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Data 24 marzo 2016

APP. CARDIOCIRCOLATORIO – 4°

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                                           APPARATO  CARDIOCIRCOLATORIO – 4°

 

 

                       

                                                         FISIOLOGIA  CARDIOVASCOLARE

 

 

La fisiologia cardiovascolare è lo studio del sistema circolatorio, in particolare affronta la fisiologia del cuore e dei vasi sanguigni.

Questi argomenti sono talvolta affrontati separatamente, sotto i nomi di fisiologia cardiaca e fisiologia circolatoria. Anche se i diversi aspetti della fisiologia cardiovascolare sono strettamente correlati, l’argomento è ancora di solito suddiviso in diversi temi secondari.

 

 

ARGOMENTI TRATTATI

 

– autoregolazione

– azione cronotropa

– barocettore

– biochimica del muscolo cardiaco

– calcolo dell’area valvolare aortica

– cellule dei gliomi

– ciclo cardiaco

– compliance

– corpo aortico

– corpo carotideo

– curva del ritorno venoso

– curva della funzione cardiaca

– diagramma di Wiggers

– diagramma pressione – volume

– diastole

– effetto batmotropo

– effetto dromotropo

– effetto lusitropo

– frazione di eiezione

– frequenza cardiaca

– gittata cardiaca

– indice cardiaco

– innervazione del cuore

– inotropismo

– legge di Frank – Starling

– paraganglio

– perfusione

– polso arterioso

– postcarico

– precarico

– pressione aortica

– pressione arteriosa differenziale

– pressione arteriosa media

– pressione arteriosa polmonare

– pressione capillare polmonare

– pressione del ventricolo destro

– pressione del ventricolo sinistro

– pressione venosa centrale

– pressione venosa portale

– resistenza periferica totale

– resistenza vascolare

– rimodellamento ventricolare

– sistema chinina – callicreina

– sistema renina – angiotensina

– sistema specifico di conduzione

– sistole

– vasocostrittore

– vasodilatatore

– volume sistolico

– volume telediastolico

– volume telesistolico

 

 

                                                         INNERVAZIONE DEL CUORE

 

 

1-572 K

 

2-276 K

 

 

Il cuore è innervato dal simpatico e dal parasimpatico,con rami che nascono prevalentemente nella regione cervicale,dato che inizialmente il cuore si sviluppa nel collo.

Esso successivamente migra verso il basso nel torace,trascinando con sè i nervi.

 

PLESSO CARDIACO

Il cuore è innervato da fibre nervose che prendono il nome di plesso cardiaco.

 

PLESSO CORONARIO DESTRO

che è formato da nervi che proseguono in vicinanza dell’arteria coronaria destra e che innervano il cuore destro

 

PLESSO CORONARIO SINISTRO

formato da nervi che seguono l’arteria coronaria sinistra e che innervano il cuore sinistro

 

COLLEGAMENTI FRA I DUE PLESSI CORONARICI

vi sono collegamenti fra i due plessi coronarici

 

PLESSI ATRIALI

uno sinistro ed uno destro,rispettivamente per l’atrio sinistro e l’atrio destro

 

PLESSO AORTICO

avvolge in una rete di sottili nervi l’aorta

 

NERVO VAGO (X nervo cranico) e ORTOSIMPATICO

hanno sul cuore un’azione antagopnista

 

NODO SENO-ATRIALE

L’eccitazione del cuore è intrinseca a carico del nodo seno-atriale che riceve l’innervazione sia dal sistema parasimpatico che simpatico

 

MIOCARDIO

è innervato solo dal sistema adrenergico ,quindi non vi è innervazione vagale

 

NERVI CARDIACI CERVICALI SUPERIORI

sono formati da fibre simpatiche postgangliari e parasimpatiche pregangliari

 

NERVO CARDIACO CERVICALE INFERIORE

 

GANGLIO CERVICALE SUPERIORE e MEDIO, GANGLIO STELLATO, GANGLI TORACICI

essi forniscono l’innervazione simpatica del cuore tramite le fibre simpatiche postgangliari

 

RAMIFICAZIONI PREGANGLIARI PARASIMPATICHE DEL VAGO

rallentano il battito cardiaco ed hanno azione vasocostrittrice nei confronti delle arterie coronarie

 

FIBRE PREGANGLIARI SIMPATICHE

hanno un’azione vasodilatatrice sulle coronarie ed accelerano il battito cardiaco

 

 

 

FISIOLOGIA DEL SISTEMA SPECIFICO DI CONDUZIONE

 

 

Il cuore come tutti i muscoli è capace di contrarsi sfruttando l’energia prodotta dalla ossidazione di sostanze energetiche (come acidi grassi, carboidrati) in presenza di ossigeno. Le cellule muscolari striate involontarie di cui è composto il cuore a differenza di quelle degli altri muscoli sono dotate della capacità di autoeccitarsi e autocontrarsi. Il controllo nervoso sul cuore può modulare la frequenza di contrazione aumentandola o diminuendola, anche se questa è generata in maniera spontanea dal miocardio.

 

Esiste una parte del miocardio dedicata alla sola generazione e conduzione degli impulsi attraverso il muscolo cardiaco: il cosiddetto miocardio specifico. Si tratta di un sistema specializzato del cuore che permette, in condizioni normali, che il cuore batta in maniera efficiente e ordinata (prima gli atri, poi i ventricoli permettendo il completo riempimento di questi ultimi) e che l’impulso generato si diffonda velocemente, facendo contrarre tutte le parti del ventricolo in maniera pressoché simultanea.

 

Questo sistema è formato da diverse parti.

 

– Il nodo senoatriale (NSA) è una piccola e appiattita striscia ellissoidale di miocardio specifico larga circa 3 mm, lunga 15 mm e spessa 1 mm, che si trova nella parte superiore laterale dell’atrio destro subito sotto allo sbocco della vena cava superiore. Le fibre del NSA hanno un diametro variabile tra i 3 e i 5 mm, mentre le fibre circostanti sono delle dimensioni di una decina di micrometri. In questo nodo si genera il normale impulso ritmico, e per fare in modo che l’impulso venga trasmesso alle fibre atriali le fibre del NSA si connettono direttamente con quelle atriali; il potenziale d’azione si diffonde, così, in maniera simultanea negli atri.

 

Vie internodali è il nome di una striscia di tessuto di conduzione che deve condurre il segnale verso il nodo atrioventricolare.

 

– Il nodo atrioventricolare (NAV): è il principale responsabile del ritardo che deve essere attuato nel passaggio del segnale dagli atri ai ventricoli. Un’altra importante funzione del NAV è quella di permettere il passaggio solo in un senso dell’impulso cardiaco, impedendo il passaggio dai ventricoli agli atri tramite uno strato fibroso che funziona da isolante per l’impulso.

 

– Le fibre del Fascio di His propagano l’impulso alla massa cardiaca ventricolare, dividendosi in due branche, destra e sinistra. La branca sinistra possiede due fascicoli: anteriore, più spesso, e posteriore, più sottile.

 

– Parte terminale del sistema di conduzione del cuore sono le fibre del Purkinje, cellule cardiache con conducibilità maggiore rispetto ai miocardiociti.

 

 

Propagazione dell’impulso elettrico

 

 

NODO SENO-ATRIALE

 

La particolarità del miocardio specifico consiste nella possibilità di generare autonomamente gli impulsi elettrici: in pratica l’elettrogenesi principale si trova nel NSA, ma non è l’unica presente nel miocardio. Lo si è scoperto escludendo dalla conduzione il NSA: il cuore continua a battere, anche se a ritmi inferiori (40/60 impulsi al minuto, contro i normali 60/100) e il ritmo che si impone è detto «sostitutivo», perché ha origine al di fuori del NSA.

 

Questo meccanismo può essere spiegato come una sorta di autoprotezione da parte del cuore: esistono infatti patologie a causa delle quali viene rallentata o bloccata la conduzione del NSA e in questo caso il cuore può continuare a battere, poiché il NAV comincia a dettare il passo del ritmo con frequenze più basse, ma compatibili con la vita.

 

NODO ATRIOVENTRICOLARE ( A-V )

 

L’impulso generato nel NSA passa alle fibre atriali investendole in maniera simultanea; a questo punto, attraverso le fibre internodali, il segnale viene trasmesso al nodo atrioventricolare con un tempo di circa 0,02 secondi. In questo punto quando il segnale si trasferisce dagli atri ai ventricoli, si evidenzia un ritardo di trasmissione: questo ritardo è necessario affinché l’impulso cardiaco non possa propagarsi dagli atri ai ventricoli in maniera troppo veloce, infatti se ciò accadesse, sarebbe impossibile per i ventricoli un riempimento sufficiente e ciò condurrebbe a un ridotto rendimento della pompa cardiaca.

 

FASCIO DI HIS

 

Il NAV introduce un ritardo di circa 0,09 secondi prima che l’impulso invada il fascio di His. Subito dopo il passaggio attraverso il NAV abbiamo un ulteriore ritardo di 0,04 secondi dovuto a una parte del fascio fibroso che separa atri e ventricoli: il ritardo complessivo dalla generazione dell’impulso all’arrivo dello stesso ai ventricoli è quindi di circa 0,16 secondi.

 

FIBRE DI PURKINJE

 

Immediatamente a valle troviamo le fibre del Purkinje, che dal NAV si portano ai ventricoli passando attraverso il setto ventricolare. Queste fibre sono a conduzione molto veloce, il che permette di avere una trasmissione dell’impulso ai ventricoli praticamente immediata e simultanea (circa 0,03 secondi). L’alta velocità diminuisce una volta che si è arrivati nelle parti terminali delle fibre del Purkinje, per cui le ultime cellule miocardiche saranno raggiunte con un ritardo di circa 0,03 secondi; conseguentemente il tempo calcolato per far contrarre i ventricoli è di circa 0,06 secondi.

 

3-608 K-sistema di conduzione

 

4-408 K-cellula muscolare

 

5-412 K

 

6-516 K

 

 

In condizioni normali,l’attivazione del cuore è dovuta ad un impulso che origina in una cellula o in un gruppo di cellule,costituenti il pacemaker e dalla propagazione di questo impulso a tutte le fibre degli atri e dei ventricoli.

L’arrivo del segnale elettrico alle fibre contrattili del cuore determina la contrazione.

La regolare attività ritmica richiede la presenza di fibre automatiche specializzate.

La contrazione coordinata degli atri e dei ventricoli richiede un sistema di distribuzione dell’impulso elettrico alle fibre muscolari di queste cavità in frequenza appropriata e al tempo giusto.

Entrambe queste funzioni sono esercitate da gruppi specializzati di fibre cardiache.

L’automaticità che è alla base dell’attività di pacemaker è una proprietà unica non solo delle fibre del nodo seno-atriale ,ma anche degli altri gruppi di fibre atriali specializzate e delle cellule del sistema di His – Purkinje.

Il sistema di conduzione comprende le fibre delle vie internodali ,il fascio di Bachmann, il nodo atrio-ventricolare,il fascio di His e le sue branche e le fibre periferiche  di Purkinje.

Le cellule del sistema di conduzione,oltre ad avere loro caratteristiche istologiche,hanno anche proprietà elettriche particolari.

Queste proprietà e la base dell’attività elettrica delle fibre cardiache possono essere meglio comprese registrando i potenziali transmembrana per mezzo di microelettrodi intracellulari.

 

Le cellule cardiache hanno una composizione ionica intracellulare diversa da quella dei liquidi extracellulari.

Per le nostre considerazioni,gli ioni più importanti sono il sodio (Na+) ed il potassio (K+).

L’entità relativa delle concentrazioni di questi ioni è indicata dalle dimensioni dei simboli riportate nell’illustrazione.

La concentrazione intracellulare del K è maggiore di circa 30 volte quella della concentrazione extracellulare,mentre la concentrazione intracellulare del Na è di circa 30 volte inferiore.

Data questa differenza,la membrana della fibra a riposo è polarizzata.

Questo potenziale transmembrana a riposo può essere misurato inserendo un microelettrodo nella cellula e misurando la differenza di potenziale in corrispondenza alla membrana.

Ciò è indicato schematicamente sia come misurazione di voltaggio (-90 mv) che come traccia oscilloscopica.

 

Con l’inizio dell’eccitazione,si ha una modificazione della permeabilità della membrana che permette agli ioni Na,che portano una carica positiva,di muoversi rapidamente secondo il loro gradiente elettrochimico,attraverso la membrana ed entrare nella fibra.

 

Questo rapido ingresso di cariche positive del Na+ inverte il potenziale transmembrana,in modo che l’interno diventi 20-30 mv più positivo dell’esterno.

 

La risultante modificazione del potenziale transmembrana è rappresentato come un innalzamento (fase 0) della traccia oscilloscopica.

 

Dopo l’eccitazione,vi è un periodo di durata variabile ( fase 1 e 2 ) in cui il potenziale di membrana rimane prossimo allo zero. Questo periodo è dovuto alla diminuzione della permeabilità al Na e al K.

Successivamente ha luogo la ripolarizzazione,cioè il ripristino del normale potenziale di riposo in seguito ad un aumento della permeabilità per il K con l’espulsione di K+ dalle cellule,questa è la fase di ripolarizzazione (fase 3) .

 

La fase 3 è seguita da un periodo di potenziale di riposo stabile (fase 4),fino all’arrivo della successiva onda di eccitazione.

 

POMPA SODIO-POTASSIO

 

Al fine di mantenere i normali gradienti di concentrazione sia di sodio che di potassio,è necessario che ci sia un sistema di trasporto attivo,indicato come “pompa”,che provveda ad espellere il sodio che è entrato e ad immettere una quantità equivalente di potassio.

La pompa è rappresentata da una ruota con sbarrette che immette potassio e fa uscire sodio.

 

 

 

Durante la propagazione dell’impulso,questi processi sono continui e l’attività si diffonde dal suo punto di origine a tutte le fibre eccitabili.

 

Adesso mettiamo a confronto,per capire meglio,i vari andamenti dei potenziali d’azione.

 

 

7-108 K

 

 

1 – nodo s-a

2 – muscolatura atriale

3 – nodo a-v

4 – fascio comune

5 – branche del fascio

6 – fibre di Purkinje

7 – muscolatura ventricolare

 

 

 

 Potenziali transmembrana delle fibre specifiche

 

 

1)  nodo seno-atriale ed atrio

 

Come si può vedere dall’andamento della riga blu,a confronto con quella rossa di sinistra,si rilevano alcuni fatti importanti:

a non vi è un potenziale di riposo costante

b – dopo la ripolarizzazione il potenziale transmembrana diminuisce spontaneamente

c – vi è una lenta depolarizzazione spontanea che causa l’attività automatica delle fibre del seno,

l’aumento del potenziale d’azione è lento. Ciò causa una conduzione lenta dell’impulso nell’ambito del nodo.

 

2) muscolatura atriale

 

a – Il potenziale d’azione registrato da una comune fibra della muscolatura atriale mostra un rapido aumento.

b – Il potenziale di riposo è costante

 

3) Nodo atrio-ventricolare

 

I potenziali d’azione registrati da fibre del nodo a-v assomigliano a quelli delle fibre del nodo seno-atriale.

La diffusione molto lenta dell’impulso del nodo a-v è dovuta in buona parte alla lenta ascesa del potenziale d’azione.

 

4) Sistema di His-Purkinje

 

I potenziali d’azione registrati da fibre di questa parte del sistema specifico di conduzione,hanno tre importanti caratteristiche.

 

– l’aumento del potenziale d’azione è rapido e così la conduzione

– la durata del potenziale d’azione è grande e pertanto il periodo refrattario è lungo

– in condizioni appropriate,ognuna delle fibre di questo gruppo può presentare una depolarizzazione spontanea,fase 4 e diventare un pacemaker automatico.

 

 

Sequenza dell’eccitazione ed elettrocardiogramma

 

I sette tracciati dei potenziali d’azione transmembrana indicano la normale sequenza dell’attivazione cardiaca in relazione all’elettrocardiogramma schematico  riportato sotto.

La colorazione della traccia dell’ECG suggerisce le relazioni temporali di ogni tipo di potenziale d’azione con l’elettrocardiogramma normale,ed indica anche il contributo dell’attività elettrica di ogni tipo cellulare all’ECG registrato sulla superficie corporea.

 

– una attività di fibre pacemaker nel nodo seno-atriale precede (blu) la prima indicazione di attività nell’elettrocardiogramma (onda P) e non può essere dimostrata nelle derivazioni della superficie del corpo.

– una depolarizzazione delle fibre muscolari atriali,provoca l’onda P 

– una ripolarizzazione delle fibre atriali di solito non si rileva sull’ECG

– l’attività raggiunge la parte superiore del nodo a-v precocemente durante l’onda P (parte arancione dell’onda P) . La propagazione attraverso il nodo è lenta e l’eccitazione delle fibre del fascio di His non ha luogo se non nella parte media dell’intervallo P-R (parte rossa).

– la diffusione dell’attività attraverso il fascio comune,le sue branche e le fibre del sistema di Purkinje ,precede l’eccitamento della muscolatura ventricolare.

– nell’ECG non vi sono segni dell’eccitamento delle fibre del sistema di His-Purkinje

– il complesso QRS è dovuto all’attivazione delle fibre muscolari dei ventricoli

– il segmento S-T isoelettrico,corrisponde al plateau del potenziale d’azione ventricolare e l’onda T è dovuta ripolarizzazione del ventricolo

– l’onda U corrisponde alla ripolarizzazione delle fibre specifiche delle branche del fascio e del sistema di Purkinje

 

 

 

 

 

BIOCHIMICA DEL MUSCOLO CARDIACO

 

Il cuore può essere considerato come una macchina chimicodinamica che libera energia immagazzinata in legami carbonio-carbonio e carbonio-idrogeno di alimenti quali i carboidrati,per utilizzarla nella produzione di un lavoro meccanico.

Il cuore è una pompa che accelera una massa di sangue nel sistema circolatorio.

Il processo di liberazione di energia comprende le reazioni chimiche che portano alla degradazione degli acidi grassi,glucosio,piruvato e lattato, i quali sono i substrati principali utilizzati dal cuore,fino a frammenti con 2 atomi di carbonio che possono entrare nella via ossidativa terminale comune del ciclo degli acidi tricarbossilici.

 

L’energia libera degli ioni idrogeno viene trasferita al fosfato terminale dell’adenosin-difosfato (ADP) e della creatinina per formare composti ad alta energia quali l’adenosin-trifosfato (ATP) ed il creatin-fosfato (CP),dove l’energia viene immagazzinata per essere utilizzata in seguito.

 

La formazione di glicogeno nelle cellule miocardiche rappresenta l’immagazzinamento di una certa quantità di energia.

 

Il glucosio viene portato dal sangue dei capillari e con l’aiuto dell’insulina,attraverso la membrana della cellula miocardica si inserisce nel processo biochimico per la fosforilazione a glucosio-6-fosfato,tramite l’enzima esochinasi.

Questa reazione richiede energia che viene fornita dall’ATP.

 

Il glucosio-6-fosfato,può seguire 3 vie:

 

– essere incorporato nel glicogeno

– entrare nel ciclo dei pentosi

– entrare nella glicolisi della via di Embden-Meyerhof  che porta alla formazione di acido piruvico.

 

Il cuore è un organo aerobico,ricco di enzimi necessari ad espletare le rezioni ossidative del ciclo di Krebs.

 

L’acido piruvico viene convertito rapidamente ad acetil coenzima A ( acetil CoA ) sotto l’influenza dell’enzima piruvico-deidrogenasi . Si forma poi l’acido citrico che si inserisce nel ciclo di Krebs.

 

Il risultato finale di questo processo è la completa ossidazione di una molecola di piruvato a 3 atomi di carbonio fino a 3 molecole di CO2 ed alla liberazione di energia prima intrappolata in questi legami.

 

L’energia di legame liberata sotto forma di ioni idrogeno,viene trasferita per produrre una molecola di ATP.

Si arriva così alla fosforilazione dell’ADP in ATP.

 

Quando non vi è sufficiente ossigeno per l’ossidazione del piruvato del ciclo di Krebs,la glicolisi anaerobica può essere sostenuta dall’ossidazione del DPNH,dal piruvato che viene convertito ad acido lattico. Questa reazione è catalizzata dall’enzima : acido-lattico-deidrogenasi.

 

Una seconda via che può seguire il glucosio-6-fosfato è la conversione in glicogeno.

Il glicogeno viene poi degradato a glucosio-1-fosfato e glucosio-6-fosfato.

 

I due enzimi che sono importanti nella regolazione della concentrazione di glicogeno sono la glicogeno-sintetasi che catalizza la sintesi,e la fosforilasi che catalizza la sua degradazione.

Il glicogeno può essere considerato come un carburante ad alta energia facilmente disponibile .

 

Nell’ipossia la glicolisi e la metabolizzazione del glicogeno sono notevolmente accelerati.

 

Gli acidi grassi non esterificati (NEFA) entrano nella cellula e si combinano con l’albumina ,essi costituiscono un importante nutrimento per il cuore.

 

Sebbene il glucosio,quando disponibile,sia il substrato preferito,gli acidi grassi possono fornire fino all’80% delle richieste energetiche del cuore,in assenza di glucosio.

 

Tutto il lavoro chimico e meccanico eseguito dalla cellula,è pagato dalla conversione di ATP in ADP.

 

Il creatinfosfato è una riserva energetica che può usata per fosforilare l’ADP ad ATP se la produzione metabolica di ATP viene interrotta.

 

 

 

 

 MECCANISMO DELLA REGOLAZIONE CARDIACA ALLE RICHIESTE DI PERFUSIONE DEL CORPO

 

8-640 K

 

Il cuore deve adattare la sua funzione a necessità molto variabili dell’organismo,in modo che ogni organo riceva sufficiente quantità di sangue per far fronte alle sue necessità metaboliche.

I limiti di adattamento variano dal lavoro minimo ,durante il sonno,alle richieste massime,nel corso di esercizi faticosi.

Il cuore può aumentare la sua gittata aumentando la frequenza con cui si contrae e la forza di contrazione,in modo da espellere più sangue ad ogni pulsazione.

L’aumento della forza di contrazione può essere dovuto a meccanismi umorali o nervosi o a stiramento del miocardio,così da aumentare la lunghezza e la tensione a riposo.

 

L’afflusso di sangue coronarico determina l’apporto di ossigeno rimuovendo contemporaneamente il CO2 .

Il cuore sviluppa una maggiore forza di contrazione quando l’ossigenazione aumenta per aumento del flusso coronarico.

 

La capacità di lavoro cardiaco diminuisce nelle condizioni in cui il flusso ematico diretto al miocardio diminuisce,come nella arteriosclerosi coronarica o quando la pressione di perfusione coronarica cala,come negli stati di shock.

 

L’adrenalina e la noradrenalina aumentano notevolmente la capacità lavorativa del cuore.

Quando la frequenza cardiaca aumenta di molto,il periodo diastolico,durante il quale il ritorno venoso riempie il cuore,si accorcia progressivamente e la gittata diminuisce.

 

Normalmente il cuore espelle solamente il 50-60 % del suo volume ad ogni pulsazione.

La capacità di lavoro del miocardio è influenzata da molti fattori,ad esempio:

 

– insufficienza cortico-surrenale

– carenza di ormoni tiroidei

– calcio

– potassio

– rapporto acido-base ecc.

 

Una forte limitazione della gettata sistolica ha luogo quando la frequenza cardiaca superi le

 180-200 pulsazioni per minuto,dato che il riempimento è inadeguato.

 

La contrazione dei muscoli scheletrici durante l’esercizio agisce come una pompa spingendo il sangue verso il cuore.

Durante uno sforzo intenso vi può essere un aumento della gittata cardiaca fino a 10 volte.

Le catecolamine aumentano la capacità di lavoro del cuore per il loro effetto sull’apparato contrattile,esse aumentano anche l’ossigeno disponibile per il miocardio per un effetto vasodilatatore sulle coronarie.

Durante lo sforzo si attiva il sistema simpatico che induce ipertensione sistemica che a sua volta aumenta la perfusione coronarica con maggiore apporto di ossigeno.

 

Durante lo sforzo si ha una ridistribuzione della circolazione periferica con diminuzione del flusso ematico ai visceri addominali ,mentre aumenta il flusso ematico ai muscoli sotto sforzo.

 

Il flusso ematico aumenta nella pelle per disperdere l’eccessivo calore prodotto dall’aumento del metabolismo.

 

8A-752 K

 

Le fibre simpatiche hanno un effetto cronotropo positivo (aumento della frequenza) e inotropo positivo ( aumento della forza).

 

Il parasimpatico ha un effetto cronotropo negativo ed uno inotropo piuttosto negativo.

La vagotomia bilaterale aumenta la frequenza cardiaca.

La stimolazione vagale rallenta la frequenza cardiaca ma anche la conduzione attraverso il nodo atrio-ventricolare (a-v).

 

E’ da sottolineare quanto efficacemente i meccanismi secondari,come la produzione di catecolamine  della midollare del surrene,possano sostituire il meccanismo primario che controlla la frequenza cardiaca durante lo sforzo.

 

 

GITTATA CARDIACA

 

Gitata cardiaca

 

Si definisce gittata cardiaca (GC) il volume di sangue che il ventricolo destro e il ventricolo sinistro riescono ad espellere in un minuto attraverso l’arteria polmonare e l’aorta, rispettivamente. Il valore medio della gittata cardiaca in condizioni di riposo in un adulto (di taglia media) è di circa  5-5,5 litri al minuto

 

a) – Regolazione intrinseca della gittta cardiaca

 

Esiste una lunghezza ottimale delle fibre cardiache alla quale la forza della contrazione è massima.

La lunghezza delle fibre muscolari cardiache dipende dall’entità del riempimento venoso e dalla conseguente distensione del muscolo da parte della massa di sangue.

Supponiamo che si verifichi un aumento della presione venosa (e quindi del ritorno venoso all’atrio destro) avremo un aumento del riempimento diastolico del ventricolo destro,di conseguenza le fibrocellule  della muscolatura ventricolare si allungano determinando un aumento della forza contrattile ventricolare nella sistole.

Grazie alla contrazione più intensa avremo una maggiore gittata sistolica  (GS),ciò assicura che il volume di sangue venoso che entra sia uguale a quello iettato.

 

Il contrario succederà se diminuisce il ritorno venoso.

 

b) – Regolazione estrinseca della gittata cardiaca

 

E’ dovuta alle innervazioni orto e parasimpatica

 

1) Frequenza

 

Ortosimpatico: stimola le cellule pacemaker mediante noradrenalina,bersagli: recettori beta-1 adrenergici

Parasimpatico: azione sulle cellule pacemaker con effetto inibente mediante acetilcolina,bersagli: recettori muscarinici M2

 

 

2) Forza della contrazione

 

Ortosimpatico: azione stimolante sui ventricoli

 

 

VOLUME SISTOLICO

 

 

In fisiologia, il volume sistolico o gittata sistolica (in inglese stroke volume, spesso indicato con la sigla SV) è la quantità di sangue pompato da un ventricolo ad ogni sistole ventricolare. Normalmente esso aumenta all’aumentare della forza di contrazione del ventricolo stesso.

 

Si calcola a partire da misure del volume dei ventricoli ottenute con l’ecocardiogramma, sottraendo il volume di sangue che rimane nel ventricolo dopo la sistole (chiamato volume telesistolico) dal volume di sangue presente nel ventricolo subito prima della sistole (volume telediastolico). Il termine “volume sistolico” si può applicare a ciascuno dei due ventricoli, sebbene nella maggior parte dei casi sia riferito al ventricolo sinistro. Il volume sistolico è solitamente uguale nei due ventricoli, circa 70 ml in un uomo sano di 70 kg.

 

Il volume sistolico è un importante determinante della gittata cardiaca, che rappresenta il prodotto del volume sistolico per la frequenza cardiaca, ed è utilizzato anche per calcolare la frazione di eiezione, che è uguale al volume sistolico diviso per il volume telediastolico. Il volume sistolico si riduce in particolari condizioni patologiche ed è strettamente correlato alla funzione cardiaca.

 

 

 

Calcolo del volume sistolico

 

Il valore si ottiene sottraendo il volume telesistolico (end-systolic volume, ESV), dal volume telediastolico (end-diastolic volume, EDV) del ventricolo esaminato.

 

VS = EDV – ESV

 

In un uomo sano di 70 kg il volume telediastolico è circa 120 mL e il volume telesistolico è circa 50 mL, con una differenza di 70 mL che corrisponde al volume sistolico. L’espressione inglese “stroke work” (lavoro cardiaco) si riferisce al lavoro, ossia pressione del sangue moltiplicata per il volume sistolico.

 

 

Determinanti

 

In genere gli uomini hanno volumi sistolici maggiori rispetto alle donne a causa delle maggiori dimensioni del cuore. Il volume sistolico, comunque, dipende da molti fattori, tra i quali le dimensioni del cuore, la contrattilità, la durata della contrazione, il precarico, il volume telediastolico e il postcarico.

 

Esercizio fisico

 

L’attività aerobica prolungata può aumentare il volume sistolico, comportando spesso una riduzione della frequenza cardiaca a riposo. La frequenza ridotta prolunga la diastole, aumentando così il volume telediastolico e determinando l’eiezione di una maggiore quantità di sangue.

 

Precarico

 

Il volume sistolico è intrinsecamente controllato dal precarico (il grado di distensione dei ventricoli prima della sistole). Un aumento del volume o della velocità del ritorno venoso incrementa il precarico e, per la legge di Frank-Starling, aumenterà il volume sistolico. Una riduzione del ritorno venoso avrà effetti opposti, causando una riduzione del volume sistolico.

 

Postcarico

 

Un aumento del postcarico (che corrisponde alla pressione aortica durante la sistole) riduce il volume sistolico. Sebbene esso non influenzi il volume sistolico nei soggetti sani, un postcarico aumentato ostacola l’eiezione del sangue da parte dei ventricoli, determinando una riduzione del volume sistolico. Un aumento del postcarico è presente, ad esempio, nella stenosi aortica e nell’ipertensione arteriosa.

 

 

VOLUME TELESISTOLICO

 

l volume telesistolico (VTS) è il volume di sangue che rimane nel ventricolo alla fine della contrazione, o sistole, ovvero all’inizio del riempimento, o diastole.

 

Il VTS è il volume più piccolo di sangue contenuto nel ventricolo in qualsiasi punto del ciclo cardiaco. I principali fattori che influenzano il volume telesistolico sono il postcarico e la contrattilità del cuore.

 

Utilizzi clinici

 

Il volume telesistolico può essere usato clinicamente come una misura del corretto svuotamento cardiaco correlato alla funzione sistolica. Se valutiamo l’elettrocardiogramma il VTS è correlato all’onda T. Altri esami che ci possono far quantizzare tale volume sono l’ecocardiografia bidimensionale, la risonanza magnetica nucleare e la tomografia computerizzata.

 

Insieme al volume telediastolico (VTD) ci permette di calcolare la gittata sistolica, che è appunto la differenza fra il VTD e il VTS.

 

Il VTD è normalmente contenuto fra i 240 e i 70 ml (con una media di 120 ml); il VTS è fra i 16 e i 140 ml (con una media di 50 ml): questi valori si riferiscono al ventricolo sinistro.

 

Il volume telesistolico del ventricolo destro è generalmente più piccolo: fra i 50 e i 100 ml.

 

 

FREQUENZA CARDIACA

 

La frequenza cardiaca è il numero di battiti del cuore al minuto (bpm). Insieme alla temperatura corporea, la pressione sanguigna e il ritmo respiratorio, è una delle funzioni vitali.

 

Valori normali

 

A riposo la frequenza cardiaca di un essere umano adulto è di circa 70 bpm nell’uomo e di circa 75 bpm nelle donne, mentre nei neonati la frequenza a riposo è di circa 100-180 bpm.

 

9-68 K

 

Valori massimi

 

Il cuore sotto sforzo aumenta la sua frequenza fino a un valore massimo. Tale valore può essere determinato in modo diretto solo mediante una specifica prova sotto sforzo.

 

In alternativa alla misura diretta, la frequenza cardiaca massima può essere stimata con la formula di Cooper:

 

FC_max = 220 – età,

 

oppure con una formula più precisa (Tanaka H, Monahan, Seals), secondo cui:

 

FC_max = 208 – (0,7 × età)

 

La frequenza cardiaca massima è correlata ad altri parametri come la gittata sistolica, e la quantità massima di ossigeno che un individuo può utilizzare nell’unità di tempo. I valori massimi sono in riferimento ad attività continuative, potendosi reggere il carico massimo per un tempo indicativo di 10 minuti, che si riduce sensibilmente da persona a persona.

 

Caratteristiche

 

Il polso arterioso è costituito da determinati parametri:

 

Frequenza, quante pulsazioni al minuto

Ampiezza, indica di quanto si distende la parete arteriosa, caratteristica legata alla volemia (gittata cardiaca) e all’elasticità della parete arteriosa

Ritmo, indica se le pulsazioni si susseguono in modo regolare o meno (ritmico o aritmico)

 

Misurazione

 

Viene misurata generalmente per mezzo del polso arterioso, anche se in alcuni casi, come per esempio in presenza di aritmie questo metodo è inaccurato. L’auscultazione, cioè l’ascolto dei battiti cardiaci per mezzo di uno stetoscopio è un metodo di misurazione più efficace, così come l’elettrocardiogramma.

 

Patologie

 

Le irregolarità del battito cardiaco (aritmie) sono numerose. Se la frequenza cardiaca è più alta della norma, si parla di tachicardia, se più bassa di bradicardia.

 

Deficit di polso

 

Il deficit di polso è la differenza della frequenza cardiaca rilevata dal polso radiale rispetto a quella rilevata dal polso apicale.

 

 

POSTCARICO

 

Il postcarico è la tensione ventricolare durante la sistole, cioè la somma di tutte le resistenze che si oppongono allo svuotamento.

 

Aumenta in caso di riduzione del calibro dei vasi a valle (con aumento delle resistenze periferiche) o in caso di aumento del volume ematico a valle. Maggiore il postcarico, maggiore diviene il lavoro cardiaco.

 

Resistenza

 

Le resistenze che si incontrano sono dovute alla quantità di sangue che si trova nel sistema vascolare e la diminuzione del raggio delle pareti dei vasi sanguigni arteriosi.

 

 

 

PRECARICO

 

Il precarico è la forza richiesta per produrre l’allungamento delle fibre miocardiche: in pratica indica il carico imposto al miocita prima della sua contrazione; in ambito clinico la pressione telediastolica o la pressione di incuneamento polmonare sono utilizzate come misure del precarico. È determinata principalmente da due fattori: il ritorno venoso e la contrattilità atriale.

Avviene prima della contrazione, il ventricolo sinistro si distende in proporzione all’aumento del precarico (come enuncia la legge di Starling definita nel 1918).

 

 

LEGGE DI FRANK – STARLING

 

Per la legge di Frank-Starling (anche chiamata legge di Starling o meccanismo di Frank-Starling) il muscolo cardiaco regola la forza della sua contrazione, la sistole, in relazione alla quantità di sangue presente nel ventricolo alla fine della diastole: più sangue sarà entrato più ne sarà eiettato, garantendo l’equilibrio tra il precarico (ritorno venoso) e la gittata cardiaca.

 

Funzionamento

 

Il meccanismo è spiegabile tramite un approccio quasi meccanico: la contrazione cardiaca (come nel muscolo striato) è causata dal movimento biochimico di particolari fibre (isoforme di actina e miosina) in grado di scorrere le une sulle altre riducendo la loro lunghezza complessiva; nel momento in cui esse si trovano più distese (per una maggiore quantità di sangue che stende le pareti ventricolari) sono in grado di rispondere con una contrazione più forte, essendo aumentato lo spazio di scorrimento fra di esse. Il tutto avviene in assenza di ogni modulazione nervosa od ormonale; nel momento in cui però la distensione del muscolo aumenta oltre un certo limite, le fibre si disallineano, perdendo il rapporto reciproco e non potendo più garantire la contrazione. Pertanto il cuore riesce a espellere la quantità di sangue ricevuta solo entro certi limiti di volume telediastolico (ossia di volume ematico ventricolare terminata la diastole).

 

 

FRAZIONE DI EIEZIONE

 

In cardiologia la misura della frazione di eiezione (EF) serve a valutare l’efficacia di pompa del cuore. La frazione di eiezione del cuore è la frazione o porzione di sangue che il cuore pompa (espelle) dal ventricolo sinistro (gittata ventricolare sistolica) a ogni battito cardiaco rispetto al volume telediastolico.

 

Nei soggetti con un cuore normale e sano la frazione di eiezione è pari a 55% o superiore. Questo significa che il 55% del sangue che riempie il ventricolo sinistro viene pompato nel corpo ad ogni contrazione. Un livello basso di frazione di eiezione può indicare uno scompenso cardiaco nel paziente. Significa che il cuore non pompa efficacemente e quindi non fornisce una adeguata quantità di sangue agli organi interni ed al resto del corpo.

In genere si misura mediante ecocardiogramma.

 

 

INDICE CARDIACO

 

L’indice cardiaco è un parametro emodinamico cardiovascolare che si ottiene dividendo la gittata cardiaca per l’area della superficie corporea al fine di correggere il valore di portata per il peso e la statura dei singoli soggetti (IC = Q / S). Il valore si esprime in litri al minuto per metro quadro (l/min/m2).

 

Significato clinico

 

I valori di riferimento sono compresi tra 2,6 e 4,2 L/min per metro quadro.

 

Questo parametro è spesso utilizzato in terapia intensiva per valutare complessivamente la funzione cardiaca, poiché mette in correlazione il volume di sangue pompato dal cuore con la superficie corporea dell’individuo.

 

Un valore inferiore a 2 L/min/m² può essere indice di shock cardiogeno.

 

 

CICLO CARDIACO

 

Il Ciclo cardiaco è definito come il susseguirsi di due periodi, sistole e diastole, che a loro volta sono suddivisi in fasi, come è ben rappresentato nel diagramma di Wiggers. In genere si fa riferimento agli eventi della parte sinistra del cuore, anche se, eccetto qualche differenza, gli eventi si susseguono identici anche per la parte destra.

 

10-180 K

 

11-216 K

 

Le fasi del ciclo cardiaco

 

La sistole e la diastole, vengono anche identificate con i termini di contrazione cardiaca e di rilasciamento cardiaco.

 

1- Contrazione isovolumetrica (o isometrica)

2- Eiezione ventricolare, suddivisa in rapida e lenta

3- Rilasciamento isovolumetrico (o isometrico)

4- Fase auxotonica:

 

– Riempimento rapido

– Riempimento lento o diastasi

– Sistole atriale

 

Contrazione isovolumetrica

 

Si ha un aumento della pressione intraventricolare per contrazione dei fasci muscolari, senza accorciamento, ciò comporta la chiusura della valvola mitrale e si identifica con la parte iniziale del primo dei toni cardiaci. Vi è un aumento della pressione intra-ventricolare e in questo momento la camera ventricolare è chiusa, poiché sia la mitrale che l’aorta sono chiuse. Al termine di questa fase si raggiungono, all’incirca, 80 mmHg di pressione.

 

 

Eiezione ventricolare

 

L’inizio della fase di eiezione rapida è individuabile attraverso l’apertura della valvola aortica, l’aumento di pressione in aorta e la diminuzione del volume ventricolare; il picco di pressione si aggira intorno ai 125-130 mmHg. Il successivo periodo di eiezione lenta, più difficile da individuare, inizia quando la curva del volume ventricolare mostra un rallentamento della velocità di efflusso e termina alla fine dell’eiezione, con una pressione di circa 100 mmHg. Durante tutta la fase di efflusso i fasci muscolari si accorciano.

 

La seconda fase (che coincide con la protodiastole) è determinata dalla riduzione del gradiente ventricolo-aorta con caduta della pressione intraventricolare e dalla graduale inattivazione dei fasci muscolari che si sono attivati per primi. La fine di questa fase coincide con il termine della sistole e con l’incisura aortica, cioè la chiusura della valvola aortica, che determina la prima parte del secondo dei toni cardiaci.

 

Rilasciamento isovolumetrico

 

Durante questo periodo le semilunari aortiche si chiudono, si può apprezzare il secondo tono cardiaco e la pressione subisce un ulteriore calo, sino ad azzerarsi, per permettere che il sangue fluisca dall’atrio, camera a bassa pressione, al ventricolo, camera ad alta pressione. Il rilasciamento isovolumetrico e la successiva fase sono determinati dal ritorno elastico e dal rilasciamento attivo del miocardio.

 

Fase auxotonica

 

La fase di riempimento rapido ventricolare coincide con la risalita della curva di volume ventricolare e l’apertura della valvola mitrale. La fase di riempimento lento o diastasi si identifica con una piccola variazione nella curva del volume ventricolare, che talora si associa a vibrazioni a bassa frequenza definite galoppo ventricolare o terzo tono. Le pressioni in atrio e in ventricolo aumentano lentamente così che il ventricolo si riempie passivamente sino a quando interviene la sistole atriale, individuabile nell’onda a del tracciato pressorio atriale e nel quarto tono cardiaco.

A questo punto siamo già nella fase presistolica, all’inizio di un nuovo ciclo cardiaco.

La differenza principale che si può sottolineare nel ciclo cardiaco del ventricolo destro, oltre alle basse pressioni, riguarda l’andamento della curva di eiezione, dove invece di osservare un picco sistolico, si ha un plateau. Questa differenza è da attribuirsi alle basse resistenze del circolo polmonare.

 

Diagramma di Wiggers

 

Il diagramma Wiggers è uno schema standard utilizzato in fisiologia cardiaca che prende il nome dal suo autore Carl J. Wiggers.

 

L’asse delle x viene utilizzato per tracciare il tempo, mentre l’asse delle y contiene tutte le seguenti voci su un’unica griglia:

– pressione aortica

– pressione ventricolare

– pressione atriale

– il volume ventricolare

– elettrocardiogramma

– Flusso arterioso

– toni cardiaci

 

Per illustrare la modificazioni coordinate di tali valori, diviene più semplice illustrare la relazione tra queste e il ciclo cardiaco.

 

 

DIAGRAMMA PRESSIONE-VOLUME

 

 

Un diagramma pressione-volume (anche detto diagramma (PV), o curva volume-pressione) viene usato per descrivere in un sistema corrispondenti variazioni di volume e pressione. Essi sono comunemente utilizzati in termodinamica, in fisiologia cardiovascolare e in fisiologia respiratoria.

 

Diagrammi PV, originariamente chiamati diagrammi indicatori, si sono sviluppati nel 18° secolo come strumenti per comprendere l’efficienza dei motori a vapore.

 

Medicina

 

In fisiologia cardiovascolare, il diagramma è spesso applicato al ventricolo sinistro e può mappare eventi specifici del ciclo cardiaco. Studi della curva pressione-volume sono ampiamente utilizzati negli studi clinici e in test preclinici, per valutare le prestazioni del cuore umano in varie situazioni: effetti farmacologici o nelle malattie.

 

La sequenza di eventi che si verificano in ogni ciclo cardiaco vengono descritti di seguito.

 

12-184 K

 

13-232 K

 

1 . A è il punto di fine diastole; questo è il punto in cui inizia la contrazione: la pressione inizia ad aumentare, diventa rapidamente più alta della pressione atriale, e la valvola mitrale si chiude. Poiché la pressione è ancora inferiore alla pressione aortica, anche la valvola aortica è chiusa.

2 . Il segmento AB è la fase di contrazione: poiché le valvole cardiache sia la mitrale che l’aortica sono chiuse, il volume è costante. Per questo motivo, questa fase è chiamata di contrazione isovolumetrica.

3 . Al punto B, la pressione diventa superiore alla pressione aortica e la valvola aortica si apre, avviando espulsione del sangue dal ventricolo sinistro.

4 . BC è la fase di espulsione e il volume diminuisce. Al termine di questa fase, la pressione si riabbassa e scende sotto la pressione aortica e la valvola si chiude.

5 . Il punto C è il punto di fine sistole.

6 . Il segmento CD è il rilassamento isovolumetrico: durante questa fase, la pressione continua a scendere. La valvola mitrale e la valvola aortica sono nuovamente chiuse in questo modo il volume è costante.

7 . Al punto D la pressione scende al di sotto della pressione atriale e la valvola mitrale si apre, avviando il riempimento ventricolare.

8 . DA è il periodo di riempimento diastolico: il sangue fluisce dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro. la contrazione atriale completa il riempimento ventricolare.

 

Come si può vedere, il loop PV ha una forma approssimativamente rettangolare ed ogni ciclo ruota in senso anti-orario.

 

 

AZIONE CRONOTROPA

 

L’azione cronotropa è la variazione proveniente dal sistema nervoso della regolare frequenza del battito cardiaco. Essa è solitamente dovuta alla somministrazione di farmaci, ma indica generalmente l’influenza esercitata da ogni condizione in grado di modificare la frequenza cardiaca.

 

Azione cronotropa positiva

 

L’azione cronotropa positiva definisce l’accelerazione della frequenza cardiaca, collegata spesso ad un aumento della pressione arteriosa, determinata in genere da impulsi nervosi che raggiungono il cuore attraverso fibre simpatiche. Si evince quindi che i mediatori chimici delle terminazioni nervose dell’ortosimpatico, ovvero adrenalina e nor-adrenalina, hanno azione cronotropa positiva, come anche, tali condizioni fisiologiche, psicologiche o ambientali che causano una stimolazione della componente ortosimpatica del sistema nervoso vegetativo, come l’ipossia, stimoli dolorifici, paura.

 

Talvolta si possono riscontrare fenomeni di azione cronotropa positiva per la presenza di altri fattori scatenanti, come temperatura corporea e ormone tiroideo che agiscono direttamente sul miocardio.

 

Azione cronotropa negativa

 

L’azione cronotropa negativa corrisponde all’insorgenza di bradicardia, fenomeno mediato solitamente dal centro nervoso cardioinibitore, localizzato nel bulbo e dalla stimolazione delle fibre parasimpatiche del nervo vago. Hanno perciò azione cronotropa negativa l’acetilcolina, mediatore chimico del sistema parasimpatico, la depressione psichica e, come farmaci, la digitale, la chinidina e la strofantina.

 

 

EFFETTO DROMOTROPO

 

Con effetto dromotropo si indica una modifica della velocità di conduzione dell’impulso elettrico del cuore a livello della muscolatura sia atriale che ventricolare che, soprattutto, a livello del nodo atrioventricolare (“dromos” dal greco “velocità”).

 

Effetto dromotropo positivo

 

L’effetto dromotropo positivo è dovuto all’azione di fibre noradrenergiche originate dal sistema ortosimpatico che aumentano la velocità di conduzione dell’impulso grazie a un intervento su canali per il calcio responsabili del potenziale d’azione. Questi, in seguito a fosforilazione, sono resi più efficienti e consentono un flusso entrante di ioni molto più elevato.

 

Effetto dromotropo negativo

 

L’effetto dromotropo negativo, dovuto all’azione di fibre colinergiche del sistema parasimpatico, esplica un’azione opposta a causa della defosforilazione dei canali per il calcio che quindi renderanno più lenta la genesi del potenziale d’azione nella cellula.

 

 

INOTROPISMO

 

Per inotropismo  cardiaco si intende la capacità del cuore di variare la forza di contrazione. Possono esserci degli inotropismi intrinseci del cuore che dipendono solamente dalla fibra cardiaca e dal suo comportamento, come possono esserci degli inotropismi estrinseci causati da regolazione nervosa e regolazione endocrina.

 

Per quanto riguarda gli inotropismi intrinseci, ci possono essere quelli omeometrici ed eterometrici: questa distinzione si basa sul fatto che la fibra cardiaca sia stirata o meno. L’inotropismo eterometrico prende il nome di legge di Frank-Starling e si basa sul fatto che più sangue entra nel ventricolo, più la fibra cardiaca è allungata. Quindi la legge dice che la forza di contrazione è proporzionale allo stiramento della fibra, ovviamente all’interno di limiti fisiologici. Lo stiramento a 2,2 micrometri dà la massima risposta, già a 2,5 micrometri la contrazione risulta indebolita. Quindi quando la fibra è stirata, raggiunge il 100% fisiologico della sua forza, e questo succede perché in queste condizioni avviene una sovrapposizione ottimale tra le teste di miosina e i siti di binding presso i monomeri di actina, e l’evento meccanico riesce quindi a sviluppare la massima forza.

 

 

Ioni calcio

 

Per quanto riguarda gli inotropismi omeometrici, si analizza la concentrazione degli ioni calcio intracellulare ed extracellulare. L’importanza dello ione calcio è stata dimostrata fin dal lontano 1880 dal fisiologo Sidney Ringer con i suoi esperimenti sul cuore di rana. Egli aveva osservato che se un cuore isolato di rana, immerso in una soluzione acquosa, veniva privato degli ioni calcio, smetteva subito di battere. Veniva alla luce così la dipendenza della contrazione cardiaca dalla concentrazione extracellulare di calcio. Risulta quindi fondamentale per il cuore l’apporto esterno di calcio. Da qui è nata la Soluzione di Ringer, fondamentale come reidratante. Sempre correlato alla presenza dello ione calcio, è presente un inotropismo di frequenza. La frequenza che arriva al cuore influenza la concentrazione di calcio intracellulare per dei fenomeni che sono stati osservati sia in cuori isolati, che in vivo.

 

Fenomeno della scala (effetto treppe)

 

Un fenomeno che è stato osservato solo nel cuore isolato è il cosiddetto fenomeno della scala. Per fenomeno della scala si intende che aumentando la frequenza, il muscolo gradatamente assumerà la forza di contrazione proporzionale alla frequenza. Avviene ciò perché aumenta la permeabilità al Ca++. Il fenomeno è facilmente spiegabile: ricordiamo che la ripolarizzazione della fibra cardiaca è differente da quello semplice del muscolo striato. Nella fibra cardiaca il potenziale è trifasico, ed è presente il caratteristico plateau dove avviene il riassorbimento intracellulare di calcio. Se noi aumentiamo la frequenza osserveremo che nella stessa unità di tempo saranno presenti più plateau e conseguentemente la quantità di calcio intracellulare sarà più elevata. Sebbene il periodo di ripolarizzazione sia più breve, predomina il fatto che più plateau fanno entrare più calcio, e in questa maniera la contrazione sarà più potente.

 

Potenziamento extrasistolico

 

Un fenomeno che esiste anche in vivo è il cosiddetto potenziamento extrasistolico. Questo fenomeno accade quando si verifica la cosiddetta extrasistole. L’extrasistole è una contrazione ventricolare prematura, che per sua natura è molto debole perché il tempo di ripolarizzazione è molto breve e non è rientrato abbastanza Ca++ per poter effettuare una contrazione normale. Per questo motivo dopo la pausa compensatoria, subentra un battito che è molto più energico del normale. Anche se questo accade anche per la legge Starling, non è solo questo che influenza il fenomeno. Una ragione plausibile è che dopo la pausa compensatoria, il reticolo sarcoplasmatico abbia a disposizione il calcio captato durante il battito normale e l’extrasistole, mettendo a disposizione più calcio di una normale contrazione.

 

 

EFFETTO BATMOTROPO

 

 

Un importante fenomeno da considerare circa l’azione cardiaca riguarda l’eccitabilità delle cellule cardiache (effetto batmotropo). Esso dipende principalmente dal potenziale di riposo e dalla disponibilità dei canali coinvolti nella fase 0 del potenziale d’azione. Questo significa, dunque, che l’eccitabilità delle cellule veloci dipende dalla disponibilità dei canali del sodio voltaggio – dipendenti, molto sensibili al potenziale di membrana e all’azione di farmaci attivi sull’attività elettrica cardiaca (antiaritmici), ma poco modulati dal sistema nervoso. Nelle cellule lente, invece, l’eccitabilità dipende più che altro dalla concentrazione dei canali del calcio. I principali bersagli della regolazione dell’eccitabilità sono quindi i canali del calcio e quelli del potassio, come già si è visto, per altro, per l’effetto cronotropo. L’apparato di trasduzione reagisce al legame fra il mediatore del simpatico (noradrenalina ad esempio)e il recettore β-1-adrenergico producendo cAMP. Maggiore concentrazione di cAMP porta all’attivazione della PKA che, fosforilando i canali del calcio,li rende più prontamente apribili e con una probabilità di apertura maggiore a parità di potenziale e condizioni ioniche. Pertanto l’attivazione simpatica comporta un aumento dell’eccitabilità delle cellule lente, rendendo più facile la loro attivazione (maggiore eccitabilità —-> maggiore effetto batmotropo) e permettendone un’attivazione più frequente (maggiore effetto cronotropo). Il nervo vago ha effetto opposto. I canali del potassio vengono invece attivati dalle proteine Gi a seguito di stimolazione dei recettori muscarinici M-2-colinergici da parte dell’acetilcolina che consente l’apertura dei canali del potassio KAch. La proteina G è proprio a contatto con il canale: non c’è un secondo messaggero. L’apertura di questo canale porta a una ripolarizzazione della membrana e quindi diminuisce la frequenza di depolarizzazione spontanea (minore effetto cronotropo)ma anche l’eccitabilità della cellula a causa della diminuzione progressiva del potenziale di membrana.

 

 

EFFETTO LUSITROPO

 

L’effetto lusitropo è legato al rilasciamento miocardico. Lo stato lusitropo del cuore, che ne descrive la capacità di riempirsi per ogni dato livello di pressione diastolica, è influenzato dalle proprietà viscoelastiche della parete cardiaca, ma anche dall’interazione tra le proteine contrattili. L’aumentato assorbimento del calcio nel citosol dei miocardiociti porta a un aumento della contrattilità cardiaca (effetto inotropo positivo), ma il rilassamento del miocardio diminuisce. Questo effetto non deve essere confuso con il riassorbimento del calcio nel reticolo sarcoplasmatico indotto dalle catecolamine, che in realtà aumenta la lusitropia.

 

Effetto positivo

 

L’aumento dei livelli di catecolamine favoriscono l’effetto lusitropo positivo, consentendo al cuore di rilassarsi più rapidamente. Questo effetto è mediato dalla fosforilazione di fosfolambano e troponina I mediante un via cAMP-dipendente.

 

L’aumento dell’afflusso di calcio catecolamine-indotto aumenta l’effetto sia inotropo, che lusitropo. In altre parole, una riduzione più rapida dei livelli di calcio citosolico (perché il calcio entra nel reticolo sarcoplasmatico) provoca un aumento della frequenza di rilassamento, ma ciò consente anche un maggior grado di uscita di calcio, di nuovo nel citosol, quando sta per arrivare il prossimo potenziale d’azione, aumentando così anche l’inotropismo.

 

Non si deve confondere questo meccanismo con l’assorbimento del calcio dal liquido extracellulare: il maggiore assorbimento di calcio dal fluido extracellulare nel citoplasma diminuisce la lusitropia in assenza di stimolazione catecolaminergica, ma aumenta l’assorbimento di calcio nel reticolo sarcoplasmatico.

 

Effetto negativo

 

Il rilassamento del muscolo cardiaco è negativamente influenzato dai seguenti fattori:

 

1) sovraccarico di calcio – troppo calcio intracellulare

 

2) la ridotta rimozione del calcio dai miociti mediante pompe – se il calcio non viene rimosso abbastanza rapidamente dalle cellule:

 

la membrana plasmatica Calcio ATPasi dipendente – questo trasportatore primario attivo trasporta il calcio fuori dai miociti ad ogni battito

la pompa sodio-calcio – questo trasportatore secondario attivo pompa il calcio fuori dalle cellule

 

3) l’Impaired Sarco-Endoplasmic Reticulum Calcium ATPase ( SERCA ) – questo trasportatore attivo primario pompa il calcio dal citoplasma dei miociti nel suo reticolo sarco-endoplasmatico

 

Pertanto, eventuali perdite nei trasportatori dovrebbero avere un effetto lusitropo negativo.

 

Al contrario, l’aumento di questi stessi trasportatori avrebbe un effetto inotropo positivo.

 

 

PRESSIONE VENOSA CENTRALE

 

Per pressione venosa centrale (PVC) si intende un valore pressorio (espresso in mm di mercurio – mmHg, oppure in cm d’acqua – cmH2O; ogni mmHg corrisponde a 1,3 cmH2O) rilevato nel tratto terminale della vena cava superiore e corrispondente alla pressione vigente nell’atrio destro.

 

La rilevazione della PVC avviene grazie alla posa di un catetere venoso centrale attraverso una vena superficiale di grosso calibro (vena succlavia, o giugulare, o basilica o più raramente safena).

 

Diagnosi

 

Il valore di PVC permette di valutare il volume ematico circolante, la funzionalità cardiaca ed il ritorno venoso. Risulta ancora da chiarire il range di normalità della PVC. È piuttosto chiaro che:

 

valori negativi della PVC sono al di sotto del range;

valori di PVC superiori a 12 ne sono al di sopra.

 

Il range di normalità è però ancora oggetto di discussioni. Il limite inferiore, secondo le diverse fonti, ha un valore da 0 a 5, mentre il limite superiore va da 7 a 12.

 

Vari fattori influiscono sui valori di PVC: ipovolemia o ipervolemia (diminuzione o aumento del volume ematico circolante), insufficienza cardiaca, ostacoli meccanici alla circolazione cardiaca, alterazioni della pressione intratoracica (ad esempio pneumotorace), farmaci.

 

Valori superiori alla norma indicano sovraccarico di volume, insufficienza cardiaca destra, aumento della pressione intratoracica o turbe vasomotorie.

 

Valori inferiori alla norma indicano perdite di volume (emorragie, vomito, diarrea, shock) o turbe vasomotorie. La PVC è un parametro che viene rilevato frequentemente nell’ambito dei monitoraggi post-operatori.

 

Misurazione

 

La misurazione della PVC può essere effettuata manualmente o tramite il monitor paziente.

 

Misurazione manuale

 

È necessario liberare da ogni tipo di infusione il lume distale del catetere venoso centrale, effettuare un eventuale lavaggio a goccia rapida del cvc e collegare a quest’ultimo un deflussore da flebo pieno di soluzione salina; tagliare il deflussore in modo da “allungare” il lume del CVC di circa 20 cm, inserire il tubo nell’apposito listello di plastica che presenta un solco al centro e una scala graduata in cm di H2O; posizionare perpendicolarmente al paziente il deflussore (sempre collegato al lume) e porre lo zero della scala graduata all’altezza del cavo ascellare (corrispondente all’altezza del cuore) del paziente; posizionare il paziente supino (eliminare anche il cuscino); sconnetterlo dal respiratore se ventilato con pressioni positive; osservare quanti centimetri di salina rimangono nel deflussore partendo dallo zero. Il valore ottenuto è la PVC.

 

Misurazione con monitor paziente

 

È necessario disporre di linea con trasduttore per convertire l’impulso meccanico del lume in impulso elettrico al monitor paziente. La linea col trasduttore va collegata distalmente al lume distale del CVC e prossimalmente a una sacca di soluzione salina da 500 ml inserita in uno spremisacca gonfiato a 300 mmHg affinché garantisca un lavaggio continuo del lume alla velocità di circa 3-5 ml/h. Tra i due estremi della linea è presente il trasduttore che rileva l’impulso meccanico del sangue dal lume e lo trasmette in tempo reale al monitor paziente fornendo un valore max, uno min e uno medio, fornisce inoltre un’onda sfigmica sempre visibile a monitor. È necessario come per la misurazione manuale posizionare il paziente supino, sospendere ogni infusione nel CVC considerato e disconnettere per alcuni secondi durante la misurazione il paziente dal respiratore.

 

 

PRESSIONE DEL VENTRICOLO DESTRO

 

La pressione del ventricolo destro è la pressione del sangue all’interno del ventricolo destro.

 

Pressione ventricolare destra

 

La pressione ventricolare destra evidenzia una differente curva pressione-volume rispetto alla pressione ventricolare sinistra, questo perché il ventricolo destro fa parte e è al centro della piccola circolazione, che parte proprio dal ventricolo destro, si capillarizza a livello degli alveoli polmonari e torna al cuore nell’atrio sinistro tramite le vene polmonari, che trasportano il sangue appena ossigenato.

 

Questo circuito è definito a bassa pressione infatti in atrio destro abbiamo una media di 2 mmHg (nel sinistro siamo a 5 mmHg), in ventricolo abbiamo una massima di 25 mmHg ( a sinistra 120 mmHg) e in arteria polmonare valori di 25 di massima con una media di 14. La piccola circolazione offrendo resistenze emodinamiche ridotte rispetto a quelle della circolazione sistemica, spiega il motivo per cui il cuore destro sia più “debole” e abbia pareti più sottili nonostante la portata dell’aorta sia uguale a quella delle arterie polmonari.

 

Il diagramma di Wiggers sarà molto simile in entrambi i ventricoli, ma con curve modificate dalle differenze di pressione presenti all’interno dei due sistemi.

 

 

PRESSIONE ARTERIOSA POLMONARE

 

La pressione arteriosa polmonare è la misura della pressione del sangue trovata nell’arteria polmonare.

 

La pressione viene misurata inserendo un catetere nell’arteria polmonare, il catetere di Swan-Ganz. La pressione media si aggira intorno ai 9-18 mmHg, mentre la pressione capillare polmonare misurata nell’atrio sinistro può essere di 6-12mmHg.

 

La pressione d’incuneamento può essere elevata in caso di scompenso cardiaco sinistro, stenosi mitralica e in altre condizioni, come l’anemia falciforme.

 

In alcune patologie la pressione in arteria polmonare può presentare importanti variazioni come nell’ipertensione polmonare dove la pressione arteriosa media supera i 25 mmHg; ciò può verificarsi per problemi cardiaci come l’insufficienza cardiaca, o polmonari e delle vie aeree come la broncopneumopatia cronica ostruttiva, la sclerodermia o malattie tromboemboliche come l’embolia polmonare o l’anemia falciforme in cui si evidenziano formazioni emboliche.

 

 

PRESSIONE CAPILLARE POLMONARE

 

La pressione capillare polmonare, acronimo inglese di Pulmonary capillary wedge pressure (PCWP) (denominata anche pressione di incuneamento polmonare o pressione di occlusione dell’arteria polmonare) è la pressione misurata dall’incuneamento di un catetere a palloncino gonfiato e inserito in un piccolo ramo arterioso polmonare: il catetere di Swan-Ganz.

 

Fisiologicamente, distinzioni possono essere rinvenute tra la pressione polmonare arteriosa, la pressione capillare polmonare, la pressione venosa polmonare e la pressione atriale sinistra, ma non tutti questi parametri possono essere misurati in un contesto clinico. Sono state proposte tecniche di stima non invasive con tecniche ecocardiografiche.

 

Significato clinico

 

A causa della grande compliance della circolazione polmonare, possiamo ottenere una misura indiretta della pressione atriale sinistra.

 

Viene considerata il gold standard per determinare l’origine dell’edema polmonare acuto: questo è probabile che sia presente ad una PCWP> 20 mmHg. Anche utilizzato per diagnosticare la gravità della insufficienza ventricolare sinistra e della stenosi mitralica, poiché l’elevata pressione capillare polmonare suggerisce fortemente lo scompenso ventricolare sinistro.

 

Tradizionalmente, si riteneva che l’edema polmonare con normale PCWP suggerisse una diagnosi di sindrome da distress respiratorio o edema polmonare non cardiogeno (come nell’avvelenamento da oppiacei). Tuttavia, poiché la pressione idrostatica capillare supera la pressione di incuneamento quando il palloncino si sgonfia (così si promuove un gradiente di flusso), una normale pressione non può distinguere tra edema polmonare e sindrome da distress respiratorio. I valori di pressione fisiologica si orientano fra i 6-12 mmHg.

 

 

PRESSIONE DEL VENTRICOLO SINISTRO

 

La pressione del ventricolo sinistro è la pressione del sangue all’interno dei ventricolo sinistro.

 

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Pressione ventricolare sinistra

 

Durante la maggior parte del ciclo cardiaco, pressione ventricolare è inferiore alla pressione in aorta, ma durante la sistole, la pressione ventricolare aumenta rapidamente, e le due pressioni diventano uguali tra loro (rappresentato dalla congiunzione delle linee blu e rosse sul diagramma di Wiggers): la valvola aortica si apre, e il sangue viene spinto al di fuori del ventricolo per raggiungere tutto il corpo.

 

Pressione telediastolica ventricolare sinistra elevata è un fattore di rischio aggiuntivo in corso di chirurgia cardiaca. Sono state descritte anche valutazioni non invasive.

 

Una differenza importante tra la pressione aortica e la pressione ventricolare sinistra può indicare la presenza di una stenosi aortica.

 

 

PRESSIONE AORTICA

 

La pressione aortica è la pressione sanguigna aortica misurata alla radice dell’aorta.

 

Diversi studi hanno dimostrato l’importanza della pressione aortica centrale (PAC) e le sue implicazioni per valutare l’efficacia del trattamento antipertensivo con riferimento ai fattori di rischio cardiovascolare.

 

Il metodo tradizionale di misurazione della pressione sanguigna alle braccia ha dimostrato di sottostimare l’efficacia di farmaci come l’amlodipina e sovrastimare l’efficacia di quelli come l’atenololo. È stato dimostrato che alcuni farmaci utilizzati per ridurre la pressione sanguigna hanno effetti diversi sulla pressione aortica centrale e sulle caratteristiche del flusso, nonostante l’evidenza di valori di pressione sanguigna a livello brachiale siano simili. Si è inoltre dimostrato che la PAC è un predittore indipendente di eventi sia cardiovascolari che renali.

 

 

RIMODELLAMENTO VENTRICOLARE

 

Il rimodellamento ventricolare (o rimodellamento cardiaco) si riferisce alle variazioni di dimensioni, forma, struttura e alla fisiologia del cuore dopo un evento in genere di natura ischemica, ma che può avere eziologia diversa come l’ipertensione arteriosa cronica, le cardiopatie congenite con shunt) intracardiaci e malattie delle valvole cardiache. Quando si verifica l’insulto, una serie di cambiamenti istopatologici e strutturali si verificano nel miocardio ventricolare sinistro che portano al progressivo declino della funzione ventricolare sinistra. In ultima analisi, il rimodellamento ventricolare può condurre ad una riduzione della contrattilità con diminuita funzione sistolica e ridotta gittata sistolica: praticamente il rimodellamento ventricolare, nella terminologia medica, implica un declino della funzione miocardia, anche se nel gergo comune il termine implica solitamente “miglioramento”. Il rimodellamento dei ventricoli sotto le differenze pressorie fra sinistra/destra è inevitabile: tali alterazioni patologiche tra la circolazione polmonare, cerebrale e sistemica possono influenzare il rimodellamento dei ventricoli cardiaci. Il termine “rimodellamento inverso” in cardiologia comporta un miglioramento della meccanica e della funzione ventricolare a seguito di una lesione o di un processo patologico remoto.

 

L’ipertrofia concentrica è dovuta al sovraccarico di pressione, mentre l’ipertrofia eccentrica è dovuta al sovraccarico di volume.

 

 

COMPLIANCE  o  CAPACITANZA

 

In fisiologia la compliance o capacitanza (C), è la grandezza che esprime la capacità che hanno i vasi sanguigni di dilatarsi elasticamente sotto l’effetto di una pressione sanguigna crescente, per poi restringersi restituendo il volume di sangue accumulato sotto l’effetto di una pressione sanguigna decrescente.

 

La capacitanza è l’equivalente fluidodinamico della capacità elettrica.

 

Fisiologia

 

Il fenomeno della complianza è presente e verificabile per tutti i tubi idraulici in gomma o comunque di materiale elastico: è infatti di esperienza comune il fenomeno per il quale tappando con un dito per qualche istante il tubo per innaffiare mentre il rubinetto è aperto, questo si gonfierà di acqua, che poi rilascerà, spesso violentemente, non appena sarà stappato. L’abilità di una parete del vaso sanguigno di espandersi e contrarsi passivamente in funzione dei cambi di pressione, cioè la complianza, è una caratteristica fisiologica fondamentale delle grandi vene e arterie.

 

Per basse pressioni la compliance di una vena è 24 volte maggiore di quella di una arteria equivalente in termini di diametro e portata essendo la distensibilità 8 volte maggiore. In virtù di ciò le vene possono sostenere più ampie variazioni del volume ematico con piccole variazioni di pressione. Tuttavia, a pressioni e volumi molto maggiori, la compliance venosa diventa confrontabile alla compliance arteriosa. Per esempio il sistema arterioso si riempie con un volume di sangue di 500 mL, la pressione cresce a 10 mmHg ma se viene riempito con 700 mL, la pressione sale sino a 100 mmHg, un valore dieci volte superiore. Se invece il sistema venoso si riempie con meno di 2.000 mL di sangue la pressione rimane a 0 mmHg, se si riempie di 3.000 mL la pressione non supera comunque i 20 mmHg. L’alta capacitanza delle vene permette di comprendere il motivo per cui le trasfusioni vengano effettuate in questo tipo di vasi e non nelle arterie. Le arterie polmonari hanno una capacitanza 6 volte maggiore rispetto a quella di arterie sistemiche di calibro confrontabile e sono sottoposte a pressioni 6 volte inferiori, mentre le vene polmonari in questo sono simili alle vene sistemiche. La capacitanza dell’aorta le permette di funzionare come un “secondo cuore” sfruttando la sua elasticità per gonfiarsi durante la sistole cardiaca e sgonfiarsi rilasciando gradualmente il sangue accumulato durante la diastole.

 

Inoltre, esiste un fenomeno detto capacitanza ritardata per cui, quando si verifica un aumento del volume di sangue in un vaso, questo dapprima risponde con un sostenuto aumento di pressione a causa della distensione delle pareti che però con il tempo (nell’ordine di decine di minuti) tende a diminuire fino a tornare a valori normali, a causa dell’adattamento per stiramento delle tonache muscolari del vaso; tale fenomeno viene chiamato stress-relaxation o rilasciamento da tensione. Il fenomeno vale anche al contrario, cioè se il volume di sangue diminuisce si assiste dapprima ad una diminuzione sostenuta della pressione sanguigna ma successivamente il vaso si adatta contraendosi e mantenendo un certo tono muscolare.

 

Regolazione

 

La capacitanza dei vasi varia in funzione alla stimolazione o all’inibizione dell’ortosimpatico. Quando l’ortosimpatico è particolarmente attivo in un certo distretto sanguigno i vasi vanno incontro a vasocostrizione (a causa della contrazione delle loro tonache muscolari lisce), con conseguente aumento di pressione e diminuzione del flusso, dunque la capacitanza si abbassa, quando è inibito gli effetti sono opposti. La vasocostrizione, specie se sistemica, determina un aumento del ritorno venoso e quindi della gittata cardiaca.

 

 

Significato clinico

 

La capacitanza permette anche di attenuare le pulsazioni della pressione sanguigna così da mantenere un flusso continuo (e non solo limitato alla sistole) in tutto il sistema circolatorio poiché la pressione differenziale, cioè la differenza tra la pressione sistolica e diastolica in un certo vaso sanguigno, è determinata con buona approssimazione dal rapporto tra la gittata sistolica e la capacitanza del vaso. Non è quindi sorprendente che i vasi delle persone anziane, meno distensibili, presentino una pressione differenziale più elevata e quindi una circolazione sanguigna più discontinua.

 

 

RESISTENZA VASCOLARE

 

La resistenza vascolare è la resistenza al flusso che deve essere superata per spingere il sangue nel sistema circolatorio. Le resistenza offerte dalla circolazione periferica sono note come resistenze vascolari sistemiche (RVS), mentre le resistenze offerte dalla circolazione polmonare sono definite resistenze vascolari polmonari (RVP). Le resistenze vascolari sistemiche possono anche essere indicate come resistenze periferiche totali. La vasocostrizione, cioè la diminuzione del diametro del vaso sanguigno aumenta le RVS, al contrario la vasodilatazione periferica aumento di diametro dei vasi e diminuisce le resistenze vascolari.

 

L’unità di misura delle resistenze vascolari sono il dyn·s·cm-5, secondo la legge di Pascal per metro cubo (Pa·s/m³) o, per la facilità di ricavarle dalla pressione arteriosa misurata in mmHg e la gittata cardiaca misurata in l/min, può essere valutata in mmHg·min/l. Questo è numericamente equivalente a unità di misure ibride di riferimento (definite in inglese hybrid reference units o HRU), noto anche come Wood units spesso utilizzati dai cardiologi pediatri. Per convertire da Wood units a MPa·s/m3 è necessario moltiplicare per 8 oppure utilizzando il dyn·s·cm-5 si deve moltiplicare per 80.

 

Resistenze vascolari coronariche

 

La regolazione del tono nelle arterie coronarie è un argomento complesso: vi sono diversi meccanismi che regolano il tono vascolare coronarico, incluse le richieste metaboliche, come in caso di ipossiemia, il controllo neurologico e dei fattori endoteliali, come l’endotelina. Il controllo metabolico locale, in base alla domanda, è il più importante dei meccanismi di controllo: la diminuzione del contenuto di ossigeno e il maggiore contenuto di anidride carbonica agiscono come vasodilatatori.

 

L’acidosi metabolica agisce come vasodilatatore coronarico diretto e potenzia anche le azioni dell’adenosina.

 

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RESISTENZA PERIFERICA TOTALE

 

In fisiologia, la resistenza periferica totale o RPT è la somma di tutte le resistenze regionali a livello della circolazione sistemica che devono essere superate dall’eiezione ventricolare sinistra. La resistenza periferica totale è utilizzata nei calcoli della pressione sanguigna, del flusso sanguigno e della funzione cardiaca.

 

Al contrario, la resistenza alla circolazione polmonare è rappresentata dalla resistenza vascolare polmonare o RVP, e non è inclusa nel calcolo dell’RPT.

 

Resistenza periferica totale = (pressione arteriosa media – pressione venosa) / gittata cardiaca

 

 

POLSO ARTERIOSO

 

La valutazione del polso arterioso costituisce il più semplice ed immediato approccio alla persona malata. Per polso s’intende l’urto dell’onda sistolica nelle arterie.

 

Descrizione

 

Quando il sangue esce dal cuore, crea un’onda che dall’aorta si sposta fino al sistema periferico. Quest’onda è detta onda sfigmica e percorre le arterie con una velocità crescente verso la periferia, dove diminuisce la capacitanza dei vasi ed aumenta la resistenza. Il polso arterioso è una variazione pressoria corrispondente all’onda sfigmica che si propaga, generata dalla sistole cardiaca, viene trasmessa nel sistema vascolare grazie all’elasticità delle arterie ed è percepibile sui vasi periferici sotto forma di “pulsazione”.

 

Rilevazione

 

Per la rilevazione del polso si utilizzano le dita della mano, generalmente indice e medio, evitando di disporre le dita a piatto, ma utilizzando la punta delle stesse, in modo da evitare di avvertire la propria pulsazione.

 

Inoltre le dita devono essere disposte in determinati siti per la rilevazione del polso stesso, nel caso dell’esame del polso radiale, due dita vengono poste fra avambraccio e mano anteriormente e il pollice posteriormente, nel punto in cui si superficializza il decorso dell’arteria radiale; il punto scelto è quello in cui l’arteria si adagia al piano osseo. Premendolo, si può apprezzare ogni variazione in volume che avviene nell’arteria fino ad un minimo di circa 90 mmHg di pressione sistolica (massima).

 

Siti di rilevamento

 

Esistono altri punti di palpazione dei “polsi”, i quali si dividono anche in:

 

Centrali: sono i polsi più importanti e gli ultimi a scomparire, generalmente quando si avverte solo i polsi centrali, la pressione sistemica è al di sotto dei 60 mmHg

 

Carotideo: per palparlo occorre posizionare le dita anteriormente al muscolo sternocleidomastoideo, in corrispondenza o al di sotto dell’angolo della mandibola. Permette la rilevazione del battito anche a pressioni sistoliche molto basse, circa 20-30 mmHg.

Temporale: è il polso rilevato sull’arteria temporale, localizzata tra l’occhio e l’attaccatura dei capelli, appena al di sopra dell’osso zigomatico.

Polso apicale: apprezzabile, mediante fonendoscopio, in corrispondenza del quinto spazio intercostale emiclaveare sinistro; la sua auscultazione permette di percepire i primi due suoni cardiaci (S1 e S2).

 

Periferici: sono i polsi meno importanti e che tendono a sparire più facilmente in caso di shock

 

Popliteo: più difficile da percepire, si effettua con la palpazione del cavo popliteo (dietro il ginocchio), posteriormente, spostando le dita lievemente verso l’esterno.

Femorale: si palpa in corrispondenza della piega inguinale, rileva pressioni di circa 60 mmHg.

Tibiale: viene percepito posteriormente al malleolo mediale del piede.

Pedidio: viene ricercato nella parte dorsale del piede, lateralmente al tendine estensore lungo dell’alluce.

Brachiale: la palpazione deve essere eseguita in corrispondenza della faccia anteriore della piega del gomito.

Radiale: viene percepito alla base del pollice

Ulnare: viene percepito alla base del palmo della mano, ma dalla parte opposta del pollice

 

Uso

 

Il conteggio nell’unità di tempo di queste “pulsazioni”, definite dalla differenza fra pressione arteriosa sistolica (massima) e pressione arteriosa diastolica (minima), definisce la frequenza cardiaca, cioè il numero di battiti cardiaci al minuto.

 

 

PERFUSIONE

 

In fisiologia, la perfusione è il processo in cui un corpo fornisce il sangue per il letto capillare sin nel tessuto.

 

I test che verificano la presenza di un’adeguata perfusione sono parte del processo di valutazione del paziente e vengono eseguiti da personale medico o di emergenza; i metodi più comuni includono la valutazione del colore della pelle, la temperatura corporea, il tempo di riempimento capillare, che è definito come il tempo necessario perché il colore del letto capillare visibile ritorni normale dopo aver applicato una pressione esterna.

 

Iperperfusione e ipoperfusione

 

I termini “iperperfusione” e “ipoperfusione” sono utilizzati per indicare il livello medio di perfusione che esiste in tutti i tessuti del corpo e non devono essere confusi con l’ipoperfusione e l’iperperfusione, che misurano il livello di perfusione rispetto a una necessità del tessuto momentanea e necessaria a soddisfare le esigenze metaboliche in una data situazione.

 

Il miocardio, per esempio, è generalmente classificato come iperperfuso perché normalmente riceve più sangue rispetto al resto dei tessuti nell’organismo. Nel caso delle cellule della pelle, l’aumento del flusso sanguigno viene utilizzato per la termoregolazione: oltre a fornire l’ossigeno, il flusso di sangue contribuisce a dissipare il calore in un corpo fisico reindirizzando il sangue caldo vicino alla sua superficie dove può contribuire a raffreddare un corpo attraverso la sudorazione e la dissipazione termica.

 

 

PRESSIONE ARTERIOSA MEDIA

 

La pressione arteriosa media è una pressione media che esprime l’andamento medio della pressione arteriosa nell’intervallo di tempo di un ciclo cardiaco. È il miglior indice di perfusione degli organi.

 

Si differenzia dalla pressione di pulsazione (in inglese pulse pressure), denominata anche pressione arteriosa differenziale.

 

 

 

PRESSIONE ARTERIOSA DIFFERENZIALE

 

La pressione di pulsazione o pressione arteriosa differenziale è definita come la differenza tra pressione sistolica, o massima, e pressione diastolica, o minima.

 

Si differenzia dalla pressione arteriosa media.

 

La pressione di pulsazione aumenta nei vasi periferici a causa di due importanti fattori: l’inferiore elasticità e le onde riflettorie. L’aorta possiede una fondamentale proprietà, ovvero una grande elasticità, la quale le permette di “tamponare” la pressione sistolica dilatandosi: la conseguenza è che la pressione sistolica viene limitata al valore di 120 mmHg (effetto Windkessel). Questa proprietà viene persa man mano che ci si allontana dai grandi vasi centrali e quindi la pressione sistolica aumenta notevolmente nella periferia, aumentando così la differenza di pressione. La seconda maniera con la quale la pressione sistolica aumenta è il sommarsi di diverse onde di pressione. Infatti, a un bivio, parte del sangue viene riflesso dalla ramificazione e assume quindi un movimento retrogrado, andandosi così a scontrare con le onde di sangue generate dal cuore durante la sistole. Queste onde si sommano e generano una pressione transmurale più alta, aumentando così la pressione di pulsazione. Un’immagine facile per fare un confronto: le due onde di sangue che si scontrano possono essere paragonate a due onde d’acqua in mare, le quali scontrandosi creano un’unica onda con un picco più alto.

 

 

SISTOLE

 

La sistole è una fase di contrazione di un tessuto muscolare. Fase opposta è la diastole cioè quella di rilassamento.

 

Descrizione

 

Si utilizza spesso in ambito cardiaco, ma è facile sentirla anche in riferimento ad altri organi: per esempio la “sistole caliciale” identifica la fase di contrazione dei calici renali per spremere le piramidi e aiutare il deflusso di urina.

 

Nella sistole atriale il sangue contenuto negli atri (le camere superiori) passa nei ventricoli, in seguito agli impulsi generati dal nodo senoatriale. Nell’elettrocardiogramma, la sistole atriale inizia poco dopo la rilevazione dell’onda P.

 

Nella sistole ventricolare, la contrazione dei ventricoli genera una pressione che fa fluire il sangue verso i polmoni e verso l’aorta (complesso QRS dell’elettrocardiogramma). Il volume di sangue che rimane nel ventricolo dopo la contrazione è detto Volume Telesistolico. L’incisura dicrotica corrisponde a un piccolo aumento della pressione aortica che si ha subito dopo il termine della sistole cardiaca, in corrispondenza della chiusura della valvola semilunare aortica.

 

 

DIASTOLE

 

La diastole è il periodo di rilassamento del muscolo cardiaco dopo la contrazione (sistole).

 

Descrizione

 

A seconda delle cavità cardiache interessate si parla di diastole ventricolare (rilassamento del ventricolo) o di diastole atriale (rilassamento dell’atrio).

 

Durante la diastole ventricolare, la pressione nei ventricoli (destro e sinistro) decresce dai valori del picco raggiunti durante la sistole e nel momento in cui la pressione del ventricolo sinistro va al di sotto della pressione dell’atrio sinistro, la valvola mitrale si apre e il sangue fluisce dall’atrio accumulandosi nel ventricolo (volume telediastolico).

 

Si usa l’aggettivo diastolico con riferimento al periodo di rilassamento del cuore tra due contrazioni muscolari ed è usato per definire una delle due componenti della misurazione della pressione sanguigna; pressione diastolica si riferisce infatti al valore pressorio del sangue arterioso più basso raggiunto durante il battito cardiaco (al contrario la pressione sistolica è il valore più alto).

 

Menzionando ad esempio una pressione sanguigna di 120/80 ci si riferisce infatti rispettivamente ai valori di sistole (120) e diastole (80), in mm di mercurio (mmHg).

 

 

PRESSIONE VENOSA PORTALE

 

La pressione venosa portale è la pressione sanguigna nella vena porta: è normalmente tra 5-10 mmHg. L’aumento della pressione venosa portale è definita ipertensione portale e può portare a complicanze, come ascite e encefalopatia epatica.

 

Pressione capillare venosa epatica (PCVE)

 

La PCVE viene utilizzata per stimare la pressione venosa portale, non riflettendo la pressione venosa epatica effettiva portale, ma la pressione sinusoidale. Viene determinata incuneando un catetere in una vena epatica, quindi si rileva pressione del sangue, che riflette la pressione nei sinusoidi; la PCVE infatti sottostima leggermente la pressione portale a causa della circolazione sinusoidale in pazienti senza cirrosi, anche se la differenza è clinicamente insignificante. Nei pazienti con fegato cirrotico le comunicazione intersinusoidali sono interrotte in modo tale che l’equilibrio della pressione sinusoidale non può essere mantenuto e così la PCVE diventa una misura molto più accurata della pressione venosa portale.

 

Gradiente di pressione venosa epatica (GPVE)

 

La GPVE è una misura clinica del gradiente di pressione tra la PCVE e le pressioni venose epatiche e quindi è una stima della differenza di pressione tra la vena porta e la vena cava inferiore. Una GPVE≥10 mmHg definisce clinicamente un’ipertensione portale e se il valore superasse i 12 mmHg potrebbero evidenziarsi delle emorragie in eventuali varici esofagee. Anche se non ampiamente dimostrato, si raccomanda di monitorarla nelle persone con malattia epatica cronica per valutare la risposta alla terapia.

 

 

BAROCETTORE

 

Barocettore è un termine generale che indica i recettori neurosensoriali, posti nei vasi sanguigni e nel cuore di molti mammiferi; sono dei meccanocettori che rispondono a variazioni pressorie del sistema cardiovascolare e intervengono nel funzionamento del riflesso barocettivo.

 

Fisiologia

 

I barocettori rispondono specificamente allo stiramento di parete del vaso e, nell’uomo, si dividono in:

 

recettori di bassa pressione (o recettori di volume) si localizzano nelle vene, nei vasi polmonari e nelle pareti del cuore, agendo direttamente nel rilevare le variazioni di volume del sangue.

 

recettori di alta pressione (o barocettori arteriosi seno-aortici) sono localizzati in due punti strategici: nell’arco aortico, poiché la pressione dell’aorta influenza il flusso di sangue in tutti gli organi del circuito sistemico, e nei seni carotidei, poiché la pressione delle carotidi influenza il flusso ematico al cervello, organo estremamente sensibile alle variazioni di flusso.

 

Quando la pressione trans-murale aumenta, i vasi sanguigni si espandono e le terminazioni sensoriali dei barocettori vengono stirate, inducendo una depolarizzazione dei terminali barocettivi; questi a loro volta generano dei potenziali d’azione, che vengono inviati al Sistema Nervoso Centrale mediante fibre afferenti. Ad un aumento della pressione equivale un aumento della frequenza di scarica e ad un abbassamento della pressione corrisponde una diminuzione della frequenza.

 

Lo stimolo barocettivo invia informazioni relative alla pressione vasale al Sistema Nervoso Centrale (SNC), il quale, a sua volta, esercita un controllo sulla funzione vascolare attraverso fibre del sistema nervoso autonomo e variazioni ormonali, i quali hanno come bersaglio il cuore e i vasi sanguigni. È importante ricordare che la risposta dei barocettori arteriosi è modulata dalla simultanea interazione – a livello centrale – di impulsi afferenti provenienti da altre aree reflessogene che coinvolgono meccanocettori cardiaci, recettori cardiopolmonari e chemocettori, tutti coinvolti nella regolazione finale della Pressione Arteriosa Media in relazione a variazioni di postura, esercizio fisico e dinamica respiratoria.

 

Compromissione dei barocettori

 

Sebbene la definizione di range di normalità non sia mai stata affrontata in modo sistematico nel soggetto giovane, la sensibilità barocettiva si riduce con l’avanzare dell’età ed è profondamente modificata da situazioni patologiche quali l’ipertensione, lo scompenso cardiaco e l’infarto miocardico. Nonostante esistano diversi metodi automatici implicati nella regolazione della Pressione arteriosa media, molti soggetti soffrono di ipertensione arteriosa sistemica. La realtà è che i barocettori sono parte del problema: in condizioni di ipertensione cronica, essi si adattano al maggiore valore pressorio e i meccanismi riflessi di regolazione lavorano quindi nel mantenere costante la pressione assestatasi ai nuovi elevati valori. Inoltre è stato dimostrato il ruolo dei riflessi barocettivi nel favorire la genesi di fenomeni aritmici, modulare la risposta emodinamica ad aritmie sostenute, e contribuire al peggioramento di numerosi disturbi del ritmo cardiaco.Infine, va considerato che l’attività fisica aerobica, in progresso tempore, modifica il riflesso barocettore, andando a diminuire l’attività ortosimpatica, a favore di quella parasimpatica. La risultante sarà una bradicardia, la quale diminuisce il carico di lavoro della pompa cardiaca, aumentando quindi la qualità di vita della persona.

 

 

SISTEMA CHININA – CALLICREINA

 

Il sistema chinina-callicreina, o più semplicemente sistema delle chinine è un sistema poco caratterizzato di proteine del sangue, che svolge un ruolo nell’infiammazione, nel controllo della pressione arteriosa, nella coagulazione del sangue e nel dolore. I suoi importanti mediatori bradichinina e callidina sono dei vasodilatatori e agiscono su molti tipi cellulari.

 

Componenti

 

Il sistema consiste di un numero di grandi proteine, di alcuni piccoli polipeptidi e di un gruppo di enzimi che attivano e disattivano i composti.

 

Proteine

 

Il chininogeno ad alto peso molecolare (HMWK) e il chininogeno a basso peso molecolare (LMWK) sono precursori dei polipeptidi. Tali sostanze sono esse stesse attive.

 

HMWK viene prodotto dal fegato assieme alla precallicreina (vedere sotto), agisce come cofattore sulla coagulazione e sull’infiammazione e non possiede attività catalitica intrinseca.

LMWK viene prodotto localmente da numerosi tessuti e viene secreto assieme alla callicreina tissutale.

 

Polipeptidi

 

– La bradichinina (BK), che agisce sui recettori B2 e lievemente sui recettori B1, viene prodotta quando la callicreina la rilascia dal HMWK. La bradichinina è un nonapeptide con la seguente sequenza degli aminoacidi Arg-Pro-Pro-Gly-Phe-Ser-Pro-Phe-Arg.

– La callidina (KD) viene rilasciata dal LMWK dalla callicreina tissutale. Si tratta di un decapeptide.

 

Enzimi

 

– La callicreina (sia tissutale che plasmatica) è una serin-proteasi che libera chinine (BK e KD) dai chininogeni. La precallicreina è il precursore della callicreina plasmatica. Questo precursore può attivare le chinine solo dopo essere stato a sua volta attivato dal fattore XII o da altri stimoli.

Di carbossipeptidasi sono presenti due forme: la forma N si trova in circolo e la forma M è legata alle membrane. Entrambe rimuovono i residui di arginina presenti all’estremità carbossilica di BK e di KD.

– L’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE), chiamato anche chininasi II, inattiva un certo numero di mediatori peptidici, compresa la bradichinina. L’enzima è meglio conosciuto come attivatore dell’angiotensina.

– L’endopeptidasi neutrale disattiva anche chinine e altri mediatori.

 

Farmacologia

 

L’inibizione dell’ACE con ACE-inibitori porta a riduzione dell’angiotensina (un vasocostrittore), ma anche ad aumento della bradichinina, a causa della diminuita degradazione. Ciò spiega perché alcuni pazienti in terapia con ACEi sviluppano una tosse secca, mentre altri reagiscono con angioedema, un pericoloso gonfiore a carico della testa e del collo.

 

Secondo le ipotesi, molti dei benefici effetti degli ACE-inibitori sarebbero dovuti alla loro azione sul sistema chinina-callicreina. Questi effetti comprendono quelli nell’ipertensione arteriosa, nel rimodellamento ventricolare (dopo infarto miocardico) e probabilmente nella nefropatia diabetica.

 

Ruolo nella malattia

 

I difetti del sistema chinina-callicreina nelle malattie non vengono generalmente riconosciuti. Questo sistema è l’oggetto di molte ricerche, a causa della sua relazione con i sistemi dell’infiammazione e della pressione arteriosa.

 

 

SISTEMA RENINA -ANGIOTENSINA (SRAA)

 

Il sistema renina-angiotensina-aldosterone (SRAA) è un meccanismo ormonale che regola la pressione sanguigna, il volume plasmatico circolante (volemia) ed il tono della muscolatura arteriosa attraverso diversi meccanismi.

 

Attivazione

 

La renina è prodotta dalle cellule iuxtaglomerulari del rene in seguito a determinati stimoli:

 

riduzione del volume sanguigno circolante (ipovolemia);

bassa pressione arteriosa (ipotensione);

stimoli da parte del sistema nervoso ortosimpatico;

altri stimoli anche di natura patologica.

 

Il sistema può essere attivato qualora si verifichi una perdita di volume del sangue o una caduta di pressione (ad esempio in seguito ad un’emorragia.)

 

Se diminuisce la perfusione dell’Apparato iuxtaglomerulare dei reni, le cellule iuxtaglomerulari rilasciano un enzima, la renina.

 

La renina converte un peptide inattivo, l’angiotensinogeno, in angiotensina I; quest’ultimo peptide viene convertito a sua volta in angiotensina II dall’enzima di conversione dell’angiotensina I o ACE (dall’inglese angiotensin-converting enzyme), presente principalmente a livello dei capillari polmonari.

 

L’angiotensina II è il principale prodotto bioattivo del sistema renina-angiotensina ed ha un’azione ormonale sia endocrina, sia autocrina/paracrina, che intracrina.

 

Effetti

 

L’angiotensina II, a differenza dell’angiotensina I, è molto potente in termini di varietà di effetti esercitati sull’organismo.

 

È un potente vasocostrittore.

A livello renale costringe tutte le arteriole del glomerulo, esplicando un effetto sia sulle arteriole efferenti che su quelle afferenti, prevalendo su queste ultime. La costrizione delle arteriole afferenti determina un incremento della resistenza arteriolare, con conseguente aumento della pressione sistemica e diminuzione del flusso sanguigno (nel glomerulo). Nonostante la caduta di flusso i reni possono continuare la loro attività di ultrafiltrazione grazie a meccanismi che mantengono elevata la pressione glomerulare e costante il GFR (grazie alla vasocostrizione delle arteriole efferenti maggiormente delle afferenti, ad opera dell’angiotensina II).

Nella corteccia della ghiandola surrenale, causa il rilascio di aldosterone. Questo ormone agisce sui tubuli renali a livello del tubulo contorto distale e del dotto collettore, favorendo il riassorbimento di sodio dall’urina; nel contempo, per un fenomeno di scambio, idrogenioni (H+) vengono secreti nel tubulo.

– L’aldosterone agisce a livello del Sistema nervoso centrale, contribuendo ad aumentare il senso di appetito per il salato ed il senso della sete.

Facilita il rilascio dell’ormone antidiuretico, la vasopressina, per opera dell’ipotalamo. L’ormone antidiuretico agisce sul tubulo collettore inducendolo a riassorbire acqua.

 

Tutti questi effetti hanno l’azione comune di aumentare la quantità di liquido nel sangue aumentandone la sua pressione.

 

Significato clinico

 

Il sistema renina-angiotensina è spesso oggetto di interventi di tipo clinico per il trattamento dell’ipertensione. Gli ACE-inibitori vengono sovente utilizzati per limitare la produzione dell’angiotensina II. L’Aliskiren è un inibitore diretto della renina.

 

Al contrario, gli antagonisti dei recettori dell’angiotensina II (ARBs) vengono usati per inibire gli effetti dell’angiotensina, che viene normalmente prodotta ma inibita nelle sue azioni sulle cellule bersaglio.

 

L’utilizzo combinato degli ACE-inibitori e degli ARBs viene definito “doppio blocco” ed usato in alcuni pazienti in insufficienza renale cronica.

 

16-192 K

 

 

VASOCOSTRITTORE

 

Si dice vasocostrittore o anche vasopressore, qualunque sostanza che agisce per causare una vasocostrizione dei vasi sanguigni (diminuzione del lume, ovvero il diametro del vaso sanguigno attraverso cui scorre il sangue) e talvolta provocando un aumento della pressione sanguigna. Il processo opposto, la vasodilatazione, è l’aumento di capienza dei vasi sanguigni. I vasocostrittori sono usati in medicina per trattare l’ipotensione.

 

Molti vasocostrittori agiscono su specifici recettori, come i recettori della vasopressina o gli adrenorecettori. I vasocostrittori sono anche usati clinicamente per alzare la pressione sanguigna o per ridurre l’irrorazione locale di sangue. L’esposizione a livelli di stress moderatamente alti induce anch’essa una vasocostrizione.

 

La vasocostrizione avviene anche nei vasi sanguigni superficiali degli animali a sangue caldo quando la temperatura ambientale è rigida; ciò devia il flusso del sangue verso gli organi interni dell’animale, evitando l’eccessiva dispersione di calore e salvaguardando l’irrorazione degli organi vitali.

 

Molti vasocostrittori causano anche la dilatazione della pupilla.

 

Esempi di vasocostrittori

 

I vasocostrittori possono essere sistemici o topici. Per esempio, la fenilefrina è disponibile sia come sistemico (pastiglie da ingerire per via orale come il Sudafed PE), che come topico (come gli spray per il naso tra cui si ricorda la Neo-sinefrina, e colliri per la dilatazione delle pupille)

 

Adenosintrifosfato

Adrenalina

Antistaminico

Catecolammine

Cocaina

Dimetilarginina asimmetrica

Endotelina

Fenilefrina, ideale per avere una midriasi farmacologica senza concomitante cicloplegia

Freddo

Illuminazione artificiale

Acido lisergico

Neuropeptide Y

Nicotina

Norepinefrina

Decongestionanti come l’Oximetazolina

Pseudoefedrina

Elevati livelli di rumore

Tetraidrossolina idroclorito

Trombossano

 

 

VASODILATATORE

 

Un vasodilatatore è un tipo di farmaco, una sostanza che provoca dilatazione del lume vasale, con conseguente aumento del flusso sanguigno per decontrazione della muscolatura liscia.

 

Meccanismo d’azione

 

Secondo il loro meccanismo d’azione, i vasodilatatori vengono raggruppati in spasmolitici, ipotensivi e colinergici. I farmaci vasodilatatori importanti in terapia sono gli ipotensivi che, pur attraverso molteplici meccanismi d’azione, provocano una vasodilatazione nel distretto viscerale con conseguente caduta della pressione. La vasodilatazione è evidente soprattutto a livello delle arteriole e si determina per stimolazioni fisiche o farmacologiche che eccitano il sistema vegetativo parasimpatico, o per azione di farmaci vasodilatatori. Un esempio di sostanza vasodilatatrice è l’alcol etilico, e un altro esempio di farmaco vasodilatatore è il minoxidil.

 

 

 

AUTOREGOLAZIONE

 

 

L’autoregolazione è un processo di molti sistemi biologici, risultante da un meccanismo interno adattativo che funziona per regolare o ridurre la risposta agli stimoli nei diversi sistemi. Mentre la maggior parte dei sistemi mostrano un certo grado di autoregolazione, la cosa è più chiaramente osservata nel rene, nel cuore e nel cervello. La perfusione di questi organi è essenziale per la vita e attraverso l’autoregolazione si può deviare il sangue, e pertanto l’ossigeno, dove è più necessario.

 

1) Meccanismo miogenico

 

Il meccanismo miogenico è il modo in cui arterie ed arteriole reagiscono ad un aumento o diminuzione della pressione sanguigna per mantenere costante il flusso di sangue all’interno dei vasi sanguigni.

 

Il muscolo liscio dei vasi sanguigni reagisce allo stiramento del muscolo aprendo i canali ionici, che causano la depolarizzazione del muscolo, portando alla contrazione muscolare: ciò riduce significativamente il volume di sangue in grado di passare attraverso il lume, che a sua volta riduce il flusso di sangue attraverso il vaso sanguigno. Al contrario, quando la muscolatura liscia del vaso sanguigno si rilassa, i canali ionici si chiudono con conseguente vasodilatazione dei vasi sanguigni, questo aumenta la velocità di flusso attraverso il vaso. Questo sistema è particolarmente importante nei reni, dove il tasso di filtrazione glomerulare, cioè la velocità di filtrazione del sangue da parte del nefrone, è particolarmente sensibile ai cambiamenti di pressione sanguigna. Tuttavia, con l’aiuto del meccanismo miogenico, la velocità di filtrazione glomerulare diviene meno sensibile alle variazioni di pressione.

 

Il meccanismo miogenico nel rene sono parte del meccanismo di autoregolazione che mantiene costante il flusso ematico renale al variare della pressione arteriosa. L’autoregolazione della pressione glomerulare e di filtrazione indica la regolazione delle resistenze preglomerulari. Studi sperimentali sono stati condotti per valutare i due meccanismi nel rene, la risposta miogenica e il feedback tubuloglomerulare.

 

Un modello matematico ha dimostrato una buona autoregolazione attraverso il meccanismo miogenico, inteso a mantenere una tensione costante nella parete in ogni segmento dei vasi preglomerulari. Il feedback tubuloglomerulare dà una scarsa autoregolazione. Il meccanismo miogeno modula cambiamenti di resistenza decrescenti, a partire dalle arterie più grandi e successivamente sino vasi preglomerulari a valle per aumentare la pressione arteriosa. Questo risultato è stato sostenuto da misurazioni con micropunture nelle arterie interlobulari terminali; la prova che il meccanismo era miogenico è stata ottenuta esponendo il rene ad una pressione “subatmosferica” di 40 mmHg; questo ha portato ad un aumento immediato delle resistenze renali, che non poteva essere impedito da denervazione o da vari agenti bloccanti.

 

2) Feedback tubuloglomerulare

 

Il feedback tubuloglomerulare (o tubulo-glomerulare) è un meccanismo di autoregolazione del Flusso Ematico Renale e della velocità di filtrazione glomerulare (VFG) dipendente dal flusso, da non confondere con l’equilibrio o bilancio glomerulo-tubulare. Si attua tramite variazioni del calibro dell’arteriola afferente date dai sistemi renina-angiotensina e della macula densa.

 

Prime teorie

 

In passato si ipotizzava che questo meccanismo fosse innescato da altre sostanze che mediano le modificazioni della resistenza nelle arteriole renali, quali l’adenosina, che a livello delle arterie renali agisce come vasocostrittore, l’ATP (adenosina trifosfato), che costringe selettivamente l’arteriola afferente, e l’ossido nitrico, un vasodilatatore prodotto dalla stessa macula densa.

 

Panoramica

 

La normale funzione renale richiede che il flusso attraverso il nefrone venga mantenuta entro un intervallo ristretto. Quando la velocità di filtrazione glomerulare (VFG) risulta al di fuori di questo intervallo, la capacità del nefrone di mantenere i soluti e il bilancio idrico viene compromessa. Inoltre, le variazioni di VFG possono derivare da variazioni del flusso plasmatico renale (FPR), che a sua volta deve essere mantenuto entro i limiti ristretti. Un’elevata VFG può danneggiare il glomerulo, mentre una ridotta FPR può privare il rene di ossigeno. Il feedback tubuloglomerulare fornisce un meccanismo attraverso il quale i cambiamenti del VFG possono essere rilevati e rapidamente corretti, sia minuto per minuto così come per periodi prolungati.

 

Il regolamento della VFG richiede che vi sia un meccanismo di rilevamento appropriato, nonché uno effettore in grado di correggere. La macula densa serve come rilevatore, mentre il glomerulo funge da effettore. Quando la macula densa rileva un VFG elevata, rilascia diverse molecole che portano il glomerulo a ridurre rapidamente il suo tasso di filtrazione. (Tecnicamente, la macula densa rileva un VFGSN, velocità filtrazione glomurulare singolo nefrone, ma qui viene utilizzato VFG per semplicità).

 

Meccanismo

 

La macula densa è un denso insieme di cellule epiteliali in cui la posizione consente di modificare rapidamente la resistenza glomerulare in risposta ai cambiamenti della portata attraverso il nefrone distale.

 

La macula densa utilizza la composizione del fluido tubolare come indicatore della VFR. Una grande concentrazione di cloruro di sodio è indicativo di una VFR elevata, mentre una bassa concentrazione di cloruro di sodio indica un VFR diminuita. Il cloruro di sodio viene rilevata dalla macula densa da un apicale cotrasportatore Na-K-Cl. Il rilevamento dei livelli elevati di cloruro di sodio stimola il rilascio di molecole di segnalazione dalla macual densa, portando un calo della VFR. Questo calo è pensato per essere mediato in gran parte da vasocostrizione dell’arteriola afferente.

 

Il rilevamento da parte della macula densa di cloruro di sodio elevata, il che porta ad una diminuzione della VFR, si basa sul concetto di segnalazione purinergica. L’ATP può essere rilasciato dalle cellule attraverso canali pannexina. L’ATP extracellulare viene convertito in adenosina, che si lega ai recettori per l’adenosina sulle cellule del mesangio extraglomerulare, innescando un aumento dei livelli intracellulari di calcio. Questo segnale del calcio è poi propagato mediante una giunzione comunicante alle cellule adiacenti, comprese le cellule dell’apparato iuxtaglomerulare e le cellule muscolari vascolari lisce della afferente, con una conseguente vasocostrizione della arteriola afferente e una diminuzione nel rilascio della renina. Entrambe queste modifiche tendono per diminuire la VFR.

 

Modulazione

 

Vi sono diversi fattori che possono modulare la sensibilità del feedback tubuloglomerulare. Una diminuita sensibilità comporta una maggiore perfusione tubolare, mentre un aumento della sensibilità in una bassa perfusione tubolare.

 

I fattori che diminuiscono la sensibilità del feedback tubuloglomerulare includono:

 

Peptide natriuretico atriale

Monossido di azoto

Adenosina monofosfato ciclico

Prostacicline

Dieta ricca di proteine

 

I fattori che aumentano la sensibilità del feedback tubuloglomerulare includono:

 

Adenosina

Trombossani

5-HETE

Angiotensina II

Prostaglandina E2

 

 

 

PARAGANGLIO

 

I paragangli sono piccoli agglomerati di cellule neuroendocrine diffusi in tutto il corpo dalla base del cranio fino al coccige. Alcuni connessi al sistema nervoso simpatico e altri a quello parasimpatico. La più grande raccolta di queste cellule si trova nella midollare del surrene e nell’organo di Zuckerkandl a livello dell’arteria mesenterica.

 

Si dividono in due tipologie principali:

 

Paragangli collegati ai grandi vasi della testa e del collo, la cosiddetta catena aortopolmonare, che comprende corpi carotidei, corpi aortici, gangli giugulotimpanici, ganglio nodoso del nervo vago e agglomerati organizzati attorno alla cavità orale, naso, rinofaringe, laringe e orbita. Essi sono innervati dal sistema nervoso parasimpatico. Sembra svolgano un ruolo importante nel monitorare lo stato di ossigenazione e di anidride carbonica nella circolazione sanguigna e sono quindi in grado di modificare il calibro vascolare in seguito a determinati segnali.

 

Paragangli paravertebrali, localizzati nella regione addominale ed ai lati della catena vertebrale. I gruppi più grandi costituiscono la regione midollare delle ghiandole surrenali. Hanno connessioni con il sistema nervoso simpatico e sono cromaffini. Producono quindi catecolamine (adrenalina, noradrenalina e dopamina). Svolgono probabilmente la funzione di effettori del sistema nervoso simpatico.

 

Patologia

 

Il tumore che si forma dai paragangli prende il nome di paraganglioma.

 

 

CORPO AORTICO

 

Il corpo aortico è uno dei numerosi piccoli gruppi di chemocettori, barocettori e cellule di supporto situati lungo l’arco aortico.

 

Alcune fonti equiparano i “corpi aortici” e i “corpi paraaortici”, mentre altre fonti li distinguono esplicitamente. Quando viene fatta una distinzione, i “corpi aortici” sono chemocettori che regolano il sistema circolatorio, mentre i “corpi paraaortici “sono le cellule cromaffini che producono catecolamine.

 

Funzione

 

Misura i cambiamenti della pressione sanguigna e della composizione del sangue arterioso, comprese le pressioni parziali di ossigeno, di anidride carbonica e il pH. I chemocettori responsabili dei cambiamenti di rilevamento dei gas ematici sono chiamati cellule dei glomi.

 

È connesso al midollo allungato tramite i rami afferenti del nervo vago. Il midollo, a sua volta, regola la respirazione e la pressione sanguigna.

 

Le alterazioni più frequenti sono dei tumori, i paragangliomi

 

 

CORPO CAROTIDEO

 

 

Un corpo carotideo (detto anche glomo carotideo o glomus caroticum) è una piccola massa di chemocettori periferici e cellule di supporto situate bilateralmente vicino alla biforcazione delle arterie carotidi comuni.

 

I glomi carotidei avvertono i cambiamenti della composizione del sangue che scorre nelle molte arteriole che li irrorano, soprattutto la pressione parziale di ossigeno, ma anche di CO2. Inoltre, sono sensibili al cambiamento di pH e pressione.

 

Importante è notare come ogni glomo sia irrorato da una sua specifica arteriola e che quindi in ogni momento queste strutture sono sempre esposte a sangue di tipo arterioso e non venoso, e che di conseguenza la loro pressione parziale di ossigeno è quella arteriosa e non venosa.

 

Composizione

 

I glomi sono composti da due tipi di cellule, chiamate cellule dei glomi: cellule dei glomi di tipo I e cellule dei glomi di tipo II.

 

– Cellule dei glomi di tipo I: derivano dalla cresta neurale, che a sua volta deriva dall’ectoderma. Rilasciano vari neurotrasmettitori, tra cui acetilcolina, ATP e dopamina, che manda potenziali eccitatori a neuroni posti nel centro respiratorio.

– Cellule dei glomi di tipo II: fondamentalmente cellule di supporto.

 

Funzioni

 

I glomi carotidei fungono da sensori: rispondono a certi stimoli, principalmente alla variazione di concentrazione di ossigeno nel sangue. Le fibre afferenti decorrono nei nervi di Hering, poi passano ai nervi glosso faringei ed infine giungono al GRD del bulbo.

 

Stimoli

 

Mentre i chemocettori centrali, situati nel SNC, sono molto sensibili alla variazione di anidride carbonica, i chemocettori periferici sono preposti a controllare il livello di ossigeno.

 

Quando la pressione parziale di ossigeno scende al di sotto del normale, i glomi vengono intensamente stimolati. La frequenza di questi impulsi è particolarmente sensibile alle variazioni di ossigeno tra 30 e 60 mmHg, che è l’ambito nel quale la saturazione di emoglobina si riduce rapidamente.

 

Risposte dell’organismo

 

La stimolazione respiratoria mediata dei chemocettori periferici è fino a 5 volte più rapida di quella mediata dai chemocettori centrali nei centri respiratori. Questo può giocare un ruolo importante nella risposta ventilatoria all’inizio di un esercizio muscolare.

 

La ventilazione alveolare aumenta al diminuire della pressione parziale di ossigeno nel sangue, senza che quella dell’anidride carbonica venga modificata. Fino a 100 mmHg la ventilazione rimane costante, ma al diminuire della pressione aumenta notevolmente, arrivando a raddoppiare a 60 mmHg ed a quintuplicarsi in situazioni di estrema carenza di ossigeno.

 

 

CELLULE DEI GLOMI

 

Le cellule dei glomi (tipo I) sono dei chemiorecettori periferici, situati principalmente nei corpi carotidei e corpi aortici, che aiuta il corpo a regolare la respirazione. Quando vi è una diminuzione del pH nel sangue, una diminuzione della pressione parziale di ossigeno (pO2) o un aumento di anidride carbonica (pCO2), i corpi carotidei e i corpi aortici segnalano al midollo allungato, specificamente nel centro inspiratorio dorsale del midollo allungato, per aumentare il volume e la velocità della respirazione. Le cellule dei glomi hanno un alto tasso metabolico, una buona perfusione sanguigna e quindi sono sensibili alle variazioni di tensione dei gas nel sangue arterioso. Tali cellule sono molto simili strutturalmente ai neuroni e in effetti derivano dalla cresta neurale, mentre le cellule di tipo II sono simili come funzione alla neuroglia.

 

I gangli autonomici innervano le cellule gliomiche e alcuni gangli simpatici presinaptici. Le fibre nervose raccolgono i segnali inviati dalle cellule glomiche e li trasmettono al sistema nervoso centrale per il trattamento.

 

L’informazione entro i chemocettori è mediata dal rilascio di neurotrasmettitori dalle cellule gliomiche, tra dopamina, noradrenalina, acetilcolina, sostanza P, peptide intestinale vasoattivo ed encefaline. La vasopressina inibisce la risposta delle cellule glomiche all’ipossia, presumibilmente perché la solita risposta all’ipossia è la vasodilatazione, che in caso di ipovolemia deve essere evitata. Inoltre, le cellule dei glomi sono altamente reattive all’angiotensina II attraverso i recettori AT1.

 

 

CURVA DELLA FUNZIONE CARDIACA

 

La curva della funzione cardiaca è un grafico che mostra la relazione tra pressione atriale destra asse delle x e la gittata cardiaca asse delle y. È un grafico che spiega la relazione tra pressione venosa centrale/pressione dell’atrio destro e la gittata cardiaca.

 

La sovrapposizione della curva di funzione cardiaca e della curva del ritorno venoso è utilizzato in un modello emodinamico.

 

Aspetto della curva

 

Essa mostra una curva ripida a pressioni relativamente basse di riempimento e quindi un plateau, in cui un ulteriore allungamento non è possibile e così ulteriori aumenti della pressione avranno uno scarso effetto sulla gittata. Le pressioni che si trovano nella posizione ripida della curva stanno all’interno del range di normalità della curva di pressione atriale destra: questo intervallo è

circa -1 e +2 mmHg. Pressioni superiori normalmente si riscontrano solo in certe malattie, come l’insufficienza cardiaca, in cui il cuore non riesce a pompare avanti tutto il sangue e così la pressione si accumula nell’atrio destro e nelle grandi vene.

 

Alle basse pressioni dell’atrio destro questo grafico costituisce la dimostrazione della Legge di Frank-Starling: più sangue sarà entrato più ne sarà eiettato, garantendo l’equilibrio tra il precarico (ritorno venoso) e la gittata cardiaca.

 

Cambiamenti nella curva di funzione cardiaca

 

Nel cuore umano tuttavia, fattori estrinseci come un aumento dell’attività dei sistema simpatico, e una diminuzione del tono vagale portano ad un aumento della frequenza cardiaca e della contrattilità, ciò altera la curva di funzione cardiaca, spostandola verso l’alto, permettendo al cuore di far fronte alla gittata cardiaca relativamente alla bassa pressione atriale destra. Otteniamo ciò che è nota come una famiglia di curve di funzione cardiaca, così se la frequenza cardiaca aumenta prima di raggiungere il plateau, la pressione atriale destra deve aumentare per allungare al massimo le fibre e ottenere l’effetto di Frank-Starling.

 

In vivo l’effetto simpatico all’interno del miocardio è probabilmente più evidente nel nodo senoatriale sino alle fibre del Purkinje, mentre il parasimpatico è probabilmente meglio descritta da influenza del nervo vago e dei gangli spinali.

 

 

CURVA DEL RITORNO VENOSO

 

La curva del ritorno venoso è la velocità del flusso sanguigno che ritorna al cuore. Normalmente può limitare la gittata cardiaca. La sovrapposizione della curva della funzione cardiaca e della curva del ritorno venoso è utilizzata in un modello emodinamico.

 

Fisiologia

 

Il ritorno venoso è il flusso retrogrado che riporta il sangue al cuore. In condizioni di riposo, il ritorno venoso deve essere uguale alla gittata cardiaca, perché il sistema cardiocircolatorio è essenzialmente un circuito chiuso. In caso contrario, il sangue si accumulerebbe sia nella circolazione sistemica o nella circolazione polmonare; anche se la gittata cardiaca e il ritorno venoso sono interdipendenti, ognuno di loro può essere regolato in modo indipendente. Il sistema circolatorio è infatti costituito dalle due circolazioni (polmonari e sistemica) poste in serie fra il ventricolo destro (VD) e il ventricolo sinistro (VS). L’equilibrio è raggiunto, in gran parte, per la legge di Frank-Starling.

 

In emodinamica, il ritorno venoso al cuore dal letto vascolare venoso è determinato da un gradiente di pressione (pressione venosa – pressione atriale destra) e dalle resistenze venose: infatti, una diminuzione della pressione atriale destra o delle resistenze venose porterà ad un aumento del ritorno venoso, tranne quando i cambiamenti sono determinati dalla postura. Si potrebbe dire altrettanto bene che il ritorno venoso è determinato dalla pressione aortica media – la pressione media atriale destra, diviso per le resistenze vascolari sistemiche.

 

Alcuni fisiologi per chiarire il quadro un po’ confuso dei termini usati per definire il ritorno venoso, lo correlano alle influenze più misurabili della gittata cardiaca, come la pressione e il volume telediastolico che sono a loro volta influenzati dallo stato del volume, dalla capacità venosa, dalla compliance ventricolare e da terapie venodilatanti.

 

Fattori che influenzano il ritorno venoso

 

– La pompa muscolare: contrazione ritmica dei muscoli degli arti, come avviene durante la normale attività motoria ( come camminare, correre, nuotare) favorisce il ritorno venoso per il meccanismo della pompa muscolare;

– La diminuzione della capacitanza venosa: l’attivazione simpatica delle vene diminuisce la compliance venosa, aumenta il tono venoso e la pressione venosa centrale e favorisce il ritorno venoso indirettamente aumentando la gittata cardiaca attraverso il meccanismo di Frank-Starling;

– La pompa respiratoria: durante l’inspirazione, la pressione intratoracica è negativa (inspirazione di aria nei polmoni), e la pressione addominale è positiva (compressione degli organi addominali attraverso il diaframma). Questo crea un gradiente pressorio tra le parti sovra- e sotto-diaframmatiche della vena cava inferiore, aspirando il sangue verso l’atrio destro e aumentando il ritorno venoso.

Compressione della vena cava: un aumento nella resistenza della vena cava, come avviene quando la vena cava toracica si comprime durante la manovra di Valsalva o al termine della gravidanza, diminuisce ritorno.

La gravità: gli effetti della gravità sul ritorno venoso possono sembrare paradossali, perché quando una persona si alza, le forze idrostatiche diminuiscono la pressione atriale destra e aumentano la pressione venosa degli arti inferiori. Questo aumenta il gradiente di pressione per il ritorno venoso dagli arti verso l’atrio destro; tuttavia, il ritorno venoso in realtà diminuisce. La ragione di questo sta nel fatto che quando una persona è seduta, la gittata cardiaca e la pressione arteriosa diminuiscono (poiché la pressione atriale destra diminuisce): il flusso attraverso la circolazione sistemica è basso perché la pressione arteriosa si abbassa oltre la pressione atriale destra e quindi il gradiente di flusso nell’intero sistema circolatorio viene diminuito in toto;

Azione di pompaggio del cuore: durante il ciclo cardiaco le variazioni della pressione atriale destra possono modificare la pressione venosa centrale (PVC), perché non ci sono valvole tra gli atri del cuore e le grandi vene. La PVC riflette quindi la pressione atriale destra, pertanto pressione atriale destra influenza anche il ritorno venoso.

 

 

CALCOLO DELL’AREA VALVOLARE AORTICA

 

Il calcolo dell’area valvolare aortica è un metodo indiretto per determinare l’area della valvola aortica. L’area dell’orifizio aortico viene calcolata per valutare la gravità della stenosi aortica: se l’area valvola è inferiore a 0,8 cm² è considerata una stenosi aortica.

 

Ci sono diversi modi per calcolare l’area della valvola nella stenosi aortica, ma i metodi più comunemente utilizzati riguardano le misurazioni effettuate durante l’ecocardiografia. Per l’interpretazione di questi valori, l’area è generalmente collegata alla superficie corporea, per arrivare al calcolo ottimale dell’orifizio della valvola.

 

Si sono recentemente sviluppate delle tecniche per la valutazione in Ecocardiografia tridimensionale, caratterizzate da una approssimazione all’area valvolare reale molto alta.

7 Risposte a “APP. CARDIOCIRCOLATORIO – 4°”

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