INDICE DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE (I.R.C.) – 1°
ARGOMENTI TRATTATI
– Fattori di rischio cardiovascolare
– Colesterolo
– Lipoproteine
– Trigliceridi
– Peso corporeo
– Peso forma
– Obesità
– Bioimpedenziometria
– Girovita
– WHR
– Plicometria
– Circonferenza torace
– Circonferenza coscia
– Circonferenza polso
– Circonferenza braccio
– Circonferenza collo
– Fabbisogno energetico
FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE
I fattori di rischio cardiovascolare sono specifiche condizioni che risultano statisticamente correlate a una malattia cardiovascolare, e che pertanto si ritiene possano concorrere alla sua patogenesi.
I fattori di rischio non sono pertanto da considerare agenti causali, ma indicatori di probabilità di comparsa di una coronaropatia; la loro assenza non esclude la comparsa della malattia, ma la presenza di uno di essi, e ancor di più la compresenza di più fattori di rischio legati fra loro, ne aumenta notevolmente il rischio di insorgenza e di sviluppo.
Colesterolo
– Circa l’80-90% del colesterolo totale viene prodotto autonomamente dal nostro organismo,soprattutto dal fegato ma anche dal surrene e dalle ghiandole sessuali.
– Ciò spiega come mai in alcuni soggetti,nonostante una alimentazione equilibrata ed un regolare programma di attività fisica,i livelli di colesterolo permangano elevati.
In questi casi si parla di Ipercolesterolemia familiare.
– Essendo il colesterolo un lipide, è scarsamente solubile in acqua e per essere trasportato nel torrente circolatorio necessita, pertanto, di legarsi a specifiche lipoproteine. Il colesterolo si lega sopratutto alle lipoproteine a bassa densità o LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo). Si calcola infatti che circa il 60-80% del colesterolo totale sia legato alle LDL.
– Il colesterolo in eccesso legato a tali lipoproteine tende ad accumularsi sull’endotelio delle arterie, formando aggregati sempre più densi fino a generare delle vere e proprie placche, dette ateromi.
Queste placche fanno perdere la naturale elasticità delle arterie e possono causare gravi danni soprattutto al cuore (infarto) o al cervello (ictus) .
– Il colesterolo buono è invece rappresentato dalle HDL (lipoproteine ad alta densità) che ripuliscono le arterie catturando il colesterolo in eccesso e trasferendolo ai tessuti (soprattutto al fegato), dove viene smaltito.
Più è alto il livello di HDL nel sangue e minore sarà il rischio di sviluppare l’aterosclerosi e tutte le altre conseguenze negative dell’ipercolesterolemia.
Ipercolesterolemia
Può essere causata da
– cortisone
– contraccettivi orali
– cirrosi epatica
– cirrosi biliare
– alimenti ricchi di grassi animali e acidi grassi saturi
– sedentarietà
– fumo
– carenza di antiossidanti nella dieta (betacarotene,Vit.C, Vit.E)
– obesità
– stress
– dieta povera di fibre vegetali
– alcol
– L’acetil-CoA deriva dal metabolismo di: carboidrati, proteine e grassi in particolare
– fra i numerosi enzimi che intervengono in tale processo,un ruolo di primo piano è ricoperto dal
HMG-CoA reduttasi che interviene in una delle prime tappe catalizzando la riduzione
dell’HMG-CoA a mevalonato.
– alcuni farmaci come la Statine agiscono come inibitori competitivi dell’HMG-CoA reduttasi e quindi diminuiscono la velocità di sintesi del colesterolo.
Il blocco della sintesi non è comunque totale e ciò assicura alle cellule sufficienti quantità di colesterolo per mantenere l’integrità delle membrane plasmatiche e sintetizzare ormoni steroidei.
Se la cellula contiene quantitativi sufficienti di colesterolo,non ne sintetizza altro e non ne assorbe più dalle LDL,che di conseguenza si accumulano in circolo aumentando i livelli di colesterolo nel sangue,determinando ipercolesterolemia.
TRASPORTO INVERSO DEL COLESTEROLO
Il trasporto inverso del colesterolo (RCT)( reverse cholesterol transport) è quel processo con cui il colesterolo viene rimosso dai tessuti periferici, attraverso la sua incorporazione nelle lipoproteine HDL ed il successivo trasporto al fegato per l’escrezione biliare.
Funzioni del colesterolo
– Strutturale
il colesterolo è una componente essenziale delle membrane cellulari
– Precursore ormonale
di aldosterone,cortisone,testosterone,estradiolo e vit.D
– Emulsionante e pro-digestiva
buona parte della produzione epatica di colesterolo viene impiegata nella sintesi della bile, un liquido digestivo contenuto nella cistifellea poi secreto nell’intestino tenue attraverso il dotto cistico ed il coledoco; chimicamente, la bile è definita una “sospensione” e l’alterazione delle sue componenti può causarne la separazione con relativa formazione di sedimento (anche detto fango/fanghiglia) e, nella peggiore delle ipotesi, calcoli biliari.
– Sviluppo dell’embrione
– Metabolismo cellulare
– Trasmissione dei messaggeri
il colesterolo interviene anche nei processi di trasmissione molecolare trans-membrana, assieme ai canali e ai recettori di origine proteica.
– composizione della guaina mielinica
– protegge la pelle da un’eccessiva disidratazione e dall’assorbimento di sostanze dannose
– precursore dei sali biliari
Colesterolo endogeno
– la sintesi giornaliera è di circa 600-1000 mg al giorno
– la sintesi avviene nel fegato ma anche intestino,surreni,pelle
– Di fatto, la sintesi endogena viene tanto più rallentata quanto maggiore è il colesterolo ricavato dagli alimenti, e viceversa.
– La Ipercolesterolemia familiare,è caratterizzata da un difetto dei geni coinvolti nella sintesi dei recettori di membrana per le LDL,in assenza di tali recettori,il fegato non riesce a captare le lipoproteine IDL e LDL. Questi soggetti presentano colesterolemie fino a 6 volte superiori alla norma (600-1000 mg/dl),ma la forma monogenica ,omozigote è abbastanza rara,un caso su un milione,mentre la forma eterozigote interessa un individuo su 500.
– Ipercolesterolemia poligenica : è la forma più frequente con valori di colesterolo fra 250 e 300 mg/dl,essa insorge in genere nell’età adulta dopo i 30 anni; questa forma risponde abbastanza bene alla dieta
Abbassare il colesterolo
– astensione dal fumo di sigaretta
perchè i composti tossici che si sviluppano durante la combustione sono in grado di abbassare i livelli di colesterolo buono (HDL)
– attività fisica regolare
aumenta le HDL
– il colesterolo assunto con la dieta incide soltanto per il 10-20% sul colesterolo totale
– uova
sono ricche di lecitina,una sostanza dalle proprietà emulsionanti che le permettono di formare una sospensione di colesterolo nel sangue evitando che questo vada a depositarsi sulle pareti arteriose
– ridurre il sovrappeso
dosando bene le calorie
– ridurre l’apporto energetico giornaliero
– burro
limitarne il consumo
– olio di palma
è il peggiore,da evitare
– olio di cocco
contiene un particolare tipo di grassi saturi a media catena o MCT che non influenzano i valori di colesterolo
– carboidrati ad alto indice glicemico vanno evitati: zucchero, miele, sciroppo di glucosio e di fruttosio. Un cucchiaino di zucchero contiene 20 calorie
– cocacola
attenzione perchè una lattina contiene 130 calorie
– fibra alimentare ed in particolare quella solubile, grazie alle sue proprietà chelanti questa fibra forma nell’intestino una specie di gel che interferisce con l’assorbimento di glucidi e lipidi riducendo i livelli di colesterolo nel sangue. La fibra solubile è contenuta soprattutto in frutta e legumi
– acidi grassi polinsaturi
soprattutto l’acido alfa-linolenico aiutano ad aumentare leggermente la frazione buona del colesterolo nel sangue. Essi hanno anche un’azione antitrombotica. I pesci ne contengono la maggior parte. Anche il pesce azzurro contiene molti acidi grassi omega-3
– crostacei
se da un lato contengono importanti quantità di colesterolo, dall’altro, essendo praticamente privi di grassi saturi, possono essere consumati con una certa libertà. L’interazione tra colesterolo ed acidi grassi saturi è infatti più pericolosa del semplice consumo di colesterolo.
– sintesi epatica di colesterolo
Il nostro corpo possiede un efficace meccanismo di sintesi epatica di colesterolo che gli consente di far fronte alle esigenze metaboliche senza contare troppo sulla quota assunta con la dieta.
– grassi idrogenati o acidi grassi trans
sono i veri killer da evitare,si trovano nelle margarine,nei grassi vegetali e nei prodotti da forno: brioche, grissini, crackers, biscotti . La loro pericolosità deriva dalla capacità di innalzare i livelli di colesterolo totale abbassando contemporaneamente i livelli di colesterolo buono. Questi prodotti contengono sull’etichetta la scritta: “totalmente idrogenati” o “parzialmente idrogenati”
– ridurre i grassi totali della dieta a meno del 30% dell’energia totale
– ridurre l’apporto di acidi grassi saturi (alimenti di origine animale) ameno del 10% dell’energia totale perchè essi aumentano la colesterolemia a causa del deposito di grassi nel fegato da cui deriva una maggiore quantità di acetil-Coa disponibile per la sintesi epatica del colesterolo.
Quindi la riduzione dei grassi saturi nella dieta è quindi addirittura più importante della semplice riduzione del colesterolo alimentare.
– ridurre, possibilmente eliminare, gli alimenti ricchi di oli idrogenati (presenti nella margarina ed in molti prodotti da forno);
– ridurre il consumo di carboidrati ad alto indice glicemico (alimenti particolarmente dolci, come quelli da pasticceria ed alcuni tipi di frutta);
– incoraggiare il consumo di acido oleico (presente nell’olio di oliva) e linoleico (presente nel pesce);
– incoraggiare l’uso di carboidrati complessi;
– aumentare il consumo di frutta (ad eccezione di banane, fichi, uva, cachi e frutta disidratata), vegetali e legumi;
– moderare l’apporto di sale.
– Farmaci
statine (inibitori dell’HMG-CoA reduttasi), fibrati (più utilizzati in presenza di trigliceridi), ezetimibe, niacina, sequestranti degli acidi biliari
ALIMENTI
Integratori utili nella dieta per colesterolo alto
Esistono alcuni integratori alimentari utili al controllo dei livelli di colesterolemia; sono chimicamente differenti e se usati sinergicamente possono favorire una riduzione multifattoriale del colesterolo assorbito (attenzione al deficit di vitamine liposolubili) e di quello circolante:
– Fibre solubili: semi di psillio, glucomannano, pectina, gomma di guar e karaya; la fibra di psillio ad es., in dosi pari a 5-10 grammi/die, può ridurre i livelli di colesterolo LDL di un 3-10% grazie alla riduzione dell’assorbimento intestinale del colesterolo
– Fitosteroli: 1,5-2 g/die possono ridurre i livelli di colesterolo LDL di 6-12mg/dl grazie alla riduzione dell’assorbimento intestinale del colesterolo
– Chitosano: polisaccaride tipico del carapace dei crostacei; viene assunto in quantità di 1-1,2g per volta e riduce l’assorbimento intestinale del colesterolo
– Estratto di carciofo: 1-1,5g/die standardizzati in cinarina o acidi clorogenici possono ridurre i livelli di colesterolo del 15-20%
– Riso rosso fermentato: 10 mg/die di monocline derivanti dal riso rosso fermentato possono abbassare i livelli di colesterolo LDL del 15-25%
– Beta-glucani: 50-200mg/die di questi polisaccaridi sono in grado di ridurre i livelli di colesterolo LDL per riduzione dell’assorbimento intestinale del colesterolo
– Lecitina e proteine della soia: 5-15mg/die di lecitina distribuiti in 2-3 somministrazioni e 20-50g di proteine della soia possono abbassare il colesterolo sia per riduzione dell’assorbimento che per effetto metabolico sulle LDL
– Acidi grassi PUFA ω3, ω6, ω9: gli acidi grassi PUFA interagiscono col metabolismo delle lipoproteine; gli ω3 riducono i livelli di trigliceridi (implicati nel meccanismo di aterogenesi), gli ω6 abbassano il colesterolo totale, gli ω9 abbassano esclusivamente il colesterolo LDL (cattivo).
Gruppo di cibi con ω3
I cibi ricchi di ω3 migliorano il metabolismo di tutti i lipidi trasportati nel sangue, dal colesterolo ai trigliceridi; inoltre, contribuiscono a ridurre il rischio cardiovascolare anche grazie alla loro funzione anti-trombotica, anti-infiammatoria ed ipotensiva. La famiglia degli ω3 comprende:
– Acido alfa linolenico (ALA) o 18:3-ω3, contenuto prevalentemente negli alimenti di origine vegetale (oli di soia, di lino, di noci, di kiwi ecc)
– Acido eicosapentaenoico (EPA) 20:5-ω3, contenuto prevalentemente negli alimenti di origine animale (oli e carni dei pesci azzurri e di quelli appartenenti ai mari freddi)
– Acido docosaesanoico (DHA) 22:6-ω3 (anche in questo caso, oli e carni dei pesci azzurri e di quelli appartenenti ai mari freddi).
Gruppo di cibi con ω6
Anche i cibi ricchi di ω6 migliorano il metabolismo del colesterolo endogeno; gli acidi grassi ω6 hanno la capacità di ridurre il colesterolo totale ma senza discriminazione tra LDL e HDL. La famiglia degli ω6 comprende:
– Acido gamma-linolenico (GLA) o 18:3- ω6
– Acido diomo-gamma-linoleico (DGLA) o 20:3- ω6
– Acido arachidonico (AA) o 20:4- ω6
Tutti gli acidi grassi polinsaturi essenziali ω6 sono contenuti prevalentemente nei semi e nella frutta secca (noci, mandorle, nocciole, semi di girasole, arachidi, pistacchi, semi di zucca ecc.), negli oli di semi, negli oli di frutta secca e nei legumi. La quantità di frutta secca auspicabile nella dieta sarebbe di alcune decine di grammi (max 40), tuttavia, trattandosi di alimenti ad alta densità calorica e lipidica, è comunque opportuno bilanciare il regime alimentare eliminando altri alimenti ricchi di grassi (magari saturi) come i formaggi più stagionati, gli insaccati ecc., e curando maggiormente il dosaggio dell’olio da condimento.
Gruppo di cibi con ω9
I cibi ricchi di ω9 intervengono selettivamente sulla colesterolemia riducendo SOLO le LDL e mantenendo intatta la porzione di HDL circolanti; gli acidi grassi ω9 (PUFA non essenziali) sono contenuti prevalentemente nelle olive e nell‘olio vergine di oliva. Dal punto di vista pratico, si raccomanda di non superare i 2-3 cucchiai al giorno di olio vergine d’oliva per scongiurare il rischio di un eccesso calorico e della percentuale di lipidi nella dieta.
Gruppo di cibi addizionati con steroli e/o stanoli vegetali
i cibi ricchi di steroli e stanoli vegetali sono alimenti fortificati, quindi dietetici. Gli steroli e gli stanoli (come il fosfolipide lecitina) legano il colesterolo (meglio se in compresenza a fibra alimentare) e ne ostacolano l’assorbimento intestinale; 2 milligrammi (mg) al giorno di steroli e/o stanoli (contenuti in circa 2 yogurt addizionati o due bicchieri di succo d’arancia della stessa categoria) possono ridurre il colesterolo LDL fino al 10% del totale mantenendo integra la frazione di HDL.
IMPORTANZA DEL COLESTEROLO
Ogni giorno assumiamo una certa quota di colesterolo attraverso gli alimenti, che va ad affiancarsi a quella prodotta dall’organismo (soprattutto a livello epatico).
Spesso il colesterolo viene considerato in termini negativi, quando in realtà si tratta di una molecola fondamentale per l’organismo umano. Esso è infatti:
– un componente strutturale delle membrane plasmatiche, in particolare ne assicura un certo grado di fluidità;
– il precursore degli acidi biliari (nel fegato), fondamentali per la digestione dei grassi alimentari;
– il precursore degli ormoni steroidei (negli organi riproduttivi e nella corticale del surrene);
– il precursore della vitamina D (nella pelle).
– Nel colesterolo libero, il carbonio in posizione tre è legato ad un ossidrile (OH); per questo motivo non è idrofobo al 100%.
– Al contrario, quando tale ossidrile viene esterificato con un acido grasso, si ottiene un estere del colesterolo totalmente insolubile in acqua.
Il livello di colesterolo ematico è determinato dalla produzione endogena (70% TOT, ad opera del fegato) e da quello ingerito con gli alimenti (30% TOT).
Per abbassare il colesterolo occorre:
– introdurre grassi insaturi fino al 18-23% del totale e
– riduziobne dei grassi saturi (massimo 7% del totale)
– dieta ipocalorica
Cibi più indicati in caso di ipercolesterolemia
I cibi che abbassano il colesterolo rientrano in 5 gruppi; essi sono:
– ricchi di fibra alimentare,
– ricchi di acidi grassi polinsaturi (PUFA) essenziali (AGE) ω3,
– ricchi di PUFA-AGE ω6,
– ricchi di PUFA ω9
– addizionati in steroli e/o in stanoli vegetali.
Gruppo di cibi con fibra alimentare
La fibra consente di ridurre l’assorbimento del colesterolo alimentare e anche il riassorbimento degli acidi biliari riversati dalla cistifellea (a loro volta ricchi di colesterolo endogeno); in definitiva, aumentando semplicemente la quota di fibra alimentare è possibile ridurre il colesterolo LDL.
Alimenti con fibra
verdura
frutta
cereali
legumi
funghi
avena integrale
crusca di avena,essa è ricca di fibra solubile (16 g per 100 g di prodotto),sia di acidi grassi polinsaturi (3 g per 100 g di prodotto),essa riduce efficacemente le LDL.
la componente fibrosa che interviene maggiormente sulla colesterolemia è quella “solubile”, e la quota giornaliera di fibra alimentare dovrebbe ammontare a circa 30 g (solubile+insolubile)
– L’assorbimento del colesterolo alimentare avviene a livello dell’intestino tenue,soprattutto nel duodeno e nel digiuno
– ogni giorno introduciamo circa 300 mg di colesterolo con gli alimenti,il 50 % viene riassorbito
– alla quota di colesterolo proveniente dagli alimenti si associa quella della bile,circa 1000 mg al giorno
– quindi l’organismo assorbe circa 650 mg di colesterolo al giorno, mentre la quota rimanente è eliminata con le feci
– i Trigliceridi derivano quasi tutti dall’assorbimento alimentare
– il Colesterolo introdotto con gli alimenti rappresenta solo il 20-30 % del colesterolo ematico,mentre la rimanente percentuale proviene dalla produzione endogena da parte del fegato. Tanto più l’apporto alimentare è alto e tanto meno è la produzione endogena e viceversa.
E’ chiaro come il colesterolo alimentare influenzi in misura tutto sommato modesta i livelli di colesterolemia. Infatti, oltre al già citato limite fisiologico di assorbimento, l’aumento del colesterolo nel sangue, conseguente agli alti apporti alimentari, determina un’inibizione dell’enzima 3-idrossi-3-metilglutaril-CoA reduttasi (HMG-CoA reduttasi) necessario alla sua sintesi endogena; di conseguenza, esiste un sistema omeostatico in grado di adeguare la sintesi endogena all’assorbimento intestinale.
– negli alimenti il colesterolo è presente sia in forma libera che esterificata cioè legato ad un acido grasso
– a livello intestinale tale legame viene scisso da un’esterasi presente nel succo pancreatico
– il colesterolo libero può essere così efficacemente assorbito dalla mucosa intestinale
– grazie alla bile,il colesterolo libero viene emulsionato in micelle,goccioline lipoproteiche ricche di fosfolipidi ,acidi grassi,sali biliari e monogliceridi
– il colesterolo micellare può quindi attraversare passivamente la fase acquosa a contatto con le membrane cellulari degli enterociti,al cui interno viene in parte riesterificato ad opera dell’enzima
acil-colesterolo-acil-transferasi (ACAT2) ed incorporato nei chilomicroni
– questi aggregati lipoproteici vengono quindi convogliati nel circolo linfatico e da qui a quello sanguigno che li trasporta al fegato dove vengono processati e distribuiti ai vari tessuti
– una parte del colesterolo assorbito dalla mucosa enterica non viene incorporata nei chilomicroni
(processo piuttosto lento),ma escreta dall’enterocita nel lume intestinale,quindi allontanata con le feci
IPERCOLESTEROLEMIA FAMILIARE
Quando i valori di colesterolo rimangono elevati, nonostante una dieta appropriata ed un regolare esercizio fisico, si parla di ipercolesterolemia familiare od ipercolesterolemia primaria.
Ne conosciamo 3 forme principali:
– Ipercolesterolemia poligenica (2/3 dei casi)
– Iperlipidemia familiare
– Ipercolesterolemia primitiva
Tipici dell’ipercolesterolemia familiare sono gli xantomi,xantelasmi.
La maggior parte della popolazione (fino al 20% di quella occidentale) è soggetta ad una condizione più moderata, definita ipercolesterolemia poligenica, con valori di colesterolo di solito compresi tra 250 e 300 mg per decilitro di sangue.
Quanto è importante il colesterolo?
Ormai da molti anni, l’attenzione di un impressionante numero di ricercatori si è focalizzata sui fattori di rischio implicati nello sviluppo della malattia aterosclerotica, in quanto principale responsabile delle morti per incidenti cardiovascolari.
I valori di colesterolo hanno rappresentato a lungo lo standard di riferimento per valutare questa tipologia di rischio. Semplice da misurare ed economico – ma ormai considerato superficiale e poco significativo – il colesterolo totale è soltanto uno dei tanti fattori predisponenti.
Ormai da qualche anno si è iniziato a parlare con sempre maggiore insistenza di:
– sindrome metabolica
– omocisteina
– iperuricemia
– aggregabilità piastrinica
– apolipoproteine Lp(A1) e Lp(B)
– radicali liberi
– fattori proinfiammatori (soprattutto la proteina C reattiva o PCR)
– ossido nitrico
e tanti altri “termometri del rischio cardiovascolare”.
Secondo le recenti linee guida, i valori di colesterolo totale non sono invece significativamente correlati con la quantificazione del rischio cardiovascolare. Meglio quindi evitare di impazzire per riportare la soglia del colesterolo totale al di sotto dei 200 mg/dL e concentrarsi, piuttosto, sul miglioramento della frazione buona o HDL, sul potenziamento delle difese immunitarie e sul consumo di antiossidanti ed alimenti ad azione antinfiammatoria.
Si è visto che alcuni agenti infettivi come: Helicobacter pylori, Chlamidia pneumoniae e vari virus tra cui il Cytomegalovirus,potrebbero essere coinvolti nella patogenesi dell’aterosclerosi.
L‘organismo di una persona sana, pesante circa 68 kg, sintetizza ogni giorno approssimativamente un grammo di colesterolo, ne contiene in totale circa 35 volte tanto e ne ricava dalla dieta intorno ai 250 mg/die.
SEGNI CLINICI E SINTOMI DELLA IPERCOLESTEROLEMIA
SINTOMO: corrisponde alla percezione del paziente ed è quindi soggettivo
SEGNO CLINICO: è riconosciuto oggettivamente dal medico
– Xantoma
LIPOPROTEINE
Una lipoproteina è un composto di biomolecole idrofobe deputate al raccoglimento ed al trasporto di lipidi, in particolare di trigliceridi, colesterolo e colesterolo esterificato.
Degli esempi sono costituiti dalle lipoproteine ad alta densità (HDL) e dalle lipoproteine a bassa densità (LDL) nel sangue.
Classificazione
Le lipoproteine sono generalmente divisibili in due macrogruppi:
– le lipoproteine legate all’apoB, che mediano il trasporto di colesterolo e trigliceridi da fegato e intestino verso i tessuti periferici;
– le lipoproteine non legate all’apoB, che raccolgono gli stessi contenuti a livello dei tessuti periferici per portarli al fegato.
Per densità
Le categorie generali di lipoproteine, elencate in ordine dalla più grande e meno densa (più grasso che proteina) alla più piccola e più densa (più proteina e meno grasso):
– chilomicroni, le meno dense, raccolgono soprattutto trigliceridi a livello dell’intestino tenue introdotti con la dieta e sono dirette ai tessuti muscolare e adiposo prima di essere catturati dal fegato;
– Lipoproteine a densità molto bassa o VLDL (Very low density lipoprotein) – sono ad alto contenuto di trigliceridi. Hanno il compito di trasferire i trigliceridi dal fegato ai tessuti,soprattutto muscolare e adiposo. Le VLDL vengono assemblate soprattutto negli epatociti e trasportano trigliceridi di origine endogena. Il fegato sintetizza le VLDL racchioudendo al loro interno una grande quantità di trigliceridi. A differenza dei chilomicroni,questi lipidi non provengono direttamente dalla dieta,ma sono sintetizzati a livello epatico (origine endogena).
Se nel sangue c’è un eccesso di glucosio,il fegato lo converte in trigliceridi.
Le VLDL dopo aver ceduto buona parte dei trigliceridi ai tessuti,si trasformano prima in IDL e poi,perdendo ancora lipidi,in LDL.
In effetti,livelli eccessivi di colesterolo VLDL non costituiscono un indicatore metabolico di buona salute,sono sempre indicatori di abuso alimentare e/o alcolico.
VLDL = trigliceridi / 5
Es.: trigliceridi 150 mg/dl
VLDL = 150 : 5 = 30 mg/dl
Il valore normale di VLDL = 5 / 30 mg/dl
– Lipoproteine a densità intermedia o IDL (Intermediate density lipoprotein) – sono intermedie tra le VLDL e le LDL. Non sono normalmente riscontrabili nel sangue.
– Lipoproteine a bassa densità o LDL (Low density lipoprotein) – trasportano il colesterolo dal fegato alle cellule del corpo. Talvolta sono riferite come le lipoproteine del “colesterolo cattivo” .
Sono a basso contenuto di trigliceridi.
Tutte le cellule hanno bisogno di colesterolo,poichè tale lipide entra nella composizione delle membrane plasmatiche.
Le cellule endocrine utilizzano il colesterolo come molecola di partenza per produrre gli ormoni steroidei ,ad esempio:
– le cellule della corteccia surrenale che producono cortisolo ed aldosterone;
– i testicoli,che producono ormoni sessuali maschili
– le ovaie,che producono ormoni sessuali femminili
Il valore del colesterolo LDL non viene stabilito direttamente dalle analisi di laboratorio, ma lo si evince dai valori del colesterolo totale, dei trigliceridi e dell’HDL. La formula di Friedewald per calcolare questo valore è:
Colesterolo LDL = Colesterolo Totale – (Colesterolo HDL + trigliceridi / 5)
essa è applicabile se la concentrazione ematica di trigliceridi non supera il valore di 400 mg/dl.
Il valore del colesterolo cattivo (LDL) dev’essere inferiore a 70 mg/dl nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare, come i diabetici e chi ha già subito manifestazioni cliniche legate all’aterosclerosi (infarto, angina pectoris, ictus, claudicatio intermittens) o ha una forte familiarità per tali patologie.
– le LDL rappresentano il “colesterolo cattivo” soltanto quando si trovano in eccesso e quando vengono ossidate. In situazioni normali sono invece indispensabili per la buona salute dell’organismo.
Il colesterolo circolante nel sangue ha una duplice origine:
- a) esogena, dagli alimenti di origine animale per il 15%-20%
- b) endogena, sintetizzato da tutte le cellule dell’organismo (80%)
Quasi sempre la causa di una eccessiva concentrazione di LDL nel sangue risiede nella aumentata produzione endogena.
Normalmente esiste una regolazione per cui,se ci sono molte LDL in circolo,la sintesi endogena viene fortemente limitata.
Se il recettore cellulare che capta le LDL è mal funzionante,la cellula diventa insensibile all’LDL e nonostante l’abbondanza di colesterolo in circolo,continua a produrne dell’altro,quindi si entra in un circolo vizioso che aumenta sensibilmente il rischio di malattie cardiovascolari.
a) deposito delle LDL nei vasi
Le LDL ossidate vanno a depositarsi sulla parete dei grossi vasi arteriosi dopo essere state inglobate dai macrofagi. In tali sedi cominciano a moltiplicarsi anche le cellule muscolari che costituiscono la parete del vaso. Si viene così a formare una placca detta aterosclerotica che tende a crescere con il passare del tempo. In questo modo si riduce progressivamente il lume del vaso ed il sangue scorre con maggiore difficoltà.
b) ridotta elasticità delle pareti delle arterie
L’elasticità delle arterie è molto importante, poiché insieme all’azione propulsiva della pompa cardiaca, contribuisce a spingere il sangue a valle. Dato che le placche aterosclerotiche diminuiscono l’elasticità arteriosa, la loro presenza si traduce in un ulteriore ostacolo alla circolazione.
c) formazione di trombi
Alcune parti della placca possono staccarsi diventando vere e proprie mine vaganti che, quando vanno ad otturare determinati capillari, impediscono l’arrivo di sangue al tessuto interessato.
– Lipoproteine ad alta densità o HDL (High density lipoprotein) – recuperano il colesterolo dal corpo e lo ritrasportano al fegato. Sono note come le lipoproteine del “colesterolo buono“.
Sono lipoproteine estremamente povere di trigliceridi ed hanno il compito di rimuovere il colesterolo presente in eccesso nel plasma. Sono sintetizzate nel fegato.
Sono caratterizzate da un alto contenuto di fosfolipidi.
Le HDL possono legarsi alle pareti cellulari ed inglobare il colesterolo in eccesso,ritornando quindi al fegato dove liberano il loro carico.
Il fegato può così recuperare il colesterolo in eccesso,oppure eliminarlo attraverso la bile.
La distinzione si opera in base al lipidogramma.
Apoproteine delle VLDL,LDL e HDL : rapporto nel sangue
Esistono 13 apoproteine (Apo),delle quali le più importanti sono le:
– ApoA1
costituiscono + del 70% delle APO contenute nelle HDL,sono quindi generalmente proporzionali al quantitativo di HDL
L’ApoA1 si comporta come cofattore dell’enzima LCAT (Lecitina Colesterolo Acil Transferasi) capace di esterificare il colesterolo secondo la reazione:
L’azione più importante dell’ApoA1 è quella di “ripulire” le arterie dall’eccesso di colesterolo.
Bassi livelli di di APOA1/HDL rappresentano un fattore di rischio coronarico
Apolipoproteina A1 Milano
L’apolipoproteina A1 Milano è una mutazione naturale dell’ApoA normalmente presente in natura, scoperta studiando alcuni abitanti di Limone del Garda. Tali individui, nonostante i livelli particolarmente bassi di HDL, presentano un ridotto rischio vascolare poiché la mutazione aumenta l’effetto protettivo della lipoproteina. Il trasferimento genico del gene che codifica per l’apoA1 Milano potrebbe quindi rappresentare, in un prossimo futuro, un’ottima profilassi dell’aterosclerosi.
– ApoB100
presenti nelle VLDL,nelle LDL e nella Lipoproteina (A). Le ApoB100 corrispondono ai livelli di VLDL e LDL circolanti.
Apolipoproteina B o APOB
L’apolipoproteina B è la principale componente proteica delle LDL
L’APOB costituisce il 40% della frazione proteica delle VLDL e dei chilomicroni
Essa rappresenta la “chiave” che una volta inserita nella serratura situata sulla superficie esterna della cellula,permette l’ingresso del colesterolo.
Il dosaggio dell’APOB permette di quantificare il rischio di subire malattie arterio-coronariche ed il suo dosaggio rappresenta un indicatore di rischio cardiovascolare migliore rispetto alle LDL.
Alti livelli di APOB100 nel sangue sono sinonimo di un numero elevato di LDL
Valori normali Apolipoproteina B nel plasma: 35-100 mg/100 ml
Più basso è il rapporto APO-A1/APO-B e maggiore è il rischio cardiovascolare
Aumento
– gravidanza
– ipercolesterolemia
– difetti nei recettori dell’LDL
– ostruzione delle vie biliari
– sindrome nefrosica
Diminuzione
– epatopatie
– sepsi
– somministrazione di estrogeni
– deficit familiare di dell’APOB
Alfa e beta
È anche possibile classificare le lipoproteine come “alfa” e “beta”, a seconda della classificazione delle proteine nella sero-elettroforesi proteica. Questa terminologia è usata per descrivere disordini lipidici come l’Abetalipoproteinemia.
Test diagnostico di cardiologia
Lipoproteine – Lp(a)
Normale: <14mg/dL
Alto rischio: >19mg/dL
Come abbassarlo: acido nicotinico, aspirina.
USF1
L’USF1 (acronimo per Upstream transcription factor 1) è un gene umano presente nel DNA.
Funzioni
Il gene USF1 codifica per un fattore di trascrizione appartenente ad una famiglia evoluzionisticamente ben conservata di fattori di trascrizione a dominio elica-ansa-elica (helix-loop-helix) a cerniera di leucina. Tale proteina è in grado d’indurre la trascrizione attraverso un elemento promotore ricco di pirimidine e contenente sequenze del tipo E-box. Questo gene è stato collegato all’iperlipidemia combinata familiare (FCHL), una delle malattie più diffuse per quanto riguarda i disordini a livello delle lipoproteine.
Si è visto che il gene USF1 può generare due isoforme a seguito del verificarsi di fenomeni di splicing (processamento) alternativo.
LIMITI EMATICI DELLE LIPOPROTEINE
– Colesterolo totale < 200 mg/dl
– LDL < 130 mg/dl
– HDL : uomo > 40 mg/dl; donna > 50 mg/dl
– Rapporto LDL/HDL = < 3
TRIGLICERIDI
– Eutrigliceridemia o normotrigliceridemia : valore nella norma
– Ipertrigliceridemia: valori alti
– Ipotrigliceridemia: valori bassi
– I Grassi o lipidi (da LIPOS = grasso) contenuti negli alimenti sono in gran parte rappresentati dai trigliceridi (90-98%). Un trigliceride è formato dall’unione di una molecola di glicerolo con tre acidi grassi, che si differenziano in base alla loro lunghezza e alla presenza o meno di doppi legami (acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi).
Un trigliceride semplice è un trigliceride in cui tutti e tre gli acidi grassi sono uguali, mentre nei trigliceridi misti uno o più acidi grassi si differenziano dai rimanenti.
All’interno del nostro organismo i trigliceridi rappresentano i principali componenti del tessuto adiposo (funzione energetica di riserva), nel quale vengono accumulati all’interno di cellule, dette adipociti (circa l’87% dell’adipe è costituito da grasso vero). 1 Kg di grasso fornisce circa 8700 kcal.
Quando mangiamo,i grassi contenuti negli alimenti vengono aggrediti dall’azione combinata di bile e lipasi pancreatiche che ne promuovono l’assorbimento intestinale.
I grassi tuttavia non si possono sciogliere in acqua e quindi il loro trasporto nel sangue è affidato a particolari gusci proteici detti chilomicroni.
Questi agglomerati di lipidi e proteine raggiungono i capillari dove cedono i trigliceridi che ad opera dell’enzima lipoprotein lipasi vengono scissi nuovamente in glicerolo e acidi grassi che serviranno a soddisfare il fabbisogno energetico della cellula (ossidazione mitocondriale,beta ossidazione,ciclo di Krebs) o depositati sotto forma di tessuto adiposo.
Anche il fegato ha la capacità di sintetizzare trigliceridi a partire da altri nutrienti come gli aminoacidi ed il glucosio (ciò spiega come mai una dieta ricca di zuccheri semplici sia spesso correlata ad un aumento della trigliceridemia).
L’ipertrigliceridemia può causare uno stato di sofferenza del pancreas
Aumento
– cause Iatrogene (terapia cronica con glucocorticoidi, pillola anticoncezionale, estrogeni, alcuni – diuretici ed alcuni agenti antifungini.
– beta bloccanti
– retinoidi
– inibitori delle proteasi
– alcuni antipsicotici
Conversione colesterolo – trigliceridi mg/dl – mmol/L
I valori sierici dei lipidi (lipidemia) vengono espressi in milligrammi per decilitro (mg/dL) oppure in millimoli per litro (mmol/L); quest’ultima unità di misura è quella adottata dal SI e come tale rappresenta lo standard di riferimento a livello internazionale.
IPERLIPIDEMIA
Il termine iperlipidemia indica un generico aumento dei livelli di uno o più grassi (o lipidi) nel sangue. Dal momento che sia il colesterolo che i trigliceridi sono dei Grassi, il vocabolo può definire un aumento dei livelli ematici di uno o di entrambi.
Le iperlipidemie sono pertanto classificabili in:
– ipercolesterolemia: aumento del contenuto di colesterolo nel sangue oltre i limiti di normalità;
– iperlipidemia combinata: elevati livelli ematici di trigliceridi e colesterolo;
– ipertrigliceridemia: eccesso di trigliceridi nel sangue;
Novità sui markers di rischio cardiovascolare
Nonostante il miglioramento delle terapie, la prima causa di morte nel mondo occidentale, rimangono le malattie cardiovascolari. I modelli di stratificazione del rischio più usati sono il FRS (Framingham Heart Study Risk Score), lo SCORE (Systematic COronary Risk Evaluation) e in Italia, il “Progetto CUORE Risk Score”.
Queste carte o punteggi guidano i medici nella scelta della miglior terapia per i singoli soggetti, dividendoli in rischio basso, intermedio e alto. Purtroppo il rischio intermedio, non è sufficientemente collocabile e sfuma spesso o nel basso o nell’alto; ecco che si è reso necessario ricercare dei nuovi marcatori, bioumorali, clinici e strumentali, che identificassero aterosclerosi subclinica e permettessero una nuova riclassificazione del rischio e quindi nuove strategie di prevenzione. Vengono elencati qui di seguito i più comuni:
INDICE DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE
ColesteroloTOT = HDL + LDL + VLDL
INDICE DI ATEROGENICITA’ DEL PLASMA (AIP)
Indice di aterogenicità del plasma = [Log(Trigliceridi/Colesterolo HDL)]
L’indice di aterogenicità del plasma è un parametro predittivo di rischio cardiovascolare, specie in alcune categorie di pazienti (è stato studiato soprattutto nei diabetici).
Il costo praticamente irrisorio (si tratta di una semplice formula di calcolo operata su due comuni parametri ematochimici) ed i potenziali risvolti clinici, suggeriscono una maggiore diffusione dell’indice di aterogenicità del plasma nella popolazione generale.
PESO CORPOREO UMANO
Il peso corporeo umano è il peso corporeo di un essere umano. È determinato dalla massa di tessuti, di organi e di liquidi nel sistema. Il peso corporeo, o meglio lo spostamento del peso corporeo oltre i limiti ideali (peso forma), è un parametro importante in medicina e dietologia.
– Un primo indicativo è dato dalla statura: il peso si sviluppa approssimativamente in proporzione al cubo della statura.
– Il secondo indicativo è dato dalla quantità di liquidi ritenuti. Questa dipende essenzialmente da ormoni (ADH, aldosterone) e dal funzionamento del sistema linfatico.
– Il terzo indicativo è dato dalle scorte energetiche (grasso bianco) che un organismo ha accumulato. La quantità di grasso dipende dalla quantità di cellule lipidiche (adipociti) che possiede al momento e dal loro riempimento. A seconda del regime alimentare seguito possono riempirsi o svuotarsi, mentre è ormai assodato che in età adulta non vengono generate nuove cellule lipidiche (adipociti).
Determinanti del peso corporeo
Fattori determinanti che influenzano il peso corporeo umano:
– genetica: peso dei genitori
– anatomia e fisiologia individuale
– metabolismo individuale
– gestazione, peso alla nascita
– infezioni (p.es. l’adenovirus 36 e altri 6 microrganismi sono noti per creare adiposità)
– malattie e disfunzioni ormonali
– età
– ambiente psicosociale
– stile di vita
A oggi non è affatto chiara l’importanza dei vari fattori sul peso; da alcuni si sostiene che il ruolo principale è dato da fattori ormonali, ma la maggioranza dei ricercatori è propensa a credere che una cattiva alimentazione e la mancanza di attività fisica siano i maggiori responsabili dell’incremento ponderale.
Normopeso, sovrappeso, obesità, sottopeso
Il peso è correlato a indici di mortalità e morbilità per diverse patologie.
Altri studiosi utilizzano tabelle come quella dell’OMS che sotto riportiamo. In ogni caso, sembra prendere sempre più piede la strada di valutare il peso corporeo in relazione alla qualità della vita del soggetto, con particolare riferimento alla diminuzione del rischio di malattie croniche più o meno invalidanti.
Indicativamente, rispetto al Peso forma si può fare la seguente classificazione:
< – 50 %: Morte per fame
– 50 %: Inedia gravissima (si raggiunge dopo 60-80 giorni di digiuno totale)
– 25 %: Inedia (si raggiunge dopo 30-40 giorni di digiuno totale)
– 10 %: Sottopeso (nel Terzo mondo, è spesso dovuto a denutrizione o malnutrizione)
100 %: Peso forma
+ 10 %: Sovrappeso
+ 25 %: Obesità
+ 50 %: Obesità grave
> + 50 %: Obesità gravissima
Sottopeso
A livello sanitario essere “sottopeso” (IMC < 16) è critico, perché c’è un forte sospetto di:
– anoressia nervosa o ortoressia, malattie mentali (a volte provenienti da iperproduzione endorfinica) che finiscono spesso in modo letale per cachessia
– deperimento organico patologico
– tossicodipendenza: cocaina, morfina, anfetamina, alcol, ecc., che sfasano la percezione dell’appetito come regolatore del peso corporeo.
Dopo aver chiarito le cause del sottopeso, occorrono interventi medici / psichiatrici.
Obesità
L’obesità non è definita in modo uniforme. In psicologia può essere classificata come disturbo dell’alimentazione. Sono comunque importanti anche il fattore circonferenziale (> 1.1) e gli sbalzi di peso (> +/- 10% all’anno).
Secondo le tabelle di mortalità per adulti, i seguenti valori IMC sono ritenuti come limite all’obesità:
– in donne: IMC > 36
– in uomini: IMC > 32
Tali dati aumentano la mortalità. Dopo averne chiarito le cause, si tentano di modificare le condizioni psicosociali che hanno eventualmente portato alla stessa, e di ridurre e controllare il peso attuale, cosa che con gli anni abbassa il rischio cardiovascolare.
Peso corporeo e mortalità
La mortalità è minima con un indice di massa corporea IMC (BMI) tra 21 e 28 kg/m2. Lancet 2006
Diete restrittive e cure dimagranti
PESO FORMA
Il peso forma (o peso normale, peso teorico, peso ideale, normopeso) è il valore del peso corporeo umano più indicato per la salute e varia da individuo a individuo.
Il peso forma non è definito omogeneamente. In medicina convenzionale si usano principalmente:
– per bambini e giovani il peso teorico (50 percentili di una data età e sesso)
– la formula di Bernhardt (altezza corporea * circonferenza torace / 240)
– la formula di Broca (altezza corporea – 100)
– indice di Quetelet o Body mass index (BMI) o Indice di massa corporea (IMC) (peso corporeo / altezza corporea2)
In medicina nutrizionale, il peso forma è considerato un importante dato biometrico per valutare rischi cardiovascolari e generali di mortalità e aspettative di sopravvivenza.
Il peso forma può essere espresso come valore assoluto, anziché in riferimento a indicatori come l’indice di massa corporea. Un riferimento di questo tipo per i medici sono le tabelle bromatologiche, che forniscono il peso normale di un individuo, in funzione di tre elementi: altezza, età, sesso.
Indici di peso corporeo
Peso teorico per bambini e giovani
Il peso teorico (per giovani) è il valore medio statistico per una determinata età e un determinato sesso. Media statistica significa che la metà degli individui è più pesante e l’altra metà più leggera del valore teorico. Per il pediatra servono dei grafici con le curve dei percentili: p. e. la curva “3 percentili” significa che solo 3 bambini su 100 sono sotto il peso indicato. Esempio: Peso teorico (50 percentili) di un diciottenne: 62 kg. Solo il 3% pesano meno di 50 kg e solo il 3% pesano più di 80 kg. I dati per le giovani donne sarebbero 46 – 57 – 75 kg. Lo svantaggio di queste tabelle è che non è tenuta in considerazione la statura.
Le tabelle per il peso teorico dipendono dal paese e dal periodo in cui vengono adottate. Negli ultimi 50 anni furono spesso revisionate perché sì è denotata la tendenza media della popolazione a diventare più alti e quindi più pesanti.
Formula di Bernhardt
Fino a circa 50 anni fa, i medici usavano spesso la formula di Bernhardt per determinare approssimativamente il peso normale di una persona: si moltiplicava l’altezza corporea in cm con la circonferenza toracica e poi si divideva per 240. Per esempio: altezza 176, circonferenza torace 105 = 176cm *105cm / 240 cm2/kg = 77 kg.
Implicitamente è tenuto in considerazione la postura della persona, perché è l’unica di queste formule composta di una variabile per l’altezza e un’altra per la larghezza corporea.
Formula di Broca
La formula di Bernhardt veniva poi sostituita (per motivi di semplicità) dalla formula di Broca: altezza corporea – 100 ± 10% o 20 %. Per esempio: altezza 176 = 176 cm – 100 cm = 76 kg ± 10% = da 69 a 84 kg. Secondo altri autori invece 76 kg ± 20% = da 61 a 91 kg. Lo svantaggio della formula è che non tiene in considerazione né il sesso né l’età.
Formula di Quetelet BMI (IMC )
L’indice di massa corporea IMC (oppure BMI, Body mass index) è il dato biometrico calcolato dall’altezza corporea A e il peso corporeo P di una persona, cioè facendo il peso diviso il quadrato dell’altezza: BMI [kg/m²] = P [kg] / A² [m²]. Per esempio: altezza corporea = 1,75; peso corporeo = 65 kg: IMC = 65kg/(1,75m*1,75m) = 65kg/3,0m² = BMI 21,6 (normopeso).
Valutazioni attualmente usate per il peso forma
Secondo gli autori dovrebbero servire a valutare rischi per la salute umana. Utilizzando l’IMC, sono state proposte diverse tabelle, tra cui:
– tabella proposta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (1998)
– tabella abitualmente usata da medici italiani
– tabella “densità corporea”
Tabelle pubblicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità
La tabella OMS non differenzia fra uomo e donna.
Tabella abitualmente usata dai medici italiani
La medicina nutrizionale usa delle tabelle come la seguente per definire termini da “magrezza” fino a “obesità”
Valutazione secondo il rischio
Secondo recenti studi si usano le seguenti valutazioni quantitative basandosi sul rischio per l’orientativa diminuzione dell’aspettativa di vita in anni:
OBESITA’
L’obesità è una condizione medica caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo che può portare effetti negativi sulla salute con una conseguente riduzione dell’aspettativa di vita.
Effetti sulla salute
il peso corporeo eccessivo è associato a diverse patologie,in particolare:
– malattie cardiovascolari
– diabete mellito di tipo 2
– sindrome delle apnee ostruttive nel sonno
– alcuni tipi di cancro
– osteoartrosi
– sindromi metaboliche
– ipertensione
– ipercolesterolemia
– ipertrigliceridemia
– resistenza all’insulina
– stato proinfiammatorio e protrombotico
– steatosi epatica non alcolica
Il rischio di mortalità è più basso nei non fumatori con IMC compreso tra i 20 e i 25 Kg/m2.
In media, l’obesità abbassa l’aspettativa di vita di circa sei-sette anni: in particolare, l’aspettativa di vita diminuisce di due-quattro anni in caso di obesità moderata (corrispondente a un IMC compreso fra 30 e 35 kg/m2), mentre l’obesità grave (IMC maggiore di 40 kg/m2) riduce l’aspettativa di vita di dieci anni.
Trattamento
– dieta
– esercizio fisico
– Orlistat (farmaco)
– anfetamine (raramente perchè possono dare dipendenza)
– Chitosano
– N-oleil-fosfatidil-etanolamina
– epigallocatechin-3-gallato
– fucus vesiculosus
– iperico
– efedra
– antidepressivi serotoninergici (fluoxetina e sertralina)
– antidiabetici (metformina)
– bupropione
– antiepilettici (topiramato e zonisamide)
Il trattamento più efficace per l’obesità è comunque la chirurgia bariatrica, che comprende diverse componenti d’azione:
– la chirurgia restrittiva, ottenibile con il bendaggio gastrico;
– le procedure malassorbitive, come la diversione biliopancreatica;
– i trattamenti di tipo misto, come il bypass gastrico.
L’obiettivo della chirurgia bariatrica sarebbe quello di ottenere una perdita di peso significativa e a lungo termine, possibilmente associata a ridotta mortalità e morbidità. Il confronto tra le varie tecniche favorisce in genere gli interventi malassorbitivi piuttosto che quelli puramente restrittivi. Tuttavia, in presenza di indicazioni corrette, ogni tipo di intervento ha possibili effetti duraturi sul peso con percentuali di perdita di eccesso ponderale comprese tra il 50% e l’90% a 5 anni.Per ogni trattamento si possono riconoscere complicanze talora rischiose e anche mortali, ma la loro individuazione e la conoscenza dei mezzi a disposizione per trattarle ha progressivamente ridotto la mortalità post-operatoria rendendo più accettabile il rapporto fra rischio e beneficio.
La chirurgia per l’obesità grave porta, come è noto, a perdita di peso a lungo termine e una diminuzione della mortalità complessiva. Uno studio del 2007 evidenzia che una perdita di peso compresa tra il 14% e 25% (a seconda del tipo di procedura eseguita) a 10 anni comporta una riduzione del 29% di tutte le cause di mortalità rispetto alle misure standard di perdita di peso. Tuttavia, a causa del suo costo e il rischio di complicanze, i ricercatori stanno studiando altri trattamenti efficaci ma meno invasivi.
BIOIMPEDENZIOMETRIA
La impedenziometria è una metodica utilizzata per la determinazione della composizione corporea (massa grassa, massa magra, acqua totale).
L’impedenziometria misura l’impedenza del corpo (“bioimpedenza” o “bioresistenza”) al passaggio di una corrente elettrica a bassa potenza e alta frequenza (50 kHz).
Le apparecchiature
Le apparecchiature utilizzate possono essere di vario tipo, ma non tutte presentano il medesimo grado di precisione. Le comuni bilance o maniglie per impedenzometria hanno scarso grado di attendibilità. Un’apparecchiatura professionale è invece costituita da 4 elettrodi, da applicare, rispettivamente, sul dorso delle mani e sul dorso dei piedi; ad essi vengono collegati dei fili conduttori, attraverso cui viene fatta circolare la corrente, che, attraversando le strutture corporee, subirà un calo della sua intensità dovuta all’impedenza associata alle strutture corporee; il segnale risultante (ovvero la risposta in termini di intensità elettrica) viene trasmesso ad un apparecchio trasduttore, che raccoglie i dati traducendoli in misure corporee. Anche le apparecchiature professionali non sono esenti da margini di errore, statisticamente si parla di uno scarto tra dato reale e dato rilevato di circa il 4%.
Alcuni dati sulla resistività biologica del corpo umano, sono visibili nella tabella sottostante, da cui si desume che ogni elemento ha una impedenza caratteristica al passaggio della corrente.
Ad esempio, l’urina presenta una bassa impedenza elettrica, pari a 30 Ω/cm² (essendo ricca di elementi chimici disciolti); mentre il grasso corporeo, con 2500 Ω/cm², oppone un’elevata resistività elettrica.
Parametri
Attraverso le misurazioni effettuate dalle apparecchiature, è possibile ottenere vari parametri:
– Acqua corporea totale (TBW – total body water);
– Acqua extracellulare (ECW – extra cell water);
– Acqua intracellulare (ICW – intra cell water);
– Massa cellulare (BCM – body cell mass);
– Massa magra (FFM – fat free mass);
– Massa grassa (FM – fat mass);
– Massa muscolare (MM – muscle mass);
– Metabolismo basale correlato alla massa cellulare.
GIROVITA
La circonferenza addominale, in combinazione con il valore dell’Indice di Massa Corporea (IMC), rappresenta un parametro predittivo molto importante per determinare il grado di obesità e i rischi di salute associati. Un accumulo di grasso viscerale cioè nella parte dell’addome, di tipologia maschile (obesità androide o a mela) aumenta il rischio di cardiopatie, ipertensione, diabete etc e la mortalità in genere, rispetto ad un accumulo di tipo femminile (prima della menopausa) (ginoide o a pera) nella parte inferiore del corpo (cosce, glutei).
Ecco come misurare la tua circonferenza vita.
La misurazione del girovita è un metodo semplice, pratico ma con una buona attendibilità.
– Prendi un comune metro a nastro, non elastico.
– Posizionati davanti ad uno specchio (sarà più semplice controllare di eseguire correttamente la misurazione). L’addome deve essere nudo.
– Posiziona il metro a livello della vita, in linea orizzontale, parallela al pavimento.
– Ricorda che il punto vita è la parte più stretta dell’addome (quella che normalmente si trova subito sopra il bordo superiore delle creste iliache)
– Se la vita non è ben evidente tieni come punto di riferimento l’ombelico. Il nastro dovrà essere sempre in linea parallela al pavimento.
WHR rapporto vita fianchi
Il WHR esprime il rapporto tra la circonferenza della vita e la circonferenza dei fianchi. Questo indice viene utilizzato in campo medico per valutare la distribuzione corporea del tessuto adiposo.
Semplice e veloce da calcolare questo indice sopperisce in parte alle carenze del BMI.
La modalità di distribuzione del grasso corporeo si correla al rischio di patologie cardio-vascolari.
Diversi studi hanno dimostrato che l’obesità di tipo androide o a mela (massa adiposa concentrata nel viso, nel collo, nelle spalle e soprattutto nell’addome al di sopra dell’ombelico) si associa a livelli più alti di glicemia, trigliceridi e pressione arteriosa.
Nei maschi prevale l’obesità di tipo androide mentre nelle femmine prevale l’obesità di tipo ginoide o a pera (massa adiposa concentrata nelle anche, nelle natiche, nelle cosce e nell’addome al di sotto dell’ombelico), meno pericolosa per la salute.
Secondo le linee guida europee la circonferenza vita non dovrebbe superare i 102 cm negli uomini e gli 88 cm nelle donne. Il rapporto vita/fianchi dovrebbe essere inferiore a 0,95 per gli uomini e 0,8 nelle donne.
Come calcolare il WHR
PLICOMETRIA
La plicometria è un metodo di misurazione del grasso corporeo. Si attua mediante uno strumento, chiamato plicometro, che permette di rilevare lo spessore delle pliche cutanee.
Tecnica di misurazione
La misurazione manuale si effettua prendendo la plica tra pollice ed indice ed applicando lo strumento. Per evitare errori, si effettuano misurazioni su entrambi i lati del corpo, poiché potrebbero esserci delle asimmetrie, e si effettuano tre rilevamenti sullo stesso punto per poi ricavarne una media.
Le pliche di repere
Le pliche cutanee, interessate alle misure, sono quattro:
– bicipitale (punto medio della parte anteriore del braccio)
– tricipitale (punto medio della parte posteriore del braccio)
– sottoscapolare (trasversale all’angolo inferiore della scapola)
– sovrailiaca (poco sopra la cresta iliaca sulla linea medioascellare).
Queste misurazioni permettono di valutare, mediante gli schemi plicometrici di Durnin, la massa grassa, la massa magra ed il peso ideale.
Il grasso corporeo, oltre che essere valutato con il plicometro, può anche essere misurato tramite strumenti elettronici, quali il bioimpedenziometro e il “Body fat meter“, che forniscono vari altri parametri.
CIRCONFERENZA TORACICA
La circonferenza toracica può essere misurata in condizioni normali, di massima inspirazione o di massima espirazione. Il primo dato è molto utile per valutare l’accrescimento corporeo dei bambini e, in età adulta, per ottenere una stima del peso ideale:
Formula di Bernhardt = (altezza corporea x circonferenza torace) / 240)
CIRCONFERENZA COSCIA
Circonferenza della coscia: il punto più ampio si trova al di sotto della piega glutea.
Similmente alla circonferenza del braccio, è utilizzata per valutare lo stato di nutrizione e la massa muscolare del soggetto.
Se rapportata con la circonferenza addominale, può dare un’idea della distribuzione del grasso corporeo (non valida per il culturisti):
WHT (Waist/Tigh Ratio) = circonferenza vita / circonferenza cosce
Obesità androide se WHT > 1,50 per le donne o 1,79 per gli uomini
Obesità androide = maggior rischio di sviluppare patologie cardio-vascolari e diabete
CIRCONFERENZA POLSO
Essendo una regione quasi priva di tessuto adiposo e muscolare, la circonferenza del polso fornisce indicazioni utili sulla costituzione corporea dell’individuo e sulla sua morfologia.
Per una valutazione più precisa,si utilizza la seguente equazione
Morfologia = statura (cm) : circonferenza polso (cm)
e si confronta il dato ottenuto con i riferimenti elencati in tabella.
Formula di Lanzola
La circonferenza del polso viene utilizzata, insieme all’altezza, per un calcolo preciso del peso ideale.
La formula di Lanzola, ad esempio, utilizza la statura, il sesso e la circonferenza del polso per fornire una stima del peso forma di un individuo:
Secondo recenti approfondimenti scientifici, la circonferenza del polso potrebbe in qualche modo predire il rischio cardiovascolare di un individuo; in particolare, da alcuni studi epidemiologici è emerso che una circonferenza polso superiore alla norma determina un aumento del rischio cardiovascolare e di sviluppare diabete mellito di tipo II e insulino-resistenza (anche nei bambini).
CIRCONFERENZA DEL BRACCIO
La circonferenza del braccio è una misura antropometrica di largo utilizzo, in quanto fornisce una rapida stima della massa muscolare di un soggetto. Serve quindi anche per valutare la perdita o l’acquisto di massa magra (malnutrizione).
Circonferenza del braccio come indice di massa muscolare
Un indicatore di semplice rilevazione e particolarmente utile per la stima della massa magra è la misura della circonferenza muscolare del braccio. Per ottenerla è necessario rilevare la plica cutanea a livello del tricipite (TS) e la circonferenza del braccio omolaterale (AC).
I due dati andranno posti nella seguente equazione:
N.B: la plica tricipitale viene misurata sul lato posteriore dell’arto, a metà distanza tra l’estremità dell’acromion e dell’olecrano.
Tali formule sono basate sull’assunzione che la sezione del braccio sia approssimativamente circolare, che lo strato adiposo sottocutaneo sia uniformemente distribuito intorno al muscolo e che il contributo dell’osso sia costante nei diversi soggetti. Si tratta ovviamente di un modello teorico, che non trova riscontro nella realtà; tuttavia, considerata la semplicità e la diffusione di questa tecnica, se ne accettano i limiti.
CIRCONFERENZA DEL COLLO
La circonferenza del collo è un dato antropometrico utilizzato soprattutto per valutare la distribuzione del tessuto adiposo nella parte superiore del corpo. In relazione al suo valore una persona è considerata:
Si tratta ovviamente di dati indicativi (Mike Tyson, per esempio, non era certo obeso, ma sfoggiava una circonferenza del collo di circa 50 cm).
In persone obese la circonferenza del collo è considerata patologica se superiore a 43 cm (maschi) e a 41 cm (femmine). Simili valori espongono ad un fortissimo rischio di subire ripetuti episodi di apnea durante il sonno, con conseguente decadimento della qualità di vita diurna e russamento. Un’elevata circonferenza del collo predispone anche alla sindrome metabolica, con un aumento del rischio coronarico e della mortalità in genere.
Valori superiori alla norma possono essere causati anche da alterazioni della ghiandola tiroide (in questi casi si osserva un chiaro rigonfiamento della parte anteriore del collo).
FABBISOGNO ENERGETICO UMANO
Il fabbisogno calorico giornaliero viene definito come l’apporto di energia di origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico di individui che mantengano un livello di attività fisica sufficiente per partecipare attivamente alla vita sociale ed economica e che abbiano dimensioni e composizione corporee compatibili con un buono stato di salute a lungo termine.
Fabbisogno basale
Il metabolismo basale è influenzato da vari fattori:
– Sesso G: nella donna è inferiore rispetto all’uomo
– Massa corporea M: in realtà andrebbe considerata principalmente la massa muscolare, anche per questo si introduce la
– Statura H
– Età T: diminuisce gradualmente con l’età
– Clima: il metabolismo basale è più elevato nelle regioni con clima freddo rispetto a quelle con clima caldo
– Stato nutrizionale: durante il digiuno e nei casi di iponutrizione (ad esempio nelle diete troppo “povere”) il metabolismo basale si abbassa;
– Stato ormonale: gli ormoni tiroidei aumentano il metabolismo basale.
La formula di Harris-Benedict, la più usata in campo tecnico, tiene in considerazione solamente i primi tre fattori e non gli altri due che sono ambientali (esterni al sistema metabolico).
Valutazione di dati calorici alimentari
– Le tabelle alimentari danno un’idea statistica approssimativa riguardo al contenuto energetico (calorico) degli alimenti. Come detto, essendo esse approssimative, non hanno una sufficiente affidabilità.
– Anche i consigli dietetici sul fabbisogno energetico individuale sono poco affidabili; oggigiorno è impossibile infatti determinare il fabbisogno individuale concreto con strumenti accessibili, al massimo è fattibile un’approssimazione statistica della rata metabolica basilare, considerando massa corporea ed età. La stima della rata metabolica di sforzo non è precisa e la resa digestiva non è nota per ogni singola persona.
– Per quanto detto, i dati devono essere considerati come indicazioni di massima.
PER PERSONE SEDENTARIE: peso (kg) x 31 = fabbisogno calorico quotidiano
PER PERSONE MODERATAMENTE ATTIVE: peso (kg) x 38 = fabbisogno calorico quotidiano
PER PERSONE ATTIVE: peso (kg) x 44 = fabbisogno calorico quotidiano
– Stimato il metabolismo basale (MB) per il calcolo del bisogno energetico giornaliero è necessario valutare l’attività svolta nelle 24 ore. E’ possibile calcolare tale valore con metodologie veloci e con un grado di approssimazione accettabile:
1) definire il proprio livello di attività fisica (leggero, moderato, pesante) facendo riferimento alla seguente tabella
2) attività fisica auspicabile
Alcune persone, oltre alle attività principali, dedicano parte del loro tempo ad attività motoria facoltativa, della quale è importante tener conto nel calcolo delle calorie.
Si introduce pertanto il concetto di attività fisica auspicabile inteso come:
… le attività consigliate ai soggetti sedentari o meno, per il mantenimento del tono muscolare e cardiocircolatorio … .
un adulto sano svolge attività fisica auspicabile se quattro o cinque volte la settimana dedica almeno 20 minuti ad esercizi fisici di intensità sufficiente a provocare una evidente sudorazione
– Il metabolismo basale moltiplicato per il LAF (tenendo conto dell’eventuale attività auspicabile) esprime la quantità di calorie giornaliere necessarie per fronteggiare il dispendio energetico. Viene espresso in kcal/die:
FABBISOGNO CALORICO (KCAL/DIE) = MB X LAF
Il fabbisogno energetico quotidiano rappresenta con buona approssimazione la quantità giornaliera di calorie che:
– consente di raggiungere gradualmente il peso forma se il peso attuale è superiore (dieta dimagrante)
– consente di raggiungere gradualmente il peso forma se il peso attuale è inferiore (dieta ingrassante)
ESEMPIO
– ragazza 35 anni, 168 cm, 53 Kg, segretaria d’azienda,
– fa in bicicletta 20 Km 3 volte alla settimana
– Metabolismo basale (MB) (tabella) = 8,7 quindi faremo
8,7 x 53 +829 = 1290 Kcal
– attività leggera (dalla tabella)
– attività fisica auspicabile SI’ dato che la ragazza fa 20 Km in bici 3 volte alla settimana ,che compensano la sua attività leggera di segretaria
– con riferimento alla tabella dei LAF vedo che una attività leggera corrisponde a 1,56
CALCOLO CALORIE = MB x LAF = 1290 X 1,56 = 2012 Kcal
Buenas
Esta genial tu articulo y hay cuantiosas cosas que no sabia que me
has aclarado, esta espectacular.. te queria devolver el espacio que dedicaste, con unas infinitas gracias, por
aconsejar a gente como yo .
Adios
My day is about to end and before the end, I am reading this wonderful paragraph to increase my knowledge.
—————–
Sta per finire la mia giornata e prima della fine,sto leggendo questo paragrafo meraviglioso per aumentare la mia conoscenza.
Tutto è molto aperto con una chiara spiegazione dei problemi.
E ‘stato veramente informativo. Il tuo sito è molto utile. Grazie
per condividere!