I blog di Alessioempoli

Data 15 gennaio 2016

DONNA – 2°

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UTERO

 

L’utero è un organo impari che fa parte dell’apparato genitale femminile.

 

Differenza tra specie ovipare e vivipare

 

Nelle specie ovipare riveste la cellula uovo dell’albume e del guscio, mentre nelle vivipare è destinato ad accogliere la blastula, ovvero l’embrione nella fase che segue la segmentazione e precede la gastrulazione.

 

Anatomia umana

 

L’utero è posto al centro della piccola pelvi, tra la vescica (anteriormente) e il retto (posteriormente). Caratteristica è la posizione dell’utero rispetto al bacino: l’asse maggiore di questo forma con l’asse maggiore del bacino un angolo aperto anteriormente (angolo di versione) di circa 60° (condizione detta antiversione fisiologica), mentre l’asse del corpo forma con l’asse del collo uterino un angolo ottuso (angolo di flessione) di circa 150°, aperto anteriormente (antiflessione fisiologica).

 

Anteriormente poggia sulla vescica, dalla quale è separato tramite il recesso peritoneale (cavo vescicouterino) che solitamente è una cavità virtuale; posteriormente è in rapporto col retto attraverso l’interposizione di un altro recesso peritoneale, il cavo retto-uterino, detto anche Cavo del Douglas, che solitamente contiene anse dell’intestino tenue; lateralmente al retto prendono inserzione, su entrambi i lati, i legamenti larghi, delle formazioni peritoneali contenenti tessuto connettivo e strutture vasali e legamentose (legamento rotondo, tuba uterina, uretere, parte delle ovaie).

 

Struttura

 

Può essere considerato formato da:

 

Corpo, parte centrale dell’utero, la quale contiene l’orifizio interno dell’utero

Fondo dell’utero, la parte più estesa che termina superiormente

Cervice, collo che penetra nella sottostante vagina fino a sporgere all’interno di essa nel cosiddetto muso di tinca, il quale è separato dalla parete interna della vagina da uno spazio anulare detto fornice della vagina.

La struttura dell’utero è quella tipica degli organi cavi: è formato da una parete costituita da una successione di tonache che circoscrivono un lume. Nel caso dell’utero queste tonache sono:

 

– Strato più interno (la tonaca mucosa o endometrio) che si inspessisce durante il ciclo mestruale in preparazione dell’impianto dell’embrione

– Strato muscolare o miometrio è uno spesso strato muscolare contenente la maggior parte dei vasi sanguigni e nervi che riforniscono l’utero

– Rivestimento peritoneale detto anche perimetrio è il proseguimento del peritoneo pelvico. Questo è lo strato scivoloso di tessuto connettivo che riveste la cavità pelvica.

 

Malformazioni uterine

 

1-221 K

 

 

Utero unicorne

 

L’utero unicorne è una rara condizione anatomica dell’utero e generalmente si riscontra in una donna su 4000 circa.

 

È caratterizzato da un utero di dimensioni più piccole del consueto e per la presenza di una sola tuba e di un solo ovaio. La condizione può essere asintomatica ma può accadere che questo possa indurre il mancato sviluppo del feto che, in assenza di un adeguato spazio uterino, nasce prematuro.

 

L’utero unicorne è causato dal mancato sviluppo e fusione dei corni di Muller durante l’ontogenesi. Normalmente, i due corni di Muller si ingrandiscono e si uniscono formando un solo utero. Nei casi di utero unicorno questo processo, per ragioni non note, non si compie, e si genera un utero di piccole dimensioni.

 

2-138 K

 

Sindrome di Asherman

 

La sindrome di Asherman è una malattia caratterizzata dall’ostruzione della cavità uterina da parte di un tessuto cicatriziale.

In questa malattia si creano delle sinechie endouterine, aderenze fibrotiche tenaci che impediscono l’annidamento del prodotto del concepimento.

 

Eziologia

 

La malattia può conseguire a interventi sull’utero o a infezioni dell’endometrio. La sindrome è molto frequente in donne che hanno subito molte interruzioni di gravidanza volontarie. Durante il raschiamento, per eliminare il prodotto abortivo si utilizza la curetta che rimuove la decidua all’interno della cavità uterina; qualora la manovra con la curette tagliente venga eseguita in modo troppo energico e si superi lo strato basale dell’endometrio, non avviene più una rigenerazione adeguata dello stesso e subentra la sindrome di Asherman.

 

Presentazione clinica

 

Si accompagna di solito a riduzione del flusso mestruale ed infertilità.

 

3- 238 K

 

4-160 K

 

5- 257 K

 

6- 1 M

 

7-670 K

 

8-514 K

 

9-513 K

 

10-350 K

 

Utero didelfo

 

L’utero didelfo, o utero doppio, è una malformazione uterina.

 

Manifestazioni

 

Si mostrano due uteri distinti con una doppia cervice uterina e molto raramente si osservano due vagine. Spesso viene accompagnato da altre malformazioni congenite come l’agenesia renale.

 

Esami diagnostici

 

La risonanza magnetica è utile per individuare anomalie simili.

 

11-731 K

 

Retroflessione uterina

 

La retroflessione uterina è una posizione anomala dell’utero in cui il corpo dell’organo è ripiegato all’indietro su sé stesso all’altezza dell’istmo cervicale e del segmento inferiore dell’utero.

 

La condizione non ha alcun significato clinico, non impedisce il concepimento e non influisce negativamente sulla evoluzione della gravidanza.

 

All’esame vaginale con lo speculum, la condizione può essere sospettata in base allo spostamento in avanti della cervice nella cavità vaginale.

 

12-485 - K

 

13-900 K

 

14-1 M

 

15-430 k

 

16-497 K

 

17-450 K

 

18-255 K

 

19-285 K

 

20-296 K

 

21-372 K

 

22-984 K

 

 

Metrite

 

 

Definizione

 

La metrite è una generica infiammazione dell’utero che, normalmente, si manifesta entro i primi 7-14 giorni dal parto. Il termine “metrite” è ormai obsoleto, in quanto troppo generale ed approssimativo. Ad oggi, per indicare un processo infettivo-infiammatorio dell’utero nella donna, si preferisce parlare di “malattia infiammatoria pelvica“, mentre “metrite” è più comunemente utilizzato in ambito veterinario.

 

Classificazione delle metriti

 

In base alla localizzazione precisa della patologia, si distinguono più varianti di metrite:

 

Endometrite: processo infiammatorio a carico dell’endometrio, la mucosa che riveste internamente la cavità uterina

Miometrite: infiammazione del miometrio, la tonaca muscolare compresa tra endometrio e perimetrio

Perimetrite: flogosi del perimetrio, la tonaca sierosa che riveste esternamente l’utero solo nel corpo e nel fondo

Cervicite: processo infiammatorio coinvolgente la cervice uterina (collo dell’utero)

Ovarite: infiammazione delle ovaie

 

Cause

 

La metrite riconosce un’origine quasi esclusivamente infettiva. Nella maggior parte dei casi, l’infiammazione all’utero è legata ad insulti batterici, sostenuti da agenti infettivi sessualmente trasmessi.

I patogeni più coinvolti sono:

 

Escherichia coli

Chlamydia trachomatis

Neisseria gonorrhoeae

Mycoplasma hominis

 

Più spesso, la metrite è conseguenza di un’infezione polimicrobica, ovvero coinvolgente più batteri.

Solo di rado, la metrite è espressione di infezioni extragenitali, come ad esempio appendicite o tubercolosi.

 

Malgrado la pillola contraccettiva non limiti in alcun modo le possibilità di contrarre malattie veneree, il suo utilizzo regolare può minimizzare il rischio di metrite. Difatti, la pillola estroprogestinica aumenta la viscosità del muco cervicale, ostacolando così la risalita dei batteri lungo il tratto genitale superiore. Diversamente, il parto o l’interruzione volontaria della gravidanza favoriscono la penetrazione dei batteri nell’utero, aumentando le possibilità di metrite.

 

 

Il rischio di contrarre metrite aumenta dopo il parto od un aborto volontario. Anche la ritenzione di residui abortivi o placentari all’interno dell’utero costituisce un possibile fattore di rischio per la metrite.

Similmente, l’utilizzo di metodi contraccettivi impiantabili come la spirale (IUD) può favorire infezioni batteriche, dato che i batteri tendono ad annidarsi in questa sede.

Altri possibili fattori predisponenti la metrite sono:

 

Inizio precoce dell’attività sessuale (difese biologiche non ancora completamente formate)

– Rapporti a pagamento e prostituzione

– Scarsa od eccessiva igiene personale

– Storia pregressa di malattie veneree

– Procedure diagnostiche/operative malriuscite (es. Isteroscopia, isterosalpingografia)

Tossicodipendenza

 

Sintomi

 

Clinicamente, la metrite si manifesta con dolore al basso ventre e alla pelvi, associato a perdite vaginali maleodoranti e purulente (leucoxantorrea). Oltre ai sintomi appena descritti, il quadro clinico della metrite è completato da: debolezza, dolore durante i rapporti (dispareunia), febbricola/febbre alta, inappetenza, ipermenorrea, lombalgia, spotting e vomito.

La metrite richiede un rapido intervento medico. Quando trascurata o non curata, l’infiammazione all’utero può innescare una serie di conseguenze catastrofiche, quali gravidanze ectopiche, dolore pelvico acuto ed ascessi nelle tube di Falloppio. Tutte le complicanze appena descritte possono portare all’infertilità.

Sebbene sia piuttosto raro, è possibile che la metrite decorra in modo asintomatico. È il caso delle infezioni all’utero sostenute da Chlamydia trachomatis. In simili circostanze, la donna, non rendendosi conto dell’infezione in atto, va incontro a complicanze anche gravi.

 

Diagnosi e terapia

 

Per minimizzare il rischio di conseguenze irreparabili, ogni sospetto di metrite richiede un accertamento diagnostico. Il dolore al basso ventre e le perdite vaginali maleodoranti costituiscono due sintomi assai ricorrenti nella stragrande maggioranza delle infezioni dell’apparato genitale femminile; pertanto, per risalire alla causa scatenante, è richiesta la visita ginecologica.

I test diagnostici più accreditati per confermare o smentire una presunta metrite sono:

 

– Esame colturale del secreto cervico-vaginale (tampone vaginale con antibiogramma)

Biopsia endometriale

Raschiamento

Ecografia pelvica

VES e PCR

Tampone uretrale del partner (se necessario)

 

Dopo aver accertato la metrite, si procede con la terapia, esclusivamente antibiotica.

La metrite è piuttosto semplice da curare, purché la terapia venga iniziata fin dai primissimi sintomi, quando l’infezione si trova ancora nello stadio iniziale. Gli antibiotici utilizzati nella cura della metrite – macrolidi, tetracicline, chinoloni, lincosamidi e penicilline – vengono normalmente somministrati per via endovenosa. La durata della terapia varia, normalmente, da una a due settimane.

 

Si raccomanda l’astensione totale dai rapporti sessuali durante l’intera durata della terapia antibiotica

 

Accanto alla cura antibatterica, la paziente affetta da metrite può assumere farmaci antidolorifici per mascherare il dolore e probiotici, per rafforzare le difese immunitarie alterate dalla malattia.

 

Tumore  dell’utero

 

 Considerazioni anatomiche

 

L’utero è composto da una porzione globosa superiore e protrusa fisiologicamente verso la parete addominale denominata fondo dell’utero. Il fondo si continua con il corpo dell’utero, di forma conica, con l’apice rivolto posteriormente verso il basso; un piano immaginario passante attraverso l’inserzione delle tube di Falloppio sull’utero divide il corpo dal fondo. La porzione che connette il corpo dell’utero alla vagina è denominata cervice uterina o collo dell’utero. Il fondo, il corpo e la porzione superiore della cervice uterina sono ricoperti dal peritoneo parietale, che rappresenta il perimetrio. I piani muscolari che costituiscono lo spessore dell’utero formano il miometrio. Il miometrio circoscrive una cavità interna a forma di ampolla denominata cavità uterina. Nella cervice uterina tale cavità assume un aspetto fusiforme, formando il canale cervicale. La cavità uterina e il canale cervicale sono tappezzate da un epitelio cilindrico monostratificato, dove si localizzino cellule ciliate e cellule mucipare ancorate al tessuto connettivo che costituisce la lamina propria. Questo strato epiteliale è chiamato endometrio. A livello della superficie di cervice uterina che protrude in vagina, l’epitelio monostratificato lascia il posto ad un epitelio squamoso pluristratificato che compone la mucosa vaginale. Il limite tra i due epiteli è chiamato giunzione squamocellulare.

 

 

Patologia

 

Il cancro dell’utero può localizzarsi al corpo/fondo o alla cervice. In base a questa distinzione anatomica si possono identificare:

 

Carcinoma dell’endometrio (corpo e fondo dell’utero)

Il carcinoma dell’utero origina dalle cellule endometriali epiteliali. Sono tutti adenocarcinomi e comprendono:

 

Adenocarcinoma endometrioide : 75-80%;

Adenocarcinoma papillare sieroso : 10%;

Adenocarcinoma a cellule chiare : 4-5%.

 

Meno comunemente, la neoplasia può originare dal tessuto connettivo che costituisce la lamina propria. In questo caso non si parla di carcinoma, ma di sarcoma o di tumore stromale. A questa categoria appartengono:

 

Sarcoma stromale dell’endometrio;

Tumore Mülleriano misto: contengono sia la componente stromale (sarcoma) che quella epiteliale (carcinoma);

 

Carcinoma della cervice uterina

Per definizione, il carcinoma della cervice uterina origina dall’epitelio di rivestimento di questa porzione anatomica; in particolare la zona di origine è la ginzione squamocellulare. Si dividono in

 

Carcinoma squamocellulare : 80%

Adenocarcinoma : 15%

 

Un particolare tipo di cancro di origine epiteliale è l’adenomioma, che si origina da tessuto endometriale ectopico immerso nel miometrio.

Dalla componente muscolare liscia che costituisce il miometrio possono originare

 

Fibroma uterino, un leiomioma dell’utero (benigno)

Leiomiosarcoma (maligno)

 

Per definizione, possono estendersi a tutte le componenti anatomiche dell’utero.

 

Molto rari sono i tumori che originano dal perimetrio, identificabili come mesoteliomi peritoneali. Linfomi di vario tipo e malignità possono coinvolgere il corpo dell’utero e la cervice. Un ulteriore disordine neoplastico, la malattia gestazionale trofoblastica, si localizza di solito nell’utero.

 

23-444 K

 

 

Contrazioni di Braxton Hicks

 

Le contrazioni di Braxton Hicks sono contrazioni uterine che compaiono durante la gravidanza e favoriscono la circolazione uterina. Prendono il nome dal medico che per primo, nel 1872, le identificò e descrisse: John Braxton Hicks.

 

Le contrazioni di Braxton Hicks consistono in indurimenti isolati e non ritmici della muscolatura uterina del tutto fisiologici e che, al contrario delle contrazioni che avvengono durante il travaglio, non sono dolorosi o solo raramente lo sono e non modificano la cervice. Le contrazioni possono essere di entità così lieve che a volte non vengono avvertite dalle gestanti.

 

Le variabili che permettono alla contrazione di essere avvertita dalla donna sono numerose e possono dipendere dalla costituzione della donna, dal suo peso e dalla sua soglia del dolore. Possono essere avvertite in corrispondenza della crescita del feto o più frequentemente da un suo movimento repentino, possono comparire spontaneamente con il fine di ravvivare la circolazione uterina oppure essere la risposta ad un urto, uno stress o ad una stimolazione sessuale. La presenza di una vescica piena può gravare sull’utero innescando le contrazioni.

 

 

Endometriosi

 

L’endometriosi (da endo, dentro e metra, utero) è una malattia cronica e complessa, originata dalla presenza anomala del tessuto che riveste la parete interna dell’utero, cioè l’endometrio, in altri organi quali ovaie, tube, peritoneo, vagina, intestino. Ciò provoca sanguinamenti interni, infiammazioni croniche e tessuto cicatriziale, aderenze ed infertilità. Ogni mese, sotto gli effetti degli ormoni del ciclo mestruale, il tessuto endometriale impiantato in sede anomala va incontro a sanguinamento, nello stesso modo in cui si verifica a carico dell’endometrio normalmente presente in utero. Tale sanguinamento comporta un’irritazione dei tessuti circostanti, che dà luogo alla formazione di tessuto cicatriziale e di aderenze.

 

Segni e sintomi

 

L’endometriosi è spesso dolorosa (60% dei casi circa) fino ad essere invalidante, con sintomi molto caratteristici: dolore pelvico cronico, soprattutto durante il ciclo mestruale, in concomitanza con lo stesso o durante l’ovulazione, dolore ovarico intermestruale, dolore all’evacuazione. Quando lo stadio di endometriosi porta ad un aumento importante del tessuto, può aversi l’infiammazione e l’infezione causata dalle isole endometriosiche con conseguente aumento della temperatura corporea durante il periodo mestruale.

 

Ci sono anche altri sintomi, non meno significativi: il dolore durante l’atto sessuale o post-coitale (64%), infertilità (30/35%), aborti spontanei, affaticamento cronico, aumento di infiammazione a carico delle mucose, colite, periodi di stitichezza alternati a diarrea. Questi ultimi sintomi vengono molto spesso associati ad una diagnosi di colon irritabile in quanto i sintomi sono simili tra loro, ma in presenza di endometriosi la sintomatologia presenta un andamento ciclico, legato appunto alle fasi ormonali del periodo mestruale.

 

Talvolta l’endometriosi è riscontrabile anche in sede intestinale e vescicale, sui legamenti utero sacrali, nel setto retto vaginale, nelle tube. Nel caso di endometriosi vescicale, i sintomi sono quelli tipici di infiammazione e cistite o anche di incontinenza senza che risultino infezioni batteriche o virali a carico della vescica. La loro ricorrenza ciclica è un elemento determinante per distinguerne le cause.

 

La paziente può inoltre manifestare menorragia (mestruazione abbondante), metrorragia (perdita di sangue al di fuori della mestruazione) o entrambe. È abbastanza comune la dismenorrea. Occorre prestare attenzione, infine, a sintomi strani che si presentano in modo catameniale (cioè, in corrispondenza delle mestruazioni): epistassi, ematuria ed ematochezia.

 

Alla palpazione si possono apprezzare noduli infiltrativi che non si vedono con l’ecografia:

 

– sul setto retto-vescicale

– sui legamenti utero-sacrali

– sulla plica vescico-uterina

 

Un caso particolare può essere rappresentato dalla presenza di tessuto ectopico al livello polmonare e pleurico. In questo caso, l’endometriosi può essere causa di pneumotorace catameniale, dovuto al danno causato alla pleura viscerale dal tessuto endometriosico e dall’occlusione bronchiale a cui esso può dare origine, determinando l’aumento della pressione alveolare nei distretti vicini e in eventuali bolle, con aumento del rischio di rottura e pneumotorace.

 

Diagnosi

 

Si può ottenere una diagnosi certa dell’endometriosi sia con esami non invasivi accurati quali la risonanza magnetica nucleare, le visite ginecologiche e rettali e gli esami ematici specifici alla ricerca dei marcatori della malattia quali il CA-125 ed il CA-19.9. A volte è anche necessaria un’indagine esplorativa in anestesia generale: la laparoscopia. Questo esame è importante, oltre che per fare la diagnosi, anche per studiare l’endometriosi e per trattare terapeuticamente (asportazione del tessuto, vacuolizzazione e lisi delle aderenze) la malattia e le sue complicanze ripristinando la normale anatomia della pelvi femminili.

 

Alla visita manuale possono essere riscontrati noduli non apprezzabili all’ecografia, mentre all’ecografia è possibile constatare una retroversione uterina fissa (da aderenze che vincolano l’utero alla pelvi) o un altro quadro tipico, quale la “cisti ovarica cioccolato” (il cui colore rosso scuro è dovuto a manifestazioni emorragiche nel tessuto endometriosico).

 

Una anamnesi approfondita della paziente può concorrere ad effettuare una prima diagnosi, seppur non definitiva.

 

Stadiazione

 

Parametri di stadiazione (dopo laparoscopia):

 

– dimensione

– sede

– obliterazione del cavo del Douglas

– estensione e caratteristiche dell’aderenza

 

Cause

 

Le teorie circa la causa dell’endometriosi sono diverse, senza necessità che si escludano a vicenda.

 

Una prima ipotesi potrebbe essere quella metastatica, ovvero la diffusione di isole endometriali (sotto forma di microscopici frustuli di endometrio) per via linfatica o ematica. Tale ipotesi ha il vantaggio di spiegare le pur rare localizzazioni a distanza. Strettamente connessa a tale teoria è l’ipotesi della mestruazione retrograda: secondo questa teoria, durante la mestruazione, piccole parti di tessuto endometriale si muoverebbero in senso inverso nelle tube per poi impiantarsi nell’addome o comunque al di fuori della cavità uterina. Secondo alcuni esperti, la mestruazione retrograda sarebbe moderatamente presente in tutte le donne, ma soltanto in alcune di esse, per difetti immunitari, ormonali o per cause legate all’ambiente, il tessuto endometriale riuscirebbe a crescere e a radicarsi. Fra queste ultime, potrebbero esserci sostanze interferenti endocrine quali i PCB e il bisfenolo A, oppure lo stress e il troppo affaticamento fisico.

Un’altra teoria propone il viraggio metaplasico dei tessuti celomatici.

 

 

Terapia

 

Terapie definitive per la cura dell’endometriosi a tutt’oggi non sono ancora state trovate.

 

A seconda dei casi, dell’età della donna, del grado di dolore, del desiderio di maternità e della gravità delle lesioni si procede in diversi modi:

 

– terapia del dolore (FANS)

 

– riduzione della presenza degli estrogeni in modo da frenare lo sviluppo dell’endometriosi provocando, quindi, una menopausa artificiale tramite gli antagonisti del GnRH i quali simulano una menopausa artificiale e temporanea. Gli eventuali effetti collaterali sono i classici effetti della menopausa: vampate di calore, aumento di peso, sudorazione notturna, irritabilità, perdita di calcio. Non vanno somministrati più a lungo di 3-6 mesi.

estroprogestinici combinati (pillola anticoncezionale, anello vaginale, spirale al progesterone, progesterone I.M. depot) i quali possono dare come effetti indesiderati: nausea, cefalea, secchezza vaginale, calo del desiderio.

 

– terapia con androgeni, per la capacità di antagonizzare l’azione degli estrogeni e del progesterone. Gli androgeni usati sono: il gestrinone e il più datato danazolo, questi farmaci sono gravati da effetti collaterali simili, meno intensi per il gesrtinone, tipici dell’effetto androgenico: irsutismo, virilizzazione, acne, seborrea, capelli e pelle untuosa e aumento di peso.

 

– Trattamento con Dienogest

 

È riportato nelle linee guida del NHS (National Library for Health), che la terapia con i farmaci ormonali e gli antagonisti del GnRH sembrano essere ugualmente efficaci nell’alleviare il dolore associato all’endometriosi quando questi sono prescritti per 6 mesi, pur differendo tra loro per gli effetti clinici e il costo.

 

terapia chirurgica che può essere di tipo esplorativo e/o diagnostico (laparoscopia esplorativa) e di tipo interventistico (laparoscopia o laparotomia).

 

– Con la laparoscopia, si praticano 3 – 4 fori di piccole dimensioni sull’addome in cui vengono introdotti gli strumenti chirurgici, si esplora la cavità addominale ricercando eventuali isole endometriosiche, cisti o noduli. Nel caso in cui fossero presenti lesioni ben visibili, si procede all’eliminazione delle stesse e al prelievo di materiale per la biopsia. La degenza in ospedale si riduce ad un massimo di 3 giorni, la ripresa è rapida e le cicatrici sono poco visibili.

 

– La laparotomia è intervento chirurgico che si pratica (nella maggior parte dei casi), con un’incisione orizzontale all’altezza del pube ed è più invasiva della laparoscopia, i tempi di degenza si allungano e la cicatrice è sicuramente più visibile rispetto alla laparoscopia. Viene effettuata se le lesioni e le aderenze sono particolarmente estese anche se, come tecnica chirurgica applicata all’endometriosi, viene usata sporadicamente per lasciare posto alla laparoscopia.

 

Epidemiologia

 

Si stima che circa il 10% delle donne in Europa sia affetto da endometriosi e che dal 30% al 40% dei casi di infertilità femminile sia dovuto a endometriosi; in Italia le donne con diagnosi conclamata di endometriosi sono almeno 3 milioni.

 

I tempi medi di diagnosi dalla prima comparsa dei sintomi, che avviene tipicamente in età giovanile, è mediamente superiore ai 10 anni.

 

24-185 K

 

25-319 K

 

 

Isterectomia

 

L’isterectomia è una tecnica chirurgica di asportazione dell’utero. Se viene rimosso l’intero utero (corpo, fondo, collo) si parla di isterectomia totale; se viene lasciata in sede la cervice, si parla di isterectomia parziale o sopracervicale o subtotale.

 

L’isterectomia è la procedura chirurgica più frequentemente eseguita sull’apparato genitale femminile e, nel 90% circa dei casi, viene effettuata per patologie di tipo benigno (fibromi, prolassi, endometriosi).

 

L’isterectomia può essere eseguita per via laparotomica mediante incisione e apertura della parete addominale, attraverso la via vaginale (colpoisterectomia), oppure per via laparoscopica mini – invasiva, mediante 4 piccole incisioni di pochi millimetri nell’addome. In questi anni sta prendendo piede la tecnica “robotica” riservata perlopiù alle procedure più complesse (oncologiche), dove il chirurgo “guida” da una postazione remota a pochi metri dalla paziente il robot (sistema Da Vinci) che esegue materialmente la procedura.

 

 

Metroplastica

 

La metroplastica (anche detta uteroplastica o isteroplastica) è un intervento chirurgico effettuato sull’utero, generalmente eseguito attraverso l’isteroscopia.

 

Indicazioni

 

La metroplastica isteroscopica è un intervento endoscopico utilizzato in caso di anomalie anatomiche della forma della cavità dell’utero, come l’utero setto, sub-setto (setto parziale) o arcuato (o “a sella”), che possono impedire l’impianto dello zigote e lo sviluppo di una gravidanza.

 

Consiste nel visualizzare per via isteroscopica il fondo uterino che presenta il setto o sub-setto e quindi procedere alla correzione attraverso un isteroresettore, con lo scopo finale di ottenere una cavità uterina adeguata ad accogliere il prodotto del concepimento e a ospitarlo fino al momento del parto.

 

L’esame delle varie casistiche porta alla conclusione che la totalità degli uteri setti o sub-setti può essere trattato con successo attraverso questa tecnica. Il tasso di gravidanze a termine ottenute dopo l’intervento oscilla tra il 70% e l’80%.

 

Vantaggi rispetto alla chirurgia tradizionale

 

Questa tecnica presenta i seguenti vantaggi:

 

– la possibilità di eseguire l’intervento in regime di Day Hospital;

– l’assenza di cicatrici sulla parete addominale ed uterina;

– una morbosità intra e post-operatoria ridotta rispetto alla chirurgia tradizionale;

– un volume finale della cavità uterina non ridotto ma ampliato;

– la possibilità di iniziare una gravidanza solo dopo 1-2 mesi dall’intervento;

– maggiori probabilità di espletare il parto per vie naturali.

 

La metroplastica isteroscopica è attualmente considerata il miglior intervento per l’utero subsetto o setto nelle pazienti che hanno avuto aborti al primo o al secondo trimestre, parti prematuri, morte endouterina fetale o con sterilità inspiegata e fallimenti ripetuti di tecniche di procreazione assistita.

 

Tecnica

 

In genere viene utilizzato un isteroscopio programmato per una isteroscopia operativa quindi idoneo a consentire il passaggio di strumenti chirurgici. Il diametro totale esterno di tali isteroresettori varia da 5,5 a 9 mm. Normalmente la cavità uterina è una cavità virtuale, pertanto per eseguire l’intervento essa va distesa. I mezzi di distensione più usati sono una soluzione contenente glicina o sorbitolo-mannitolo.

 

La rimozione del setto in genere viene effettuata con corrente elettrica per il taglio (80-100 W) ad alta frequenza mediante comuni elettrobisturi collegati a specifici terminazioni dell’isteroresettoscopio stesso. Il tempo più delicato dell’intervento è sicuramente quando bisogna arrestare la sezione per non danneggiare la parete fundica dell’utero (miometrio) e non provocare complicanze immediate come la perforazione o tardive come le sinechie uterine.

 

Del tutto recente è la proposta di eseguire la esatta misurazione ecografica pre-operatoria del setto (mediante ecografia 3D) al fine di fornire dei punti di riferimento in più all’operatore. Attualmente c’è quasi unanime accordo sia sulla non necessità di una preparazione ormonale pre-operatoria, eseguita fino a pochissimo tempo fa, sia sulla non somministrazione di qualsiasi terapia post-operatoria. L’unico accorgimento importante è quello di effettuare un follow-up isteroscopico a distanza di 1-2 mese dall’intervento.

 

Risultati

 

I buoni risultati post-metroplastica in termini di tasso di gravidanze a termine e di parti spontanei è probabilmente da ricollegarsi alla migliore vascolarizzazione del tessuto fundico uterino (per la eliminazione del tessuto fibroso poco vascolarizzato del setto o subsetto) e, quindi, ad un adeguato sviluppo endometriale che porta ad un buon impianto della placenta nelle gravidanze successive alla metroplastica isteroscopica.

 

 

Pessario

 

Il pessario è un anello di gomma, di plastica o di silicone che viene collocato nella vagina tra il fornice vaginale posteriore e l’osso pubico, allo scopo di sostenere l’utero, in presenza di un prolasso utero-vaginale.

Può essere usato anche come contraccettivo, abbinato ad uno spermicida.

 

26-254 K

29 Risposte a “DONNA – 2°”

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