudicatio intermittens

 

in questa il dolore insorge durante la deambulazione e scompare tipicamente dopo pochi minuti di riposo.

 

Sono sindromi ischemiche acute:

 

– angina pectoris instabile

– infarto miocardico

– morte improvvisa

– infarto intestinale

– ictus ischemico

– trombo-embolie arteriose degli arti

 

Qualora la stenosi superi il valore critico del 75% la vasodilatazione non è più in grado di compensare e l’ischemia compare anche a riposo, a meno di un circolo collaterale particolarmente sviluppato.

 

1-225 K

 

2-292 K

 

3-101 K

 

 

Le placche aterosclerotiche possono occludere il lume vasale anche del 90% senza manifestare segni clinicamente evidenti. I problemi, piuttosto seri, iniziano in caso di rapida crescita di un coagulo di sangue (trombo) in seguito alla rottura della capsula fibrosa o della superficie endoteliale, o all’emorragia dei microvasi interni alla lesione. I trombi, formatisi sulla superficie o all’interno della lesione, possono causare eventi acuti in due modi:

 

1) possono ingrandirsi in situ fino ad occludere completamente il vaso bloccando il flusso sanguigno dal punto in cui si sviluppa la placca;

 

2) possono staccarsi dal sito della lesione e seguire il flusso sanguigno fino a bloccarsi in una ramificazione vasale di piccolo calibro, impedendo l’afflusso di sangue da quel punto in poi.

 

Necrosi

 

Entrambi questi eventi impediscono la corretta ossigenazione dei tessuti, inducendone la necrosi

 

Vasospasmo

 

L‘occlusione del vaso può essere favorita anche dal vasospasmo indotto dalla liberazione di endoteline da parte delle cellule dell’endotelio.

 

Aneurisma

 

Inoltre, l‘indebolimento della parete vasale può portare ad una dilatazione generalizzata dell’arteria, che negli anni può condurre alla formazione di un aneurisma.

 

4-292 K

 

5-232 K

 

6-232 K

 

7-152 K

 

8-152 K

 

9-1 M-struttura coronarie

 

10-284 K-aterosclerosi coronarie

 

11-312 K

 

12-340 K

 

13-192 K-aterosclerosi arte.renale

 

 

Trattamento dell’aterosclerosi

 

14-120 K

 

15-292 K

 

 

 

 

– ridurre le LDL

– aumentare le HDL

– ridurre l’obesità

– controllare il diabete

– assunzione di omega-3 (pesce,semi e olio di lino) riducono i trigliceridi,1g al giorno (Seacor,Eskim, Esapent)

– preferire gli oli vegetali, olio d’oliva,

– ridurre l’utilizzo di burro, oli tropicali (palma,cocco ecc.), margarina

– ridurre i prodotti da forno e dolciumi

Vit E è un forte antiossidante

– aumentare frutta e verdura ma attenzione a non esagerare con la frutta zuccherina (fichi,uva ecc.)

– introdurre acido folico (vit.B9) in grado di contrastare l’omocisteina

– mangiare carne magra,ma preferire pollo,tacchino, coniglio

– una o due porzioni settimanali di uova, manzo, maiale

– aumentare i legumi,la soia è ricca di lecitina che insieme alla fibra ed agli steroli vegetali riduce l’assorbimento del colesterolo

– i crostacei sono ricchi di colesterolo ma sono privi di grassi saturi

– il pesce è ricco di iodio

limitare il consumo di zuccheri semplici (dolci,merendine,bibite zuccherate,snack) che a lungo andare alterano la funzionalità pancreatica facilitando la comparsa del diabete di tipo II

ridurre il sale per prevenire l’ipertensione

– controllare le calorie giornaliere

 

GINKGO BILOBA, MIRTILLO, TANACETO, AGLIO E NOCE MOSCATA: prodotti naturali particolarmente studiati ed utilizzati per la loro attività antiaggregante piastrinica, ipofibrinogenizzante (prevengono la formazione di trombi) e fibrinolitica (facilitano lo scioglimento dei coaguli di sangue).

 

CHITOSANO: è un polisaccaride ricavato dai gusci dei crostacei, che agisce a livello gastrico attraendo elettrostaticamente i grassi ed impedendone l’assorbimento a livello intestinale.

 

GOMMA DI GUAR, PSILLIO, GLUCOMANNANO, MUCILLAGINI, PECTINE, INULINA, FRUTTOLOIGOSACCARIDI: contengono polisaccaridi non digeribili (fibre) che, a contatto con l’acqua, si rigonfiano aumentando di volume e riducendo l’assorbimento di zuccheri, grassi e colesterolo.

Piuttosto che incoraggiare l’assunzione di integratori dietetici, le fibre alimentari dovrebbero essere assunte attraverso una dieta ricca di alimenti vegetali (almeno due porzioni quotidiane di frutta e tre di verdura).

 

 

TERAPIA CHIRURGICA

 

 

Angioplastica

 

L’angioplastica è una metodica utilizzata in ambito medico per dilatare un restringimento del lume (stenosi) di un vaso sanguigno, causato nella maggior parte dei casi dalla presenza di una placca ateromasica.

 

La dilatazione del vaso viene effettuata per mezzo di uno speciale catetere a palloncino che viene introdotto mediante la puntura percutanea di un’arteria, portato fino al vaso stenotico e successivamente gonfiato in corrispondenza del restringimento, in modo da ripristinare il normale diametro del vaso e permettere un incremento del flusso sanguigno.

 

16-132 K

 

17-116 K

 

 

 

Stent

 

Lo stent è una struttura metallica cilindrica a maglie che viene introdotta negli organi a lume (cioè gli organi cavi propriamente detti o visceri, come l’intestino, oppure i vasi sanguigni) e viene fatta espandere fino a che il suo diametro è pari a quello del lume. In questo modo si può, per esempio, ridurre una stenosi, escludere un aneurisma o mantenere pervio il viscere.

 

18-192 K

 

Bypass aorto-coronarico

 

Il bypass aorto-coronarico (CABG o cabbage, da Coronary Artery Bypass Graft surgery) è l’intervento cardiochirurgico a maggior frequenza di esecuzione.

 

Per il bypass vengono utilizzate:

 

– La safena – Un tratto di vena safena viene prelevato dalla gamba del paziente ed utilizzato per effettuare i bypass. Questo tipo di intervento (praticato soprattutto in passato) ha una durata limitata. Dopo circa dieci anni il 60-65% dei bypass è ostruito a causa della differenza di dimensioni fra la vena e l’arteria.

Arteria toracica interna – L’arteria toracica interna (o mammaria) ha oggi un utilizzo più elevato nei bypass. Questo metodo ha una durata maggiore (dopo dieci anni il 95% dei bypass è in ottime condizioni). Inoltre è meno invasivo in quanto l’arteria mammaria non viene spostata di sede.

Arteria radiale – Se la perfusione dell’avambraccio è garantita dalle altre arterie e altri vasi non sono utilizzabili per l’intervento, talvolta si utilizza questa arteria.

Tecniche recenti – Per aumentare l’efficacia dall’intervento si stanno sperimentando e utilizzando metodi recentissimi come i graft arteriosi, la Y arteriosa e l’uso dell’arteria gastroepiploica destra.

 

 

Rischi

 

I rischi sono: sanguinamento postoperatorio, infezioni, ictus, infarto miocardico perioperatorio, insufficienza renale, insufficienza respiratoria, morte. La mortalità dell’intervento si aggira intorno all’1%.

 

19-175 K

 

Endoarteriectomia carotidea

 

Eseguita in anestesia generale o locale, l’endoarteriectomia carotidea è l’intervento chirurgico, che consente la pulizia delle arterie carotidi, vittime delle conseguenze dell’aterosclerosi.

 

20-281 K

 

 

 CONTROLLO DEL DIABETE

 

Per ridurre l’Indice di rischio cardiovascolare si deve tenere sotto controllo il diabete.

 

Fattori di rischio

 

Obesità (BMI maggiore o uguale a 25 kg/m² per il DM2)

Inattività fisica

Ipertensione (PAS (massima) maggiore o uguale a 140 mmHg e\o PAD (minima) maggiore o uguale a 90mmHg)

Colesterolo HDL (minore o uguale a 35 mg/dl)

Trigliceridi (maggiori o uguali a 250 mg/dl)

 

 

Classificazione

 

Attualmente si divide il diabete mellito in «tipo 1» e «tipo 2».

 

Diabete mellito di tipo 1:

caratterizzato dalla distruzione delle cellule B pancreatiche, (linfociti CD4+ e CD8+ e infiltrazione dei macrofagi nelle isole pancreatiche), comportando solitamente l’associazione alla insulino deficienza.

 

Esistono due sottoforme:

 

Tipo 1A (immunomediato)

Tipo 1B (idiopatico), senza che l’eziologia sia nota, colpisce maggiormente giovani africani e asiatici di età inferiore rispetto all’altra forma.

 

Riguarda circa il 10% delle persone con diabete e in genere insorge nell’infanzia o nell’adolescenza. Nel diabete tipo 1, il pancreas non produce insulina a causa della distruzione delle cellule β che producono questo ormone: è quindi necessario che essa venga iniettata ogni giorno e per tutta la vita. La velocità di distruzione delle β-cellule è, comunque, piuttosto variabile, per cui l’insorgenza della malattia può avvenire rapidamente in alcune persone, solitamente nei bambini e negli adolescenti, e più lentamente negli adulti (in questi rari casi si parla di una forma particolare, detta LADA: Late Autommune Diabetes in Adults).

La causa del diabete tipo 1 è sconosciuta, ma caratteristica è la presenza nel sangue di anticorpi diretti contro antigeni presenti a livello delle cellule che producono insulina, detti ICA, GAD, IA-2, IA-2β. Questo danno, che il sistema immunitario induce nei confronti delle cellule che producono insulina, potrebbe essere legato a fattori ambientali (tra i quali, sono stati chiamati in causa fattori dietetici) oppure a fattori genetici, individuati in una generica predisposizione a reagire contro fenomeni esterni, tra cui virus e batteri. Quest’ultima ipotesi si basa su studi condotti nei gemelli monozigoti (identici) che hanno permesso di dimostrare che il rischio che entrambi sviluppino diabete tipo 1 è del 30-40%, mentre scende al 5-10% nei fratelli non gemelli e del 2-5% nei figli. Si potrebbe, quindi, trasmettere una “predisposizione alla malattia” attraverso la trasmissione di geni che interessano la risposta immunitaria e che, in corso di una banale risposta del sistema immunitario a comuni agenti infettivi, causano una reazione anche verso le β cellule del pancreas, con la produzione di anticorpi diretti contro di esse (auto-anticorpi). Questa alterata risposta immunitaria causa una progressiva distruzione delle cellule β, per cui l’insulina non può più essere prodotta e si scatena così la malattia diabetica.

 

Diabete mellito di tipo 2:

la patogenesi non è immunitaria. È correlato alla presenza di geni in prossimità del sito HLA sul cromosoma 6. È detto anche non chetosico.

Ha basi genetiche più salde della I forma, sebbene la modalità di trasmissione non sia nota. Comprende quasi la totalità dei casi, il 90-95% di tutte le forme.

 

Terapia

– insulina

 

21-185 K

 

Ipoglicemizzanti orali

 

Sono disponibili 4 categorie di ipoglicemizzanti orali:

 

Insulino-stimolanti

Sulfaniluree

Composti non-sulfanilureici: glinidi (repaglinide, nateglinide)

– Insulino-sensibilizzanti

Biguanidi: metformina

Tiazolidindioni: rosiglitazone, pioglitazone

Inibitori delle a-glicosidasi intestinali

acarbosio, miglitolo

– Farmaci agenti sull’asse delle incretine

incretino-mimetici (exenatide)

inibitori della dipeptidil-peptidasi IV

 

 

– Chirurgia bariatrica

 

Una scoperta abbastanza recente che sta suscitando interesse da parte della comunità scientifica è rappresentata da un miglioramento del DM2 dopo interventi di chirurgia bariatrica, con le seguenti percentuali:

 

Procedure restrittive: miglioramento del diabete mellito di tipo 2 nel 40-70% dei casi (Bendaggio gastrico: 48%; Gastroplastiche: 72%).

By-Pass Gastrico: miglioramento nell’84% dei casi.

Diversione Biliopancreatica: miglioramento nella quasi totalità dei casi.

 

La chirurgia bariatrica quindi, uno strumento chirurgico di dimagrimento, può avere effetti positivi sulla cura del diabete.

 

La posizione dell’American Diabetes Association è che gli interventi chirurgici per trattare l’obesità possono in alcune situazioni essere favorevoli a miglioramenti nel diabetico.

Tuttavia gli studi di lunga durata rimangono limitati, poiché i pazienti diabetici sono ad elevato rischio per la mortalità cardiovascolare postoperatoria.

 

 

TEST ORALE DI TOLLERANZA AL GLUCOSIO

 

Il test orale di tolleranza al glucosio, o OGTT (Oral Glucose Tolerance Test) è un test clinico che viene utilizzato per controllare se un paziente ha un metabolismo del glucosio normale. Viene anche chiamato curva da carico orale di glucosio o semplicemente curva da carico.

 

Utilità

 

L’OGTT permette di valutare come la concentrazione di glucosio (e di insulina nel caso in cui venga associato a dosaggio dell’insulina) cambia nel sangue dopo l’assunzione di una dose nota. Quindi se il corpo ha un metabolismo glucidico normale o alterato. In condizioni normali, dopo un carico orale di glucosio, nel sangue aumenta la glicemia dopo qualche minuto. Le cellule beta del pancreas vengono stimolate dall’alta concentrazione di glucosio a secernere insulina, che è già pronta all’interno del loro citoplasma “impacchettata” in vescicole di secrezione. Attraverso il processo dell’esocitosi riversano l’insulina nel sangue. L’insulina è una piccola molecola con funzione di ormone che stimola i tessuti a captare il glucosio presente nel sangue; agisce soprattutto sui muscoli. Quindi in definitiva l’insulina abbassa la concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia) perché stimola i tessuti a prelevarlo dal sangue e utilizzarlo. Nel giro di qualche ora quindi la glicemia scende a livelli simili a quelli basali.

 

Se i valori di glicemia sono alterati significa che il metabolismo del glucosio non è normale, e questo porta a fare diagnosi di diabete. La diagnosi differenziale tra diabete di tipo I e II si può fare associando all’OGTT anche la valutazione dell‘insulinemia.

 

– nel diabete di tipo I la produzione di insulina è minore rispetto alla norma perché ci sono meno cellule beta pancreatiche rispetto al normale a causa della loro distruzione da parte del sistema immunitario (patologia autoimmune)

 

– nel diabete di tipo II la produzione di insulina è superiore rispetto alla norma perché i tessuti non ricevono in modo adeguato il segnale da parte dell’insulina, solitamente per un deficit del recettore o della via di trasduzione del segnale.

 

22-140 K

 

 

IGF = (Impaired  Glucose Fasting) = alterata glicemia a digiuno

IGT = ( Impaired Glucose Tolerance) = ridotta tolleranza al glucosio

 

23-265 K

 

24-264 K

 

25-103 K

 

26-160 K

 

27-85 K

 

28-46 K

 

29-49 K

 

 

  TROMBOFILIA

 

La trombofilia (chiamata a volte ipercoagulabilità o stato protrombotico) è un’anomalia della coagulazione del sangue che aumenta il rischio di trombosi. Questo tipo di anomalia può essere riscontrato in circa il 50% delle persone che hanno avuto un episodio di trombosi (come la trombosi venosa profonda nelle gambe) non provocato da altre cause. Una parte significativa della popolazione è affetta da questa anomalia diagnosticabile ma la maggior parte di questi sviluppa la trombosi solo in presenza di altri fattori di rischio.

 

Non esiste un trattamento specifico per la maggior parte dei trombofiliaci ma il verificarsi di episodi ricorrenti di trombosi può essere un’indicazione per prescrivere una terapia anticoagulante di lungo termine. La forma principale di trombofilia, la deficienza di antitrombina, fu identificata nel 1965 mentre le anomalie più comuni (incluso il fattore V di Leiden) furono descritte negli anni novanta.

 

30-165 K

 

 

Trombofilia congenita

 

I tipi più comuni di trombofilia congenita sono quelli che insorgono come risultato della sovrattività dei fattori di coagulazione. Sono relativamente poco gravi e quindi sono classificati come:

 

Difetti di tipo II

 

i più comuni sono:

 

fattore V Leiden (una mutazione del gene F5 alla posizione 1961) ed una mutazione nel gene della protrombina (alla posizione 20210 del gene nella 5’ UTR).

 

Difetti di tipo I

 

sono più gravi,i principali sono:

 

– deficit di antitrombina III

– deficit di proteina C

– deficit di proteina S

 

Trombofilie mediamente rare sono la:

 

mutazione del fattore XIII

disfibrinogemia familiare (una anomalia del fibrinogeno)

 

 

Gli individui con il sangue diverso dal gruppo 0 hanno un rischio relativo da 2 a 4 volte superiore.

Gli individui con sangue gruppo 0 hanno un livello più basso del fattore di von Willebrand e del fattore VIII che conferisce una protezione dalla trombosi.

 

 

Trombofilia acquisita

 

Vi sono numerose condizioni acquisite che possono aumentare il rischio di trombosi,un esempio è la sindrome da anticorpi antifosfolipidi che è causata dall’azione degli anticorpi sui costituenti della membrana cellulare,in particolare l’anticoagulante lupico (scoperto inizialmente nelle persone ammalate di lupus eritematoso sistemico,ma spesso presente in persone non affette dalla malattia), gli anticorpi anticardiolipina e anticorpi anti-β2-glicoproteina 1.

In alcuni casi,la sindrome antifosfolipidica può causare sia trombosi venosa che arteriosa.

E’ spesso fortemente associata con l’infarto.

 

Il rischio di trombosi aumenta in alcune condizioni come:

 

– emoglobinuria parossistica notturna

– anemia emolitica

– anemia drepanocitica

– policitemia vera

– trombocitosi essenziale

– cancro e metastasi

– catetere venoso centrale per la chemioterapia

– sindrome nefrosica

– malattia di Crohn

– colite ulcerosa

– gravidanza

– pillola anticoncezionale (estrogeno)

– terapia ormonale sostituitva (estrogeno)

– obesità

 

 

Oltre agli effetti sulla trombosi, stati di ipercoagulabilità possono accelerare lo sviluppo dell’aterosclerosi, il disturbo arterioso che può causare l’infarto miocardico ed altre malattie cardiovascolari.

 

 

Esami di laboratorio

 

I test per la trombofilia comprendono

 

emocromo

– tempo di protrombina

– tromboplastina parziale

– trombina

– reptilasi

– anticoagulante lupico

– anticorpo anti-cardiolipina

– anticorpo anti-β2-glicoproteina 1

– resistenza alla proteina C attivata

– test del fibrinogeno

– fattore V Leiden

– mutazioni della protrombina

– omocisteina basale

 

I test possono essere ulteriormente approfonditi.

 

 

Sindrome da anticorpi antifosfolipidi  (APA)

 

E’ caratterizzata da:

 

– trombosi arteriose e venose

– aborti spontanei

– trombocitopenia

– anticorpi antifosfolipidi

 

è abbastanza diffusa in presenza di:

 

lupus eritematoso sistemico

– sclerosi sistemica

– artrite reumatoide

– malattia di Behcet

– morbo di Crohn

– tumori maligni

– infezioni (HIV)

– alcuni farmaci

 

 

Gli anticorpi antifosfolipidi  (aPL) vengono divisi in 3 classi :

 

anticardiolipina (aCL) ( IgG, IgM, IgA )

antibeta2glicoproteina 1 (antiβ2GPI) ( IgG, IgM, IgA )

lupus anticoagulant (LAC)

 

La loro azione anticorpale è diretta contro varie combinazioni di fosfolipidi.

La presenza di anticorpi antifosfolipidi varia nella popolazione dall’1 al 5%.

 

Anticorpi anti beta-2-glicoproteina

 

sinonimoAnti-β2-GP1

 

significato clinico

 

Gli anticorpi anti-ß2 glicoproteina 1, IgG-IgM-IgA appartengono alla classe degli anticorpi antifosfolipidi rilevati nella sindrome da antifosfolipidi (APS), caratterizzata da trombosi venose e/o arteriose ricorrenti, poliabortività e presenza nel siero di anticorpi antifosfolipidi.

La ß2 glicoproteina I è un cofattore proteico che si lega ai fosfolipidi di membrana e pare essere il principale determinante antigenico per gli anticorpi antifosfolipidi. Gli anticorpi anti-ß2 glicoproteina I hanno quindi una maggiore specificità rispetto ad altri anticorpi nella diagnostica dell’APS.

 

Valori di riferimento

 

Anticorpi anti-beta 2 glicoproteina 1 IgA

< 20 U/ml : negativo

>= 20-40 U/ml : positivo basso

>= 40-80 U/ml : positivo medio

>= 80-160 U/ml : positivo alto

 

Anticorpi anti-beta 2 glicoproteina 1 IgG

< 20 U/ml : negativo

>= 20-40 U/ml : positivo basso

>= 40-80 U/ml : positivo medio

>= 80-160 U/ml : positivo alto

 

Anticorpi anti-beta 2 glicoproteina 1 IgM

< 20 U/ml : negativo

>= 20-40 U/ml : positivo basso

>= 40-80 U/ml : positivo medio

>= 80-160 U/ml : positivo alto

 

Anticorpi anticardiolipina

 

sinonimiACL

 

significato clinico

 

Gli anticorpi anti-cardiolipina IgG e IgM fanno parte del gruppo di autoanticorpi rilevati nella così detta sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS, antiphospholipid syndrome).

La cardiolipina è un fosfolipide anionico di cui è ricca la membrana interna dei mitocondri contro la quale sono diretti appunto gli ACL in presenza di un importante cofattore, la ß2 glicoproteina I. Nella sindrome APS si manifestano trombosi venose e/o arteriose ricorrenti, poliabortività e presenza nel siero di anticorpi antifosfolipidi. Si distingue una APS primaria propriamente detta e una APS secondaria a connettiviti, in particolare LES.

 

Valori di riferimento

 

Anticorpi IgG

< 20 : negativo GPL-U/ml

>= 20-40 : positivo basso GPL-U/ml

>= 40-80 : positivo medio GPL-U/ml

>= 80-160 : positivo alto GPL-U/ml

 

Anticorpi IgM

< 20 : negativo MPL-U/ml

>= 20-40 : positivo basso MPL-U/ml

>= 40-80 : positivo medio MPL-U/ml

>= 80-160 : positivo alto MPL-U/ml

 

Anticorpi IgA

< 20 : negativo APL-U/ml

>= 20-40 : positivo basso APL-U/ml

>= 40-80 : positivo medio APL-U/ml

>= 80-160 : positivo alto PL-U/ml

 

Nota

 

Infezioni (sifilide, micoplasmi, HIV), farmaci (anticonvulsivanti) possono dare positività di solito a basso titolo.

La positività va confermata con uno o più prelievi a distanza di almeno sei settimane dal primo. Un titolo medio-alto è maggiormente significativo per la diagnosi di APS. Utile la conferma con il dosaggio degli anticorpi anti-ß2 glicoproteina I.

 

LAC

 

sinonimi: Lupus anticoagulant

 

significato clinico

 

Gli anticorpi circolanti di tipo lupico (LAC) sono un gruppo di anticorpi che provocano un allungamento del tempo di coagulazione dipendente dai fosfolipidi.

Il termine “anticoagulante” si riferisce solo al test di laboratorio in vitro; in vivo invece la presenza del LAC comporta un aumento di fenomeni di tipo trombotico.

La forma primitiva rientra nella così detta APS (antiphospholipid syndrome) caratterizzata da trombosi venose e/o arteriose ricorrenti, poliabortività e presenza di anticorpi anti-fosfolipidi.

La forma secondaria si riscontra nelle connettiviti (in particolare LES), infezioni (lue, malattia di Lyme, micoplasmi, virus), emopatie, tumori.

 

Nota

 

Anticoagulanti (eparina, warfarin, cumarolici) e deficit di fattori della coagulazione possono indurre false positività.

La positività al LAC va confermata con uno o più prelievi a distanza di almeno sei settimane dal primo.

 

 

Diagnosi

 

I criteri diagnostici attualmente accettati per la definizione della sindrome sono i cosiddetti “Criteri di Sapporo“, stabiliti da un gruppo internazionale di esperti nel 1999. La diagnosi di Sindrome APA richiede la presenza di almeno uno dei seguenti criteri clinici ed uno laboratoristico, indipendentemente dall’intervallo di tempo esistente fra l’evento clinico ed il dato di laboratorio:

 

Criteri clinici

 

1 – Trombosi vascolari:

uno o più episodi di trombosi arteriosa, venosa o del microcircolo, in ogni tessuto od organo. La trombosi deve essere confermata dalla diagnostica per immagini, dal doppler o dall’istopatologia, con l’eccezione delle trombosi venose superficiali. Per la conferma istopatologica, la trombosi dev’essere presente senza significativa evidenza di infiammazione della parete vascolare.

 

2 – Patologia ostetrica:

 

una o più morti di feti morfologicamente normali da causa sconosciuta alla o oltre la 10ª settimana di gravidanza. La normale morfologia fetale deve essere documentata dall’ecografia o dall’esame diretto del feto; oppure

una o più nascite premature di neonati morfologicamente normali alla o prima della 34ª settimana di gravidanza, a causa di pre-eclampsia o eclampsia severe, o grave insufficienza placentare; oppure

tre o più aborti spontanei consecutivi da causa sconosciuta prima della 10ª settimana di gravidanza, con esclusione di anomalie anatomiche od ormonali materne o cause cromosomiche paterne o materne.

 

Criteri di laboratorio

 

1 – Positività (titolo alto o moderato) per anticorpi anticardiolipina IgG o IgM riscontrabile in due o più occasioni a distanza di almeno 6 settimane, misurata con un test ELISA standardizzato per anticorpi anticardiolipina β2 – glicoproteina I – dipendenti.

 

2 – Positività per LAC diagnosticata in accordo ai criteri SSC – ISTH, riscontrabile in due o più occasioni a distanza di almeno 6 settimane:

 

Prolungamento di almeno un test della coagulazione fosfolipide – dipendente (test di screening).

Evidenza di un’attività inibitoria dimostrata dall’effetto del plasma paziente su un pool di plasmi normali

– Evidenza che l’attività inibitoria sia dipendente dai fosfolipidi (test di conferma)

Esclusione di altre coagulopatie

 

Trattamento

 

Non esiste un trattamento specifico per la trombofilia, a meno che non sia causata da altre malattie (come la sindrome nefrotica), in questo caso si tratta la malattia sottostante. Negli individui affetti da trombosi ricorrenti o senza una causa apparente o in quelli con alto rischio di trombofilia, la decisione più importante è se consigliare l’uso di anticoagulanti come il warfarin per lunghi periodi in modo da ridurre il rischio di ulteriori episodi. Questo rischio dev’essere confrontato con quello di emorragie causate dai farmaci, dal momento che il rischio di gravi emorragie è del 3% all’anno e l’11% di queste può causare la morte.

 

Il rischio trombotico si può ridurre con l’uso di farmaci come:

 

anticoagulanti dicumarolici  (sintrom, coumadin)

in modo da portare l’INR del tempo di protrombina fra 2,5 e 3,5

antiaggreganti piastrinici ( acido acetilsalicilico, clopidogrel )

eparine a vario peso molecolare (nella fase acuta)

megadosi di niacina

plasmaferesi + farmaci inussopressori + boli di immunoglobuline (nei casi gravi)

 

ed eliminando:

 

estrogeni (pillola anticoncezionale)

– steroidi ad alte dosi

– alcool

– fumo

– iperlipidemia

 

 

 

FATTORE V LEIDEN

 

Il fattore V di Leiden (a volte indicato come: fattore VLeiden) è una variante della proteina fattore V umana. Questa variante aumenta il rischio di trombosi venosa poiché causa uno stato di ipercoagulabilità del sangue. Il Fattore V di Leiden è lo stato di ipercoagulabilità ereditario più diffuso negli eurasiatici. Il nome deriva dalla città di Leida (Paesi Bassi), dove fu identificato per la prima volta nel 1994 dal gruppo di ricerca del professore Rogier Bertina.

 

31-165 K

 

 

Il fattore V è uno dei peptidi coinvolti nella cascata coagulativa plasmatica. Svolge la sua azione come cofattore del fattore X per attivare l’enzima protrombina (fattore II) a trombina, il quale, a sua volta, spezza la molecola di fibrinogeno a fibrina, che polimerizza in una grossa rete che compone la maggior parte di un coagulo. Il suo effetto pro-coagulante è normalmente inibito dalla Proteina C attivata (PCa, un anticoagulante naturale) che limita l’estensione del coagulo attraverso il taglio del fattore V attivato a livello di una unità di arginina rendendolo inattivo. Una variazione del gene (polimorfismo) comporta la sostituzione dell’arginina con un altro aminoacido, la glutammina, la quale impedisce il taglio da parte della Proteina C attivata. Il fattore mutato (detto di Leiden, dalla città in cui fu scoperto) diventa così resistente all’azione della proteina C attivata e ha una maggiore attività pro-coagulante che predispone alla trombosi. L’ipercoagulabilità determinata dal fattore di V di Leiden rientra negli elementi predisponenti la trombosi venosa profonda (TVP), riassunti nella “triade di Virchow“: danno endoteliale, stasi venosa, stati di ipercoagulabilità.

 

La posizione iniziale della variante genetica può essere la posizione 1691 o 1746, poichè la nomenclatura non è standardizzata,il polimorfismo può essere indicato in modi diversi come:

 

G1691 G>A

– 1601 G>A

e altri.

Queste varianti riducono la capacità di inattivare il fattore V,che rimanendo attivo continua a produrre trombina,si forma così un eccesso di fibrina e un coagulo eccessivo.

 

L’eccesso di coagulazione provocato da questa alterazione è quasi totalmente ristretto alle vene.

Le donne che hanno questa anomalia hanno anche un maggior rischio di aborto e di morte fetale.

 

E’  molto raro che che questa variante possa provocare trombi arteriosi,di conseguenza,ictus o infarto cardiaco,è più comune invece,l’attacco ischemico transitorio (TIA), i rischi sono maggiori per chi ha entrambi gli alleli (omozigote) rispetto a chi ne ha solo uno.

In più,poichè questa alterazione si manifesta con una dominanza incompleta,soggetti con la stessa variazione possono manifestare gradi diversi di rischio.

 

Diagnosi

 

Ci sono vari metodi per diagnosticare questo fattore di rischio,ad esempio:

 

dRVVT (tempo di veleno della vipera di Russell)

test del PTT

 

Nota

 

Il PTT  (tempo di tromboplastina parziale) o aPTT (tempo di tromboplastina parziale attivata) è un valore numerico  che fornisce informazioni della via intrinseca della coagulazione e della via di coagulazione comune.

Il test PTT  viene utilizzato per monitorare l’effetto dell’eparina sul sistema di coagulazione di un paziente.

Viene utilizzato in combinazione con il tempo di protrombina  (PT) che misura invece la via estrinseca della coagulazione.

Tempo di coagulazione al caolino (KCT), tempo di cefalina caolino, sono nomi storici ormai in disuso del tempo di tromboplastina parziale.

 

In entrambe questi metodi,il tempo necessario per formare il coagulo è ridotto.

È disponibile anche un test genetico per rilevare questa variazione: la sostituzione amminoacidica rimuove un sito di clivaggio per l’endonucleasi di restrizione MnlI. L’amplificazione del DNA con la PCR, il trattamento con l‘enzima MnlI, e l’elettroforesi del DNA risultante possono, infine, portare alla diagnosi.

 

Valori

 

– aPTT  = 28-40 secondi

aPTT  per paziente in eparina  =  1,5-2,5 volte i valori normali

aPTT > 100 secondi indica un elevato rischio di sanguinamento spontaneo

PT  =   11 – 13 secondi

 

Aumento aPTT

 

– Utilizzo di eparina

– Deficit di fattori della coagulazione (ad esempio emofilia)

– Inibitori della coagulazione (ad esempio anticorpi antifosfolipidi)

 

Diminuzione aPTT

 

La riduzione dell’aPTT si considera abbia una scarsa rilevanza clinica. Tuttavia esistono alcune ricerche che indicano che potrebbe aumentare il rischio di tromboembolia. Una riduzione dell’aPTT sembra inoltre verificarsi anche in soggetti affetti da diabete mellito e da ipertiroidismo.

 

Interpretazione

 

32-165 K

 

 

Quando un tessuto del corpo viene ad essere ferito ed inizia a sanguinare, comincia una sequenza di attività di fattori della coagulazione chiamato “cascata della coagulazione“, che porta alla formazione di un coagulo di sangue. La cascata ha tre percorsi: una via estrinseca, una via intrinseca, ed una via comune. I fattori della coagulazione noti sono tredici. Molti di questi fattori sono condivisi da entrambe le vie, altri si trovano in una sola via. Il test PTT valuta i fattori presenti nelle vie intrinseca e comune. Di solito viene effettuato in combinazione con altri test, ad esempio il test di protrombina (PT), che valutano i fattori della via estrinseca. La valutazione della combinazione di test restringe l’elenco dei possibili fattori mancanti o difettosi.

 

Alterazioni del PTT possono far sospettare:

 

deficit dei fattori  XII, XI, IX, VIII

Deficit di fattori coinvolti esclusivamente nella via intrinseca come fattore XII e X non sono in genere collegati a manifestazioni emorragiche.

 

– deficit di fattori della via intrinseca ma coinvolti anche in reazioni della via estrinseca,sono correlati a gravi coagulopatie ereditarie,il deficit di fattore VIII  è responsabile dell’emofilia A,mentre il deficit del fattore IX determina emofilia B.

 

– tali deficit non sono riscontrabili effettuando il tempo di Protrombina (PT)

Alcuni farmaci, oltre all’eparina, possono influenzare i risultati del test PTT. Questi farmaci includono gli antistaminici, la vitamina C (acido ascorbico), l’aspirina, e la clorpromazina.

 

Terapia

 

Le donne con questa variante genetica dovrebbero evitare i fattori di rischio per la trombosi, l’uso di contraccettivi orali e richiedono una profilassi anticoagulante (eparina) in caso di traumi od operazioni chirurgiche. In caso di interventi medici che aumentano il rischio di trombosi venosa, il fattore V di Leiden viene considerato per modulare la terapia anticoagulante alle necessità.

 

 

MTHFR – mutazione genetica

 

Sinonimi

 C677T

A1298C

Trombofilie

 

Significato clinico

 

La mutazione da citosina (C) a timina (T) in posizione 677 del gene della MTHFR (MetilenTetraHydroFolatoReduttasi) causa una riduzione del 50 % dell’attività enzimatica di questa proteina. Questa variante ha una trasmissione autosomica recessiva e porta ad un aumento del livello plasmatico di omocisteina, specie dopo carico orale di metionina.

La frequenza genica della mutazione in Europa è del 3-3,7%, con una prevalenza del genotipo omozigote pari all’8-15% della popolazione e del genotipo eterozigote pari al 42-46%.

Il danno e il rischio vascolare da iperomocisteinemia (aumento del livello plasmatico di omocisteina) sono graduali e continui e non esiste quindi una soglia discriminante il rischio dal non-rischio. Ammettendo l’esistenza di una relazione lineare tra livelli di omocisteina e rischio di trombosi, si è calcolato che un incremento di 5 µmoli/l di omocisteina causa un aumento di 7 volte del normale rischio di arteriopatie periferiche e di 2,6 volte del normale rischio di trombosi venosa agli arti (soprattutto in persone giovani, sotto i 40 anni, e donne).

Anche una seconda alterazione nel gene della MTHFR, la sostituzione di una adenina con una citosina in posizione 1298 (A1298C), è stata associata ad una diminuzione dei livelli di MTHFR. In particolare, i soggetti portatori in omozigosi mantengono un’attività enzimatica pari al 60%.

I doppi eterozigoti (portatori di entrambe le mutazioni C677T e A1298C) conservano un’attività pari al 50-60%.

Il rischio relativo per il tromboembolismo venoso dovuto ad una diminuita attività dell’MTHFR può aumentare in condizione di doppia eterozigosi, ossia di copresenza, della variante Leiden del fattore V o della variante G20210A della protrombina.

Il deposito sulla parete vasale di omocisteina, in seguito a mutazioni dell’MTHFR, risulta lesivo sia mediante un’azione diretta sull’endotelio e sulla parete vasale, sia attraverso un’azione sui fattori della coagulazione, sulle lipoproteine e sulle piastrine, con un aumento, in quest’ultimo caso, della adesività e della aggregabilità piastrinica.

Le mutazioni C677T e A1298C rappresentano tuttavia un fattore di rischio cardiovascolare solo in soggetti con basso status di folati: ciò sottolinea quindi l’importanza, sia nella prevenzione che nella terapia, dell’apporto nutrizionale di acido folico, il cui deficit risulta un cofattore patogeno necessario.

 

Indicazioni cliniche

 

Screening trombofilia

 

Valori di riferimento

 

OMOCISTEINA DNA (MTHFR) A1298C:

I allele: non mutato

II allele: non mutato

Genotipo: Omozigote non mutato

 

OMOCISTEINA DNA (MTHFR) C677T:

I allele: non mutato

II allele: non mutato

Genotipo: Omozigote non mutato

 

Metodo

 

PCR real Time

 

 

OMOCISTEINA

 

molto importante è la sua valutazione,essa è un aminoacido solforato che origina dal metabolismo della metionina (un altro aminoacido comunemente presente negli alimenti animali).

A fronte di un fabbisogno giornaliero nell’adulto stimato in circa un grammo di metionina, l’introduzione media della popolazione occidentale è più o meno doppia.

 

Valori plasmatici di omocisteina superiori a 12 mmol/l, aumentano il rischio cardiovascolare

 

L’iperomocisteina può essere controllata consumando adeguate quantità di acido folico (vitamina presente nei vegetali a foglia verde crudi,meno in quelli cotti), vitamina B6 e B12.

 

Sinonimi

Hcy

 

Significato clinico

 

L’omocisteina è un prodotto intermedio del metabolismo della metionina, un aminoacido essenziale.

Deficienze di acido folico e di vitamina B12 e B6, così come una ridotta attività enzimatica della metilentetraidrofolato reduttasi (MHTFR) causano un accumulo di omocisteina che, a sua volta, è in grado di provocare distruzione delle cellule endoteliali, riduzione dell’attività anti-ossidante, stimolazione della coagulazione e, in ultima analisi, aterosclerosi e trombosi.

L’omocisteina è un fattore di rischio indipendente per l’insorgenza di una cardiopatia coronarica, per eventi trombotici, per aborto e per malformazioni fetali (difetti del tubo neurale, palatoschisi).

 

Indicazioni cliniche

 

Valutazione rischio di coronaropatia  e trombosi,screening delle gravide

 

Valori di riferimento

 

Uomini: < 15 µmol/l

Donne: < 13 µmol/l

> 60 anni:  < 20 µmol/l

 

Metodo

 

HPLC

 

 

ACIDO  FOLICO

 

Sinonimi

Folati

 

Significato clinico

 

L’acido folico è necessario per le funzioni dei globuli rossi e dei globuli bianchi e per la sintesi dei geni in tutte le cellule.

L’acido folico, come la vitamina B12, sono necessari per la sintesi del DNA.

Entrambi dipendono dalla normale funzione dell’intestino per il loro assorbimento dagli alimenti.

L’acido folico è presente nelle uova, nel latte, nei vegetali a foglia, nei lieviti, nel fegato, nella frutta, e viene anche prodotto dai batteri intestinali; viene immagazzinato nel fegato.

Il suo fabbisogno giornaliero va dai 50 ai 100 microg/die. Le sue riserve epatiche sono molto labili e possono rapidamente esaurirsi nel caso di scarso apporto nutrizionale.

Il test è indicato nella diagnosi differenziale dell’anemia megaloblastica. Bassi livelli di folato nel siero significano che la dieta è stata negli ultimi tempi povera di folati, che l’assorbimento intestinale è stato insufficiente, o entrambi.

Per la completezza della diagnosi deve essere misurata nel siero anche la Vitamina B12, perchè in più del 50% dei casi di anemia megaloblastica c’è una carenza di B12 piuttosto che di folati.

Carenze dell’Acido Folico possono essere dovute o ad aumentato fabbisogno (gravidanza, allattamento, crescita, tumori, infezioni) o a ridotto apporto nutritivo (malnutrizione, alcolismo) oppure a malassorbimento (celiachia, sprue, malattia infiammatoria intestinale, resezioni intestinali).

Nei primi mesi di gravidanza la somministrazione giornaliera di Acido Folico risulta molto utile nella prevenzione dei difetti del tubo neurale (anencefalia, spina bifida).

 

Indicazioni cliniche

 

Anemia megaloblastica da carenza, gravidanza, terapia con farmaci (methotrexate), malassorbimento, alcolismo, iperomocistinemia.

 

Valori di riferimento

2,8 – 16,9 ng/ml

 

Nota

 

Farmaci antagonisti dell’acido folico

 

Farmaci antagonisti dell’Acido Folico: methotrexate, triamterene, trimetoprim, pirimetamina; farmaci che riducono l’assorbimento dell’Acido Folico: acido acetilsalicilico, anticonvulsivanti, isoniazide, contraccettivi orali, metformina, antiacidi, colestiramina.

Nei pazienti affetti da anemia megaloblastica da deficit di folati devono essere valutati anche i livelli sierici di Vitamina B12.

 

 

FATTORE II – Mutazione genetica – G20210A

 

Sinonimo

Ricerca mutazione Protrombina

 

Significato clinico

 

Nel gene codificante per la protrombina (proteina favorente la formazione del coagulo, quindi dei trombi), è stata descritta una mutazione puntiforme che consiste in una sostituzione di una guanina con una adenina (variante G20210A).

Questa mutazione è associata ad una aumento di circa il 30% dei livelli plasmatici di protrombina. La modalità di trasmissione ereditaria è di tipo autosomico dominante: le persone portatrici hanno una possibilità su due di trasmettere la predisposizione ai figli.

La variante genetica G20210A ha una prevalenza in Europa del 3-5%, con un gradiente crescente da nord (2-5%) a sud (3-7%), mentre è molto rara in Africa e Asia. E’ presente in circa il 10% di pazienti non selezionati per trombosi venosa, e nel 18 % degli individui affetti da trombosi o selezionati per familiarità.

L’incidenza degli omozigoti è estremamente bassa. I soggetti eterozigoti hanno un rischio circa 3 volte superiore rispetto alla popolazione generale di sviluppare una trombosi venosa, mentre gli omozigoti hanno un rischio aumentato pari a 80 volte rispetto ai non portatori. Nei soggetti eterozigoti il rischio di infarto del miocardio sembra essere aumentato di circa 5 volte nelle donne e di 1.5 volte negli uomini.

 

Indicazioni cliniche

 

Screening trombofilia

 

Valori di riferimento

 

I allele: non mutato

II allele: non mutato

Genotipo: Omozigote non mutato

 

Metodo

 

PCR Real Time

 

 

Cistationina Beta Sintetasi (CBS)

polimorfismo  T1080C – C699T

 

 

La CBS è un enzima necessario per convertire l’omocisteina in Cistatione. Tale enzima riduce i livelli di omocisteina. E’ stato dimostrato che due polimorfismi del gene CBS (C699T e T1080C) determinano un aumento dell’attività dell’enzima, riducendo la quantità di omocisteina nel sangue. Tali polimorfismi sono associati con un rischio ridotto di insorgenza di patologie coronariche.

 

 

                                              TERAPIA DELL’ATEROSCLEROSI

 

Come già detto precedentemente occorre curare le malattie che determinano o facilitano l’insorgenza dell’aterosclerosi e cioè,principalmente:

 

– Ipertensione

– Diabete

– Dislipidemia

– Aggregazione piastrinica

 

 

DISLIPIDEMIE

 

 Fibrati

 

Fenofibrato (es. Lipsin, Fulcro, Fenolibs, Lipofene): la posologia prevede di assumere una dose di attivo pari a 200 mg (1 capsula), una volta al dì; in alternativa, assumere 3 capsule da 67 mg al giorno.

Gemfibrozil (es. LOPID, Genlip, Gemfibrozil DOC): per il trattamento dell’ipertrigliceridemia, la posologia normalmente raccomandata è di 600 mg di attivo da assumere per via orale, frazionati equamente in tre dosi giornaliere, preferibilmente 30 minuti prima di colazione e della cena. In alternativa, assumere le compresse a lunga durata: 400 mg, una volta al giorno, dopo i pasti.

Clofibrato (es. Arterial, Clopir, Ellemger )

 

 

 Statine

 

Atorvastatina (es. Totalip, Torvast, Xarator). In genere, la dose iniziale  varia dai 10 ai 40 mg al dì, da assumere per via orale. Proseguire con questa posologia per 2-4 settimane. La dose di mantenimento prevede l’assunzione di 10-80 mg di attivo al dì.

Lovastatina (es. Lovinacor, Tavacor, Rextat )

Fluvastatina (es. Lescol, Lipaxan, Primesin )

Simvastatina (es. Zocor, Simvastat, Omistat, Quibus, Setorilin). Si raccomanda di iniziare la cura con una dose di farmaco variabile dai 10 ai 20 mg, da assumere per via orale, una volta al giorno. La dose di mantenimento prevede di assumere 5-40 mg di attivo al dì (una volta al giorno, la sera). Talvolta il farmaco è formulato con altri principi attivi, come ad esempio il Sitagliptin (es. Juvisync), utile per contrastare il diabete nel contesto dell’ipercolesterolemia/ipertrigliceridemia, e l’Ezetimibe (es. Vytorin). Per la cura dell’ipertrigliceridemia familiare, si consiglia di assumere una dose di farmaco di 10 mg per i ragazzi di età compresa tra i 10 ed i 17 anni, eventualmente modulando la dose ogni 4 settimane.

Pravastatina (es. Selectin, Langiprav, Sanaprav). Indicativamente, per la cura dell’ipertrigliceridemia, assumere il farmaco alla posologia di 10-40 mg, per via orale, una volta al giorno. Per la dose di mantenimento, è possibile assumere 40-80 mg di farmaco al giorno (l’aumento della dose può essere effettuato ogni 4 settimane).

 

Inibitori selettivi dell’assorbimento intestinale del colesterolo

 

Ezetimibe ( es. Goltor, Inegy, Zeklen, Zetia )

 

Niacina (es. Niaspan )

 

viene spesso associata alle statine,essa incrementa le HDL e diminuisce i trigliceridi e le LDL.

 

Resine sequestranti acidi biliari

 

sono utili per favorire l’escrezione fecale degli acidi biliari,pertanto a livello intestinale,sono in grado di ridurre il riassorbimento del colesterolo.

 

Colestipolo (es. Colestid )

Colestiramina ( Es.Questran )

Colesevelam (Es. Cholestagel )

 

acido nicotinico

 

Derivati dell’acido nicotinico: l’acido nicotinico, in monoterapia, non è assai utilizzato, a causa dei suoi effetti collaterali considerevoli. Ad ogni modo, si osserva cha alla posologia di 1,5-3 mg al giorno, il farmaco inibisce la sintesi di trigliceridi e di colesterolo, abbassandone così i livelli sierici. Il farmaco , può essere associato ad una statina, al fine di ottenere un miglior controllo sul profilo lipidico.

 

Acipomix (es. Olbetam): si tratta di un derivato dell’acido nicotinico, utilizzato in terapia per il trattamento dell’ipertrigliceridemia, alla posologia di 500-750 mg al giorno, equamente frazionati in più dosi giornaliere. Il farmaco, anche se provoca meno effetti collaterali rispetto l’acido nicotinico, è anche meno efficace. Consultare il medico.

 

– olio di pesce

– fibre alimentari, prebiotici

– integratori di acidi grassi essenziali

– carnitina

 

 Composti degli acidi omega-3

 

La somministrazione dei composti degli acidi omega-3 risulta utilissima per prevenire le complicanze (es. pancreatite) derivare dall’ipertrigliceridemia (Trigliceridi >885mg/dl)

 

Omega-3 (es. Esapent, Seacor, Eskim): indicativamente, assumere 4 grammi di farmaco al giorno, in un’unica dose o in due dosi frazionate. Per la posologia precisa: consultare il medico.

 

 

IPERTENSIONE

 

Terapia

 

– dieta ricca di potassio e fibre

– ridurre il sale

– ridurre i grassi saturi

– non fumare

– almeno 30 minuti di esercizio fisico al giorno

– NO alcolici

– ridurre lo stress

– portare il peso corporeo nella norma

 

 

 

Farmaci

 

1) Diuretici

 

Diuretici Tiazidici

 

Bloccano i meccanismi di riassorbimento dell’acqua e del sodio agendo a livello del tubulo distale,di conseguenza il volume del sangue che giunge al cuore diminuisce,così come la gitatta cardiaca,le resistenze periferiche e la pressione del sangue.

I diuretici tiazidici provocano uno squilibrio elettrolitico,soprattutto in termini di potassio,quindi si raccomanda un’integrazione di questo importante minerale.

 

Idroclorotiazide (es. Rasitrio, Esidrex)

Amiloride cloridrato + Idroclorotiazide (es. Moduretic)

L’amiloride viene spesso formulata in associazione a farmaci risparmiatori di potassio (idroclorotiazide)

 

 

 Diuretici dell’ansa

 

Il loro sito d’azione è l’Ansa di Henle,impedendo il trasporto di Cloro e Sodio nel tratto ascendente dell’ansa,così viene meno il riassorbimento dell’acqua.

Questi farmaci aumentano l’escrezione di calcio,magnesio e potassio.

Sono indicati in caso di crisi ipertensive e edema.

 

Acido etacrinico  (es.Reomax)

 

 

Diuretici risparmiatori di potassio

 

Questi farmaci evitano la perdita di potassio (ipopotassiemia),espletano la loro attività a livello del dotto collettore,antagonizzando  la funzione dell’aldosterone ,diminuendo l’assorbimento del Sodio e dell’acqua,favorendo la diuresi.

 

– Amiloride  (es. Moduretic associato all’idroclorotiazide)

Furosemide ( es. Lasix, Spirofur, Fluss)

Spironolattone ( es. Aldactone, Uractone, Spirolang )

 

Diuretici inibitori dell’anidrasi carbonica

 

Diuretici  inibitori dell’anidrasi carbonica: l’anidrasi carbonica è un enzima localizzato a livello renale ed oculare che, quando inibito, impedisce il riassorbimento del bicarbonato a livello del tubulo contorto prossimale.

 

Acetazoloamide ( es. Diamox )

 

 

Diuretici osmotici

 

Agiscono in ogni punto del tubulo renale richiamando acqua,diminuendo il riassorbimento della stessa.

 

Mannitolo  ( es. Osmohale, Man10%BIN, Isotol )

 

 

 

2) Beta-bloccanti

 

diminuiscono il tono simpatico bloccando i recettori beta a livello cardiaco.

riducono la forza di contrazione e la frequenza cardiaca

 

Atenololo (es. Atenol, Tenoretic,Tenormin)

Acebutololo cloridrato ( es. Prent, Sectral )

Timololo maleato ( es. Blocadren, Cusimolol, Lalutim )

Nebivololo ( es. Lobivon, Nebilox, Lobidiur )

Propanololo cloridrato ( es.Inderal )

Bisoprololo emifumarato (es. Concor )

Metoprololo tartrato (es. Seloken, Lopresor, Metoprololo AGE )

Carvedilolo (es. Colver )

Pindololo ( es. Visken )

 

3) ACE Inibitori

 

questi farmaci agiscono inibendo l’enzima Angiotensin I-converting enzyme (ACE), che converte l’angiotensina 1 nella sua forma attiva (angiotensina 2), responsabile della liberazione dell’aldosterone, della vasocostrizione e della stimolazione del sistema simpatico.

 

Ramipril (es. Triatec, Unipril, Eclipse )

Lisinopril (es. Zestril, Ensor, Nosilix )

Enalapril maleato (es.Converten )

Fosinopril (es. Eliten, Fosicombi, Tensozide )

 

Effetti colaterali

tosse secca,edema angioneurotico, fetopatia, rush cutanei

 

 

4) Sartani o AT-1 antagonisti

 

si tratta di farmaci inibitori dei recettori per l’angiotensina 2, responsabili di vasocostrizione, liberazione dell’aldosterone e ipertrofia. Non somministrare in gravidanza.

 

Candesartan (es. Blopress, Ratacand PLUS, Blopresid )

Eprosartan (es. Tevetens, Tiartan )

Irbesartan (es. Karvea, Karvezide, Coaprovel, Irbesartan winthrop )

 

A differenza degli ACE-inibitori,i sartani non provocano tosse secca e diminuiscono l’angioedema.

 

 

5) Calcioantagonisti

 

diminuiscono l’ingresso degli ioni calcio nelle cellule della muscolatura liscia vasale producendone un rilasciamento con diminuzione delle resistenze periferiche,quindi una diminuzione della pressione arteriosa.

 

Nitrendipina (es. Baypress )

Lercanidipina cloridrato (es. Cardiovasc, Lisitens, Zanedip )

Felodipina (es. Prevex, Feloday, Plendil )

Amlodipina besilato (es. Norvasc )

 

 

                            TERAPIA ANTICOAGULANTE

 

La terapia anticoagulante orale anche nota come TAO è un trattamento medico per il rallentamento della coagulazione del sangue, praticata soprattutto nei portatori di trombi.

 

Per ridurre questo rischio le linee guida internazionali prevedono di mantenere nei pazienti una riduzione della capacità intrinseca del sangue di coagulare tra

2 e 3,5 volte. Ciò si ottiene attraverso l‘inibizione della protrombina, uno dei fattori responsabili della coagulazione del sangue, e quindi andando a misurare il coefficiente PT (tempo di protrombina )

 

Per fare questo in modo prolungato (a volte molti anni) si utilizzano composti quali il warfarin o l’acenocumarolo che possono essere assunti per bocca sotto forma di compresse.

 

La variabilità individuale nell’assorbimento e nel metabolismo di questi farmaci e le interazioni con il cibo determinano variazioni anche rilevanti nei valori di attività della protrombina. Ciò richiede periodici controlli e aggiustamenti del dosaggio del farmaco che prendono il nome di Controlli TAO. Per gestire questi controlli e individuare la dose ottimale del farmaco da somministrare fino al successivo controllo, i medici spesso si avvalgono di software specifici come ad esempio RCmw o PARMA.

 

Tempo di protrombina

 

Sinonimi

AP, PT Quick, Attività protrombinica, INR

 

Significato clinico

 

Il tempo di protrombina (P.T.) è il più diffuso test della coagulazione ed esplora la via intrinseca (fattore VII) e quella comune (II, V, X) della cascata coagulativa. Il P.T. ha anche un ampio utilizzo nel monitoraggio della terapia con anticoagulanti dicumarinici. Il PT viene espresso in attività percentuale (attività protrombinica) ma, per migliorarne la standardizzazione, i risultati vengono espressi anche mediante un rapporto (I.N.R.) che normalizza la variabilità dei risultati tra i vari laboratori in modo da renderli confrontabili.

Il tempo di protrombina (PT) si definisce come il tempo necessario affinchè una aliquota del plasma in esame coaguli in seguito all’aggiunta di un estratto tessutale di origine umana o animale (tromboplastina) e ioni Calcio a 37 °C.

Esso dipende dalla attività dei fattori della coagulazione VII, II, V, X e fibrinogeno. Questi fattori hanno una emivita piuttosto breve, sono epatodipendenti e, tranne il fattore V, sono vitamina K dipendenti, cioè, la loro produzione dipende da una corretta attività del fegato e da una sufficiente assunzione ed assorbimento di vitamina K.

Gli anticoagulanti orali agendo come antagonisti della vitamina K che è coinvolta nel processo maturativo, inducono una produzione di fattori della coagulazione inattivi.

 

Valori di riferimento

 

70 – 110 %

 

Note

 

Per i pazienti in terapia anticoagulante il range dell’attività protrombinica si colloca tra il 18-38%, corrispondente ad una standardizzazione dell’INR tra il

2.0 – 4.0.

Numerosi farmaci possono indurre un aumento dell’INR, in particolare ricordiamo antibiotici e antinfiammatori.

L’impiego diagnostico del PT è identificare carenze congenite dei fattori coagulativi ( II, V, VII; X ), identificare carenze acquisite (danno epatico, Coagulazione Intravascolare Disseminata ), monitorare la terapia con anticoagulanti orali. Il risultato del PT è espresso in secondi oppure sotto forma di INR (International Normalized Ratio).

 

 

 

                                TERAPIA ANTIAGGREGANTE

 

I farmaci antiaggreganti, detti anche farmaci antiaggreganti piastrinici o, più semplicemente farmaci antipiastrinici, sono una categoria di farmaci in grado di interagire negativamente con la funzione di aggregazione piastrinica, prevenendo così la formazione di trombi ed emboli di origine trombotica.

 

Meccanismo d’azione

 

farmaci antipiastrinici possono agire attraverso tre meccanismi:

 

Interazione con i recettori piastrinici per sostanze prodotte all’esterno delle piastrine, quali il collagene, la trombina, alcune prostacicline e le catecolamine.

Interazione con i recettori piastrinici per sostanze prodotte all’interno delle piastrine come l’ADP, la serotonina e le prostaglandine D2 e E2.

Interazione con i recettori piastrinici per sostanze prodotte all’interno delle piastrine come il trombossano A2, cAMP, cGMP e gli ioni calcio.

 

Farmaci

 

I farmaci maggiormente utilizzati sono:

 

acido acetilsalicilico, che è anche un FANS

clopidogrel

ticlopidina

dipiridamolo

cilostazolo

abciximab

integrelina (eptifibatide)

tirofiban

 

33-205 K

 

34-236 K

 

35-268 K

 

36-206 K

 

37-258 K

 

38-254 K

 

39-245 K

 

40-187 K

 

41-200 K

 

42-132 K

 

43-279 K

 

44-224 K

 

45-244 K

 

46-2454 K

 

48-186 K

 

49-121K

 

 

 

INTEGRAZIONE ALLA VOCE “ATEROSCLEROSI”

 

Come già abbiamo detto,i vasi maggiormente interessati dal processo aterosclerotico e dalle sue conseguenze sono:

 

 

aorta addominale;

arterie coronarie (entro i primi 6 cm);

arterie poplitee e femorali;

–  aorta toracica;

–  carotidi interne

– circolo di Willis (a.vertebrale, a.basilare, a.carotide interna)

 

 

AORTA ADDOMINALE

 

50-78 K

 

51-73 K

 

52-120 K

 

53-110 K

 

54-134 K

 

55-204 K

 

56-151 K

 

57-65 K

 

58-181 K

 

59-120 K

 

60-154 K

 

61-224 K

 

62-212 K

 

63-114 K

 

64-56 K

 

65-79 K

 

66-71 K

 

ARTERIA FEMORALE

 

67-122 K-

 

ARTERIA POPLITEA

 

68-89 K

 

AORTA TORACICA

 

69-71

 

70-116 K

 

CAROTIDE INTERNA

 

71-141 K

 

72-109 K

 

73-102 K

 

74-106 K

 

75-103 K

 

POLIGONO DI WILLIS

 

76-138 K

 

77-150 K

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

60 Risposte a “INDICE DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE (I.R.C.) – 2°”

  1. AAYKFHQDD ///// scrive:

    Atherosclerosis is a very dangerous and insidious disease, you do not realize anything for so many years and then suddenly comes .I I’ve had a lot of cholesterol problems and I cared for so long, now I have everything under control and I hope to avoid both heart attack that stroke. I check regularly because I have a great fear.

  2. Luz (SEO) scrive:

    I was always careful not to make food exaggerations, but I always had considerable problems especially with triglycerides that I hardly maintained within normal limits. I’ll try to improve nutrition and then we’ll see.

  3. Giovanna scrive:

    I had my father suffering from atherosclerosis which caused him many problems, it is always treated with attention, but he had a heart attack and it was operated two .now is well enough, reading your article, I learned a lot. yet I will read your articles.

  4. seo - poceyd Ranking /// Phoenix scrive:

    I have always fought against atherosclerosis, but I always found it very difficult to maintain a proper diet because I can not control my sense of appetite .After reading this article I will work certainly much more.

  5. Anusha, Coventry scrive:

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  12. Alton,,// / Eindhoven scrive:

    Now I know everything about atherosclerosis

  13. Baldwin ..//-- Losanna scrive:

    Now I understand what the infarct depends on

  14. Bastian ____ Anversa scrive:

    I really like what you said on angioplasty

  15. Sotira ,, = // Zurigo scrive:

    I understood everything about triglycerides

  16. Xeni % Klagenfurt scrive:

    I did not know all these things about the Apolipoproteins. Thanks

  17. Monike Bruges scrive:

    I liked the treatment of atherosclerosis

  18. Tabetha Siviglia scrive:

    With this blog I understand a lot more about atherosclerosis therapy

  19. Kyriake scrive:

    I learned a lot from this blog – TY

  20. Basil scrive:

    The heart attack is a bad thing, I will take note of your advice

  21. Shirley Lancaster scrive:

    The functioning of the heart is a wonderful thing

  22. Allen - " Kentucky scrive:

    gorgeous !!

  23. Tisha Helmond scrive:

    Atherosclerosis is a bad beast!

  24. Rosanna scrive:

    I like the treatment of triglycerides

  25. Muriel ((( Charleroi scrive:

    We must eat less fat and less sugars

  26. Mariel -- == Bilbao scrive:

    We must eat better to avoid the heart attack!

  27. Naomi Linz scrive:

    Now I control cholesterol and everything goes much better

  28. Marlene ...... Augusta scrive:

    We should control a little more blood pressure to stay calm!

  29. Stephane- Lugano scrive:

    with this post I learned to eat properly

  30. Lindsay scrive:

    All of us should reduce the calories intake with the diet

  31. Apodisis --.. Atene scrive:

    I do regular blood tests and now I’m much better

  32. Kim [[[ Oregon scrive:

    we must learn to eat less calories

  33. Babylas -_ Olimpia scrive:

    unfortunately I had high cholesterol and I had to put a stent

  34. Barrett scrive:

    It is very important to keep the pressure below 140/90

  35. Tasha , Massachusetts scrive:

    I learned so many things to reduce the risk of heart attack thanks

  36. Arden Apolda scrive:

    I have a three month diet and cholesterol has decreased

  37. Sandy Idaho scrive:

    the only means to reduce cholesterol is to take simvastatin

  38. Athanasios scrive:

    The secret is eating a few calories!

  39. Aloysius scrive:

    I’ve made some cholesterol treatments, now I’m a lot better

  40. Velma . Delaware scrive:

    I managed to reduce cholesterol and triglycerides and now I’m much better off!

  41. Meghan Parigi scrive:

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