PLASMA
Funzioni del Plasma
Il plasma è la componente liquida del sangue, nella quale sono sospesi gli elementi corpuscolati (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine).
Formato soprattutto da acqua, che rappresenta approssimativamente il 92% del suo peso, il plasma è costituito da molte sostanze, tra cui:
– proteine (7%);
– molecole organiche (glucosio, aminoacidi, lipidi, ormoni, composti di scarto azotati come urea ed urati);
– ioni (sodio, potassio, cloro, idrogeno, calcio e bicarbonato);
– sostanze gassose (ossigeno ed anidride carbonica);
– oligoelementi e vitamine
Il 55% del sangue totale circolante è costituito dal plasma.
La concentrazione della componente acquosa viene mantenuta entro un range di valori costanti grazie all’assunzione di liquidi con la dieta e tramite il controllo della loro escrezione a livello renale.
La frazione proteica del sangue è costituita principalmente da albumine (4,5 grammi per 100ml), globuline (2,7 grammi per 100 ml) e fibrinogeno (2,25 grammi per 100ml).
Donazione di plasma
Il plasma sanguigno, per la ricchezza dei suoi componenti, può essere usato, al posto del sangue intero, nelle situazioni in cui si è determinata una rapida perdita di liquidi con riduzione del volume circolante (ustioni, traumi). L’operazione di prelievo è chiamata plasmaferesi ed è utile anche per sostituire un plasma ricco di sostanze nocive con quello sano di un donatore; quest’ultimo può anche essere utilizzato dalle industrie farmaceutiche per isolarne le varie componenti ed utilizzarle nella cura di numerose patologie (immunologiche, epatiche, renali ed emorragiche).
Indice di aterogenicità del plasma (AIP)
Come vedi,basta inserire i valori di colesterolo e trigliceridi ed il calcolo sarà automatico. Ci sono anche altri calcolatori disponibili.
Interpretazione dei risultati
L’indice di aterogenicità del plasma è un parametro predittivo di rischio cardiovascolare, specie in alcune categorie di pazienti (è stato studiato soprattutto nei diabetici).
Il costo praticamente irrisorio (si tratta di una semplice formula di calcolo operata su due comuni parametri ematochimici) ed i potenziali risvolti clinici, suggeriscono una maggiore diffusione dell’indice di aterogenicità del plasma nella popolazione generale.
PIASTRINE
Introduzione
Le piastrine o trombociti sono i più piccoli elementi figurati del sangue, con forma discoidale e diametro compreso tra i 2 ed i 3 µm. Al contrario dei globuli bianchi (o leucociti) e rossi (o eritrociti), le piastrine non sono vere e proprie cellule, ma frammenti di citoplasma dei megacariociti localizzati nel midollo rosso. Questi, a loro volta, derivano da precursori chiamati megacarioblasti e si presentano come grosse cellule multinucleate (diametro dai 20 ai 15 nm), che dopo varie fasi di maturazione subiscono fenomeni di frammentazione citoplasmatica, originando dalle 2000 alle 4000 piastrine. I trombociti, di conseguenza, sono privi di nucleo (come i globuli rossi) e di strutture quali il reticolo endoplasmatico e l’apparato di Golgi; sono tuttavia delimitati da una membrana, che rende ogni piastrina indipendente dalle altre, e possiedono granuli, vari organelli citoplasmatici ed RNA.
Come anticipato, le dimensioni delle piastrine sono particolarmente contenute; nonostante ciò la loro struttura interna è estremamente complessa, dal momento che intervengono in un processo biologico di primaria importanza chiamato emostasi [haima, sangue + stasis blocco]. In sinergia con gli enzimi della coagulazione, le piastrine permettono il passaggio del sangue dallo stato fluido a quello solido, formando una specie di tappo (o trombo) che ostruisce i punti lesi dei vasi.
Valori normali nel sangue
In un millilitro di sangue sono normalmente presenti dalle 150.000 alle 400.000 piastrine. La loro vita media è di 10 giorni (contro i 120 dei globuli rossi), al termine dei quali vengono fagocitate o distrutte dai macrofagi, soprattutto nel fegato e nella milza (in quest’ultima è presente circa un terzo della massa piastrinica totale). Ogni giorno sono prodotte dalle 30.000 alle 40.000 piastrine per mm3; in caso di necessità, tale sintesi può aumentare 8 volte.
PLT
PLT è un indice di laboratorio che esprime il numero di piastrine per volume di sangue. In un individuo adulto, in buono stato di salute, questo numero si aggira tra le 150.000 e le 450.000 unità per microlitro di sangue.
Bassi valori di PLT sono indice di piastrinopenia, mentre elevate concentrazioni ematiche di piastrine sono un indice di trombocitosi (o piastrinosi).
Solitamente, il rischio di emorragia spontanea è molto contenuto in presenza di un conteggio piastrinico superiore a 40.000 piastrine/µl, risulta frequente ma non costante per valori inferiori, e diviene costante e piuttosto grave quando PLT scende sotto le 10.000 piastrine/µl.
Se avviene un’emorragia spontanea per valori superiori a 40.000 piastrine/µl, invece, si devono considerare altre concause, come una debolezza delle pareti vasali, o un difetto della funzionalità piastrinica o dei vari fattori della coagulazione.
Quando viene prescritto l’esame?
La valutazione di PLT è parte dell’esame emocromocitometrico e viene indicata dal medico quando il paziente manifesta sanguinamenti prolungati o altri sintomi attribuibili a una conta piastrinica alta o bassa, come:
– Facilità nella formazione di lividi;
– Epistassi ricorrenti;
– Perdita ematica abbondante, eccessiva e prolungata durante le mestruazioni;
– Sanguinamenti gastrointestinali (che possono essere rivelati in un campione di feci);
– Comparsa di puntini o macchie cutanee rossastre (petecchie e porpora) e sanguinamento dalle mucose.
Valori normali
La conta piastrinica è normalmente compresa tra 150.000 e 450.000 unità per µl di sangue.
Tale valore può variare lievemente in base alle fasi del ciclo mestruale, diminuisce nelle ultime fasi della gravidanza (trombocitopenia gestazionale) e aumenta in risposta a citochine infiammatorie (trombocitosi secondaria o reattiva).
PLT Alto – Cause
PLT Basso – Cause
Come si misura
Per la valutazione del numero di piastrine per volume di sangue, basta sottoporsi a un esame emocromocitometrico completo (emocromo). Al paziente viene prelevato, quindi, un campione di sangue da una vena del braccio, in genere al mattino ed a digiuno.
Il conteggio può essere effettuato automaticamente dai contatori elettronici o mediante l’osservazione al microscopio ottico (striscio di sangue).
Preparazione
Per sottoposi al prelievo di sangue, è necessario astenersi da cibi e bevande per almeno 8-10 ore.
Interpretazione dei risultati
PLT Basso
Un PLT basso dipende generalmente da condizioni patologiche nelle quali:
– Il midollo osseo non riesce a produrre abbastanza piastrine;
– Le piastrine sono consumate o distrutte a livello splenico più velocemente del normale.
La piastrinopenia (o trombocitopenia) può causare difetti nella coagulazione del sangue e manifestazioni emorragiche di vario tipo (nota: il rischio di sanguinamento è inversamente proporzionale alla conta piastrinica).
Un PLT basso si può osservare nel corso di malattie infettive (es. epatite, rosolia, mononucleosi e infezione da HIV), patologie autoimmuni (es. lupus eritematoso sistemico), anemia aplastica ed alcuni processi neoplastici (leucemie e linfomi).
Altre possibili cause comprendono: cirrosi epatica (con ipertensione portale e aumento di volume della milza), problemi di sanguinamento cronico (es. ulcere allo stomaco), ustioni e sepsi.
Un PLT basso può essere la conseguenza dell’azione di varie sostanze tossiche (es. abuso di alcool o agenti chimici, come pesticidi, arsenico e benzene) e farmaci (chinino, agenti chemioterapici ecc.) che producono una mielosoppressione dose-dipendente o innescano una distruzione immuno-mediata delle piastrine.
PLT Alto
L’aumento del numero di piastrine circolanti rispetto al tasso normale (trombocitosi) si può osservare in corso di sindromi mieloproliferative (policitemia vera e trombocitopenia essenziale) e varie patologie ematologiche (tra cui leucemia mieloide cronica, anemia sideropenica e mielodisplasia).
Un PLT alto può essere riscontrato anche in presenza di neoplasie (come linfomi, mesoteliomi e carcinomi del polmone, dello stomaco, della mammella e dell’ovaio), disordini infiammatori acuti (es. infezioni, allergie e morbo di Kawasaki) e cronici (artrite reumatoide, enteropatie croniche, sarcoidosi, osteomielite, osteoporosi e tubercolosi).
Altre cause comprendono splenectomia e trombosi splenica, emorragie acute da traumi, coagulopatie, anemie emolitiche congenite o acquisite, poliglobulia secondaria a patologia renale o cardiaca e necrosi tissutali da fratture ossee, interventi chirurgici o infarti d’organo.
La trombocitosi si può riscontrare anche in certi stati fisiopatologici, come ipossia, esercizio fisico intenso, stress post-operatorio, ovulazione, gravidanza e puerperio.
In presenza di trombocitosi, la funzione piastrinica è generalmente normale e non aumenta il rischio di complicanze trombotiche e/o emorragiche, salvo nei casi in cui i pazienti non abbiano una grave patologia arteriosa o si trovino in uno stato di immobilità prolungata.
MPV
MPV è l’acronimo di Mean platelet volume – volume piastrinico medio; in pratica, quindi, tale parametro ci dice quanto grandi sono mediamente le nostre piastrine:
tanto più elevato è l’MPV e tanto maggiori sono le dimensioni piastriniche medie.
Se relazionato alla conta piastrinica (PLT = numero di piastrine per volume di sangue), MPV può dare un’idea del grado di efficienza dei meccanismi di coagulazione del sangue; questi, infatti, dipendono da molti fattori e comunque non solo dal numero di piastrine, ma anche dal relativo volume e dalla sua uniformità (PDW).
Cos’è
Le piastrine (o trombociti) sono piccole cellule del sangue, di forma discoidale e diametro compreso tra i 2 e i 3 µm, prodotte dal midollo osseo. Questi elementi sono fondamentali per l’emostasi, nonché per la coagulazione del sangue. Nel caso in cui un vaso sanguigno dovesse danneggiarsi, le piastrine si preoccupano di aderire alla parete, aggregandosi e andando a formare un tappo che in modo provvisorio limiterà i danni e fermerà il flusso di sangue verso l’esterno.
Le piastrine sopravvivono nel torrente ematico per circa 8-10 giorni e il midollo osseo deve produrre continuamente nuovi elementi per rimpiazzare quelli degradati, consumati e/o persi durante il sanguinamento.
Il volume piastrinico medio (MPV) è un parametro che indica la dimensione media di queste cellule ed è tipicamente incluso nelle analisi del sangue come parte dell’emocromo.
A modificare le normali dimensioni delle piastrine possono intervenire diversi fattori:
Nel caso in cui il midollo osseo sia soggetto a delle disfunzioni, il volume delle piastrine prodotte potrebbe essere ridotto;
Nel caso in cui la quantità di piastrine sintetizzate sia, invece, insufficiente, il midollo osseo può cercare di sopperire a questa carenza andando a produrre piastrine di dimensioni più grandi.
Bisogna, inoltre, tenere conto del fatto che le piastrine appena prodotte sono di volume maggiore, mentre quelle che sono ormai in circolo da qualche giorno tendono a diventare di dimensioni più piccole. In altre parole, le piastrine giovani sono caratterizzate da un volume medio aumentato (> MPV) rispetto a quelle anziane.
Perché si Misura
Il volume medio (MPV) è un calcolo effettuato da uno strumento automatizzato che riflette la grandezza delle piastrine presenti nel sangue del paziente. L’MPV viene valutato dal medico per ottenere informazioni addizionali circa i trombociti e/o definire la causa di una conta bassa o alta di queste cellule del sangue.
Questo parametro contribuisce a diagnosticare e/o a monitorare patologie, come disordini dell’emostasi, sindromi mieloproliferative e malattie infiammatorie.
Esami associati
Il volume medio (MPV) dev’essere necessariamente valutato insieme agli altri indici piastrinici, come il numero totale (PLT) e la concentrazione ematica delle piastrine (PCT).
Il parametro può essere rapportato anche a uno o a più test di funzionalità piastrinica e/o ad altre analisi per la valutazione della coagulazione, come PT (Tempo di protrombina) e PTT (Tempo di Tromboplastina Parziale).
Valori normali
Non esiste un MPV normale per tutti, ma l’MPV normale per un determinato numero di piastrine; infatti, tanto più rallentato è il tasso di produzione delle piastrine, tanto più basso è l’MPV.
In effetti, la piastrina giovane ha un volume cellulare più grande di una piastrina adulta, per cui in presenza di un’aumentata sintesi si assiste a un generale aumento del volume piastrinico medio (MPV).
Dal momento che il volume medio delle piastrine è superiore quando il corpo aumenta la sintesi piastrinica, il test dell’MPV può essere utilizzato per ottenere informazioni sulla produzione di piastrine da parte del midollo osseo.
Un tipico range di normalità per l’MPV è compreso tra 9,7 e 12,8 fL (femtolitri), che equivalgono a sfere di 2,65 – 2,9 µm di diametro.
MPV Alto – Cause
Tra le possibili cause di MPV alto rientrano:
– Piastrinopatie;
– Sindromi mieloproliferative;
– Porpora trombocitopenica idiopatica;
– Infarto miocardico;
– Arteriopatie;
– Macrotrombocitosi mediterranea;
– Asportazione della milza;
– Diabete;
– Sindrome di Bernard-Soulier;
– Ipoplasia midollare transitoria;
– Preeclampsia;
– Malattie infiammatorie intestinali.
MPV Basso – Cause
Bassi valori di MPV si registrano in caso di:
– Sindrome di Wiscott Aldrich;
– Anemia aplastica;
– Depressione della piastrinopoiesi midollare (carenza di B12 e folati, chemioterapia, infiltrazione neoplastica, ipersplenismo).
Conseguenze
Bassi valori di MPV predispongono alle emorragie.
Vari studi, infatti, suggeriscono come le piastrine di maggiori dimensioni siano funzionalmente più attive nei processi di coagulazione.
Come si misura
L’MPV viene misurato tramite uno strumento automatizzato per l’analisi emocitometrica. Al paziente viene prelevato, quindi, un campione di sangue da una vena del braccio, in genere al mattino e a digiuno.
Inoltre, considerato che le piastrine possono tendere a raggrupparsi, andando a falsare i risultati “automatici”, può essere necessario analizzare il campione al microscopio.
Preparazione
Per sottoposi al prelievo di sangue, è necessario astenersi da cibi e bevande per almeno 8-10 ore.
Interpretazione dei Risultati
Per individuare eventuali disfunzioni e patologie, il valore del volume piastrinico medio dev’essere necessariamente confrontato con il conteggio totale delle piastrine. Tipicamente, a un basso MPV si associa una produzione minore di trombociti, sia dal punto di vista della frequenza, che della quantità. Al contrario, invece, a valori alti si associa una produzione frequente e quantitativamente rilevante di piastrine.
Un aumento del numero di piastrine grandi (MPV alto) in una persona con una bassa conta delle piastrine suggerisce che il midollo osseo sta producendo trombociti e li rilascia in circolo molto rapidamente. Per contro, l’MPV può essere basso in persone con bassa conta piastrinica in seguito ad una patologia del midollo osseo.
Tra le più importanti cause determinanti un basso valore di MPV rientrano anemia aplastica, carenze di vitamina B12 e di acido folico, ipersplenismo e sindrome di Wiskott-Aldrich.
Un aumento del volume piastrinico medio può dipendere, invece, da fenomeni di coagulazione intravascolare, diabete e disordini mieloproliferativi. L’abitudine al fumo e l’obesità possono influenzare l’esito dell’esame.
MPV e rischio cardiovascolare
– Elevati valori di MPV aumentano il rischio di ictus e infarto miocardico, quindi si associano a un’aumentata mortalità cardiovascolare e cerebrovascolare. Il rischio diviene concreto per valori di MPV superiori a 12,0 fL. Infatti, un’eccessiva tendenza all’aggregazione piastrinica aumenta il rischio di trombosi ed embolia.
– MPV è più alto nelle persone obese ed in quelle che presentano altri fattori di rischio cardiovascolare, come il diabete o l’abitudine al fumo.
– Gli acidi grassi essenziali della serie omega tre possono contribuire a ridurre l’MPV e la tendenza all’aggregazione piastrinica in soggetti sani.
PCT
PCT, comunemente noto come piastrinocrito o ematocrito piastrinico, è un parametro di laboratorio che esprime la frazione percentuale della massa di sangue intero occupata dalle piastrine; in altre parole, il PCT ci dice quanto volume di sangue è occupato dalle piastrine.
Il PCT viene rilevato insieme ad altri indici piastrinici, come:
– PLT: conta piastrinica, numero di piastrine per volume di sangue;
– MPV: volume medio delle piastrine;
– PDW: ampiezza di distribuzione dei volumi piastrinici (indice di anisocitosi piastrinico).
allo scopo di valutare la dimensione e l’omogeneità della popolazione piastrinica.
Un po’ come per i globuli rossi, infatti, non è importante sapere solo quante piastrine ci sono in un determinato volume di sangue, ma anche ottenere indicazioni sulla loro dimensione e forma.
Il PCT è in stretta correlazione con il PLT e il MPV, dato che il volume di sangue occupato dalle piastrine dipende dal loro numero e dalla loro dimensione.
Cos’è
Le piastrine (o trombociti) sono piccoli elementi del sangue importanti per la normale coagulazione. Queste cellule sono prodotte dal midollo osseo e sono rilasciate nel circolo sanguigno.
Le piastrine sopravvivono in circolo per 8-10 giorni e il midollo osseo deve produrre continuamente nuove cellule per rimpiazzare quelle degradate, consumate e/o perse durante il sanguinamento.
Il piastrinocrito (PCT) è un parametro analogo all’ematocrito. Nello specifico, PCT indica il rapporto tra il volume totale delle piastrine e il volume totale del sangue.
In condizioni fisiologiche, la quantità di piastrine nel sangue viene mantenuta in uno stato di equilibrio mediante rigenerazione ed eliminazione.
Perché si Misura
L’ematocrito piastrinico (PCT) indica il volume del sangue occupato dalle piastrine. Questo parametro è dunque un efficace strumento di screening per rilevare le anomalie quantitative delle piastrine.
I valori di PCT variano a seconda del volume medio di questi elementi del sangue e forniscono indicazione della presenza di trombociti normali, piastrinopenia e trombocitosi.
Esami associati
La misura del piastrinocrito dev’essere effettuata insieme a volume medio (MPV), conta delle piastrine (PLT), ampiezza di distribuzione dei volumi piastrinici (PDW) e test di funzionalità piastrinica.
Segni e sintomi
Un basso o alto PCT può associarsi alle seguenti manifestazioni:
– Comparsa di lividi senza ragioni apparenti;
– Sanguinamenti al naso, alla bocca o al retto, senza evidenti ferite;
– Mestruazioni eccessive o prolungate;
– Difficoltà a fermare il sanguinamento da una piccola ferita, entro un periodo di tempo ragionevole.
Valori normali
L’ematocrito piastrinico (PCT) è un parametro riportato come percentuale (%). L’intervallo di riferimento è compreso tra 0,20 e 0,36%. Tuttavia, occorre sempre considerare che questo range può cambiare in funzione della strumentazione in uso nel laboratorio analisi. Per questo motivo, è preferibile consultare i valori associati a normalità riportati direttamente sul referto.
– Esempio: quando il valore di PCT risulta pari a 0,20%, significa che lo 0,20% del volume totale del sangue è costituito dalle piastrine.
PCT Alto – Cause
Tra le cause di un aumento del piastrinocrito rientrano:
– Cancro (polmoni, tratto gastrointestinale, ovaie, seno o linfoma);
– Patologie infiammatorie croniche, come malattie infiammatorie intestinali o artrite reumatoide;
– Anemia (in particolare, le forme sideropeniche ed emolitiche);
– Disordini mieloproliferativi (es. trombocitopenia essenziale);
– Malattie infettive come tubercolosi;
– Rimozione chirurgica della milza
PCT Basso – Cause
Una riduzione di PCT può dipendere da:
– Infezioni virali (mononucleosi, epatiti, HIV o rosolia);
– Trombocitopenia idiopatica (TIP);
– Cirrosi;
– Sepsi;
– Leucemia, linfoma o altri tipi di tumore che si diffondono (metastatizzano) al midollo osseo;
– Anemia aplastica;
– Mielodisplasia;
– Patologie autoimmuni, come LES;
– Coagulazione intravascolare disseminata (CID);
– Porpora trombocitopenica;
– Alcuni farmaci (acetaminofene, chinino, sulfamidici ecc.);
– Chemioterapia o radioterapia;
– Esposizione ad agenti chimici, come pesticidi, arsenico o benzene.
Come si misura
Il piastrinocrito (PCT) è un calcolo effettuato da uno strumento automatizzato per l’analisi emocitometrica.
Al paziente viene prelevato un campione di sangue da una vena del braccio, in genere al mattino e a digiuno, che verrà poi inserito nell’apposito macchinario.
Preparazione
Per sottoposi al prelievo di sangue, è necessario astenersi da cibi e bevande per almeno 8-10 ore.
Interpretazione dei Risultati
L’ematocrito piastrinico (PCT) indica il volume del sangue occupato dalle piastrine. Un PCT basso si traduce in una condizione di piastrinopenia, mentre un valore alto è correlato a una trombocitosi.
In ogni caso, i risultati anomali richiedono ulteriori accertamenti, che andranno discussi e interpretati con il proprio medico curante.
Fattore Rh
Gruppi sanguigni e fattore Rh
Ricerche successive agli studi di Landsteiner misero in luce l’esistenza di altri antigeni di cui è importante tener conto nella pratica delle trasfusioni. Tra questi il più importante è il cosiddetto fattore Rh, un antigene scoperto da un gruppo di ricercatori capitanati dallo stesso Landsteiner, intorno al 1940.
La scoperta del fattore Rh fu resa possibile dagli studi condotti su un gruppo di macachi Rhesus, da cui derivò il nome Rh.
Nel torrente circolatorio, indipendentemente dal gruppo sanguigno, l’antigene Rh può esserci o essere del tutto assente. Nel primo caso si parla di Rh positivo (Rh+), nel secondo di sangue Rh negativo (Rh-).
A differenza di quanto accadeva per i gruppi sanguigni A, B e 0 un individuo Rh- non ha nel suo sangue gli anticorpi per il fattore Rh positivo. Questi anticorpi si formano non appena il paziente riceve una trasfusione di sangue Rh positivo. Il processo è all’inizio molto lento e non causa problemi nell’immediato.
Le complicazioni insorgeranno soltanto nel caso di una seconda trasfusione da un donatore incompatibile, quando il sangue del paziente sarà già ricco di anticorpi anti-Rh che andranno ad aggredire i globuli rossi trasfusi provocandone l’agglutinazione.
Il fattore Rh positivo è un carattere dominante e per questo motivo, un soggetto Rh- è sicuramente omozigote per quel carattere (un Rh- ricevuto dal padre ed un Rh- ricevuto dalla madre). Al contrario un individuo Rh+ può essere sia omozigote (Rh+ Rh+) sia eterozigote (Rh+ Rh-).
Un caso particolare è rappresentato dall’incrocio tra una donna con gruppo sanguigno Rh- ed un uomo portatore del gene Rh+. Le possibili combinazioni sono riportate in tabella:
Mentre nel caso A nasceranno sicuramente figli Rh positivi, nel caso B vi è una probabilità del 50% che la donna dia alla luce un figlio Rh negativo.
Dato che la mamma ha gruppo sanguigno Rh- si crea una incompatibilità tra il suo sangue e quello del bambino Rh+ che porta in grembo. Durante la gravidanza questa incompatibilità non crea alcun problema in quanto i globuli rossi del feto non vengono in contatto con il sangue materno. Tale contatto si verifica invece al momento del parto ed in particolare durante il distacco della placenta. Il sangue materno, come visto precedentemente nel caso in cui il paziente Rh- riceva una trasfusione di sangue da un Rh+, comincia a produrre gli anticorpi anti-Rh.
I problemi, anche in questo caso, non si manifestano nell’immediato ma insorgono solo in caso di una seconda gravidanza. Se anche il secondo figlio sarà portatore del fattore Rh+ gli anticorpi materni aggrediranno i globuli rossi del feto causando gravi menomazioni a carico del sistema nervoso del nascituro..
Oggi fortunatamente i medici hanno a disposizione dei test molto precisi per valutare tale ipotesi che, nel caso venga confermata, potrà essere allontanata semplicemente somministrando subito dopo il primo parto farmaci in grado di distruggere gli anticorpi anti-Rh.
Il Gruppo Sanguigno
La pratica delle trasfusioni di sangue era già in voga nella vecchia Europa del XVII secolo. I primi risultati furono però deludenti, dato che la trasfusione si rivelava molto spesso un vero e proprio veleno letale per il paziente. Per questo motivo prima della fine del ‘600 tale pratica venne messa al bando da Francia e Inghilterra.
I medici dovettero attendere l’inizio del ventesimo secolo per capire il reale motivo di quest’alternanza di successi ed insuccessi.
Nel 1901 gli studi dell’austriaco Karl Landsteiner lo portarono a scoprire i gruppi sanguigni. Tale scoperta, che gli valse il premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1930, rivoluzionò la credenza diffusa a quei tempi in base alla quale il sangue era un tessuto identico in tutti gli individui.
In particolare Landsteiner individuò la presenza di quattro diversi gruppi sanguigni, che denominò A, B, AB e 0. Il motivo di questa differenziazione fu scoperto in seguito quando si notò l’esistenza dei cosiddetti antigeni eritrocitari.
Che cos’è un gruppo sanguigno?
Quando l’organismo viene aggredito da un agente patogeno (virus, batteri ecc.), innesca un meccanismo di difesa che aggredisce e neutralizza tali antigeni grazie alla presenza di proteine plasmatiche chiamate anticorpi.
Sulla superficie dei globuli rossi si possono distinguere due diversi antigeni: l’antigene A e l’antigene B. Allo stesso modo nel plasma possono esistere anticorpi anti-A ed anticorpi anti-B. Entrambi neutralizzano ed uccidono i globuli rossi portatori dell’antigene corrispondente. In base a questa informazione:
# in un individuo non possono coesistere anticorpi anti-A ed anticorpi anti-B.
# in un individuo non possono coesistere antigeni eritrocitari di tipo A ed anticorpi anti-A
# in un individuo non possono coesistere antigeni eritrocitari di tipo B ed anticorpi anti-B
Ogni gruppo sanguigno si caratterizza quindi per la presenza di specifici antigeni e dei corrispondenti anticorpi:
# il gruppo A contiene antigeni A e anticorpi anti-B
# il gruppo B contiene antigeni B e anticorpi anti-A
# il gruppo AB contiene antigeni A, antigeni B e nessuno degli anticorpi plasmatici corrispondenti
# il gruppo 0 è privo di antigeni ma contiene entrambi gli anticorpi anti-A e anti-B
Di conseguenza:
# il soggetto portatore del gruppo sanguigno AB è il più fortunato dato che, essendo privo di anticorpi specifici, può ricevere sangue sia da donatori di tipo A, B, AB e 0 (ricevitore universale)
# discorso contrario per chi ha sangue di tipo 0 che può ricevere soltanto sangue analogo (donatore universale)
# l’individuo di gruppo A può invece ricevere sangue dai gruppi A e 0; mentre il sangue di tipo B è compatibile soltanto con gruppi B e gruppi 0
Nel caso non si rispettino tali combinazioni gli anticorpi presenti nel plasma (agglutinine) aggrediscono i globuli rossi del sangue trasfuso, neutralizzandoli (reazione di agglutinazione) e formando piccoli grumi che occludono i vasi sanguigni causando danni molto seri all’organismo.
Il gruppo sanguigno di appartenenza viene ereditato dai genitori ed è immutabile dalla nascita alla morte. La frequenza di tali gruppi varia in base all’etnia della popolazione: in Inghilterra circa il 40% degli individui è di gruppo A e solo il 10% è di gruppo B; in India il gruppo A è presente nel 27% dei casi ed il gruppo B nel 50%. Il gruppo sanguigno AB è il più raro in Europa.
Calcolare il gruppo sanguigno
1) Il primo schema ci permette di stabilire il possibile gruppo sanguigno di un figlio conoscendo il gruppo sanguigno della madre e del presunto padre.
Per consultare la tabella trova la colonna corrispondente al gruppo sanguigno del padre e cerca tra le varie righe che la costituiscono quella relativa al gruppo sanguigno della madre.
Se per esempio il gruppo sanguigno del padre è 0 e quello della madre è B, il figlio avrà gruppo sanguigno B o 0.
In alcuni casi (madre con gruppo sanguigno A e padre con gruppo B) la capacità del test di stabilire la paternità è molto bassa (il figlio potra avere ognuno dei 4 possibili gruppi sanguigni).
2) Il secondo schema consente di risalire al gruppo sanguigno del padre conoscendo quello del figlio e della madre.
Per consultare la tabella cerca la colonna corrispondente al gruppo sanguigno del figlio e scegli tra le varie righe che la compongono quella che interseca il gruppo sanguigno della madre.
Alcune caselle sono state oscurate poiché tali combinazioni non sono possibili (un bambino non può avere gruppo sanguigno AB se la madre è portatrice di gruppo 0).
NOTA BENE: solo in alcuni casi specifici il test del gruppo sanguigno può confermare o escludere inequivocabilmente una presunta paternità. Soltanto l’analisi del DNA pòtra quindi fornire un risultato sicuro al 100%. Anche se molto raramente, mutazioni genetiche possono cambiare le regole per cui anche figli “impossibili” (ad es. gruppo A o B da genitori 0) possono divenire “possibili”.
Queste tabelle potrebbero sollevare qualche dubbio su alcuni casi specifici. Qualcuno potrebbe chiedersi, per esempio, come mai due genitori portatori di gruppo sanguigno A possano dare origine ad un figlio con gruppo sanguigno A o 0. Per rispondere a questa domanda occorre chiarire alcuni concetti base della genetica mendeliana.
Il gruppo sanguigno di una persona è determinato dalla presenza di due alleli. Un allele è una forma alternativa di un determinato gene. Ad esempio, un gene che controlla il carattere “colore del pelo” in un animale può esistere in due alleli: l’allele “pelo chiaro” e l’allele “pelo scuro“.
Se due alleli sono uguali tra loro l’individuo è omozigote per quel carattere, se sono diversi è eterozigote. A questo punto è lecito chiedersi di quale colore sia la pelliccia di un topo portatore di due diversi alleli per il carattere “colore del pelo“. La risposta è legata al concetto di carattere dominante.
Si definisce carattere dominante quel carattere che viene espresso prevalentemente rispetto ad un altro chiamato carattere recessivo. Il carattere dominante è quindi “più forte” ed in grado di oscurare il manifestarsi del carattere più debole. Se per esempio il carattere “pelo scuro” è dominante rispetto al carattere “pelo chiaro” il topo portatore di entrambi gli alleli avrà per forza di cose la pelliccia scura.
Nonostante sia apparentemente nascosto dalla presenza del carattere dominante, il carattere recessivo è comunque contenuto nel codice genetico dell’individuo e come tale può essere trasmesso alle generazioni future.
Quando si parla di gruppi sanguigni il carattere B e il carattere A sono dominanti rispetto allo 0.
Significa pertanto che se è presente la coppia AA o la copia A0, il risultato dell’analisi del gruppo sanguigno sarà comunque A e lo stesso discorso vale nel caso la coppia di alleli sia uguale a B0 e BB.
Un carattere dominante è quello che si manifesta e che impedisce la comparsa dell’altro carattere. Il gruppo sanguigno A è un carattere dominante perché impedisce al gruppo sanguigno 0 di comparire.
Anche il gruppo Sanguigno B è un carattere dominante:
Solo se il gene del gruppo sanguigno possiede entrambi gli alleli 0 (coppia allelica 00) l’analisi del suo sangue darà come risultato “gruppo 0″.
# Lo stesso discorso è valido se si considera il fattore Rh, poiché Rh+ è dominante rispetto a Rh-. Una persona con fattore Rh positivo potrà essere portatrice della coppia allelica (Rh+ Rh+ o Rh+ Rh-). I soggetti con Rh- sono invece necessariamente portatori di entrambi gli alleli Rh-.
Quest’ultimo punto ci permette di aprire una piccola parentesi, essenziale al fine della comprensione del test sul gruppo sanguigno. Le cellule germinali (ovulo e spermatozoo) sono infatti dotate di un solo allele per il carattere gruppo sanguigno. Un padre con coppia allelica A0 produrrà il 50% di spermatozoi con allele A ed il 50% di spermatozoi con allele 0. Se invece il padre ha gruppo 00, AA o BB, tutti i suoi gameti saranno rispettivamente portatori dell’allele 0, A o B. Analogo discorso può essere fatto per la madre.
Al momento della fecondazione l’unione delle due cellule darà luogo ad un individuo con un profilo genetico ereditato per metà dal padre e per il rimanente 50% dalla madre.
Vediamo un esempio:
due genitori di gruppo A possono avere sia un figlio di gruppo A che uno di gruppo 0;
se uno o entrambi i genitori presentano la coppia allelica AA tutta la discendenza avrà gruppo sanguigno A
Una volta capito il meccanismo potete divertirvi a calcolare i singoli casi.
1) Una madre con gruppo sanguigno 0 deve avere necessariamente la coppia allelica 00, di conseguenza tutte le cellule uovo prodotte avranno l’allele 0.
2) Se una mamma con gruppo sanguigno 0+ e un papà con gruppo sanguigno A- aspettano un bambino, quale gruppo sanguigno porterà il nascituro?
A+
0+
A-
0-
Tutte le risposte sono corrette
3) Se una mamma con gruppo sanguigno B- e un papà con gruppo sanguigno A+ aspettano un bambino, quale gruppo sanguigno porterà il nascituro?
A+, B+, AB+, 0+
A-, B-, AB-, 0-
in linea teorica il bambino potrà avere qualsiasi gruppo sanguigno e fattore Rh
0-, 0+, A+, B-, AB
Tutte le risposte sono corrette
4) Se una mamma con gruppo sanguigno B- e un papà con gruppo sanguigno A- aspettano un bambino, quale gruppo sanguigno porterà il nascituro?
A-, B-, AB-, 0-
in linea teorica il bambino potrà avere qualsiasi gruppo sanguigno e fattore Rh
0-, A+, B+, A-, B-, AB+
AB-
nessuna delle precedenti risposte sembra corretta
VES: Velocità di Eritrosedimentazione
La velocità di eritrosedimentazione (VES) è un indice infiammatorio.
Come ricorda il suo stesso nome, questo esame misura la velocità con cui gli eritrociti (globuli rossi) – presenti in un campione di sangue reso incoagulabile – sedimentano sul fondo della provetta che li contiene. Il paramento viene espresso in millimetri di sedimento prodotto in un’ora.
Molti processi patologici possono determinare un aumento della velocità di eritrosedimentazione: infezioni di vario genere, anemia, infiammazioni e alcuni processi tumorali.
Occorre precisare che la VES è un indice aspecifico (cioè generico) e dev’essere interpretata nel contesto di altre indagini cliniche mirate. In altre parole, se gli altri parametri risultano nella norma, il riscontro di un valore elevato di VES non deve indurre preoccupazione.
Cos’è
VES è l’acronimo di “velocità di eritro-sedimentazione”, un esame del sangue introdotto in diagnosi intorno agli anni ’20 del secolo scorso.
Nel sangue, i globuli rossi tendono a rimanere in sospensione, separati gli uni dagli altri grazie alla carica negativa di membrana che ostacola la formazione di aggregati (rouleaux).
In condizioni normali, la componente proteica del plasma è tale da preservare la carica di superficie delle emazie. Al contrario, quando nel corpo si instaurano processi flogistici, l’aumentata concentrazione ematica di proteine tipiche dell’infiammazione (tra cui il fibrinogeno e la proteina C reattiva) porta a un indebolimento delle forze repellenti. I globuli rossi, di conseguenza, tendono ad aggregarsi, con formazione di rouleaux ad alta tendenza a precipitare. Tanto più grossolani risultano tali ammassi, tanto più rapida è la sedimentazione.
La VES, per l’appunto, misura la velocità di sedimentazione delle emazie nel plasma, in mm per ora, quando il campione di sangue viene lasciato riposare in un’apposita pipetta.
Per quanto detto, la VES rappresenta un indice aspecifico di flogosi; non stupisce, quindi, che essa aumenti nelle malattie reumatiche, nelle infezioni croniche e nelle patologie a decorso infausto, come i tumori maligni con metastasi.
Perché si Misura
La velocità di eritrosedimentazione (VES) è un test semplice, che fornisce informazioni generali circa la presenza o l’assenza di un’infiammazione e che ne misura indirettamente l’entità.
L’andamento della VES permette anche di monitorare il decorso di una malattia già diagnosticata.
La VES è un test non specifico: risultati elevati indicano spesso la presenza di infiammazione senza indicare al medico esattamente dov’è situata tale infiammazione e da cosa è provocata.
Per questa ragione, è solitamente utilizzata in combinazione ad altri test, come il dosaggio della proteina C reattiva (PCR), gli anticorpi antinucleo (ANA), il fattore reumatoide, il fibrinogeno ed altri esami generici, come il pannello metabolico totale o l’emocromo con formula.
Valori normali
In condizioni normali, il valore della VES è di circa 10-20 mm all’ora.
Preparazione
Il paziente può sottoporsi al prelievo di sangue dopo un digiuno di almeno 3 ore.
Solitamente, i farmaci non influiscono sul risultato, ma è sempre consigliabile informare il medico su un’eventuale terapia in corso, in modo che possa avere un’idea globale dello stato di salute in cui si trova la persona.
Quando una patologia viene monitorata nel tempo, l’aumento di VES può indicare un aumento dell’infiammazione o una scarsa risposta alla terapia; una VES normale o diminuita può indicare una risposta appropriata al trattamento.
EMOCROMO – Esame Emocromocitometrico
Generalità
L’EMOCROMO è una delle analisi del sangue più richieste, poiché i suoi risultati contribuiscono a tenere sotto controllo lo stato di salute generale di una persona.
Detto anche esame emocromocitometrico, questo test consiste nella valutazione dei diversi parametri che si riferiscono ai principali componenti del sangue:
Valori normali
I valori normali, nell’adulto, sono riportati nella seguente tabella:
I valori di riferimento dell’emocromo possono comunque variare lievemente in base al laboratorio che effettua l’analisi.
In patologia il globulo rosso va incontro ad alterazioni dovute a quattro cause principali:
RETICOLOCITI
I reticolociti sono globuli rossi non ancora maturi. Di conseguenza, la conta reticolocitaria rappresenta il principale indicatore dell’entità di produzione dei globuli rossi.
Quest’analisi è importante per valutare la funzionalità del midollo osseo e la sua capacità di produrre un numero adeguato di eritrociti (sinonimo di globuli rossi).
I reticolociti sono gli elementi di transizione tra eritroblasti nucleati (proeritroblasti) e globuli rossi. Queste cellule della linea eritroide sono prodotte nel midollo osseo e, quando vengono rilasciate nel circolo ematico, assumono le caratteristiche proprie dell’eritrocita, dopo una maturazione di un giorno circa (nota: l’intero processo di differenziazione dura 10 giorni).
I reticolociti si definiscono per la presenza di materiale citoplasmatico, costituito prevalentemente da mitocondri e residui di materiale genetico (acido ribonucleico ribosomiale), evidenziabili come granuli e filamenti alla colorazione sopravitale, come il blu brillante di cresile.
I globuli rossi sopravvivono in circolo circa 120 giorni; di conseguenza, il midollo osseo è continuamente impegnato nella produzione di nuovi eritrociti, che vadano a sostituire quelli vecchi o degradati. In questo modo, nel sangue viene mantenuto sempre un numero costante di globuli rossi.
Nell’adulto vengono prodotti circa 2 milioni di globuli rossi al secondo. Durante la maturazione della cellula, c’è uno stadio in cui il nucleo viene espulso, e che dura 1-2 giorni. Questo stadio corrisponde al reticolocita; esso diventerà poi eritrocito maturo (che avrà una vita di 120 giorni circa). Quindi, i reticolociti sono i globuli rossi giovani, ancora immaturi, e sono lo 0,5% – 2,5% dei globuli rossi circolanti. Per esempio, in un soggetto che ha 5 milioni di globuli rossi per μl, i reticolociti saranno all’incirca 40-100 mila per μl.
Reticolociti Alti – Cause
I reticolociti aumentano fisiologicamente nel corso della gravidanza. Anche i neonati presentano livelli elevati di questi precursori dei globuli rossi, che si normalizzano entro pochi giorni dalla nascita.
Un aumento del numero di reticolociti in circolo può verificarsi anche quando una persona si reca ad altitudini più elevate rispetto a quelle in cui vive. Anche i fumatori possono presentare un incremento del numero dei reticolociti.
Reticolociti Bassi – Cause
Reticolociti (%) = [numero dei reticolociti/numero dei globuli rossi totali] x 100
ERITROPOIESI INEFFICACE
Pazienti con difetti di maturazione degli eritrociti o di produzione di emoglobina, presentano talvolta un’eritropoiesi (maturazione dei globuli rossi) inefficace. In queste condizioni, la popolazione degli eritrociti è molto aumentata (iperplastica), ma il conteggio dei reticolociti è sproporzionatamente basso, poiché molte cellule non maturano mai a sufficienza per entrare in circolo. L’anemia perniciosa e la talassemia sono ottimi esempi di patologie associate ad eritropoiesi inefficace.
EMORRAGIE E RISPOSTA TERAPEUTICA
Un aumento nel numero di reticolociti che si verifichi dopo una perdita di sangue, o in certe anemie come quelle da carenza di ferro, dopo che sia stata instaurata una cura adeguata, indica che il midollo osseo sta rispondendo con un’aumentata produzione di globuli rossi.
Nel deficit di ferro, in particolare nelle anemie causate da perdite croniche di sangue, la somministrazione di ferro induce un aumento dei reticolociti entro 4-7 giorni ed il loro conteggio rimane elevato finché non si raggiungono concentrazioni di emoglobina normali. Anche la terapia con vitamina B12 nell’anemia perniciosa induce una pronta e persistente reticolocitosi.
LEUCOCITI o Globuli bianchi
I leucociti o globuli bianchi sono cellule coinvolte nella risposta immunitaria. Grazie al loro intervento il corpo umano si difende dagli attacchi di microorganismi ostili, come virus, batteri, miceti e parassiti, e da corpi estranei che penetrano al suo interno.
Il sangue contiene cinque tipi di leucociti maturi:
– Linfociti
– Monociti (precursori dei macrofagi)
– Neutrofili
– Eosinofili
– Basofili (chiamati mastociti a livello tissutale)
Un sesto tipo di leucociti, le cellule dendritiche, non si trova nel circolo sanguigno.
Leucociti nelle Urine
La presenza di leucociti nelle urine è spia di una probabile infezione delle vie urinarie. Può quindi essere visivamente segnalata dall’aspetto torbido dell’urina, a causa della presenza, non solo di leucociti, ma anche di muco, pus, sangue e cellule di sfaldamento.
I leucociti, detti più comunemente globuli bianchi, sono un gruppo eterogeneo di cellule, preposte alla difesa dell’organismo dagli attacchi di microorganismi ostili (virus, batteri, miceti e parassiti) e da corpi estranei che penetrano al suo interno. Di conseguenza, la presenza di leucociti nelle urine può essere dovuta a processi infiammatori di varia natura.
Tra tutti i globuli bianchi, la maggior parte dei leucociti presenti nelle urine appartiene alla categoria dei neutrofili, facilmente identificabili al microscopio per la forma rotondeggiante e l’aspetto lobulato del nucleo; sono inoltre più grandi degli eventuali eritrociti presenti nell’urina.
I leucociti o globuli bianchi sono cellule del sangue preposte alle difese immunitarie dell’organismo.
Questi “elementi” sono raramente presenti all’interno delle nostre urine (di norma, la loro concentrazione è abbastanza trascurabile, essendo inferiore a 5-10 unità per millilitro di urina). Se tutto funziona correttamente, i reni non permettono il passaggio dei leucociti nelle urine, se non in quantità esigue.
La quantità, non deve superare i 10 per millimetro di urina.
Tuttavia, in seguito all’infezione o all’infiammazione di uno degli organi dell’apparato urinario, il numero dei leucociti espulsi mediante l’urina può aumentare in misura considerevole.
La semplice identificazione della presenza dei globuli bianchi nelle urine non caratterizza in maniera univoca una specifica problematica. Per questo, è fondamentale sottoporsi a una visita accurata e ricorrere alle terapie specifiche indicate dal medico.
Pertanto, l’eccesso di globuli bianchi nel campione dev’essere approfondito poi con l’urinocoltura e l‘antibiogramma, per individuare quale tipo di batterio è responsabile dell’eventuale infezione e capire qual è l’antibiotico più efficace.
Aumento moderato
Aumento massivo
Un aumento massivo dei leucociti è generalmente indice di un’infezione acuta. Questo fenomeno può essere collegato a un numero di fattori diversi (il processo infettivo potrebbe avere origine, ad esempio, dai reni) e stati particolari (come la gravidanza).
Come si misura
Il dosaggio dei leucociti nelle urine si effettua mediante la raccolta di un campione della prima minzione del mattino (o almeno 3 ore dopo l’ultima minzione). L’urina del mattino è infatti più concentrata e può fornire con maggiori probabilità delle indicazioni utili alla diagnosi.
La ricerca di leucociti nelle urine si esegue al microscopio, oppure sfruttando metodiche automatizzate di recente introduzione (citofluorimetria a flusso); si considera normale la presenza di 1-2 leucociti per campo microscopico (40x), mentre si parla di leucocituria (eccessiva presenza di leucociti nelle urine) quando si evidenziano almeno 10 leucociti per campo microscopico (tale numero varia, in base alle fonti consultate, da 5 a 20). Se invece viene utilizzato un citofluorimetro, i valori di riferimento corrispondono ai limiti forniti dallo strumento (per esempio, più di 20 leucociti per microlitro di urina possono essere indice di leucocituria).
Oltre alle metodiche menzionate, esiste un ulteriore esame, eseguibile anche a domicilio, che valuta l’attività esterasica dei leucociti; si tratta di un test rapido basato sull’utilizzo di striscette reattive da immergere nell’urina, che cambiano colore e intensità cromatica in base alla presenza e alla concentrazione di leucociti. Anche in questo caso, comunque, esiste il rischio di falsi positivi e falsi negativi.
Preparazione
Le urine vanno raccolte in un contenitore monouso sterile. Questo va richiuso accuratamente subito dopo e dovrebbe essere portato in laboratorio entro due ore.
Prima di effettuare il prelievo, è bene lavare accuratamente le mani con acqua e sapone, e pulire i genitali, in quando i batteri e le cellule che li circondano possono contaminare il campione e interferire con l’interpretazione dei risultati dei test.
Nel caso delle donne, anche il flusso mestruale e le secrezioni vaginali possono essere causa di alterazioni. Da un punto di vista pratico, si esclude il primo getto di urina, per poi iniziare a raccogliere il campione subito dopo, fino a riempire provetta o bicchierino.
TIBC – Capacità Totale Legante Ferro
La capacità totale legante il ferro (TIBC, dall’inglese “Total Iron Binding Capacity”) è un parametro che indica quanto le proteine plasmatiche sono in grado di legare quest’elemento e trasportarlo nel torrente circolatorio.
Dal momento che la transferrina (Tf) è la principale proteina plasmatica con capacità legante per il ferro, i valori di TIBC possono essere stabiliti per determinarne indirettamente i livelli nel sangue.
La determinazione della capacità totale legante il ferro viene prescritta con il dosaggio della ferritina e con le analisi dei valori di sideremia, laddove si sospettino anomalie del metabolismo del minerale.
La transferrina è la principale proteina di trasporto nel sangue del ferro ossidato (Fe3+).
Nel sangue, la Tf può trovarsi sia in forma libera (transferrina insatura, ossia non legata al ferro), sia in forma legata al ferro (transferrina satura). La quota di quest’ultima coincide con il valore della sideremia.
La quantità di transferrina disponibile al legame e al trasporto del ferro si riflette nella misura della capacità totale di legare il ferro (TIBC), della capacità ferro-legante latente o della saturazione della transferrina.
Più nel dettaglio, la TIBC è la misura indiretta della capacità della transferrina di legare il ferro. Nonostante la trasferrinemia e la TIBC siano due esami differenti, essi hanno un andamento sovrapponibile ed essenzialmente lo stesso significato clinico. Pertanto, a discrezione del medico, può essere sufficiente effettuare solo uno dei due esami.
Perché si Misura
La capacità totale legante il ferro (TIBC) è un esame prescritto in pazienti in cui si sospettano delle anomalie a carico del metabolismo del ferro.
Quest’analisi serve a determinare la capacità del corpo di trasportare il minerale. Essendo la transferrina la principale proteina legante il ferro, la misura della TIBC è una buona approssimazione della misura di Tb disponibile.
La TIBC viene generalmente valutata insieme alla determinazione di sideremia e ferritina, per avere un quadro più completo del metabolismo del ferro.
TIBC Alta – Cause
TIBC Bassa – Cause
– trasfusioni
– cirrosi epatica
– cortisone
Preparazione
Il prelievo di sangue venoso utile a determinare la TIBC si esegue in genere al mattino. Prima di sottoporsi all’esame, il paziente deve osservare un digiuno di almeno 8 ore. Durante questo periodo, è ammessa l’assunzione di una modica quantità di acqua. Inoltre, è raccomandata la sospensione degli integratori di ferro nei due giorni che precedono le analisi.