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Data 19 dicembre 2019

GRAMMATICA ITALIANA – 2

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Proposizione e suoi elementi

 

La proposizione (o frase) è l’espressione di una unità di senso compiuto, determinata sia rispetto alla modalità che rispetto al tempo.

Gli elementi essenziali di ogni proposizione sono:

1) il soggetto, cioè la persona o la cosa (concreta o astratta) di cui si parla;

2) il predicato, che esprime l’azione, lo stato, la qualità o l’esistenza del soggetto e che è costituito da un verbo .

Nella proposizione il bimbo piange il soggetto è il bimbo, mentre il predicato è piange.

 

Soggetto

può essere rappresentato da: un nome, una parte del discorso usata come nome, da un’intera proposizione.

Il cane abbaia (il soggetto è un nome: il cane)

Egli studia  (il soggetto è un pronome: Egli)

Il bello piace (il soggetto è un aggettivo sostantivato: Il bello)

Lavorare stanca (il soggetto è un verbo sostantivato: Lavorare)

Il troppo stroppia (il soggetto è un avverbio sostantivato: Il troppo)

Ahimè esprime dolore (il soggetto è un’interiezione sostantivata: Ahimè)

Dire la verità giova a tutti (il soggetto è un’intera proposizione: Dire la verità)

Giuseppe lavora ( il soggetto è unico)

Mario e Daniela si sposano (il soggetto è multiplo)

Arriverò (il soggetto è sottinteso: io) domani

State zitti (di solito il soggetto non si esprime nell’imperativo)

Piove (con i verbi impersonali non si esprime il soggetto)

E così sia ( in certe locuzioni non si esprime il soggetto)

 

Predicato

Il predicato  può essere di due specie:

 

a) predicato verbale, è quello formato da un verbo attivo, passivo, riflessivo:

–  Fabio legge; (attivo)

– Il libro è letto avidamente; (passivo)

– Ada si pettina (riflessivo)

I predicati di queste tre proposizioni sono i verbi legge, è letto, si pettina.

il verbo essere non sempre è copula,ma può formare l’ausiliare di un verbo,in un tempo composto:

– il treno è partito

– la casa fu demolita

ma anche nei casi come: esistere,stare,appartenere e simili:

io sono (=esisto)

egli è (= sta) in casa

l’auto è (=appartiene a) di mio padre

 

b) predicato nominale, formato da un nome (sostantivo o aggettivo) unito al soggetto per mezzo di una voce del verbo “essere” detta copula , o di un altro verbo copulativo e da un nome o aggettivo: ad esempio

–  Gli amici sono fedeli

il predicato è formato dal verbo “essere” e da un aggettivo, fedeli;

–  Il leone è un animale

il predicato è formato dal verbo “essere” e da un nome,un animale

 

 

Inoltre il predicato può essere:

unico: Carlo è bravo

multiplo: Carlo è bravo e studioso

sottinteso: Chi è il primo della classe? Paolo (viene sottinteso è il primo della classe).

 

Per quanto si riferisce alla struttura, una proposizione può essere:

a) semplice: se è formata solo da soggetto e predicato : Carlo legge; Carlo è buono

b) composta: se è formata da frasi semplici tra loro coordinate: Luigi studia e Nadia mangia

c) complessa: se è formata da frasi semplici e frasi subordinate: Andrea legge il libro che gli ho regalato.

 

L’ATTRIBUTO

L’attributo è un aggettivo che si unisce ad un sostantivo per determinarlo meglio o per qualificarlo.

Può riferirsi al soggetto, al predicato o ad un complemento. Secondo i casi, avremo quindi l’attributo del soggetto, l’attributo del predicato nominale, l’attributo di un complemento.

 

L’APPOSIZIONE

L’apposizione (da apporre «mettere accanto») è un sostantivo che si aggiunge ad un altro per determinarlo e per attribuirgli una proprietà particolare.

A differenza dell’attributo, che può essere necessario o accessorio, l’apposizione ha sempre una funzione accessoria

L’apposizione si dice:

a) semplice, se è formata da una sola parola (Tarquinio il Superbo; Santo Stefano martire);

b) composta, se formata da due o più parole (Gabriele D’Annunzio, poeta e soldato);

c) complessa, se è formata da un’espressione comprendente più elementi (Bologna, la città madre del diritto; Il Boccaccio, antico e famoso narratore).

 

IL NOME

 

Il nome, detto anche sostantivo, è la parte del discorso che serve a indicare (nominare) gli essere animati, le cose inanimate, le idee, i fatti, i sentimenti.

I nomi possono essere:

1) concreti

fanciullo, cane, sedia, odore, salto

2) astratti

bontà, amore, virtù, ambizione

3) propri

Carlo, Fido, Arno, Gran Sasso, Roma

I nomi propri hanno sempre l’iniziale maiuscola

4) comuni

uomo, cane, pietra, fiume, monte, città

5) collettivi

popolo, gregge, esercito, vasellame

6) genere maschile

uomo, cavallo, fuoco, tramonto, pensiero , terminano in o

eccezioni

poeta, profeta, patriarca, papa, duca  terminano in a

7) genere femminile

casa, sedia, luna, stella, alba , terminano in a

eccezioni

mano, radio, moto, auto, dinamo, Saffo, Ino, Ero  terminano in o

8) genere promiscuo

sono detti i nomi per i quali la specificazione è data dall’aggiunta dei determinanti maschio e femmina:

la rondine maschio, la rondine femmina; il topo maschio, il topo femmina.

9) singolare

uomo, bue, tavolo

10) plurale

studio,studi

tempio,templi

zio,zii

dio,dei

eccezione

ala > ali

frutta > frutta

dinamo > dinamo

 

11) invariati al plurale

l’analisi, le analisi; il brindisi, i brindisi; la virtù, le virtù; il caffè, i caffè; lo sport, gli sport

la barbarie, le barbarie; la specie, le specie,

eccezioni

moglie,mogli

superficie sia superficie che superfici

barca,barche

collega,colleghi

Belga,Belgi,Belghe

porco,porci

chirurgo,chirurghi sia chirurgi

asparago,asparagi

astrologo-astrologi, teologo-teologi; filologo-filologi-filologhi; antropofago-antropofagi-antropofaghi

 

12) invariabili

sono i nomi che hanno il singolare uguale al plurale,

2-

13) difettivi

sono i nomi che mancano del singolare o del plurale

3-

14) sovrabbondanti

I nomi con doppia forma al singolare o al plurale

4-

5-

6-

6A-

I nomi composti

 

I nomi composti sono formati dall’unione di due parole: ad esempio, portalettere, capostazione. Essi, di regola, formano il plurale come se fossero semplici: ad esempio, pomodoro-pomodori, guardaroba-guardarobe.

Questa regola generale comporta parecchie eccezioni:

a) i nomi composti da due sostantivi mettono di regola al plurale solo il secondo elemento:

7-

Altri esempi

 

capoclasse,capiclasse- capostazione,capistazione- caposquadra-capisquadra

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– capocomico, capocomici – capogiro, capogiri – capoverso,capoversi – capolavoro,capolavori – capoluogo,capoluoghi

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–  cassaforte-casseforti, terraferma-terreferme, cartastraccia-cartestracce

palcoscenico-palcoscenici, pianoforte-pianoforti

–  francobollo-francobolli, bassorilievo-bassorilievi, mezzogiorno-mezzogiorni

– mezzaluna-mezzelune, mezzanotte-mezzenotti, mezzatinta-mezzetinte;

–  il dopopranzo, i dopopranzi; la retrobottega, le retrobotteghe,ecc.

–  rompicollo-rompicolli, parasole-parasoli, parafango-parafanghi, battibecco-battibecchi;

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il purosangue, i purosangue restano invariati

–  il lustrascarpe, i lustrascarpe; il paracadute, i paracadute; il cavatappi, i cavatappi; il portaombrelli, i portaombrelli;

–  il posacenere, i posacenere; il cacciavite, i cacciavite; il battistrada, i battistrada; il bucaneve, i bucaneve; il gabbamondo, i gabbamondo;

–  il parapiglia, i parapiglia; il dormiveglia, i dormiveglia; il saliscendi, i saliscendi; il posapiano, i posapiano;

– il doposcuola, i doposcuola; il dopolavoro, i dopolavoro; il senzatetto, i senzatetto

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Nomi alterati

 

Un nome si dice alterato quando vi si aggiunge un suffisso che ne modifica in parte il significato.

I nomi alterati si distinguono in accrescitivi, diminutivi, vezzeggiativi, peggiorativi o dispregiativi.

 

L’accrescitivo serve per indicare che una persona, animale o cosa è più grande del comune; e si forma aggiungendo alla radice del nome il suffisso –one per il maschile, e –ona per il femminile: omone, ragazzone, ombrellone, librone; fanciullona, casona.

 

Il diminutivo dà il senso di piccolezza della persona o cosa, e si forma con i suffissi

 

# ino, -ello, -etto, per il maschile, e -ina, -ella, -etta, per il femminile: pensierino, gattina; pastorello, bambinella; uccelletto, fanciulletta.

# Talvolta, i suffissi del diminutivo possono dar luogo a un cambiamento di genere o di significato del nome alterato: scarpino da scarpa, tavolino da tavola; stanzino da stanza, bocchino da bocca, codino da coda;

# oppure a diminutivi spregiativi: poetino, pittorello, ometto.

# Altri suffissi, come –olino, -icello, -icciuolo, danno al nome un valore di diminutivo e di vezzeggiativo: pesciolino, venticello, festicciuola;

# mentre con i suffissi -icino, –ettino, -ottino si forma un diminutivo doppio: lume, lumino, lumicino; omo, ometto, omettino; giovane, giovanotto, giovanottino. Si può fare il diminutivo anche, ma più raramente, con suffissi come –otto, -otta, -uzzo, -uzza: leprotto, ragazzotta; labbruzzo, pietruzza.

 

Il vezzeggiativo si forma con i suffissi –uccio, -uccia e serve per indicare simpatia, affetto: ad esempio, reuccio, fratelluccio; boccuccia, sorelluccia. Ma si possono usare anche i suffissi propri del diminutivo, poiché le forme del diminutivo hanno talora un significato vezzeggiativo: ad esempio, mammina, nonnino, pesciolino, gattino.

 

Il peggiorativo o dispregiativo serve per indicare che una cosa o persona è pessima, o per esprimere verso la stessa un sentimento di disprezzo. I più comuni suffissi per il peggiorativo dei nomi sono –àccio, -àstro, -ònzolo, -iciàttolo, -ùcolo: ragazzaccio, libraccio, febbraccia, donnaccia, poetastro, giovinastro, mediconzolo, mostriciattolo, maestrucola.

 

 

Attenzione a non confondere:

burrone non è accrescitivo di burro, né montone di monte, né agone di ago; mattino non è il diminutivo di matto, né mulino di mulo o lupino di lupo; merluzzo non è il vezzeggiativo di merlo, e focaccia il peggiorativo di foca.

 

LE DECLINAZIONI

8-

 

 

 

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