CONIUGAZIONE DEI VERBI
CORRELAZIONE DEI TEMPI
NOTA
1) se non hai fatto neppure le scuole elementari e non sai la correlazione dei tempi, SEI SCUSATO!
2) Se hai fatto almeno le SCUOLE MEDIE e non sai la correlazione dei tempi, non sei degno di essere italiano,quindi deve esserti tolto il passaporto italiano perchè sei una capra!
3) Se sei uno straniero e non sai la correlazione dei tempi,NON DIRE neppure per scherzo che sai parlare italiano perchè o sei illuso,o sei incosciente,o sei bugiardo! Adesso lo sai!!
<<<<<<<<<<
<<<<<<<<<<
Il modo ed i tempi dei verbi delle proposizioni dipendenti o subordinate sono regolati da leggi generali. Riguardo all’uso dei modi è bene ricordare che:
# l’indicativo è il modo della certezza e della realtà;
# il congiuntivo è il modo del dubbio, della possibilità, dell’eventualità, dell’irrealtà;
# il condizionale indica un’azione o uno stato condizionato al verificarsi di un’altra azione o di un altro stato.
Per quanto attiene alla dipendenza dei tempi, la norma vuole che il tempo del verbo della proposizione subordinata deve concordare con il tempo del verbo della reggente. Quindi, ad un tempo di tipo presente o futuro (tempo principale) nella proposizione reggente deve corrispondere un tempo di tipo presente nella dipendente, e ad un tempo di tipo passato (tempo storico) nella reggente deve corrispondere un tempo di tipo passato nella dipendente.
I tempi principali sono:
a) il presente, i futuri e il passato prossimo dell’indicativo
b) il presente e il passato del congiuntivo
c) il presente del condizionale
d) il presente dell’imperativo
I tempi storici sono:
a) l’imperfetto, il passato e il trapassato prossimo, il passato e il trapassato remoto dell’indicativo;
b) l’imperfetto e il trapassato del congiuntivo;
c) il passato del condizionale.
Nota: Il passato prossimo dell’indicativo e il passato del congiuntivo possono essere considerati sia tempi principali che tempi storici.
# Il verbo della reggente esprime certezza, realtà; perciò, il verbo della proposizione subordinata va al modo indicativo.
# Il verbo della reggente esprime dubbio, opinione, possibilità; perciò, il verbo della proposizione subordinata va al modo congiuntivo o condizionale.
Cerchiamo ora di esaminare i vari casi che si possono presentare nell’uso della correlazione dei tempi:
1) La proposizione reggente ha il verbo al presente (o futuro, o imperativo) ed esprime certezza.
Il verbo della proposizione dipendente va:
a) al presente indicativo o futuro, se l’azione è contemporanea a quella della reggente;
b) al passato prossimo o remoto, se l’azione è anteriore a quella della reggente;
c) al futuro semplice, se l’azione è posteriore
Invece nel caso di dubbio, incertezza, possibilità, ecc., la proposizione dipendente ha il verbo:
a) al congiuntivo presente, se l’azione è contemporanea a quella della reggente;
b) al congiuntivo passato, se l’azione è anteriore a quella della reggente;
c) al congiuntivo presente o al futuro semplice, se l’azione è posteriore
Casi particolari:
– Quando la proposizione dipendente indica un’azione continuata e abituale, anteriore alla principale, si trova l’imperfetto dell’indicativo o del congiuntivo al posto del passato prossimo: ad esempio, Dico che non lo sapevo. Credo che avesse ragione.
– Si ha la stessa costruzione quando il fatto della proposizione dipendente si riferisce ad epoca molto lontana e senza alcun rapporto con il presente: Tutti sanno che i Romani erano valorosi in guerra. Non credi che gli antichi vivessero meno a lungo di noi?
– Se l’azione delle proposizione reggente è espressa da un condizionale presente o passato dei verbi indicanti volontà, desiderio o giudizio, la proposizione dipendente avrà il verbo all’imperfetto o al trapassato del congiuntivo. Avremo così le seguenti concordanze:
# Vorrei che tu sapessi la verità. (Contemporaneità nel presente)
# Vorrei che tu avessi saputo la verità. (Anteriorità rispetto al presente)
# Avrei voluto che tu sapessi la verità. (Contemporaneità nel passato)
# Avrei voluto che tu avessi saputo la verità. (Anteriorità rispetto al passato)
2) La proposizione reggente ha il verbo al passato dell’indicativo (oppure al condizionale presente o passato) ed esprime certezza.
Il verbo della proposizione dipendente va:
a) all’imperfetto o passato remoto dell’indicativo, se l’azione è contemporanea a quella della reggente;
b) al trapassato prossimo o remoto, se l’azione è anteriore a quella della reggente;
c) al condizionale presente o passato, se l’azione è posteriore
Nel caso di dubbio, desiderio, possibilità la proposizione dipendente ha il verbo:
a) al congiuntivo imperfetto, se l’azione è contemporanea a quella della reggente;
b) al congiuntivo trapassato, se l’azione è anteriore a quella della reggente;
c) al condizionale passato, se l’azione è posteriore
Casi particolari:
– Quando l’azione della proposizione dipendente si riferisce al presente, il verbo della stessa va al presente, pur dipendendo da un verbo passato: ad esempio, Ho saputo che lavori. Ho voluto che tu faccia questo.
– In caso di fatti sempre validi o che possono accadere in qualunque tempo, si usa il presente, anche se dipende da un tempo passato: ad esempio, E’ risaputo che la virtù finisce sempre per trionfare. Si è sempre insegnato quale debba essere il comportamento dei figli verso i genitori.
3) La proposizione reggente ha il verbo al passato prossimo ed esprime certezza
Il verbo della proposizione dipendente va:
a) al presente indicativo, se l’azione è contemporanea a quella della reggente;
b) all’imperfetto indicativo, se l’azione è anteriore a quella della reggente;
c) al condizionale passato, se l’azione è posteriore
Nel caso di dubbio, desiderio, possibilità la proposizione dipendente ha il verbo:
a) al congiuntivo presente, se l’azione è contemporanea a quella della reggente;
b) al congiuntivo imperfetto, se l’azione è anteriore a quella della reggente;
c) al condizionale passato, se l’azione è posteriore
Le predette norme sono puramente indicative, perché anche per la correlazione dei modi e dei tempi ha molta importanza il gusto personale.
In un periodo composto da più proposizioni si ritrovano, infatti, i più vari rapporti dei verbi , tanto per i modi quanto per i tempi. In tutti i casi il senso generale impone l’uso dell’uno o dell’altro modo, dell’uno o dell’altro tempo di un verbo, tanto che si può dire: Penso che domani pioverà, oppure Penso che domani possa piovere, oppure Penso che pioverebbe se cessasse il vento, oppure Penso che non piove perché soffia il vento. E’ sempre, comunque, il significato generale ad imporre un modo o un altro. Quindi, più che gli esempi della grammatica e della sintassi, giova la lettura dei grandi scrittori italiani, per un corretto e personale uso della lingua italiana.
IL PERIODO IPOTETICO
L’insieme di una proposizione condizionale e della sua reggente forma un periodo ipotetico. Esso costituisce una unità logica oltre che sintattica, poiché le due azioni sono in stretto rapporto l’una con l’altra: ad esempio, Se lasci la tua casa, commetti un errore. L’azione della proposizione principale (commetti un errore) è condizionata dalla circostanza espressa dalla subordinata (se lasci la tua casa).
Nel periodo ipotetico, le due proposizioni assumono nomi particolari:
– la proposizione condizionale (se lasci la tua casa) prende il nome di protasi, cioè premessa, intesa come ipotesi da cui dipende l’azione principale;
– la proposizione reggente (commetti un errore) si chiama apòdosi, cioè conseguenza, dichiarazione conclusiva.
Il periodo ipotetico può essere di tre tipi, secondo che l’ipotesi sia considerata reale, possibile, irreale.
1° tipo: della realtà. Si ha quando ci limitiamo a registrare l’ipotesi come un fatto oggettivo, reale, sicuro. Il verbo si pone all’indicativo nella protasi e all’indicativo o all’imperativo nell‘apodosi: ad esempio, Se vieni a trovarmi, mi fai piacere. Se andrai al mare, ti divertirai. Corri, se non vuoi arrivare tardi a scuola.
2° tipo: della possibilità. Si ha quando sia l’ipotesi che la conseguenza sono ritenute come eventi possibili. Il verbo si pone al congiuntivo nella protasi , al condizionale nell’apodosi . Si può trovare anche l’indicativo nell’apodosi.
Esempi: Se mio figlio fosse promosso. sarei contentissimo. Se qualcuno chiedesse di me, La prego di chiamarmi.
3° tipo: della irrealtà. L’ipotesi e la conseguenza sono ritenute irreali o irrealizzabili. Il verbo si pone al congiuntivo imperfetto nella protasi e al condizionale presente nell’apodosi, se l’ipotesi è irreale nel presente: ad esempio, Se non avessi troppa fretta, aspetterei.
Quando, invece, l’ipotesi è irreale nel passato, si ha il trapassato del congiuntivo nella protasi e il condizionale passato nell’apodosi: ad esempio, Se avesse cessato di piovere, sarei uscito. Sarei venuto a trovarti, se avessi avuto tempo.
Quando l’azione della principale continua ancora nel presente, nell’apodosi si usa il condizionale presente: ad esempio, Se ti fossi dimostrato più accorto, ora mi sentirei più tranquillo.
Nel linguaggio familiare, colloquiale, troviamo pure l’indicativo: La bambina moriva (= sarebbe morta), se il dottore non arrivava (= non fosse arrivato) in tempo.
Non mancano le forme ellittiche, in cui la protasi può essere sottintesa: Andresti a farmi la spesa? (sottinteso “se te lo chiedessi”).
La protasi può anche essere espressa in forma implicita con il verbo al gerundio: Vedendo la televisione (= se vedi la televisione), non puoi studiare. Correndo (= se corri), lo raggiungerai in breve tempo.
Viene usata anche la costruzione a + infinito, come in: A star zitti non si sbaglia mai. Avresti fatto bene ad accettare (= se tu avessi accettato) il mio consiglio. A dir certe cose (= se dici certe cose), ti procuri molti nemici.
IL DISCORSO INDIRETTO
Il discorso diretto è quello che si rivolge direttamente alla persona (anche la stessa persona che parla) a cui si vuol comunicare il pensiero. Sono quindi discorsi diretti i dialoghi ed i monologhi. Consideriamo questo esempio:
«Quanto al fingere di mangiare l’antipasto possiamo farne a meno, no? – dice mia madre. – Perché qui, signore, tutto è questione di fingere -. Dice. – Si finge di mangiare la minestra, e si finge di mangiare un secondo piatto».
Si tratta di un passo di Elio Vittorini (da «Il Sempione strizza l’occhio al Fréjus», Bompiani, Milano, 1947), dove il racconto è affidato al discorso diretto. Se vogliamo tradurlo nella forma indiretta, dobbiamo trasformare le proposizioni indipendenti coordinate in proposizioni subordinate collegate alla reggente (rappresentata dal verbo “dire”) per mezzo della congiunzione che, in modo da avere: Mia madre dice che quanto al fingere di mangiare l’antipasto possono farne a meno, perché lì tutto è questione di fingere ecc…
Le mutazioni fondamentali sono queste: il verbo “dire”, che introduce anche il discorso diretto, è seguito dalla congiunzione che, posta dinanzi al discorso indiretto. Il tempo del verbo della proposizione subordinata rimane invariato perché dipende da un tempo presente. Se, come accade più comunemente, il tempo del verbo della subordinata dipende da una reggente che ha il verbo al passato remoto (o al presente storico), esso si trasforma in imperfetto (nella forma indiretta).
Il passaggio dal discorso diretto a quello indiretto richiede un cambiamento di persona, di modo e tempo nei verbi delle proposizioni dipendenti, secondo le seguenti regole.
# i tempi restano di regola invariati, se dipendono da un presente:
ad esempio, Il babbo dice sempre: “A tavola non si parla quando si mangia“ (discorso diretto). Il babbo dice sempre che a tavola non si parla quando si mangia (discorso indiretto);
# ma se dipendono da un passato remoto o da un presente storico, allora l’indicativo presente del discorso diretto diventa indicativo imperfetto nel discorso indiretto:
ad esempio, Giorgio disse: “Vado a vedere la partita Inter – Milan” (discorso diretto). Carlo disse che andava a vedere la partita Inter – Milan (discorso indiretto);
# il passato prossimo e il passato remoto del discorso diretto diventano trapassato prossimo dell’indicativo nel discorso indiretto:
ad esempio, Luca ci confidò: “Ho sempre voluto bene a mia moglie e ai miei figli” (discorso diretto). Luca ci confidò che aveva sempre voluto bene a sua moglie e ai suoi figli (discorso indiretto);
# l’imperfetto rimane tale nel discorso indiretto o cambia in trapassato, a seconda che indichi azione contemporanea o anteriore rispetto a quella della proposizione reggente:
ad esempio, Giuseppe ci disse francamente: “Credevo poco alla vostra parola, ma devo ricredermi“ (discorso diretto). Giuseppe ci disse francamente che credeva poco alla nostra parola, ma che doveva ricredersi (discorso indiretto).
Altro esempio: Mio padre mi domandò: “Che cosa ti impediva di fare il tuo dovere”? (discorso diretto). Mio padre mi domandò che cosa mi avesse impedito (o mi impediva) di fare il mio dovere;
# il trapassato prossimo non subisce cambiamenti:
ad esempio, Mio padre mi domandò: “Che cosa ti aveva impedito di fare il tuo dovere”? (discorso diretto). Mio padre mi domandò che cosa mi aveva impedito (oppure “avesse impedito“) di fare il mio dovere (discorso indiretto);
# il futuro del discorso diretto diventa condizionale passato nel discorso indiretto; se ha valore di futuro anteriore diventa congiuntivo trapassato:
ad esempio, Mio figlio mi telefonò dicendo: “Domani prenderò l’aereo per Parigi” (discorso diretto). Mio figlio mi telefonò dicendo che l’indomani avrebbe preso l’aereo per Parigi (discorso indiretto).
Altro esempio: Davide domandò: “Rimetterete tutto in ordine quando me ne sarò andato?” (discorso diretto). Davide domandò se avrebbero rimesso tutto in ordine quando se ne fosse andato (discorso indiretto);
# l’imperativo del discorso diretto diventa congiuntivo presente o imperfetto (a seconda che dipenda da un tempo presente o passato), o infinito presente nel discorso indiretto:
ad esempio, Il maestro esorta gli alunni: “Andate a studiare se volete essere promossi” (discorso diretto). Il maestro esorta gli alunni affinché vadano a studiare, se vogliono essere promossi. Oppure: Il maestro esorta gli alunni ad andare a studiare, se vogliono essere promossi (discorso indiretto).
Altro esempio: Il maestro esortò gli alunni: “Andate a studiare se volete essere promossi (discorso diretto). Il maestro esortò gli alunni affinché andassero a studiare, se volevano essere promossi. Oppure: Il maestro esortò gli alunni ad andare a studiare, se volevano essere promossi;
# il presente o il passato congiuntivo del discorso diretto diventano imperfetto o trapassato congiuntivo nel discorso indiretto:
ad esempio, Antonio disse: “Penso che voi vi sbagliate (discorso diretto). Antonio disse che pensava che voi vi sbagliaste (discorso indiretto).
Guido confidò: “Temo che il mio amico abbia commesso un grave errore (discorso diretto). Guido confidò che temeva che il suo amico avesse commesso un grave errore (discorso indiretto).
Nel passaggio dal discorso diretto a quello indiretto i pronomi personali e quelli possessivi di prima e di seconda persona diventano di terza; cambiano anche gli avverbi .
Nella sottostante tabella sono indicati alcuni esempi.
Very useful article, I learned a lot from it