Proposizione e suoi elementi
La proposizione (o frase) è l’espressione di una unità di senso compiuto, determinata sia rispetto alla modalità che rispetto al tempo.
Gli elementi essenziali di ogni proposizione sono:
1) il soggetto, cioè la persona o la cosa (concreta o astratta) di cui si parla;
2) il predicato, che esprime l’azione, lo stato, la qualità o l’esistenza del soggetto e che è costituito da un verbo .
Nella proposizione il bimbo piange il soggetto è il bimbo, mentre il predicato è piange.
Soggetto
può essere rappresentato da: un nome, una parte del discorso usata come nome, da un’intera proposizione.
– Il cane abbaia (il soggetto è un nome: il cane)
– Egli studia (il soggetto è un pronome: Egli)
– Il bello piace (il soggetto è un aggettivo sostantivato: Il bello)
– Lavorare stanca (il soggetto è un verbo sostantivato: Lavorare)
– Il troppo stroppia (il soggetto è un avverbio sostantivato: Il troppo)
– Ahimè esprime dolore (il soggetto è un’interiezione sostantivata: Ahimè)
– Dire la verità giova a tutti (il soggetto è un’intera proposizione: Dire la verità)
– Giuseppe lavora ( il soggetto è unico)
– Mario e Daniela si sposano (il soggetto è multiplo)
– Arriverò (il soggetto è sottinteso: io) domani
– State zitti (di solito il soggetto non si esprime nell’imperativo)
– Piove (con i verbi impersonali non si esprime il soggetto)
– E così sia ( in certe locuzioni non si esprime il soggetto)
Predicato
Il predicato può essere di due specie:
a) predicato verbale, è quello formato da un verbo attivo, passivo, riflessivo:
– Fabio legge; (attivo)
– Il libro è letto avidamente; (passivo)
– Ada si pettina (riflessivo)
I predicati di queste tre proposizioni sono i verbi legge, è letto, si pettina.
il verbo essere non sempre è copula,ma può formare l’ausiliare di un verbo,in un tempo composto:
– il treno è partito
– la casa fu demolita
ma anche nei casi come: esistere,stare,appartenere e simili:
– io sono (=esisto)
– egli è (= sta) in casa
– l’auto è (=appartiene a) di mio padre
b) predicato nominale, formato da un nome (sostantivo o aggettivo) unito al soggetto per mezzo di una voce del verbo “essere” detta copula , o di un altro verbo copulativo e da un nome o aggettivo: ad esempio
– Gli amici sono fedeli
il predicato è formato dal verbo “essere” e da un aggettivo, fedeli;
– Il leone è un animale
il predicato è formato dal verbo “essere” e da un nome,un animale
Inoltre il predicato può essere:
– unico: Carlo è bravo
– multiplo: Carlo è bravo e studioso
– sottinteso: Chi è il primo della classe? Paolo (viene sottinteso è il primo della classe).
Per quanto si riferisce alla struttura, una proposizione può essere:
a) semplice: se è formata solo da soggetto e predicato : Carlo legge; Carlo è buono
b) composta: se è formata da frasi semplici tra loro coordinate: Luigi studia e Nadia mangia
c) complessa: se è formata da frasi semplici e frasi subordinate: Andrea legge il libro che gli ho regalato.
L’ATTRIBUTO
L’attributo è un aggettivo che si unisce ad un sostantivo per determinarlo meglio o per qualificarlo.
Può riferirsi al soggetto, al predicato o ad un complemento. Secondo i casi, avremo quindi l’attributo del soggetto, l’attributo del predicato nominale, l’attributo di un complemento.
L’APPOSIZIONE
L’apposizione (da apporre «mettere accanto») è un sostantivo che si aggiunge ad un altro per determinarlo e per attribuirgli una proprietà particolare.
A differenza dell’attributo, che può essere necessario o accessorio, l’apposizione ha sempre una funzione accessoria
L’apposizione si dice:
a) semplice, se è formata da una sola parola (Tarquinio il Superbo; Santo Stefano martire);
b) composta, se formata da due o più parole (Gabriele D’Annunzio, poeta e soldato);
c) complessa, se è formata da un’espressione comprendente più elementi (Bologna, la città madre del diritto; Il Boccaccio, antico e famoso narratore).
IL NOME
Il nome, detto anche sostantivo, è la parte del discorso che serve a indicare (nominare) gli essere animati, le cose inanimate, le idee, i fatti, i sentimenti.
I nomi possono essere:
1) concreti
fanciullo, cane, sedia, odore, salto
2) astratti
bontà, amore, virtù, ambizione
3) propri
Carlo, Fido, Arno, Gran Sasso, Roma
I nomi propri hanno sempre l’iniziale maiuscola
4) comuni
uomo, cane, pietra, fiume, monte, città
5) collettivi
popolo, gregge, esercito, vasellame
6) genere maschile
uomo, cavallo, fuoco, tramonto, pensiero , terminano in o
eccezioni
poeta, profeta, patriarca, papa, duca terminano in a
7) genere femminile
casa, sedia, luna, stella, alba , terminano in a
eccezioni
mano, radio, moto, auto, dinamo, Saffo, Ino, Ero terminano in o
8) genere promiscuo
sono detti i nomi per i quali la specificazione è data dall’aggiunta dei determinanti maschio e femmina:
la rondine maschio, la rondine femmina; il topo maschio, il topo femmina.
9) singolare
uomo, bue, tavolo
10) plurale
studio,studi
tempio,templi
zio,zii
dio,dei
eccezione
ala > ali
frutta > frutta
dinamo > dinamo
11) invariati al plurale
l’analisi, le analisi; il brindisi, i brindisi; la virtù, le virtù; il caffè, i caffè; lo sport, gli sport
la barbarie, le barbarie; la specie, le specie,
eccezioni
moglie,mogli
superficie sia superficie che superfici
barca,barche
collega,colleghi
Belga,Belgi,Belghe
porco,porci
chirurgo,chirurghi sia chirurgi
asparago,asparagi
astrologo-astrologi, teologo-teologi; filologo-filologi-filologhi; antropofago-antropofagi-antropofaghi
12) invariabili
sono i nomi che hanno il singolare uguale al plurale,
13) difettivi
sono i nomi che mancano del singolare o del plurale
14) sovrabbondanti
I nomi con doppia forma al singolare o al plurale
I nomi composti
I nomi composti sono formati dall’unione di due parole: ad esempio, portalettere, capostazione. Essi, di regola, formano il plurale come se fossero semplici: ad esempio, pomodoro-pomodori, guardaroba-guardarobe.
Questa regola generale comporta parecchie eccezioni:
a) i nomi composti da due sostantivi mettono di regola al plurale solo il secondo elemento:
Altri esempi
– capoclasse,capiclasse- capostazione,capistazione- caposquadra-capisquadra
———————————
– capocomico, capocomici – capogiro, capogiri – capoverso,capoversi – capolavoro,capolavori – capoluogo,capoluoghi –
———————————-
– cassaforte-casseforti, terraferma-terreferme, cartastraccia-cartestracce
– palcoscenico-palcoscenici, pianoforte-pianoforti
– francobollo-francobolli, bassorilievo-bassorilievi, mezzogiorno-mezzogiorni
– mezzaluna-mezzelune, mezzanotte-mezzenotti, mezzatinta-mezzetinte;
– il dopopranzo, i dopopranzi; la retrobottega, le retrobotteghe,ecc.
– rompicollo-rompicolli, parasole-parasoli, parafango-parafanghi, battibecco-battibecchi;
——————————–
– il purosangue, i purosangue restano invariati
– il lustrascarpe, i lustrascarpe; il paracadute, i paracadute; il cavatappi, i cavatappi; il portaombrelli, i portaombrelli;
– il posacenere, i posacenere; il cacciavite, i cacciavite; il battistrada, i battistrada; il bucaneve, i bucaneve; il gabbamondo, i gabbamondo;
– il parapiglia, i parapiglia; il dormiveglia, i dormiveglia; il saliscendi, i saliscendi; il posapiano, i posapiano;
– il doposcuola, i doposcuola; il dopolavoro, i dopolavoro; il senzatetto, i senzatetto
———————————-
Nomi alterati
Un nome si dice alterato quando vi si aggiunge un suffisso che ne modifica in parte il significato.
I nomi alterati si distinguono in accrescitivi, diminutivi, vezzeggiativi, peggiorativi o dispregiativi.
L’accrescitivo serve per indicare che una persona, animale o cosa è più grande del comune; e si forma aggiungendo alla radice del nome il suffisso –one per il maschile, e –ona per il femminile: omone, ragazzone, ombrellone, librone; fanciullona, casona.
Il diminutivo dà il senso di piccolezza della persona o cosa, e si forma con i suffissi
# ino, -ello, -etto, per il maschile, e -ina, -ella, -etta, per il femminile: pensierino, gattina; pastorello, bambinella; uccelletto, fanciulletta.
# Talvolta, i suffissi del diminutivo possono dar luogo a un cambiamento di genere o di significato del nome alterato: scarpino da scarpa, tavolino da tavola; stanzino da stanza, bocchino da bocca, codino da coda;
# oppure a diminutivi spregiativi: poetino, pittorello, ometto.
# Altri suffissi, come –olino, -icello, -icciuolo, danno al nome un valore di diminutivo e di vezzeggiativo: pesciolino, venticello, festicciuola;
# mentre con i suffissi -icino, –ettino, -ottino si forma un diminutivo doppio: lume, lumino, lumicino; omo, ometto, omettino; giovane, giovanotto, giovanottino. Si può fare il diminutivo anche, ma più raramente, con suffissi come –otto, -otta, -uzzo, -uzza: leprotto, ragazzotta; labbruzzo, pietruzza.
Il vezzeggiativo si forma con i suffissi –uccio, -uccia e serve per indicare simpatia, affetto: ad esempio, reuccio, fratelluccio; boccuccia, sorelluccia. Ma si possono usare anche i suffissi propri del diminutivo, poiché le forme del diminutivo hanno talora un significato vezzeggiativo: ad esempio, mammina, nonnino, pesciolino, gattino.
Il peggiorativo o dispregiativo serve per indicare che una cosa o persona è pessima, o per esprimere verso la stessa un sentimento di disprezzo. I più comuni suffissi per il peggiorativo dei nomi sono –àccio, -àstro, -ònzolo, -iciàttolo, -ùcolo: ragazzaccio, libraccio, febbraccia, donnaccia, poetastro, giovinastro, mediconzolo, mostriciattolo, maestrucola.
Attenzione a non confondere:
burrone non è accrescitivo di burro, né montone di monte, né agone di ago; mattino non è il diminutivo di matto, né mulino di mulo o lupino di lupo; merluzzo non è il vezzeggiativo di merlo, e focaccia il peggiorativo di foca.
LE DECLINAZIONI