APPARATO GENITALE FEMMINILE
Esame obiettivo ginecologico
Per esame obiettivo ginecologico o, più semplicemente, esame o visita ginecologica, si intende una specifica procedura semeiologica eseguita dal medico ginecologo o, in alcuni casi, dal medico urologo atta alla valutazione fisiologica o patologia dell’apparato genitale femminile; tale esame può completarsi con l’esecuzione di un‘ecografia transvaginale.
L’esame obiettivo ginecologico si divide in due diversi momenti: la palpazione e l’ispezione.
Palpazione
La palpazione consente la valutazione di eventuali masse a carico dei genitali esterni (vulva, piccole e grandi labbra) e dei genitali interni (vagina, cervice uterina). La valutazione palpatoria della cervice viene sovente attuata attraverso la “palpazione bimanuale” dopo aver invitato la donna ad urinare. La tecnica consiste nell’esercitare una pressione a livello dell’ipogastrio con una mano al fine di mobilizzare ed abbassare l’utero e, simultaneamente, con l’altra mano, di esplorare con due dita la vagina fino ad entrare in contatto con la cervice uterina. Questa procedura consente di valutare superficie e consistenza cervicale e dolorabilità e mobilità dell’utero, quest’ultima compromessa da alcuni processi patologici come la PID. Questa manovra consente inoltre di stabilire l’eventuale retroversione uterina (utero non palpabile). In questi casi, l’utero può essere valutato attraverso l’esplorazione rettale che consente, inoltre, l’individuazione dello spazio sovravaginale nelle isterectomizzate.
Ispezione
L’ispezione dell’apparato genitale femminile si divide in esterna e interna (quest’ultima si attua con l’ausilio di uno speculum).
Ispezione dei genitali esterni
Attraverso l’ispezione dei genitali esterni vengono valutate:
– La regione vulvo-perineale
– Le caratteristiche e la distribuzione dell’apparato pilifero
– Il trofismo e l’integrità della cute vulvare (grandi labbra)
– Il trofismo e l’integrità del vestibolo vaginale
– Forma, dimensioni, colore ed integrità delle piccole labbra
– Forma, dimensioni ed integrità del prepuzio clitorideo e del clitoride
– Presenza di alterazioni in senso flogistico (eritema, secrezioni), discariocinetiche, distrofiche (atrofia, assottigliamento, scomparsa pliche) o traumatiche (lacerazioni, abrasioni).
In questa fase si divaricano le grandi e piccole labbra con il pollice e il medio della mano dominante al fine di ispezionare il vestibolo vaginale, i residui imeneali o lo stesso imene e l’orifizio uretrale; tale procedura consente di valutare la beanza vaginale per scegliere lo speculum più adatto all’ispezione interna. Nel sospetto di un prolasso uterino la donna viene invitata a tossire o “ponzare” per valutare l’eventuale procidenza delle pareti vaginali; analogamente e con l’ausilio della palpazione è possibile fare diagnosi differenziale tra cistocele e rettocele.
Imene
L’imene (dal greco hymén, membrana) è un setto di membrana mucosa che sovrasta o ricopre parzialmente l’esterno dell’apertura della vagina (canale vaginale).
Anatomia
L’imene è parte della vulva, o genitali esterni, che protegge l’apertura della vagina ed è presente nella maggior parte delle femmine della specie umana dalla nascita.
Rottura dell’imene
La deflorazione, dal latino tardo de e flos, cioè privare del fiore della verginità, è la rottura dell’imene che solitamente avviene durante la prima penetrazione, oppure facendo sport o a seguito di traumi. Successivamente di esso non restano che piccoli lembi denominati lobuli imenali; dopo il primo parto si ha una apertura ulteriore e le uniche parti dell’imene che rimangono sono cicatrizzate e denominate “caruncole imenali“. A seconda del suo aspetto e della sua forma, l’imene può essere talmente elastico da non lacerarsi al momento del coito, rimanendo integro.La presenza di un imene intatto garantiva in molte culture la verginità della donna che veniva sottoposta a ispezione prima del matrimonio. A tutt’oggi in molte culture la verginità di cui la presenza di un imene intatto viene ritenuta una prova è molto importante.Non risultano culture che agevolino l’allargamento dell’imene con appositi unguenti onde non dover dimostrare la propria verginità.
Credenze culturali
Nel corso dei secoli si sono venuti a creare diversi luoghi comuni, spesso errati, sia sulla localizzazione dell’imene sia sul fatto che si rompa, laceri e sanguini la prima volta che si ha un rapporto sessuale penetrativo.
Alcune di queste idee sbagliate possono addirittura essere la causa di un vaginismo primario, un problema sessuale in cui i muscoli vaginali si contraggono anticipando il dolore di una prima penetrazione ritenuta dolorosa, queste contrazioni possono creare problemi al rapporto sessuale.
Accorgimenti
Per prevenire il vaginismo o primi rapporti traumatici o dolorosi è importante per le ragazze capire dove sia l’imene, capire che tipo di apertura ha (cribriforme, anulato, septato ecc.), capire che è una membrana elastica che può essere dolcemente “allentata”, anche con le proprie dita, prima di un rapporto fino a quando sparirà senza dolore.
Gli imeni imperforati, che necessitano di una imenectomia per essere aperti, sono rarissimi.
Tipologia
I tipi di imene sono:
– anulare (diaframma forato)
– a falce
– a falce rudimentale
– labiato
– imperforato
– cribriforme (con molti piccoli fori)
– a carena
– a pendaglio.
Vulva
La vulva nell’arte
Per la sua naturale attrattiva, oltre che per l’ancestrale potere evocativo quale porta della vita, la vagina – o meglio, la vulva – ha assunto un ruolo di protagonista anche in diverse opere d’arte di età contemporanea, tra cui:
– L’origine du monde, dipinto di Gustave Courbet custodito al Museo d’Orsay (Parigi)
– la Foglia di vite femmina (Feuille de vigne femelle, 1950, custodito alla Tate Gallery di Londra) opera di Marcel Duchamp
– l’opera teatrale di Eve Ensler I monologhi della vagina.
La vulva (definita in passato anche “pudendo muliebre”) è la terminazione e l’apertura esterna degli organi genitali femminili esterni, situata nella parte anteriore del perineo, al centro di un complesso di formazioni cutanee di protezione, concentriche l’una all’altra, la più interna delle quali delimita una piccola cavità, detta vestibolo della vagina, nella quale si apre il canale vaginale. All’interno di queste formazioni cutanee, si trova anche il trigono urogenitale, nel quale si apre il canale urogenitale, per mezzo dell’orifizio uretrale, sbocco esterno dell’apparato urinario; mentre sul contorno si trovano i corpi erettili della donna e due organi ghiandolari. Questo dispositivo anatomico-funzionale è facilmente identificabile semplicemente all’esame ispettivo e con alcuni rilievi palpatori.
Anatomia
In posizione anatomica corretta, la vulva della donna è sporgente nella parte anteriore perineale, al davanti della sinfisi pubica ma risulta in parte nascosta dall’accostamento delle cosce: quando richiesto, l’esame generale dei genitali esterni femminili deve necessariamente essere eseguito a cosce divaricate.
La vulva appare come un rilievo impari mediano, di forma piriforme, che inizia a livello della parte superiore della sinfisi pubica e si estende verso il basso lungo le branche ischio-pubiche, terminando a circa 1 centimetro dall’apertura anale.
Questo rilievo, formato da un cuscinetto di cute spessa, prende il nome di monte di Venere, il quale continua in basso con due pliche cutanee pari e simmetriche dette grandi labbra o valve. Il monte di Venere e le grandi labbra sono ricoperte da uno sviluppato apparato pilifero. Al di sotto si trovano altre due pliche cutanee interne, pari ma non sempre simmetriche e prive di apparato pilifero, più sottili, dette piccole labbra o ninfe, che si congiungono in alto in una formazione a piccolo tubercolo sporgente che è la parte ispezionabile degli organi erettili femminili, ossia corpo e glande della clitoride. Le piccole labbra sono sempre nascoste all’interno delle grandi labbra prima della pubertà. Dopo lo sviluppo sessuale possono restare entrocontenute ma più spesso ne sporgono, a volte notevolmente.
La palpazione di queste formazioni alla loro base d’impianto, permette di apprezzare la sede delle parti nascoste degli organi erettili e delle formazioni ghiandolari annesse, chiamate ghiandole vestibolari.
Strutture
Negli esseri umani, le maggiori formazioni anatomiche della vulva consistono nelle seguenti parti:
– il Monte di Venere
– le labbra, consistenti in piccole labbra o ninfe e grandi labbra o valve
– la porzione esterna della clitoride e il prepuzio clitorideo
– il vestibolo vulvare
– l’apertura (del meato urinario)
– l’apertura vaginale
– l’imene
Altre formazioni anatomiche:
– il perineo
– le ghiandole sebacee sulle grandi labbra
– le ghiandole situate nella vagina:
– ghiandole di Bartolini
– ghiandole di Skene
Sviluppo
Feto
Durante le prime otto settimane di gestazione, maschi e femmine, hanno gli stessi organi riproduttivi sessuali rudimentali, ed il loro sviluppo è controllato dagli ormoni della madre. Maschio e femmina cominciano a diventare distinti quando il feto è in grado di produrre da solo i propri ormoni, anche se la determinazione del sesso è difficilmente visibile sino alla dodicesima settimana.
Infanzia
Alla nascita, la vulva e le mammelle delle neonate possono apparire gonfiate per effetto dell’esposizione agli ormoni presenti nella madre, notevolmente alti prima del parto. La clitoride è proporzionalmente più grande. Dall’età di un anno fino all’arrivo della pubertà, la vulva rimane dello stesso aspetto crescendo in proporzione con il resto del corpo.
Pubertà
L’arrivo della pubertà produce una serie di importanti cambiamenti. All’incirca fra i nove e gli undici anni la vulva diviene più grande e più larga, muta la colorazione ed iniziano a comparire i peli pubici, prima sulle grandi labbra, poi sul Monte di Venere e spesso anche nell’interno coscia e sul perineo. In seguito, in un’età di solito compresa tra gli undici e i tredici anni, le grandi labbra si ingrossano gradualmente, diventando via via più scure, e le piccole, a loro volta, aumentano di dimensione, spesso fuoriuscendo dalle grandi labbra dalle quali sono sempre protette fino all’età dello sviluppo. Mentre prima della pubertà la vulva presenta una forma omogenea e piatta, dopo assume un aspetto piuttosto irregolare e voluminoso, soprattutto verso l’esterno, appunto a causa dell’ingrossamento che subiscono grandi e piccole labbra; bisogna anche dire che, nella fase puberale, la vulva diviene più sensibile ed umida. In posizione eretta, nella bambina pre-adolescente, la vulva risulta collocata in avanti rispetto all’età adulta, mostrando gran parte delle grandi labbra; durante la pubertà, invece, il Monte di Venere si allarga, spingendo via la porzione diretta delle grandi labbra dall’osso pubico e rendendo la vulva meno avanzata, più vicina all’ano e quindi meglio posizionata per poter ospitare il pene. Variazioni dei livelli di grasso corporeo possono influenzare questo fenomeno.
Parto
Durante il parto, la vagina e la vulva si dilatano per consentire il passaggio della testa del bambino (approssimativamente 9.5 cm di diametro). Il transito difficoltoso può dare luogo a ferite lacere nell’apertura vaginale, nelle labbra e nella clitoride. Un episiotomia (ovvero un taglio chirurgico effettuato mediante incisione del perineo proprio durante le spinte) qualche volta viene effettuato per limitare le lacerazioni; l’appropriatezza di questo intervento come procedura di routine è comunque messo in discussione, e alcuni ospedali ritengono di dover limitare questa procedura solo ai casi di reale necessità, perché l’episiotomia rende più difficile e lungo il recupero post-partum dell’elasticità della zona vaginale, creando altresì piccoli disturbi fisici o sensazioni dolorose.
Alcuni dei mutamenti che avvengono durante la gravidanza possono essere permanenti.
Penetrazione
Dopo un rapporto sessuale completo, la vulva può subire dei cambiamenti simili (naturalmente molto più leggeri) al post-parto; infatti, a seconda della dimensione del pene che ha ospitato, essa rimane più o meno larga. Naturalmente il fenomeno non è duraturo nel tempo e, a differenza della dilatazione post-parto, i mutamenti non possono essere permanenti.
Post-menopausa
Durante la menopausa, gli ormoni diminuiscono sensibilmente, e durante questo processo, i tessuti riproduttivi che sono sensibili a questi ormoni si restringono. Il Monte di Venere, le labbra e la clitoride diminuiscono le loro dimensioni dopo la menopausa, anche se di solito non tornano mai alle dimensioni del periodo prima della pubertà.
Riferimenti morfo-funzionali
Lo spesso cuscinetto di cute al di sopra del monte di Venere ha la funzione di proteggere l’osso sottostante, la sinfisi pubica, durante l’amplesso.
Le grandi labbra o valve sono l’equivalente dello scroto nel maschio. Possono contenere un canale, il dotto di Nuck, di lunghezza molto variabile, che le collega al peritoneo, vestigia di un abbozzo embrionale di organi sessuali maschili.
La clitoride è costituita da corpi cavernosi ed è riccamente innervata: risulta essere simile, nella costituzione, al pene maschile, derivando infatti dallo stesso abbozzo embrionale. Da esso si differenzia tuttavia per essere in assoluto l’unico organo del corpo umano esclusivamente deputato al piacere.
Le piccole labbra o ninfe, possono essere considerate una sorta di protezione del canale vaginale. Sono molto innervate e quindi molto sensibili. Il loro colore e la loro dimensione variano moltissimo da donna a donna. Possono essere molto più scure della carne circostante o chiare e rosate, lunghe da pochi millimetri a diversi centimetri. A riposo possono essere invisibili, racchiuse tra le grandi labbra, o sporgere da esse.
Le ghiandole del vestibolo, anche chiamate ghiandole di Bartolini, sono due grosse formazioni dal peso di 4-5 g, poste da una parte e dall’altra delle piccole labbra. La funzione di queste ghiandole rimane ancora oggi in via di studio.
Secrezioni
Ci sono varie secrezioni associate alla vulva, incluse urina, sudore, mestruazioni, fluidi della pelle (sebo), secrezioni delle ghiandole di Bartolini e di muco vaginale. Queste secrezioni contengono una miscela di molecole che includono: la piridina, lo squalene, l’urea, l’acido acetico, l’acido lattico, l’alcool, il glicol etilenico, i chetoni e le aldeidi.
Durante la stimolazione sessuale, le secrezioni aumentano (lubrificazione vaginale).
Circoncisione femminile
Sotto il nome generico di infibulazione, vengono spesso raccolte tutte le mutilazioni a carico dei genitali femminili, praticate in paesi dell’Africa sub-sahariana, della penisola araba e del sud-est asiatico, per motivi non terapeutici, ma culturali e rituali. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha distinto le mutilazioni in 3 tipi differenti a seconda della gravità per il soggetto:
– Circoncisione: si limita alla foratura della punta della clitoride con fuoriuscita di sette gocce di sangue simboliche
– Escissione: asportazione della clitoride e taglio totale o parziale delle piccole labbra
– Infibulazione o circoncisione faraonica o sudanese: asportazione della clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale.
Queste pratiche sono eseguite in età differenti a seconda della tradizione.
Atteggiamenti culturali
In alcune culture, compresa quella occidentale moderna, molte donne radono o depilano parzialmente o totalmente il monte di Venere e la vulva (acomoclitismo). Quest’usanza è abbastanza recente negli Stati Uniti, Canada e nell’Europa occidentale, è in uso da molto tempo invece, in molti paesi dell’Europa orientale e nelle culture Medio Orientali, dove per secoli vi era la credenza che fosse consigliabile per motivi igienici. I moderni costumi da bagno di piccole dimensioni e la pratica del nudismo hanno indotto prima a depilare i lati del triangolo pubico e poi a eliminare quasi completamente i peli naturali o lasciarne solo alcuni, in forme dettate dalla moda (un piccolo triangolo, una striscia verticale più o meno stretta, disegni di fantasia…). Negli ultimi anni si sono imposti, anche nella zona pubica, tatuaggi e piercing.
Vagina
La vagina (dal latino vagina, letteralmente “fodero” o “guaina”) è una parte interna dell’apparato genitale femminile ed è costituita da un canale fibromuscolare molto elastico che serve da supporto al collo dell’utero e all’uretra. Si tratta dell’organo femminile interessato nel rapporto sessuale e, come canale ultimo, nel parto.
Conduce dall’utero all’esterno dell’organismo nei mammiferi femmina (tranne nei mammiferi monotremi), o alla cloaca negli uccelli, nei monotremi ed in alcuni rettili.
Anche gli insetti femmina ed altri invertebrati hanno una vagina, che è la parte terminale dell’ovidotto.
Nel linguaggio comune, il termine è usato spesso per riferirsi generalmente ai genitali femminili o alla vulva.
Anatomia umana
La vagina è un canale che si estende dalla cervice uterina (porzione anatomica più profonda) alla vulva (porzione anatomica superficiale), la quale ha una lunghezza da 6 a 8 cm nella parte anteriore e di 8–9 cm nella parte posteriore,dilatandosi/espandendosi in lunghezza e larghezza durante l’eccitazione sessuale.
Quando la donna mantiene la stazione eretta, il condotto vaginale traccia (rispetto alla regione pelvica) una curva geometrica di orientamento superiore-posteriore che forma un angolo leggermente minore di 45 gradi con l’utero. L’apertura vaginale si trova verso l’estremità caudale della vulva, dietro l’apertura dell’uretra. Il quarto superiore della vagina è separato dal retto per mezzo del cavo rettouterino.Sopra la vagina sta il monte di Venere.
La vagina, come l’interno della vulva, è di colore rosa vivo tendente al rosso, particolare comune alle membrane mucose interne (in condizione fisiologica) della maggior parte dei mammiferi. I solchi prodotti dalla ripiegatura della parete nel terzo esterno della vagina sono detti pieghe vaginali. Si tratta di rughe costituite da tessuto epiteliale che hanno lo scopo di offrire alla vagina un’estesa area superficiale che ne favorisce l’estensione e l’allungamento.
La dilatazione è agevolata, oltre che da dette pieghe che ne aumentano l’espandibilità, pure dalla particolare lubrificazione, che avviene tramite le ghiandole di Bartolino. La membrana della parete vaginale mantiene una determinata umidità, anche se non contiene alcuna ghiandola. Prima e durante l’ovulazione, vengono prodotte diverse varianti di muco della cervice, che fornisce un ambiente favorevole alcalino nel canale vaginale per massimizzare le possibilità di sopravvivenza per gli spermatozoi.
La vagina, nella donna vergine, è (di norma, ma non immancabilmente) coperta in parte dall’imene: una membrana di tessuto connettivo che può essere infranta oltre che da un rapporto sessuale, anche da alcuni tipi di esercizi, come le passeggiate a cavallo o la ginnastica, ed altresì da un esame pelvico incauto. Per converso, non necessariamente il coito determina una lacerazione dell’imene: ne consegue che la deflorazione non è un criterio affidabile per la determinazione del primo rapporto completo (specie nell’ipotesi di cosiddetto imene compiacente).
Fisiologia
La vagina è chiamata ad assolvere svariate funzioni fisiologiche.
Secrezioni uterine
La vagina costituisce una via attraverso la quale il sangue mestruale e parti di tessuto organico lasciano il corpo.Queste escrezioni possono essere assorbite o trattenute per mezzo di tamponi, coppe mestruali, assorbenti igienici.
Sostanze odorifere presenti nel fluido vaginale
Nei mammiferi la secrezione di molecole odorifere (urea, acido lattico, acido acetico, composti alifatici a catena corta) nell’area genitale è importante per comunicare la ricettività sessuale della femmina.
Nella donna, la produzione di acido lattico e acido acetico è sempre presente; la produzione di composti alifatici è invece variabile da soggetto a soggetto e l’odore che ne deriva (generalmente attribuibile all’acido butanoico), a seconda della loro concentrazione nei fluidi vaginali, dà luogo a giudizi di varia gradevolezza e può costituire ugualmente un richiamo sessuale.
Bacillo di Döderlein
Il bacillo di Döderlein è ospite in condizioni di normalità della vagina sana e contribuisce a mantenere il pH dell’ambiente vaginale nella donna sana intorno a 3,5-4,5 attraverso la scissione del glicogeno in acido lattico e biossido di carbonio. Il mantenimento di tale pH acido è di fondamentale importanza per la difesa della vagina dai germi provenienti dall’esterno (autodepurazione della vagina).
Attività sessuale
La concentrazione di terminazioni nervose che giacciono intorno all’entrata della vagina può causare sensazioni piacevoli durante l’attività sessuale, qualora avvenga un tipo di stimolazione gradito alla specifica donna.
Durante l’eccitazione sessuale, specie se vi è stimolazione del clitoride, le pareti della vagina si auto-lubrificano. Ciò riduce l’attrito che può manifestarsi in conseguenza di varie attività sessuali; tuttavia esistono pratiche – dette di “Sesso asciutto” – per limitare o evitare la lubrificazione in corso di coito. In passato si riteneva che le ghiandole di Bartolino fossero responsabili della lubrificazione vaginale. I lavori di Masters & Johnson rilevarono invece che è la stessa parete vaginale ad emettere goccioline di liquido che, dapprima isolate, successivamente formano un velo continuo e lucente su tutta la parete. La risposta vaginale è la stessa qualunque sia il tipo di stimolazione sessuale (clitoridea, mammaria, orale, ecc) ma la quantità di liquido può essere maggiore o minore a seconda dell’intensità e della durata dello stimolo. La lubrificazione si verifica anche in post-menopausa, ma la quantità di liquido secreto è fortemente inadeguata.
Alcuni studi hanno rilevato che porzioni del clitoride si estendono nella vulva e nella vagina.
Con l’eccitazione, la vagina si allunga velocemente di un valore medio di 8,5 cm, ma può continuare ad allungarsi per reazione ad una pressione. Quando la donna raggiunge la massima eccitazione, la vagina si gonfia come una tenda (gli ultimi ²⁄₃ si espandono in lunghezza e larghezza) mentre la cervice si ritrae.Le pareti della vagina sono composte di morbide pieghe elastiche di pelle membranoso-mucosa che si allungano o contraggono (con il concorso dei muscoli pelvici) per adeguarsi alla misura del pene.
Punto G
Una zona erogena, comunemente chiamata punto G, è ubicata nella parete anteriore della vagina, a circa cinque cm più addentro del suo ingresso. Alcune donne provano intenso piacere se il loro punto G è stimolato convenientemente durante l’amplesso. Un orgasmo scaturente dal punto G potrebbe essere la causa dell’eiaculazione femminile, il che porta alcuni medici e ricercatori a ritenere che il piacere connesso al punto G provenga dalle ghiandole di Skene (v. ghiandole esocrine), un omologo femminile della prostata, piuttosto che da un qualche particolare punto sulla parete vaginale. Alcuni ricercatori, peraltro, negano radicalmente l’esistenza del punto G.
Parto
Durante il parto, la vagina fornisce il canale attraverso cui il feto abbandona l’utero per affacciarsi alla vita indipendente al di fuori del grembo materno. In questa fase, la vagina è chiamata anche canale del parto. La vagina è notevolmente elastica e si ingrandisce di diverse volte rispetto al suo diametro normale durante il parto vaginale.Dopo il primo di tale atto scompare il frenulo inferiore delle piccole labbra.
Benessere sessuale ed igiene
La vagina è auto-detergente e pertanto di norma non ha bisogno di speciali trattamenti di sorta. I medici generalmente sconsigliano la pratica dell’irrigazione vaginale (v. enteroclisma). Dato che una vagina sana è colonizzata da una flora di microrganismi reciprocamente simbiotici che proteggono il corpo-ospitante da microbi che potrebbero provocare malattie, qualunque tentativo di alterare questo equilibrio può causare svariati esiti indesiderabili, come — a solo titolo di esempio — perdite anormali e candidosi. L’acidità di una vagina in salute, a causa dell’acido lattico secreto dai microrganismi simbiotici, ritarda la crescita di molte specie di microbi pericolosi.
La vagina è esaminata durante le visite ginecologiche, spesso con l’ausilio di uno speculum, che mantiene la vagina divaricata per l’ispezione visiva della cervice, o per prelevare campioni di tessuto.
Sintomi di affezioni vaginali
Le malattie della vagina si presentano con gonfiori, perdite, ulcerazioni.
Gonfiori
La presenza di gonfiori insoliti sulla parete o sulla base della vagina è sempre anormale. Il fenomeno più comune è la cisti di Bartolino. La cisti, alla palpazione assimilabile ad un pisello, si forma in conseguenza di un’occlusione delle ghiandole che normalmente apportano i loro umori all’orifizio vaginale. Questa condizione viene trattata facilmente, con un atto di chirurgia minore, o farmacologicamente con nitrato d’argento.
L’herpes può essere una causa meno comune di piccoli gonfiori o vesciche. In questo caso la sintomatologia è caratterizzata dalla diffusione in più punti e dalla presenza di vivo dolore, con un fluido chiaro che tende a risolversi in piccole croste. Possono essere associate a protuberanza generalizzata, e sono molto tenere.
I gonfiori associati a tumori della parete vaginale sono assai rari e l’età media di esordio è settant’anni.La forma tumorale più comune è il carcinoma dell’epitelio pavimentoso, poi il cancro delle ghiandole (adenocarcinoma) ed infine (estremamente raro) il melanoma.
Perdite
Le perdite vaginali sono in massima parte fisiologiche, e comprendono sangue mestruale (dall’utero), il caso più frequente, ed un fluido chiaro che può essere correlato ad eccitazione sessuale o può derivare da altre secrezioni della cervice uterina. Fra le cause non infettive si annoverano le dermatiti e le perdite da corpo estraneo, come nel caso di tamponi “igienici” ritenuti, o — nelle bambine — a seguito dell’inserimento in vagina degli oggetti più disparati, sostanzialmente per curiosità.
Perdite non connesse a pratiche sessuali si verificano per vaginiti batteriche o per candidosi genitale.
Il gruppo finale di perdite è correlato a malattie sessualmente trasmissibili: gonorrea, clamidia e trichomonas vaginalis. Le perdite da candida sono leggermente maleodoranti e bianche; quelle da trichomonas hanno un odore più intenso e sono verdastre; quelle da corpo estraneo assomigliano a quelle da gonorrea — grigiastre o gialle, e purulente (simili a pus).
Ulcerazioni
Tutte le ulcerazioni comportano un cedimento della sottile membrana in cui consiste la parete vaginale. I fenomeni più comuni sono piccole abrasioni/ulcerazioni provocate da trauma. Ancorché dette lesioni possano essere effetto di violenza sessuale, in realtà (e per fortuna) il più delle volte dipendono da eccessivo strofinamento contro indumenti, o da maldestro inserimento di tamponi sanitari.
La tipica ulcerazione da sifilide non provoca dolore e presenta margini in rilievo. Spesso non sono neppure rilevate, poiché per lo più si verificano all’interno della vagina.
Le ulcerazioni da herpes sono molto morbide, e possono determinare rigonfiamenti che ostacolano il deflusso dell’urina.
Nei Paesi in via di sviluppo, un gruppo di malattie parassitarie come la leishmaniosi umana può essere un’altra causa di ulcerazioni sessuali; si tratta invece di evento inconsueto in Occidente.
Tutti questi disturbi vulvo-vaginali sono trattati agevolmente, e possono essere guariti senza difficoltà particolari dalla medicina. Spesso solo una qualche forma di vergogna o (ingiustificato) pudore impedisce alle pazienti di giovarsi dei rimedi disponibili.
Clitoride
Il clitoride (anche la clitoride) è un organo dell’apparato genitale femminile ed è il principale organo erettile della donna, posto sulla parte anteriore superiore della vulva, dove si uniscono le piccole labbra della vagina e sotto una piega della pelle che la copre, chiamata cappuccio (prepuzio).
Il vocabolo clitoride era in origine un sostantivo femminile, si è andata diffondendo la forma maschile per influenza del francese.
Il primo anatomista a darne una completa descrizione anatomica e funzionale è stato Georg Ludwig Kobelt.
Anatomia e fisiologia
Il clitoride è costituito da due radici di corpi cavernosi, che formano un organo unico, di forma cilindrica, detto corpo del clitoride, che si porta in alto e in avanti, per ripiegare poi in basso, terminando con un glande sormontato da un prepuzio clitorideo. Misura circa 6,5 cm, di cui 4 nascosti dietro le grandi labbra e ha circa 8.000 terminazioni nervose.
Dal punto di vista dello sviluppo embrionale il clitoride ha la stessa origine del pene[3]. È infatti anche chiamato “pene arcaico”.
Orgasmo “clitorideo”
Il clitoride non partecipa alla funzione riproduttiva. Un’opportuna stimolazione della clitoride può portare la donna ad un orgasmo, a quello detto “clitorideo” (che non è quello “vaginale”, ottenuto grazie alla stimolazione della vagina; tale orgasmo avviene meno frequentemente). Tra i due tipi di orgasmo non sono state a tutt’oggi trovate differenze dal punto di vista fisiologico.
Sigmund Freud (1856-1939) ipotizzò per tutte le donne il complesso dell’invidia del pene che avrebbe portato alcune donne a non apprezzare la penetrazione. Freud considerava “maturo” l’orgasmo vaginale e “immaturo” quello clitorideo.
Uno studio condotto su un campione di volontarie da Foldes e Buisson e intitolato Il complesso clitorideo: uno studio ecografico dinamico porta al superamento della distinzione tra i due orgasmi, sostenendo che l’orgasmo è sempre generato dalla clitoride. L’orgasmo vaginale sarebbe provocato dalla stimolazione, attraverso le pareti della vagina, delle radici del clitoride.
Mutilazioni clitoridee
L’escissione del clitoride è erroneamente chiamata circoncisione femminile. Quando, oltre all’escissione della clitoride, si ha l’ablazione delle grandi labbra e il restringimento con sommario intervento chirurgico occlusivo dell’orifizio vaginale, si parla di infibulazione.
Tali pratiche sono attuate in alcuni paesi arabi e africani per impedire la riproduzione, con
l’infibulazione,assicurare l'”igiene” intima, con la clitoridectomia.
Esse comportano una diminuzione e talvolta un’alienazione della capacità della donna di raggiungere l’orgasmo. Inoltre la ferita cicatrizzata provocata dall’infibulazione si riapre in maniera molto dolorosa con la deflorazione.
L’articolo 583-bis del codice penale italiano punisce entrambe le pratiche. La legislazione coranica non prevede interventi mutilatori, mentre è “raccomandata” (sunna), la circoncisione. La tradizione in alcune parti dell’Egitto e nel Corno d’Africa fa sopravvivere tali pratiche, talora eseguite anche dopo il trasferimento all’estero per motivi legati al fenomeno migratorio.
Ghiandola di bartolino
La ghiandola di Bartolino (o anche di Bartolini, dal nome del noto gerarca portorecanatese che le ha scoperte, Marco Bartolini) sono due ghiandole, dell’apparato genitale femminile esterno nella specie umana. Esse vengono altresì definite ghiandole vestibolari maggiori, per distinguerle dalle altre ghiandole, di dimensioni minori, che si trovano sparse nella parete del vestibolo della vagina.
Morfologia e funzione
Sono simmetriche, una per parte, localizzate lateralmente e posteriormente all’orifizio della vagina, nel terzo inferiore delle grandi labbra. La loro forma è simile a quella di una piccola mandorla, con un diametro massimo di 12-15 millimetri e un peso di circa 5 grammi. Il loro dotto escretore si apre ai lati dell’orifizio vaginale, a livello del solco formato dalle piccole labbra lateralmente e dall’imene (o dai suoi residui) medialmente.
La ghiandola del Bartolini è unita alla superficie della vulva tramite il dotto di Bartolini, attraversando l’orificio. La lunghezza del dotto varia tra i 1.5 e i 2 cm. Nella donna esistono due dotti, simmetrici tra loro.
Il nome lo si deve a Caspar Bartholin il Giovane, anatomista danese, che per primo descrisse le ghiandole nel suo De ovariis mulierum et generationis historia epistola anatomica.
Durante l’orgasmo femminile, similmente all’eiaculazione maschile, l’intervento di alcuni muscoli produce l’espulsione dalle ghiandole di una piccola quantità di un liquido denso, vischioso e trasparente. Originariamente si riteneva che questo liquido fosse importante per la lubrificazione vaginale. Studi più recenti hanno però dimostrato che la lubrificazione è dovuta a secrezioni prodotte più a monte nella vagina. La funzione di queste ghiandole rimane ancora oggi in via di studio. Probabilmente non hanno alcuna funzione, sono solamente l’equivalente femminile ancestrale della prostata maschile.
Le ghiandole di Bartolino modificano la loro struttura con l’età della donna, essendo di piccole dimensioni nelle giovani e raggiungendo il massimo volume e funzionalità nella donna sessualmente matura; dopo la menopausa vanno incontro ad atrofia.
Sono ghiandole di tipo tubulo alveolare, divise in lobi e lobuli da sepimenti connettivali. Le pareti dei lobuli sono tappezzate da cellule mucose. Esse, infatti, producono un muco chiaro e viscoso, e la loro funzione è strettamente legata all’attività sessuale, durante la quale, nella fase di eccitazione, rilasciano il loro secreto.
Le ghiandole di Bartolino rappresentano un analogo delle ghiandole bulbouretrali maschili (di Cowper).
Patologie
Le ghiandole di Bartolino possono irritarsi o infettarsi, aumentando di volume e diventando dolenti. Questo tipo di patologia può facilmente essere curata dal medico.
Esse possono anche andare incontro ad una patologia descritta come carcinoma primitivo della ghiandola di Bartolino, che rappresenta il 5% circa delle neoplasie vulvari. Questo tumore, che colpisce generalmente le donne anziane, è solido ed infiltrante, e può raggiungere un volume di 7 cm. I segni clinici, quali ulcere e dolore, compaiono tardivamente.
Ghiandola di Skene
La ghiandola di Skene, conosciuta anche come prostata femminile (v. eiaculazione femminile), U-spot o ghiandole parauretrali/periuretrali esocrine, fanno parte dell’apparato genitale femminile e sono situate in prossimità del meato urinario, nella zona superiore rispetto al vestibolo vaginale.
Queste ghiandole sono circondate da tessuto epiteliale che va a costituire anche parte del vestibolo vulvare, delle piccole labbra e del clitoride (prepuzio clitorideo), tessuto che si inturgidisce per vasocongestione nello stato di eccitazione sessuale, fase in cui i dotti deferenti iniziano a secernere un fluido viscoso che, unitamente a quello prodotto dalle ghiandole di Bartolini, sembra possa contribuire alla lubrificazione vaginale. È collegata alla vulva tramite il dotto di Skene.
Prostata femminile
Le ghiandole di Skene sono considerate le omologhe ancestrali della ghiandola prostatica maschile . I fluidi prodotti durante l’eiaculazione femminile hanno una composizione simile al liquido secreto dalla ghiandola prostatica maschile, contenendo gli stessi marcatori biochimici della funzione sessuale, come la proteina di tipo 1 e l’enzima PDE-5 (fosfodiesterasi di tipo 5) .
All’esame del microscopio elettronico le ghiandole mostrano strutture simili, come pure analoghi sono l’antigene prostata-specifico (PSA) e le fosfatasi secretorie. Seguendo questi risultati, alcuni studiosi della materia stanno pensando di rinominare le ghiandole di Skene con il termine “prostata femminile” .
Eiaculazione femminile
Alcuni ricercatori ritengono che le ghiandole di Skene siano la sede dell’eiaculazione femminile . Nel 2002, alcuni sessuologi dell’Università degli Studi dell’Aquila (Italia) indicarono come spiegare l’eiaculazione femminile in alcune donne e la sua assenza in altre . Le ghiandole di Skene hanno un’anatomia estremamente variabile e, in alcuni casi, sembrano essere parzialmente atrofiche (come del resto sembra esserlo anche il Punto G di Gräfenberg ), quindi, se le ghiandole di Skene sono la causa dell’eiaculazione femminile, questo potrebbe spiegare l’assenza del fenomeno eiaculatorio in alcune donne .
Eponimo
Le ghiandole hanno preso il nome dal ginecologo scozzese che per primo le descrisse, Alexander Skene, sebbene alcune ricerche avanzino l’ipotesi che esse fossero già state scoperte nel 1672 dall’anatomista olandese Regnier de Graaf (1641-1673) e nella metà dell’800 dal medico chirurgo francese Alphonse François Marie Guérin (1816-1895) .
Dotto di Nuck
Il canale di Nuck, scoperto dal medico anatomista olandese Anton Nuck, è l’equivalente femminile del dotto peritoneo vaginale, proprio del sesso maschile.
Collega il peritoneo, sacco che contiene l’intestino, facilitando lo scivolamento delle anse tra loro, con il testicolo, che si origina in età embrionale a livello addominale, ma pian piano scende, trascinando il peritoneo nel sacco scrotale, posizione che viene raggiunta poche settimane dopo la nascita.
Il dotto peritoneo vaginale si chiude successivamente.
Nella donna non avviene questo processo, ma permane la struttura anatomica, come vestigia fetale. La sua lunghezza è variabile, potendo anche raggiungere le grandi labbra, equivalenti scrotali.
Questo dotto può andare incontro a patologie cistiche, più frequentemente diverticoli o idrocele.
Patologia_____________________
Ispezione dei genitali interni
Una volta completata la palpazione e l’ispezione dei genitali esterni, si procede all’inserimento dello speculum, un accessorio di metallo o plastica disponibile in diverse misure. Accuratamente lubrificato e riscaldato, viene inserito in vagina a lame chiuse e con il diametro trasverso parallelo alla rima vulvare; viene poi delicatamente spinto ruotandolo verso l’asse orizzontale per essere posizionato a ridosso del fornice posteriore. Le valve dello speculum vengono quindi aperte stando ben attenti a non provocare dolore; in caso contrario si deve procedere al riposizionamento di uno speculum più piccolo. Difficoltà di apertura dello speculum o inadeguata visione della cervice uterina possono essere causate da retto-cistocele o da una portio molto anteriore. Una volta aperte le valve deve essere valutata la presenza di secrezioni, la forma, la dimensione, il colore, l’integrità e la superficie della cervice uterina. La vagina può essere valutata agevolmente attraverso l’uso di uno speculum trasparente o durante la cauta estrazione dello speculum metallico; gli elementi valutati sono elasticità, presenza di rugae, secrezioni, integrità, colorito e trofismo. Durante l’ispezione con speculum è inoltre possibile eseguire pap test, tamponi vaginali e cervicali.
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