AMPLIFICATORI DI PICCOLA POTENZA
26 – 28 MHz
Le valvole da impiegare nella realizzazione di un amplificatore lineare affinchè possa dare in uscita una discreta potenza debbono soddisfare a questa precisa condizione: che siano in grado di sopportare tensioni anodiche dell’ordine dei 900-1000 volt ed erogare all’incirca 200-250 mA di Placca.
Ebbene dopo queste considerazioni di carattere pratico,se si controllano attentamente le caratteristiche di funzionamento delle valvole che venivano impiegate in TV per la deflessione orizzontale (in particolare se prendiamo quelle che venivano usate nella TV a colori ),noteremo che esse rientrano esattamente nella categoria che stiamo prendendo in considerazione anche se non sono state costruite espressamente per lo scopo di nostro interesse.
Con una sola di queste valvole siamo riusciti ad ottenere una potenza effettiva aggirantesi attorno ai 150-200 watt,per passare ai 350-400 watt utilizzando due valvole, 550-600 watt con tre valvole e 800-850 watt impiegando 4 valvole.
Il prezzo di queste valvole è anche abbastanza contenuto.
Le valvole che possiamo usare sono le seguenti: 6GB5, 6GE5, EL 505 PHILIPS , EL3010 SIEMENS, 6DQ5,6KD6, 6HF5, 6KG6, 6LQ6, 6JS6, 6JE6, EL 509.
Le caratteristiche che abbiamo riportato mostrano come tale tipo di valvola possa sopportare tensioni massime di 990 volt, per cui anche facendole lavorare sugli 850 volt,resta ancora un certo margine di sicurezza a tutto vantaggio della durata della valvola.
Non è detto però che sia obbligatorio far lavorare il tubo ad una simile tensione anzi è possibile limitare l’alimentazione a 500-600 volt,ma in questo caso ovviamente diminuisce pure la potenza fornita in uscita che da 200 watt scenderà a 120-130 watt e quindi per ottenere gli 800 watt denunciati non saranno più sufficienti 4 valvole.
Inoltre la soluzione di alimentare queste valvole con una tensione di 500 volt presenta una non trascurabile difficoltà consistente nel fatto che la corrente di placca per ottenere 800 watt si aggirerebbe sui 1,6 ampere e quindi l’impedenza di carico più appropriata risulterebbe di circa 200 ohm,impedenza questa non facilmente adattabile ai comuni circuiti di accordo.
Le GRIGLIE CONTROLLO,affinchè le valvole funzionino come amplificatore in Classe B,debbono risultare polarizzate negativamente rispetto alla massa e a tale scopo vengono alimentate da una tensione negativa di circa 25 volt.
L’alimentatore necessario per provvedere a tale polarizzazione,dovrà essere realizzato in modo che la suddetta possa essere variata affinchè,in condizioni di riposo,la corrente anodica per ogni valvola si aggiri sui 20-25 mA.
Normalmente la tensione negativa esistente sulla griglia è contenuta sui 7-9 volt.
Le rimanenti griglie,vale a dire quelle SCHERMO e SOPPRESSORE,vanno collegate direttamente a massa.
Bisogna però aggiungere che in certe valvole come la 6GB5,la griglia soppressore risulta collegata internamente al catodo; questo fatto non comporta alcuna variante sostanziale al circuito,ma occorrerà solamente,in questo particolare caso,regolare la tensione di polarizzazione della griglia controllo in modo da ottenere,a riposo,una corrente anodica adatta a far funzionare la valvola nelle migliori condizioni,cioè senza produrre distorsioni del segnale da amplificare.
Dalla Placca delle valvole (la placca è connessa col cappuccio metallico situato sul bulbo di vetro del tubo) verrà prelevato il segnale di AF da inviare al circuito di accordo a Pi-greco.
Per motivi di sicurezza e per poter controllare separatamente ogni valvola durante il suo funzionamento,su ogni placca viene inserito uno strumentino da 300 mA fondo scala.
L’Alta Frequenza prelevata da ogni placca viene inviata al circuito di sintonia attraverso quattro condensatori ad alto potere isolante (2.000 volt/lavoro in C.A.) il cui valore può essere scelto tra i 3.300 – 4.700 – 5.000 pF.
Per evitare eventuali oscillazioni parassite,in serie alla alimentazione di ogni placca vengono inserite delle impedenze soppressori,indicate con Z1-Z2-Z3-Z4.
ALIMENTAZIONE
Per alimentare questo amplificatore sarà opportuno impiegare due trasformatori,uno esclusivamente per l’alta tensione ed uno per alimentare i filamenti e fornire la tensione negativa di griglia.
Il primo trasformatore dovrà possedere un nucleo adatto per i 1.000 watt ed ovviamente provvisto di un primario adatto per la tensione di rete ed un secondario in grado di erogare 800 volt con 900 mA necessari per l’alimentazione delle valvole.
Per raddrizzare la corrente alternata,bisognerà scegliere un raddrizzatore in grado di sopportare almeno 1.500 volt con una corrente di 1 ampere.
Potremo anche usare dei condensatori elettrolitici da 500 volt lavoro,ma si dovranno scegliere per ogni cella di filtro 4 elettrolitici da 8 microfarad posti in serie.
Per il secondo trasformatore ,quello che serve all’alimentazione dei filamenti e per fornire la tensione negativa,occorrerà impiegare un nucleo da 100 watt.
Ricordatevi che se intendete realizzare l’amplificatore con 4 valvole in parallelo,dovrete avvolgere un secondario da 25,2 volt 3 ampere considerato che le valvole vanno alimentate in serie.
Il motivo di tale scelta è facilmente intuibile, perchè si possa utilizzare tale avvolgimento anche per ottenere la tensione negativa di griglia.
Collegando le valvole in serie,ricordatevi che occorrerà disaccoppiarle una ad una,con un condensatore da 10.000 pF.
REALIZZAZIONE PRATICA
Tutto l’amplificatore verrà realizzato su di un telaio di alluminio o di lamiera zincata,con dimensioni che sceglierete a piacere.
Sul pannello frontale andranno poste le due manopole di comando per i due condensatori variabili,i 4 strumentini milliamperometrici per il controllo del funzionamento delle valvole,gli interruttori di rete per i trasformatori e le eventuali lampadine spie.
Volendo si potrebbero anche alimentare i filamenti in parallelo,in questo caso avremmo un secondario di 12 ampere, 6,3 volt.
Quando realizzerete questo trasformatore,vi consigliamo di fare delle uscite anche di 6,3 – 12,6 – 18,9 – 25,2 volt,in modo che,volendo,possiate sempre utilizzarlo,tanto se impiegherete 1 quanto 2-3-4 valvole.
La tensione negativa dei 25 volt va ottenuta utilizzando un comune raddrizzatore al silicio,tipo BY 114 oppure BY 126 o similari.
Montando le valvole sul telaio,fate attenzione di mantenerle ben distanziate l’una dall’altra per poter permettere un adeguato dissipamento del notevole calore generato durante il funzionamento.
Gli zoccoli per tali valvole vanno scelti preferibilmente in materiale ceramico,ma state tranquilli che vanno bene anche in bachelite.
Nell’effettuare i vari collegamenti,per evitare ogni possibilità d‘innesco,utilizzate per ogni valvola una sola presa di massa alla quale faranno capo tutte le prese di massa dei relativi condensatori di disaccoppiamento.
Nella valvola 6KD6 la griglia controllo è presente sia sul piedino 5 come sul 9 ,la griglia soppressore sul piedino 3 e 11 e la griglia schermo sul 4 e sul 10.
Però, contrariamente a quanto potreste pensare,non è sufficiente collegare a massa un solo piedino ma,è consigliabile collegare anche ogni altra estremità dell’elettrodo.
I collegamenti a massa devono essere i più corti possibile.
L’impedenza JAF1,quella che è posta tra i catodi e la massa,dovrà essere autocostruita,in quanto in commercio non esiste un tipo di impedenza di AF capace di sopportare una corrente di 1 ampere.
Per evitare perdite AF potete realizzare tale bobina su nucleo di ferroscube,avvolgendovi sopra all’incirca 100 spire da 0,8 mm.
Per quanto concerne la scelta delle impedenze di placca,vale a dire le JAF2 – JAF3 – JAF4 – JAF5, dovremo preparare delle impedenze di A.F. da 2,5 millihenry per 300 mA; nell’impossibilità di trovarle già fatte,anche queste possono essere autocostruite avvolgendo,o su teflon o su ferroscube,80-90 spire di filo di rame da 0,4 mm.
Le impedenza Z1-Z2-Z3-Z4 andranno autocostruite,si prendono infatti 4 resistenze 56 ohm 1 watt e sopra ad esse vanno avvolte 8 spire di filo di rame da 0,45 mm,saldando poi le estremità delle bobine sui terminali delle resistenze in modo da avere un parallelo resistenza-bobina .
Per alimentare i filamenti delle valvole va adoperato del filo isolato in plastica del diametro di 1,2 mm,anzi i collegamenti vanno effettuati con due fili attorcigliati inserendo i condensatori di disaccoppiamento direttamente sul piedino a massa.
I potenziometri di regolazione per i negativi di griglia,sono del tipo a filo e sarebbe bene metterne uno accanto ad ogni valvola,in modo che i collegamenti siano i più corti possibile. Questi potenziometri vanno regolati una sola volta e non più ritoccati fino ad una eventuale sostituzione della valvola interessata.
I condensatori C8-C9-C10-C11,oltre a lasciar passare l’A.F.,debbono anche sopportare una tensione elevata,cioè l’anodica,orientatevi su componenti di ottima qualità; vanno bene per questo i condensatori in ceramica da 5.000 pF 2.000 volt lavoro in corrente alternata.
Se non vi fosse possibile trovare in commercio i tipi consigliati,potete sopperire collegandone in serie due da 10.000 pF 1.000 volt lavoro in C.A.,oppure tre da 15.000 pF 600 volt lavoro in C.A.
Per salvaguardare la vita delle valvole,è indispensabile provvederle di un adeguato raffreddamento forzato. Durante il funzionamento il bulbo di vetro delle 6KD6 raggiunge una temperatura di circa 150-160°C il che porta a considerare la temperatura della placca interna vicina a valori di 350-400 °C. La temperatura di 500 °C è in grado di esaurire in brevissimo tempo una valvola,quindi se non avete intenzione di cambiare valvole ogni 15 giorni,dovrete provvedere ad un’efficace dissipazione del calore generato.
MESSA A PUNTO
Come prima cosa occorrerà inserire il solo trasformatore per l’alimentazione dei filamenti e dopo qualche secondo per dar modo agli stessi di riscaldarsi,si comincerà col togliere il cappuccio da tre delle 4 valvole in maniera da alimentarne una sola (in questo frangente,state attenti prima di toccare con le dita i cappucci ,che non risulti inserita l’alta tensione,se non volete avere spiacevoli sorprese,visto che con 800 volt non si può troppo scherzare).
Fatto questo,potete accendere il trasformatore dell‘alta tensione e regolare il potenziometro riferito alla valvola in funzione,fino a far assorbire alla valvola una corrente di 25 mA ,che si ottengono con una tensione di griglia aggirantesi attorno ai 7 volt negativi).
Fatto ciò dovrete ripetere l’operazione con le altre tre valvole.
A costo di sembrare pedanti,ci sentiamo in dovere di avvertirvi e ripetervi che state lavorando sull’alta tensione e infine che,e questo non vale solamente per i principianti,spegnendo il trasformatore non è detto che anche la tensione venga automaticamente ad essere esclusa dal circuito.
Esistono infatti dei condensatori di filtro che,anche ad alimentatore spento,rimangono sottocarico ancora per molti secondi e quindi è sempre consigliabile,in ogni realizzazione su alta tensione,prima di toccare i filamenti con le mani o arnesi metallici,cortocircuitare a massa l’alta tensione affinchè i condensatori si scarichino.Con questo sistema eviterete qualsiasi conseguenza.
Regolato l’assorbimento a riposo di ogni valvola una volta per tutte,potete ora collegare all’entrata dell’amplificatore lineare il vostro trasmettitore pilota.
Normalmente per poter ottenere in uscita la potenza massima di 750 watt,è necessario che il vostro trasmettitore sia capace di erogare almeno 20 watt; perciò utilizzando trasmettitori con potenze inferiori,anche la potenza in uscita dal nostro lineare sarà proporzionalmente inferiore a quella in condizioni normali.
Per collegare il ricetrasmettitore all’amplificatore sarà sufficiente inserire nel bocchettone della presa d’antenna uno spezzone di cavo coassiale non molto lungo che si colleghi alla presa coassiale d’entrata del lineare.
Se sull’ingresso avete inserito un circuito accordato a π ,qualora aveste deciso di utilizzare l’amplificatore per una sola gamma,occorrerà sintonizzare tale circuito, perciò,con il ricetrasmettitore acceso e l’amplificatore spento,provvedete a questa operazione controllando se l‘accordo è esatto con una lampadina sonda od altro strumento adatto.
Quindi date tensione all’amplificatore e sempre a ricetrasmettitore acceso passate ad accordare il circuito a π d’uscita per la massima uscita R.F.
Sarebbe opportuno che ci soffermassimo qualche istante sull‘antenna da impiegare non dimenticando che la potenza disponibile non è più quella primitiva di 15-20 watt,ma bensì di 500-750 watt per cui non solo sarà necessario che il collegamento tra antenna ed amplificatore avvenga tramite un buon cavo coassiale per trasmissione da 52 ohm di impedenza,ma occorrerà anche adattare in maniera perfetta l’impedenza d’uscita dell’amplificatore a quella dell‘antenna.
Questo controllo si può effettuare in maniera sicura solamente possedendo un misuratore di onde stazionarie, senza questo strumento può capitare di perdere con un errato accordo amplificatore-antenna,anche il 50% e più della potenza A.F. disponibile,rendendo così superfluo il poter possedere 700 watt quando poi se ne possono utilizzare solamente la metà a causa di un non perfetto adattamento.
L’inconveniente non è solamente poi limitato ad una riduzione del rendimento,ma si corre anche il rischio di surriscaldare il cavo di alimentazione dell’antenna,di creare interferenze con i televisori,inneschi nel trasmettitore con conseguente impossibilità di effettuare trasmissioni in quanto la modulazione risulterà incomprensibile.
DISTORSIONE DELLA MODULAZIONE
Può anche capitare che l’amplificatore distorca la modulazione per una impropria polarizzazione delle griglie controllo,inconveniente che può manifestarsi in dipendenza della potenza che può fornire il ricetrasmettitore impiegato per pilotare il lineare.
Non sarà perciò cosa inutile controllare con un oscillografo la forma d’onda modulata ritoccando eventualmente in modo sperimentale la polarizzazione di ogni valvola.
Dovremo noi stabilire con un controllo diretto o con l’oscillografo se la corrente di assorbimento a riposo è quella giusta per un‘ottima modulazione,eventualmente potremo aumentarla o diminuirla leggermente, per esempio portandola a 20 o 30 ma.
Per evitare un danneggiamento delle valvole dovremo sempre,durante il funzionamento del lineare,tenere sotto controllo l’assorbimento anodico tramite gli strumentini inseriti,se osserveremo un notevole aumento della corrente assorbita,è consigliabile interrompere le trasmissioni per qualche minuto in modo che le placche delle valvole possano raffreddarsi.
Se poi racchiuderete il tutto entro un mobile metallico cercate che il coperchio risulti perforato in modo che l’aria calda possa con facilità essere espulsa dall’interno dell’apparecchio.
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PICCOLO AMPLIFICATORE DA 300 WATT
Schema elettrico
Un amplificatore lineare,in pratica non fa altro che prelevare il segnale di AF presente sull’uscita di un ricetrasmettitore amplificandolo a potenza superiore.
Poichè la potenza ricavabile in uscita è proporzionale a quella utilizzata per il pilotaggio,se noi useremo per tale scopo un ricetrasmettitore da 0,5 watt in uscita,ne ricaveremo ben poco (5-6 watt),mentre pilotandolo con potenze maggiori si potranno anche raggiungere i 60-100 watt.
Il primo problema che si presenta a chi vuol realizzare un amplificatore lineare è quindi quello di disporre di potenze minime (sull’ordine dei 2-5 watt) e quindi di non riuscire ad ottenere da tale potenza un pilotaggio sufficiente per le valvole di potenza del lineare.
Per risolvere questo problema ho pensato di realizzare un “doppio” lineare cioè un primo amplificatore,in grado di potenziare il segnale di AF fornito dal ricetrasmettitore,quindi,con questo segnale già amplificato,pilotare lo stadio finale di potenza.
Questo è appunto lo schema che potrete vedere nella fig.1 dal quale si potrà constatare la presenza di due valvole collegate in parallelo,impiegate come stadio pilota e di tre valvole sempre collegate in parallelo,impiegate come stadio finale.
Così facendo si riescono ad ottenere,tarando il circuito in modo perfetto,circa 300-400 watt con una potenza d‘ingresso di circa 3 watt (in modulazione d’ampiezza) e circa 700-800 watt pilotando il circuito con circa 6 watt con un ricetrasmettitore in SSB.
Questo circuito può subire delle modifiche,per quanto concerne la potenza,ad esempio si può ridurre lo stadio pilota ad una sola valvola ed impiegarne una o due al massimo per lo stadio di potenza,ottenendo logicamente una riduzione della potenza (inferiore ai 180 watt).
Si può infine,anzichè alimentare tutto il circuito con 1.000 volt,utilizzare una tensione inferiore a 600-700 volt ottenendo anche in questo caso una riduzione abbastanza marcata della potenza.
Non è consigliabile invece aumentare il numero delle valvole pilota o dello stadio finale,in quanto aumentando nel circuito le capacità parassite,senza modificare sostanzialmente gli altri parametri,risulterebbe poi difficile poter accordare i vari circuiti di sintonia,per cui potrebbe succedervi di riuscire ad ottenere con 3 valvole 300 watt e con 4 sullo stadio finale solo 100 watt,cioè meno di quanto potreste ottenere utilizzandone solo due.
Ritornando allo schema elettrico,potremo constatareche il segnale prelevato dall’uscita del ricetrasmettitore verrà applicato,tramite una presa intermedia,alla bobina L1 che assieme al condensatore variabile C2 forma un circuito di sintonia il quale,accordandosi sulla frequenza di lavoro permetterà il massimo trasferimento di AF da L1 a L2 e il conseguente adattamento d’impedenza tra il TX e l’entrata dello stadio pilota del lineare.
Poichè un estremo di L2 risulta collegato ai CATODI delle valvole pilota (due EL34),sulle placche di queste ritroveremo lo stesso segnale amplificato.
Una impedenza di AF (JAF1) impedirà al segnale di raggiungere il positivo di alimentazione,per cui avendo come unica via libera quella rappresentata dal condensatore C6,di qui verrà trasferito sui CATODI delle valvole di potenza (tre o due EL519) attraverso un secondo circuito di accordo costituito da L3 e C9.
Sulle placche di queste ultime valvole ritroveremo un segnale maggiormente amplificato il quale,a sua volta,tramite il condensatore C15 verrà mandato su un filtro a pi-greco,costituito da C16-L4-C17 utile per accordare lo stadio finale e adattare l’impedenza caratteristica di questo stadio all’impedenza di carico dell’antenna,che normalmente è standardizzata sui 52 ohm.
Sull’uscita del pi-greco è posto un condensatore C18 utile a prelevare un’irrisoria precentuale del segnale AF che,raddrizzata dai DIODI DS13-DS14,(tre diodi in serie per DS13 e tre per DS14) ci servirà per alimentare uno strumento da cui potremo,una volta effettuata la taratura,controllare il rendimento del trasmettitore ed eventuali disadattamenti tra questo e l’antenna irradiante.
Il condensatore C1 invece,collegato sull’entrata del lineare,subito prima del deviatore S1, verrà utilizzato per prelevare dal ricetrasmettitore una minima parte del segnale di AF,quando questo verrà posto in trasmissione : tale tensione,raddrizzata dai diodi DS11 DS12,piloterà la base del transistor TR1 il quale,portandosi in conduzione,ecciterà la bobina del relè (un relè da 12 volt di potenza con scambi da 220 volt 6 amper),in modo che i suoi contatti effettuino la commutazione richiesta in entrata da S1 e in uscita da S2 per trasferire il segnale dal ricetrasmettitore al lineare e da questo all’antenna,in posizione “trasmissione” e dall’antenna direttamente al ricetrasmettitore,quando si passerà in ricezione.
Il deviatore S5 ci sarà utile per poter utilizzare il relè per ricetrasmettitori a Modulazione di Ampiezza (S5 aperto) o in SSB (posizione in cui S5 collega in parallelo alla bobina del relè il condensatore elettrolitico C20.
L’altro interruttore S4 togliendo al transistor la tensione di alimentazione,ci sarà utile per escludere volutamente il lineare,in modo da poter utilizzare per usi locali,la sola potenza erogata dal ricetrasmettitore.
Le valvole a differenza dei semiconduttori richiedono tensioni anodiche elevate,quindi abbiamo bisogno di un secondario ad alta tensione in grado di erogare 800 volt 0,7 amper (la tensione di 800 volt,una volta raddrizzata risulterà di 1.100 volt circa) più un secondario da 6,4 volt 9 amper per i filamenti delle valvole e di 12-15 volt 0,3 amper circa per alimentare il transistor TR1.
L’alta tensione verrà raddrizzata da un ponte formato da 8 diodi EM513 o 1N4007 posti in serie a due a due per ragioni di sicurezza. Un solo diodo infatti è in grado di raddrizzare una tensione massima di 1.000-1.300 volt,mentre due in serie possono raddrizzare circa 2.000-2.600 volt,quindi avremo un margine di sicurezza maggiore.
FACCIAMO PRESENTE CHE CON TALI TENSIONI IN GIOCO OCCORRE PROCEDERE CON LE DOVUTE CAUTELE e non solo è consigliabile lavorare sul lineare a spina disinnestata (fare affidamento sul solo interruttore di rete è poco,in quanto inavvertitamente si potrebbe toccare la leva di questo e quindi portare tensione al primario del trasformatore) ma anche ricordarsi che una volta tolta la spina abbiamo ancora dei condensatori elettrolitici che mantengono la loro carica a tale tensione per molti secondi,quindi sarà opportuno cortocircuitare con uno spezzone di filo isolato il positivo e la massa prima di compiere qualsiasi operazione.
E’ poi indispensabile racchiudere il tutto entro una scatola metallica (sempre per prevenire eventuali contatti con parti interessate da alta tensione) utilizzando però come coperchio una lamiera perforata o una rete metallica con maglie non troppo larghe (tanto da non permettere il passaggio di un dito) onde favorire il raffreddamento delle valvole.
Da notare che il trasformatore necessario risulterà introvabile per cui occorrerà farlo avvolgere appositamente su un nucleo della potenza di circa 600 watt.
CONSIGLI PER LA REALIZZAZIONE
Per chi non ha molta pratica di AF,diremo che è bene schermare tra di loro lo stadio PILOTA da quello FINALE e così dicasi anche per le bobine di sintonia,in quanto se si influenzassero a vicenda,il circuito potrebbe autoscillare.
Le bobine L1-L2 devono trovarsi sotto al telaio di alluminio in modo da rimanere schermate da questo,mentre la L3 dovrà trovarsi sopra,vicino alle placche delle valvole,la bobina del pi-greco L4 andrà invece sistemata sui condensatori variabili C16-C17.
Per collegare le placche delle valvole,esse dovranno essere congiunte in un solo punto centrale e su questo punto dobbiamo collegare l’impedenza JAF3 e il condensatore d’accoppiamento C15.
Tale regola vale anche per i collegamenti dei piedini delle valvole,cioè per collegare in parallelo catodi e griglie.
Sempre per evitare pericoli di autoscillazioni,è utile collegare fra ogni griglia di una valvola e la massa un condensatore (C3-C8-C10-C12) anzichè impegarne uno solo come abbiamo fatto noi per comodità di disegno sullo schema elettrico.
I condensatori di accoppiamento C6 e C15 da 4.700 o 5.000 pF è bene sceglierli possibilmente a mica da 2000 volt lavoro e poichè non sarà tanto facile reperirli in commercio,si potrà ovviare a questo inconveniente,ponendone due o tre in serie di tensione minore: ad esempio con due condensatori da 10.000 pF 1.000 volt posti in serie si sarà già ottenuto lo scopo,mentre con due da 600 volt lavoro il tutto funzionerebbe ancora ma si sarebbe raggiunto il limite di tolleranza.
Per quanto riguarda i condensatori variabili ,devono essere ad aria ,per C2 useremo una capacità di 150-200 pF (anche a mica),per C9 useremo 50-100 pF,questo condensatore deve essere completamente isolato dalla massa,mentre per C16 dovremo cercare un buon condensatore ad aria da 50-100 pF massimi,con lamine spaziate di almeno 1 mm,per evitare scariche tra le armature,quando si modula.
Per il condensatore d’accordo d’antenna C17,è sufficiente invece un condensatore a spaziatura normale che abbia però una capacità di 500 pF,si potrà quindi utilizzare un condensatore variabile doppio collegandone le due sezioni in parallelo.
L’impedenza JAF4 collegata fra l’uscita del pi-greco e la massa non è critica,anzi potrà pure essere tolta,noi preferiamo comunque tenerla perchè a volte si formano delle cariche elettrostatiche fra le lamine che possono causare delle scintille che disturbano un po’ la messa a punto dell’accordo del pi-greco e potrebbero anche dare dei disturbi sulla modulazione.
Quello che risulta critico sono le resistenze che dalle griglie controllo si collegano a massa,cioè R1 ed R2,queste resistenze potranno variare di valore da 150 ohm ad un massimo di 330 ohm per R1 e da 2.200 a 3.300 per R2 fino ad ottenere il massimo rendimento con il minor assorbimento di corrente; variando questi valori si può inoltre migliorare la modulazione (il lineare modula negativamente).
Diminuendo la tensione di alimentazione queste due resistenze debbono essere ridotte di valore,portandole cioè a 120-100 ohm per R1 e a 1.500-1.200 per R2.
Critica è ancora l’impedenza JAF2 collegata tra i catodi delle valvole finali e la massa: potremo avvolgere 50 spire di smaltato di diametro 1 mm su plexiglass,da questa impedenza ci dovrà passare la corrente assorbita dal finale.
La presa di entrata presente su L1 è importante perchè si può,a seconda della sua posizione,ottenere un migliore accoppiamento tra ricetrasmettitore e lineare.
Si potrà in via sperimentale,cercare di scegliere quella presa che,oltre a fornire in uscita dal lineare la massima potenza, dia anche la possibilità di ottenere nell’accoppiamento tra ricetrasmettitore e entrata del lineare il minimo di ” onde stazionarie” (normalmente queste non dovrebbero superare il rapporto 1/1,2).
Il cavo coassiale che collega il ricetrasmettitore all’entrata del lineare si consiglia di farlo all’incirca lungo 1 m.
Il collegamento che dal relè va al bocchettone d’antenna deve essere effettuato con cavetto coassiale 52 ohm tipo RG58,non dimenticando di collegarne a massa la calza metallica sui due estremi.
Anche per lo strumento di misura dovremo adottare lo stesso accorgimento,cioè si collegherà il condensatore C18 direttamente sull’uscita del filtro a pi-greco, poi con cavetto coassiale da 52 ohm si porterà il segnale ai diodi rivelatori,posti vicini allo strumento. Anche in questo caso le estremità della calza metallica andranno collegate a massa.
L1 = su un supporto in ceramica o plexiglass o teflon del diametro di 20 mm avvolgere 7 spire utilizzando filo di rame argentato del diametro di 1 mm. Spaziare poi leggermente l’avvolgimento in modo che nessuna spira sia in corto circuito ed effettuare una presa per il segnale di entrata sulla 2° – 3° – 4° spira dal lato freddo cercando fra queste quella che fornisce i risultati migliori.
L2 = con filo di rame rigido da 1 mm ricoperto esternamente in plastica avvolgeremo sullo stesso supporto di L1,dal lato di massa,7 spire. L’estremo di tale bobina più vicino ad L1 andrà collegato al catodo ,l’altro estremo alla massa.
In taluni casi avvolgendo le prime spire di L2 entro le ultime di L1 (dal lato massa) si ottiene un miglior accoppiamento,quindi un miglior trasferimento di energia AF.
L3 = su un diametro di 15 mm avvolgeremo con filo di rame argentato o stagnato di 1 mm,10 spire spaziandole leggermente in modo da lasciare tra spira e spira circa 1mm.
L4 = su un diametro di 20 mm avvolgeremo 4 spire con filo di rame argentato o stagnato di 2 mm,distanziandole tra di loro di circa 3 mm.
JAF1 = su un supporto isolante di ceramica o plastica,del diametro di circa 5-6 mm,avvolgeremo 80 spire affiancate utilizzando del filo di rame smaltato di 0,4 – 0,5 mm.
JAF2 = su un supporto ceramico o plastico o di teflon, di 10 mm avvolgeremo 70 spire affiancate di filo di rame smaltato di 0,4 mm.
JAF3 = su un supporto in ceramica del diametro di 10 mm avvolgeremo a spire unite,circa 100 spire di filo di rame smaltato del diametro di 0,4-0,5 mm.
TARATURA
Per la taratura del lineare si dovrà usare all’inizio poca potenza del TX, 0,5-1 watt,per poi salire a taratura effettuata al massimo consentito (cioè 3-4 watt se in AM e 6-7 watt in SSB).
Come prima operazione,toglieremo tensione alle placche dello stadio finale in modo da far lavorare il solo pilota,inseriremo poi tra l’uscita del ricetrasmettitore e il cavetto che andrà al lineare un misuratore di onde stazionarie,quindi ruoteremo il condensatore variabile C2 fino a leggere sul misuratore di onde stazionarie la massima tensione “diretta” con un minimo di onde “riflesse” .
Per ottenere questo,oltre a ruotare il condensatore variabile C2,potrà essere necessario modificare anche la presa su L1,o allungare o accorciare sperimentalmente la lunghezza del cavo che dal ricetrasmettitore si collega al lineare .
Per questa taratura,consigliamo di impiegare una frequenza vicina al centro banda,in quanto i condensatori variabili C2 e C9,una volta tarati su tale frequenza,non si toccano più.
Se passeremo da un canale all’altro,dovremo ritoccare ogni volta solo i due variabili del pi-greco C16 e C17.
Effettuata la taratura di C2,potremo ora collegare le placche dello stadio finale alla tensione anodica,sposterete ora il misuratore di onde stazionarie fra l’uscita del lineare e il cavo dell’antenna,mentre se avete un wattmetro sarà sufficiente applicarlo all’uscita per rilevare la potenza d’uscita.
Fatto ciò applicate tensione e regolate il variabile C9 fino a leggere sull‘amperometro posto sullo stadio finale,la massima corrente.
Ruotate ora i due condensatori C16 e C17 del pi-greco alla massima capacità,quindi iniziate a ruotare C16 ,cioè quello posto in prossimità delle valvole,fino ad ottenere in uscita sul wattmetro la massima potenza,poi ruotate C17 per la massima uscita RF.
TOGLIETE LE ARMONICHE DALLA VOSTRA ANTENNA
Leggendo questa esposizione sui FILTRI,chi legge si accorgerà che la nostra trattazione non concorda,anzi in certi casi addirittura è in contrasto,con tutto quanto finora si è scritto su questo argomento ,non solo ma rimarrà stupito nel constatare quanto risultano semplici i nostri calcoli in confronto alle complicatissime formule che in genere accompagnano tale trattazione sui vari handbook.
Malgrado ciò,vi possiamo assicurare che se costruirete uno dei nostri filtri raggiungerete senz’altro lo scopo prefissato,impedire cioè alla vostra antenna di irradiare le frequenze armoniche.
Perchè allora,vi chiederete,su tutti gli altri testi queste formule sono così complicate?
Il motivo è molto semplice,infatti queste formule sono esclusivamente teoriche e i vari autori le hanno sempre ricopiate senza mai controllare la loro esattezza proprio perchè non se ne potevano valutare in pratica i risultati,cosicchè nessuno si è mai azzardato a modificarle.
Quello che invece si è variato con troppa facilità sono stati i GRAFICI relativi ai filtri, infatti chi li ha ricopiati la prima volta,tanto per differenziarli un po’ dall’originale,ha allargato o ristretto di qualche millimetro la CURVA,poi chi ha utilizzato questo disegno per ricopiarlo una seconda volta ha ancora apportato delle modifiche personali cosicchè,millimetro dopo millimetro,la curva ha finito per diventare ben diversa da quella che in effetti corrisponde a quel determinato filtro.
Come vi dimostriamo con le foto allegate,le curve di questi filtri rilevate all’analizzatore di spettro risultano notevolmente diverse da quelle disegnate sui testi.
Inoltre,i filtri che vi presentiamo dispongono effettivamente delle caratteristiche dichiarate,non sono assolutamente critici in quanto qualche centimetro in più o in meno non ne pregiudica il funzionamento nè le caratteristiche,inoltre il costo di realizzazione è alla portata di tutti e una volta realizzati,se avrete la possibilità di confrontarli con altri filtri che avete acquistato a prezzi elevati,constaterete con somma sorpresa che i risultati forniti sono identici se non addirittura superiori.
Se siete un radioamatore,uno dei tanti CB,uno dei problemi che maggiormente vi assilla saranno certamente le interferenze da voi provocate sui televisori in un raggio più o meno vasto.
Per ovviare a questo inconveniente occorre eliminare in uscita dal vostro trasmettitore tutte le frequenze “armoniche” e questo si ottiene molto facilmente adottando uno dei filtri che vi presentiamo.
Qualcuno potrebbe obiettare che i nostri filtri presentano dimensioni esagerate rispetto a quelli che si possono ricavare in teoria sfruttando certe formule e questo è anche vero,però in tali formule non è stato precisato che accorciando la lunghezza del filtro si verificano due inconvenienti e cioè:
1) il filtro ha maggiore tendenza ad accordarsi sulla 2° frequenza armonica anzichè sulla fondamentale e proprio per questo,se non si dispone di un analizzatore di spettro,anzichè attenuare le armoniche si finisce per esaltarle.
2) con linee troppo corte,per accordarsi sulla fondamentale,si richiedono delle capacità molto elevate e di conseguenza si ha un calo di potenza sulla fondamentale stessa per cui quando collegherete il filtro al vostro trasmettitore vi accorgerete,anche senza disporre di strumentazione idonea,che se il TX eroga in fondamentale una potenza di 10 watt,il filtro si “mangia” da solo più della metà della potenza disponibile,cioè 6-7 watt.
Questi particolari non tutti li conoscono,poichè non dispongono di laboratori attrezzati per tali misure e proprio per questo,non potendo verificare in pratica che cosa succede se si modifica ad esempio la presa d’entrata e d’uscita sulle bobine del filtro,la maggioranza si limita a dire di rispettare al millimetro la lunghezza ricavata dai complicati calcoli teorici quando invece una differenza in più o in meno di 1 cm (intendiamo sulla lunghezza della linea d’accordo) non modifica essenzialmente le caratteristiche della linea stessa.
Prima di concludere questa introduzione,vogliamo farvi presente ancora un altro particolare e cioè che le curve riportate qua e là sui vari testi risultano sempre perfettamente simmetriche mentre in pratica queste curve sono ben diverse,cioè l’attenuazione è sempre più accentuata sulle frequenze superiori che non su quelle inferiori.
Questa è un’ulteriore conferma che tali curve sono esclusivamente teoriche e che nessuno si è mai posto il problema di verificarle in pratica.
LE ARMONICHE
Quando si preleva dall’uscita di un TX un segnale di alta frequenza,per una legge matematica,oltre alla frequenza fondamentale,si irradiano nello spazio anche le sue frequenze armoniche,cioè se la frequenza fondamentale del trasmettitore risulta da esempio 27 MHz,dall’antenna vengono irradiate,oltre a questa frequenza,anche:
la 2° armonica (27 x 2 = 54 MHz),
la 3° armonica (27 x 3 = 81 MHz),
la 4° armonica (27 x 4 = 108 MHz),
la 5° (135 MHz),
la 6° (162 MHz),
la 7° (189 MHz) e così via.
In altre parole è come se al trasmettitore fossero abbinate innumerevoli altre “deboli emittenti” con frequenza doppia,tripla,quadrupla ecc. che irradiandosi nello spazio possono coincidere con la frequenza occupata da un’emittente TV o da un ponte radio civile o militare,causando interferenze più o meno accentuate sufficienti a disturbare il regolare funzionamento di tali apparati.
Precisiamo che la potenza con cui vengono irradiate le frequenze armoniche risulta sempre notevolmente inferiore alla potenza di cui dispone la frequenza fondamentale (per esempio,se noi disponessimo di un trasmettitore da 25 watt,la seconda armonica potrebbe disporre di una potenza effettiva fra i 2 e i 5 watt,la terza armonica di una potenza compresa fra 0,4 e 0,5 watt,la quarta da 0,3 a 0,4 watt ecc. cioè tale potenza si riduce progressivamente passando dalla 2° armonica alla 3° e dalla 3° alla 4°,dalla 4° alla 5° ecc.fino a scomparire quasi oltre la 6°-7° armonica),però se la frequenza di una di queste armoniche corrisponde alla frequenza propria di un canale televisivo o di un ponte radio,noi possiamo disturbare tali canali anche a distanza di molti chilometri.
LINEARE
Supponiamo di dover installare un lineare che amplifica la potenza applicata in ingresso di 10 volte e di avere uno stadio pilota che eroga in uscita 25 watt.
In teoria sull’uscita del lineare dovremmo ritrovarci una potenza pari a
25 x 10 = 250 watt
e se utilizzeremo per la misura il solito wattmetro forse otterremo effettivamente questa lettura,però non illudiamoci che questa sia la potenza effettiva della nostra emittente,cioè la potenza della fondamentale, poichè bisogna tener presente che sia in uscita dallo stadio pilota,sia in uscita dal lineare,alla potenza della frequenza fondamentale è sempre addizionata la potenza complessiva delle frequenze armoniche .
Ammettiamo che l‘attenuazione delle armoniche rispetto alla fondamentale in uscita dallo stadio pilota risulti di:
2° armonica = – 10 dB
3° armonica = – 20 dB
4° armonica = – 25 dB
5° armonica = – 30 dB
e che tutte le altre armoniche di ordine superiore,cioè la 6°,la 7° ecc.,presentino un’attenuazione maggiore.
NOTA
Quest’ultima supposizione non è sempre vera in quanto si verificano dei casi in cui per esempio la 6° armonica dispone di una potenza superiore alla 5° se non addirittura alla 3°,comunque essendo il nostro esempio puramente teorico,è ovvio che non può comprendere tutte le eventualità possibili.
Fatta questa premessa possiamo subito vedere che la potenza della fondamentale in uscita dallo stadio pilota non sarà di 25 watt come abbiamo letto sul wattmetro,bensì avremo la seguente potenza effettiva:
Quindi dei 25 watt indicati dal wattmetro 2,55 sono relativi alle armoniche e i restanti
25 – 2,55 = 22,45 watt
alla frequenza fondamentale, in ogni caso è ovvio che applicando in uscita a questo stadio pilota il lineare che amplifica 10 volte in potenza,non potremo mai ottenere i 250 watt che ci eravamo prefissi,in quanto al massimo otterremo:
22,45 x 10 = 224,5 watt
A questo punto però non bisogna dimenticare che anche il LINEARE genera a sua volta delle armoniche per cui supponendo che l’attenuazione di tali armoniche rispetto alla fondamentale risulti:
2° armonica = – 10 dB
3° armonica = – 15 dB
4° armonica = – 15 dB
5° armonica = – 20 dB
In uscita dal lineare avremo le seguenti potenze effettive:
Quindi se sul wattmetro leggeremo 224,5 watt,in pratica la potenza della fondamentale risulterà pari a:
224,5 – 33,12 = 191,38 watt
cioè a causa delle armoniche introdotte dal pilota e dal lineare,sui 250 watt teorici che credevamo di ottenere,avremo perso la bellezza di:
250 – 191,38 = 58,62 watt
Precisiamo che, una volta eliminate le armoniche tramite il filtro,il wattmetro leggerà una potenza inferiore però questo non vi deve meravigliare perchè in pratica si tratta della stessa potenza che irradiavate prima,cioè della potenza relativa alla sola fondamentale.
Le attenuazioni indicate sono tutte in dB (decibel) in quanto questa è l’unità di misura che solitamente si usa e poichè non tutti possono sapere a quanto corrispondono in pratica 10-20 o 40 dB,riportiamo qui di seguito una tabella dalla quale potrete ricavarvi,conoscendo la potenza della fondamentale e l’attenuazione in dB delle varie armoniche,la potenza effettiva di queste ultime.
Come si può vedere,un’attenuazione di:
– 20 dB equivale in pratica a ridurre la potenza di 100 volte,con
– 30 dB si ha una riduzione di 1.000 volte,mentre con
– 70 dB si riduce la potenza di 10.000.000 di volte
Per esempio,ammesso che in un trasmettitore la 2° armonica venga irradiata con una potenza di 5 watt,inserendo un filtro che la attenui di – 45 dB,la sua potenza si ridurrà a:
5 : 31.622,78 = 0,000158 watt
cioè a meno di 1 milliwatt,quindi diventerebbero del tutto irrisori i disturbi da essa causati.
EFFICIENZA DEI FILTRI PRESENTATI
Chi ha tentato in passato la realizzazione di qualche filtro prelevando formule e dati dai vari manuali di elettronica avrà sempre ottenuto dei risultati mediocri quindi è giustificato il timore che anche quelli che vi presento non siano in grado di fornire i risultati sperati.
Questo timore però non ha ragione di esistere in quanto i miei filtri non sono frutto della ricopiatura di qualche testo con tutte le lacune che una simile operazione comporterebbe,bensì sono il frutto di lunghi studi e prove di laboratorio che ci hanno impegnato per diversi mesi.
Ogni filtro è stato calcolato,modificato e corretto singolarmente,avvalendosi di:
–analizzatori di spettro
– tracking-generator
– wattmetri selettivi
– misuratori di campo per controllare l’intensità delle armoniche ad una distanza di circa 200 metri dall’antenna emittente.
Nel calcolatore sono stati inseriti tutti i dati necessari per il calcolo dei filtri,cioè:
– frequenze di accordo
– fattore Q che si voleva ottenere
– perdite massime tollerabili sulla fondamentale ecc.
La soluzione finale è che:
” per ottenere il numero di spire è sufficiente dividere il numero fisso 2.900 per la frequenza in MHz moltiplicata per la larghezza della scatola; la spaziatura tra spira e spira può variare da un minimo di 1,5 mm. ad un massimo di 2 mm.”
FILTRO PASSA-BASSO
Il Filtro a 3 CELLE il cui schema elettrico è visibile in fig.1 ha il pregio di risultare molto semplice da costruire e di offrire nello stesso tempo prestazioni eccezionali.
L’unico lato negativo di questo filtro è rappresentato dalla potenza abbastanza limitata che esso può accettare in ingresso infatti dalle numerose prove condotte abbiamo appurato che non è possibile utilizzarlo per potenze superiori ai 50-55 watt.
Così facendo però non si creda di aver eliminato le armoniche in uscita in quanto il lineare a sua volta genera delle armoniche e per eliminare queste ultime è in ogni caso necessario applicare un secondo filtro tra l’uscita del trasmettitore e l’antenna.
Calcolo del filtro
Come prima operazione per costruirci il nostro filtro dovremo stabilire la larghezza D della scatola (fig.6): tale larghezza può variare normalmente da un minimo di 5 cm. ad un massimo di 7 cm.
Le bobine debbono risultare avvolte su un diametro di 10 mm impiegando del filo di rame con sezione compresa fra 1,2 e 1,5 mm ed il numero delle spire si può ricavare approssimativamente utilizzando questa semplice formula:
numero spire = 2.900 : (MHz x D)
dove la larghezza D della scatola è espressa in centimetri.
Tale formula è valida purchè la spaziatura tra spira e spira risulti pari a 1,5 – 2 mm.
La capacità dei condensatori di accordo si ricava da questa seconda formula:
C1-C4 in pF = 500.000 : (6,28 x MHz x R)
C2-C3 in pF = 1.000.000 : (6,28 x MHz x R)
dove R è l‘impedenza d’uscita del trasmettitore uguale naturalmente all’impedenza caratteristica del cavo coassiale (in genere 52 ohm).
La distanza fra le estremità della bobina e le pareti della scatola dovrà risultare compresa fra un minimo di 2 cm.ed un massimo di 3 cm.
ESEMPIO
Abbiamo un trasmettitore CB (gamma 27 MHz) e vogliamo applicargli un filtro PASSA-BASSO.
Sapendo che il lato D della scatola misura cm. 6 e che l’impedenza d’uscita del TX è 52 ohm,quante spire dovrà avere la bobina e quale dovrà essere la capacità dei condensatori?
n.ro spire = 2.900 : (28 x 6) = 17
NOTA
nella formula abbiamo utilizzato come frequenza 28 MHz anzichè 27 MHz in quanto nei TX per CB abbiamo bisogno che il filtro inizi ad attenuare verso i 28 MHz.
C1-C4 = 500.000 : (6,28 x 28 x 52) = 54 pF
C2-C3 = 1.000.000 : (6,28 x 28 x 52) = 108 pF
Per la realizzazione,poichè non esistono per C1-C4 condensatori da 54 pF,potremo utilizzarne due da 27 pF in parallelo o al massimo uno da 56 pF da solo,mentre per C2-C3 potremo utilizzarne uno solo da 100 pF oppure uno da 100 pF con uno da 10 pF in parallelo.
Consigli per la realizzazione del filtro
La scatola che utilizzeremo per la realizzazione può risultare di lamierino stagnato o meglio ancora di ottone o di rame.
Le bobine vanno collocate ciascuna in un proprio vano schermato dal successivo tramite un lamierino separatore.
Tali lamierini separatori vanno stagnati tutti attorno al loro perimetro all’interno della scatola in modo da non lasciare nessuna fessura.
Per collegare la bobina di un vano con quella del vano successivo è necessario effettuare al centro del lamierino un foro entro il quale cementeremo con la colla un passante in ceramica.
Poichè questi passanti non sono facilmente reperibili potremo utilizzare al loro posto un piccolo spezzone di cavo coassiale dal quale toglieremo la calza schermo e sfrutteremo poi come “passante” il solo filo centrale completo di isolante in plastica.
Un ulteriore sistema semplice e pratico per ottenere degli schermi separatori provvisti al centro di un foro isolato è quello di prendere un pezzo di vetronite per circuiti stampati provvista di strato di rame su entrambe le facce,effettuare al centro di tale piastra un foro da 1,5 mm.,poi attorno a tale foro asportare un po’ di rame con una punta svasatrice.
In tal modo otterremo un ottimo foro passante perfettamente isolato dalla vetronite.
Per l’entrata e l’uscita del segnale potremo indifferentemente utilizzare dei bocchettoni BNC oppure dei PL per cavo coassiale.
Una volta terminate le stagnature all’interno,la scatola chiusa completamente tramite un coperchio ancora di rame o metallo ramato che potremo stagnare o fissare con viti autofilettanti.
Importante: i condensatori utilizzati per questo filtro debbono necessariamente risultare di tipo ceramico per AF ad alta tensione di lavoro. Se la tensione di lavoro è troppo bassa si possono avere delle perdite di AF elevatissime.
Per questi filtri occorrono condensatori ceramici da 500 volt lavoro .
Come si vede dai disegni,i condensatori C2 e C3 vanno sistemati nello scomparto centrale agli estremi della bobina L2,mentre i condensatori C1 e C4 dovranno essere applicati direttamente fra il terminale centrale del bocchettone e il punto di massa più vicino possibile al bocchettone stesso.
Le dimensioni della scatola non sono assolutamente critiche,anche perchè occorre tener conto della inevitabile tolleranza di cui ovviamente disporranno le bobine autocostruite,nonchè di quella introdotta dai condensatori.
Nota
Nel calcolo delle bobine è consigliabile arrotondare per difetto il numero di spire ottenuto,anzichè per eccesso,cioè se dal calcolo risultasse che sono necessarie per esempio 4,6 spire,è meglio avvolgere solo 4 spire anzichè 5 spire.
Per migliorare le caratteristiche del filtro,potrete infine tentare,in fase di collaudo,prima di chiudere il coperchio,di allargare o restringere leggermente la spaziatura delle bobine, controllando con un wattmetro posto in uscita se così facendo il segnale tende ad aumentare oppure a ridurre la propria potenza.
FILTRO PASSA-BANDA A SOLENOIDE
Il filtro passa-banda a solenoide il cui schema elettrico è visibile in fig.8 presenta le seguenti caratteristiche:
attenuazione 2° armonica = 50 dB
attenuazione 3° armonica = 65 dB
Anche questo filtro,come gìà quello precedente,non è in grado di sopportare potenze elevate,infatti si consiglia di non superare i 25-35 watt,in particolar modo se i compensatori non risultano del tipo ad aria e con lamelle sufficientemente spaziate.
Per questo motivo dovrà essere usato solo come “filtro intermedio” da applicare fra TX e lineare di potenza.
Calcolo del filtro
Per calcolare i parametri di questo filtro è necessario conoscere innanzitutto quali saranno le dimensioni del suo contenitore,cioè la larghezza D della scatola misurata in centimetri,poichè una volta conosciuta questa larghezza,per risalire al numero di spire delle bobine,è sufficiente utilizzare la formula:
numero spire = 3.400 : (MHz x D)
formula che ancora una volta è subordinata al fatto che il diametro interno della bobina risulti compreso fra i 10 e i 12 mm., la bobina risulti avvolta in aria con filo avente una sezione compresa fra 1,2 e 1,5 mm. e la spaziatura tra spira e spira sia pari a circa 1,5 mm.
Per ricavare la capacità massima dei condensatori variabili utilizzeremo invece la seguente formula:
capacità max = 299.900 : (6,8 x MHz x R)
dove R è ancora l’impedenza d’uscita del trasmettitore misurata in ohm.
Per stabilire su quale spira della bobina conviene effettuare la presa per applicare il segnale in ingresso e per prelevare quello in uscita potremo infine sfruttare la formula:
presa su bobina = numero spire totali x 0,25 oppure:
presa su bobina = numero spire totali x 0,15
Dobbiamo precisare che utilizzando la prima di queste due formule si otterrà una selettività “normale”,mentre utilizzando la seconda si otterrà una selettività più accentuata.
Nella fig.9 la presa si trova a 0,25 e in fig.10 a 0,15 delle spire totali.
Noterete certamente che la 2° curva è molto più stretta della 1°,cioè che nel secondo caso il filtro è molto più selettivo che non nel primo.
La distanza tra una bobina e l’altra,potrà variare da un minimo di 1 cm ad un massimo di 1,5 cm.
Ricordiamo che avvicinando le due bobine la banda passante si allarga,viceversa se noi le allontanassimo otterremo una banda passante più stretta.
Ricordiamo inoltre che non è consigliabile allontanare troppo le due bobine l’una dall’altra in quanto è vero che così facendo si aumenta la selettività del filtro,però è anche vero che si ha un’attenuazione della frequenza fondamentale che può raggiungere e superare gli 0,5 dB quindi se il trasmettitore eroga in fondamentale una potenza di 10 watt,in uscita dal filtro ritroveremo solo:
10 : 1,12 = 8,9 watt
Proprio per questo riteniamo sia consigliabile non superare in nessun caso i limiti da noi indicati.
L’altezza del contenitore si determina usando la formula:
altezza = D : 2
ESEMPIO
Supponiamo di voler calcolare un filtro per i 27 MHz,sapendo che l’impedenza d’uscita del trasmettitore è 52 ohm e che la larghezza della scatola entro cui inseriremo il filtro è di 6,5 cm :
numero spire = 3.400 : (27,125 x 6,5) = 19
Nota: come frequenza abbiamo utilizzato la frequenza centrale della gamma dei 27 MHz,cioè
27,125 MHz.
capacità max = 299,900 : (6,28 x 27,125 x 52) = 33,8 pF
quindi per ottenere un perfetto accordo utilizzeremo un compensatore da 10/40 pF.
Le prese d’ingresso e d’uscita potranno essere effettuate sulle seguenti spire:
19 x 0,25 = 4,75 spire
che arrotonderemo a 5 spire, oppure su:
19 x 0,15 = 2,85 spire
che arrotonderemo a 3 spire .
Nel primo caso ( 5 spire),otterremo una selettività normale,mentre sulla 3° spira la selettività del filtro sarà più accentuata.
Per quanto riguarda la lunghezza della scatola,non esistono formule in grado di fornircela,tuttavia è ovvio che dovremo fare in modo che all’interno della scatola stessa possano trovare alloggio sia le due bobine sia i due compensatori senza lasciare inutili spazi vuoti,quindi ci regoleremo in questo senso.
L’altezza invece sarà ancora data da:
6,5 : 2 = 3,25 cm
La spaziatura fra le spire non è critica in quanto abbiamo sempre la possibilità di correggere,tramite i due compensatori le eventuali differenze di induttanza che si verificassero per questo motivo.
A proposito dei compensatori,vi ricordiamo che per piccole potenze (6-7 watt) questi possono risultare del tipo in ceramica,mentre per potenze superiori è consigliabile utilizzare compensatori ad aria.
Per la messa a punto del filtro applicheremo in uscita un wattmetro di AF quindi tareremo uno alla volta i due compensatori fino a leggere su tale strumento la massima potenza.
Precisiamo che l‘attenuazione massima introdotta da questo filtro sulla fondamentale non supera i -0,5 dB (dividere x 1,12 la potenza fondamentale),quindi in linea di massima possiamo indicare la potenza che avrete disponibile in uscita a seconda della potenza della fondamentale applicata in ingresso.
PRECISAZIONE
Come abbiamo gìà detto in precedenza,se senza filtro sul vostro wattmetro si leggono 10 watt e dopo aver applicato il filtro si leggono solo 7 watt, i 3 watt “scomparsi” non sono da attribuirsi ad una eccessiva attenuazione introdotta dal filtro,bensì alla potenza delle frequenze armoniche che abbiamo eliminato.
In pratica,infatti,inserendo il filtro,voi leggete solo la potenza effettiva della fondamentale,mentre prima di inserirlo leggevate la potenza della fondamentale sommata alla potenza delle frequenze armoniche.
Precisiamo ancora che spostando la presa sulla sulla spira che si collega al BNC d’entrata e d’uscita più verso il lato caldo della bobina (cioè verso il compensatore),l’attenuazione delle armoniche non si modifica sostanzialmente,però si allarga la banda passante del filtro.
Nota: se si sposta la presa sulla prima bobina,cioè su quella d‘ingresso ,è necessario spostare in ugual misura anche la presa sulla seconda bobina,cioè su quella d’uscita.
FILTRO A LINEA PER I 27 – 30 MHz
Ebbene applicando in uscita al trasmettitore il filtro,l’attenuazione delle frequenze armoniche assume i seguenti valori:
cioè la potenza delle frequenze armoniche diviene così irrisoria che al massimo potrà coprire una distanza di pochi metri.
Sarà utile a questo punto precisare che un filtro applicato tra trasmettitore ed antenna serve non solo in trasmissione ma anche in ricezione,cioè tutte le frequenze estranee alla gamma interessata vengono attenuate,pertanto vengono eliminate automaticamente tutte le altre emittenti che con le loro armoniche potrebbero interferire.
Realizzazione
Per la realizzazione del filtro è necessaria una scatola di rame avente le seguenti dimensioni:
lunghezza = cm 67
larghezza = cm 8
profondità = cm 5
Una volta realizzata tale scatola,prendete del filo di rame (meglio se argentato) da 2 mm di diametro e su un supporto cilindrico del diametro di 15 mm,avvolgete due bobine composte di 21 spire unite cadauna.
In seguito spaziate leggermente fra loro le spire fino ad ottenere due solenoidi lunghi ciascuno 65-68 mm.
Ad una estremità di tali bobine lasciate circa 25 mm di filo che vi servirà per stagnare la bobina stessa al centro delle due pareti estreme della linea.
Prendete ora un altro spezzone di filo di rame da 2 mm lungo cm 49 e collegate con questo fra di loro gli estremi ancora liberi delle due bobine.
Al centro di questo spezzone di filo stagnate un terminale di un condensatore variabile ad aria da 35-50 pF massimi,quindi stagnate il secondo terminale del condensatore al metallo della scatola (al centro della parete laterale),nell’eseguire questa operazione ricordatevi di tenere il perno del condensatore rivolto verso l’esterno perchè ci servirà in seguito per eseguire la taratura.
I bocchettoni BNC per l’entrata e l’uscita del segnale dovrete fissarli ad una distanza di circa 3 cm dalle pareti estreme della scatola. Stagnate infine alla 5° spira (dal lato di massa) delle due bobine uno spezzone di filo che collegherete poi,con l’altro estremo,ai bocchettoni BNC.
A questo punto il filtro è terminato e prima di metterlo in funzione definitivamente occorre solo chiudere la parte superiore con un coperchio di rame e tarare quindi il condensatore variabile.
Per effettuare tale operazione dovrete applicare ad una delle due prese BNC (il filtro è perfettamente simmetrico quindi non ha nessuna importanza quale delle due prese si utilizza come ingresso e quale come uscita) il segnale prelevato in uscita dal trasmettitore e sull’altro BNC il cavetto coassiale di un wattmetro .
A questo punto accendete il trasmettitore e ruotate il condensatore variabile fino a leggere sul wattmetro la massima potenza.
Dopo tale taratura potrete escludere il wattmetro e collegare quindi al BNC rimasto libero il cavetto coassiale che va all’antenna,con la certezza che dall’antenna stessa non verrà più irradiata alcuna armonica in grado di disturbare i vicini.
Precisiamo che il numero delle spire delle bobine da noi indicato non è per nulla critico perchè se farete una spira in più il filtro si accorderà con minor capacità,mentre se farete una spira in meno occorrerà una capacità più elevata.
Analogamente se spazierete le spire più del previsto,l’induttanza della bobina risulterà più bassa,quindi avrete bisogno di maggior capacità per accordarvi,mentre se la spaziatura risulterà inferiore a quanto indicato,l’induttanza della bobina sarà più elevata e avremo bisogno di una minor capacità.
La maggior potenza che può accettare questa linea si aggira sui 40-50 watt se il condensatore variabile ha le lamelle sufficientemente spaziate (1 mm),diversamente,con lamelle più ravvicinate,si potranno raggiungere i 20-25 watt massimi.
Ricordiamo che più ci allontaniamo dalla massa con la presa sulle bobine,maggiore è la capacità richiesta per la taratura del filtro,cioè se con la presa sulla 3° spira si richiedono per l’accordo 20 pF,sulla 5° spira ne occorreranno per esempio 25-28 e sulla 6° spira 30-35 pF.
dB – dBm – dBW – dBmicroV
Se avete sempre avuto difficoltà a definire a quanto corrisponde un GUADAGNO o una ATTENUAZIONE in tensione o in potenza espressa in dB, con gli esempi riportati riuscirete finalmente a risolvere questo enigma.
Nella prima colonna di sinistra è riportato il valore in dB,
nella seconda il valore corrispondente ai VOLT,
nell’ultima colonna di destra i WATT
Poichè nella tabella non abbiamo riportato tutti i valori,dopo i 30 dB facciamo dei salti di 5 dB,basta avere una piccola calcolatrice per calcolare il guadagno in dB con queste semplici formule:
Rapporto in potenza = 10 elevato (dB : 10)
Rapporto in tensione = 10 elevato (dB : 20)
Per ricavare i dB in TENSIONE conoscendo i VOLT in ingresso (Vi) e i VOLT in uscita (Vu) si può usare questa formula:
dB in tensione = 20 x log (Vu : Vi)
Per ricavare i dB in POTENZA conoscendo i WATT in ingresso (Wi) e i WATT in uscita (Wu) si userà questa formula:
dB in potenza = 10 x log (Wu : Wi)
In queste formule “log” sta per logaritmo in base 10.
GUADAGNO IN POTENZA DI UN LINEARE AF
Abbiamo un lineare che dispone di un guadagno di 9 dB,vogliamo conoscere quale potenza in watt ricaviamo in uscita applicandogli in ingresso 5 watt oppure 7 watt.
Sotto la colonna potenza troviamo il numero 7,943.
Applicando in INGRESSO 5 watt in USCITA avremo:
5 x 7,943 = 39,7 watt
Applicando in INGRESSO 7 watt in USCITA avremo:
7 x 7,943 = 55,6 watt
GUADAGNO DI UN’ ANTENNA IN TRASMISSIONE
Abbiamo un trasmettitore da 6 watt e in sostituzione di un normale dipolo con guadagno pari a 0 dB abbiamo ora applicato un’antenna DIRETTIVA con un guadagno pari ad 11 dB.
Vogliamo quindi conoscere il guadagno in potenza che otterremo utilizzando tale antenna.
Dalla tabella vediamo che 11 dB equivalgono ad un guadagno in potenza pari a 12,59 pertanto avremo:
6 x 12,59 = 75,54 watt
Questo significa che se disponessimo di due trasmettitori,uno da 74 watt collegato ad un normale dipolo e uno da 6 watt collegato a questa antenna con guadagno di 11 dB,chi ci riceve non noterà alcuna differenza tra le due emittenti anche se la seconda risulta di potenza notevolmente inferiore.
ATTENUAZIONE DELLE ARMONICHE
Abbiamo un trasmettitore da 100 watt con una seconda e terza armonica attenuata di soli 10 dB che disturba la TV a causa della sua elevata potenza.
Nella colonna dei 10 dB troveremo che corrispondono in potenza a ad un valore di 10 volte per cui le nostre armoniche vengono irradiate ora con una potenza pari a:
100 : 10 = 10 watt
Applicando un FILTRO con 50 dB di attenuazione ridurremo questa potenza di ben 100.000 volte per cui avremo:
10 : 100.000 = 0,0001 watt (potenza irrisoria che non disturba le TV)
QUANDO LE MISURE SONO IN dBm, dB microvolt, dBWatt
Quando si hanno potenze irrisorie,anzichè utilizzare i dB è preferibile esprimere il guadagno o l’attenuazione in :
dBm (dB milliwatt) oppure in
dBmicroV (dB microvolt) per le tensioni
Le formule da utilizzare sono le seguenti:
dBm = 10 x log (milliwatt : 1 milliwatt)
dBmicroV = 10 x log (microvolt : 1 microvolt)
dBW = 10 x log (watt : 1 watt)
1) GUADAGNO ANTENNA
Disponendo di un ricevitore con 20 microvolt di sensibilità e sapendo che il segnale in arrivo risulta di soli 7 microvolt ,vogliamo conoscere quanti dB deve guadagnare l’antenna o il preamplificatore AF per poter captare tale segnale.
E’ ovvio che il segnale AF da 7 microvolt lo dovremo almeno portare a 25 microvolt,quindi occorre un guadagno di almeno:
25 : 7 = 3,57 volte
Guardando nella tabella rileveremo che questo corrisponde ad un guadagno di circa 11 dB.
CONVERSIONE DA WATT IN dBW e dBm
Disponiamo di un trasmettitore che eroga sulla sonda di carico una potenza di 1,5 watt,poichè per trasmettere utilizziamo un’antenna direttiva che dispone di un guadagno di 14 dB,desideriamo conoscere qual’è la potenza effettiva irradiata da tale antenna e come tale potenza la si possa esprimere in dBWatt o dBm.
Dalla tabella vediamo che 14 dB corrispondono ad un aumento di potenza di 25,12 volte,pertanto la potenza irradiata dall’antenna risulterà pari a :
1,5 x 25,12 = 37,68 Watt
a) Per convertire questa potenza in dBW dovremo utilizzare questa formula:
dBW = 10 x log (Watt : 1)
pertanto avremo:
10 x log (37,68 : 1) = 15,76 dBW
b) Se la potenza di 37,68 watt la volessimo esprimere in dBm, la formula da usare risulterebbe la seguente:
dBm = 10 x log (Watt x 1.000)
pertanto una potenza di 37,68 watt corrisponderebbe a:
10 x log (37,68 x 1.000) = 45,76 dBm
Abbiamo quindi tre numeri diversi : 37,68 watt, 15,76 dBW, 45,76 dBm che esprimono una identica misura.
CARATTERISTICHE DEI CAVI COASSIALI
Quella che vi presentiamo è una tabella molto utile per stabilire da quanti dB di ATTENUAZIONE è caratterizzato ogni cavo coassiale,utilizzandolo alle frequenze di 10-50-100-200-400-1.000-3000 MHz. Confrontando i dati riportati,potrete stabilire se è più conveniente usare un tipo di cavo piuttosto che un altro.
CONNETTORI a F
NUCLEI TOROIDALI PER AF
Prima di entrare nel vivo dell’argomento,pensiamo sia utile dare una risposta esauriente ad un interrogativo che molti di voi si saranno sicuramente posti:
“Perchè nei progetti di AF si preferisce utilizzare dei costosi nuclei toroidali anzichè le semplici e più economiche bobine cilindriche?”.
I motivi di tale scelta possono essere così riassunti:
1°) – Con i nuclei toroidali si riescono ad ottenere delle induttanze con dei Q molto elevati: 120 -150 – 250. Anche effettuando dei larga banda si possono raggiungere dei Q con valori di 40 – 60.
2°) – I nuclei toroidali presentano il vantaggio di avere un campo magnetico “chiuso in se stesso“, pertanto,non verificandosi delle dispersioni di flusso,non è necessario racchiuderli entro un involucro metallico per schermarli.
Questa caratteristica permette di collocare vicinissime due bobine toroidali di due diversi stadi senza che una influenzi l’altra.
3°) – Il valore dell’induttanza in microhenry ricavati dalla formula che vi forniremo risulterà precisissimo,una condizione questa che difficilmente si riesce ad ottenere con bobine avvolte su supporti cilindrici.
4°) – Un nucleo toroidale costruito per una determinata banda di risonanza,ad esempio 2-50 MHz, si può usare anche per una frequenza 10 volte maggiore,cioè da 2 a 500 MHz,sacrificando il fattore Q.
ESEMPIO
T.44/2
T = la prima lettera T significa semplicemente Toroide
44 = il numero che segue tale lettera,ad esempio T.44 – T.80 – T.50 ecc., indica il diametro esterno in pollici (tabella N.1)
/2 = il numero che segue il diametro,cioè T.44/2 – T.44/6 – T.44/10 ecc., indica il tipo di miscela ferromagnetica impiegata per realizzare il nucleo.
Quest’ultimo numero è il più importante,perchè determina la frequenza di risonanza (tabella N.2).
COLORI
Come avrete notato,su questi nuclei non è mai incisa la relativa sigla,cioè T.44/2 o T.50/10,ecc., ma sempre e solo due colori.
Il primo colore ricopre tre lati del perimetro del nucleo,mentre il secondo colore un solo lato (fig.2).
Nella tabella 2 è possibile vedere i colori assegnati alle varie miscele ferromagnetiche e sulla colonna di destra le corrispondenti frequenze di risonanza.
NOTA: il secondo colore indicato come GRIGIO∗ con l’asterisco,è il colore base del nucleo.
Quando non è richiesto un Q elevato,come ad esempio negli amplificatori a larga banda,come già accennato,è possibile utilizzare tali nuclei anche su frequenze 10 volte maggiori rispetto a quella indicata.
Pertanto,un nucleo idoneo a lavorare fino ad un massimo di 30 MHz si può utilizzare in un amplificatore a larga banda,in grado di lavorare anche fino ad un massimo di 300 MHz.
Come si calcola il numero di spire da avvolgere su un nucleo toroidale di AF?
Che significato hanno i colori assegnati a tali nuclei e come deve essere interpretata la loro sigla?
Usereste un nucleo consigliato per un massimo di 30 MHz per una frequenza di 100 e più Megahertz?
Cercheremo di rispondere a tutte queste domande.
LE FORMULE PER I CALCOLI
Le formule da impiegare per avvolgere delle induttanze su dei nuclei toroidali sono le seguenti:
Megahertz = 159,235 : √ (microH x pF)
picofarad = 25.330 : (MHz x MHz x microH)
microhenry = 25.330 : (MHz x MHz x pF)
Perciò dopo aver avvolto su un nucleo un certo numero di spire,saremo sempre costretti a misurare la sua induttanza con un preciso impedenzimetro e una volta in possesso del valore in microhenry potremo conoscere su quale frequenza ci sintonizzeremo applicando in parallelo una capacità nota,oppure quale capacità scegliere per sintonizzarci sulla frequenza desiderata.
Ad esempio,ammesso che l’avvolgimento effettuato dia un valore di 0,148 microhenry,potremo conoscere su quale frequenza si accorderà tale nucleo applicando in parallelo una capacità di 33 pF.
Infatti:
159,235 : √ (0,148 x 33) = 72 MHz
Se volessimo invece conoscere quale valore di capacità risulta necessario applicare in parallelo a tale induttanza per poterlo sintonizzare sui 52 MHz,dovremo utilizzare la seguente formula:
25.330 : (52 x 52 x 0,148) = 63 pF
Tutte queste operazioni si riescono ad eseguire facilmente e velocemente con l’aiuto di una normale calcolatrice tascabile.
L’operazione più complessa per un progettista rimane comunque sempre quella di stabilire quante spire avvolgere su quel determinato nucleo per ottenere i microhenry desiderati.
Infatti,ammesso che ci si voglia sintonizzare su una frequenza di 72 MHz utilizzando una capacità di 33 picofarad,sfruttando la terza formula:
microhenry = 25.330 : (MHz x MHz x pF)
otterremo:
25.330 : (72 x 72 x 33) = 0,148 microhenry
Ma il primo interrogativo che ci si porrà,riguarderà : “quante spire dovremo avvolgere su un nucleo T.44/6 e su un nucleo T.44/10 per ottenere 0,148 microhenry?”.
Per risolvere questo problema potremo utilizzare questa ulteriore formula:
N/spire = 100 x (microH : L)
dove:
N/spire = è il numero di spire da avvolgere (nelle formule seguenti useremo le lettere Ns).
microH = è l’induttanza in microhenry richiesta.
L = è un valore da ricavare dalla tabella N.4
Conoscendo il numero di spire avvolte su di un determinato tipo di nucleo toroidale,potremo anche sapere con una certa precisione il suo valore in microhenry utilizzando questa formula:
microH. = (Ns x Ns x L) : 10.000
Detto questo,riportiamo un esempio,in modo che comprendiate meglio come si debba procedere.
Esempio:
Vorremmo costruire una bobina che si accordi sui 72 MHz,utilizzando come capacità 33 picofarad; pertanto dovremo calcolare quante spire avvolgere e conoscere quale tipo di nucleo scegliere.
1° operazione = calcolare il valore della induttanza in microhenry,utilizzando la formula:
microhenry = 25.330 : (MHz x MHz x pF)
pertanto inserendo i dati in nostro possesso otterremo:
25.330 : (72 x 72 x 33) = 0,148 microhenry
2° operazione = scegliere il nucleo in grado lavorare su tale frequenza.
Dalla fig. N.3 rileveremo che,come nucleo,potremo sceglierne uno con miscela ferromagnetica N.10 (10-100 MHz), oppure anche uno con miscela ferromagnetica N.12 (20-200 MHz).
3° operazione = determinare il diametro che riteniamo possa risultare idoneo al nostro scopo.
Se riteniamo che il diametro di un nucleo T44 possa essere sufficiente per il nostro progetto,proveremo ad eseguire i calcoli per un T.44/10.
4° operazione = ricercare nella tabella N.4 il valore di L per un nucleo tipo T.44/10 e qui troveremo il numero 33.
5° operazione = conoscendo il valore di L,potremo calcolare quante spire sia necessario avvolgere utilizzando la formula:
Ns = 100 x √ (microH : L)
Inserendo in questa formula i dati in nostro possesso otterremo:
100 x √ (0,148 : 33) = 6,69 spire
che potremo benissimo arrotondare a 7 spire.
L’operazione non è ancora completata perchè,se volessimo utilizzare per l’avvolgimento del filo con un diametro di 2 mm., ci accorgeremmo che dopo avere avvolto 5 spire non c’è più spazio per le altre due.
Consultando la tabella N.5 potremo invece conoscere in anticipo quante spire massime potranno entrare in ogni nucleo,utilizzando un certo diametro di filo.
Da tale tabella potremo conoscere che per avvolgere 7 spire è necessario usare un diametro massimo di 1,3 mm., quindi se utilizzeremo del filo di diametro più sottile,ad esempio da 1 mm., sapremo già che lo spazio a nostra disposizione sarà più che sufficiente.
Se anzichè usare il nucleo T.44/10 volessimo utilizzare un T.44/12, le operazioni da svolgere saranno le stesse,con la sola differenza del diverso valore di L.
Nella tabella N.4 ricercheremo il valore di L relativo ad un nucleo T.44/12 e qui troveremo il numero 19.
Pertanto,inserendo questo dato L nella formula già nota,otterremo:
100 x √ (0,148 : 19) = 8,8 spire
che potremo tranquillamente arrotondare a 9 spire.
Dalla tabella N.5 sapremo che per avvolgere all’interno di questo nucleo 9 spire,potremo usare del filo con un diametro massimo di 1 mm., perciò per stare sul sicuro (tolleranza del filo,smalto di spessore maggiore),ci converrà usare del filo dal diametro leggermente minore,cioè 0,8 mm. o 0,7 mm.
A questo punto ammettiamo di non riuscire a trovare in commercio nè un nucleo T.44/10 e nemmeno un T.44/12,ma soltanto un nucleo T.50/0 che può lavorare tra 50 e 300 MHz.
Volendo sempre realizzare una induttanza da 0,148 microhenry,dovremo rieseguire tutti i nostri calcoli.
Nella tabella N.4 ricercheremo il valore di L per un nucleo T.50/0 e troveremo il numero 6,4.
Inserendo questo numero nella formula che già conosciamo otterremo:
100 x √ (0,148 : 6,4) = 15,2 spire
valore che potremo arrotondare a 15 spire.
Nella tabella 5 controlleremo quale diametro usare per fare entrare in tale nucleo 15 spire e qui vedremo che è possibile usare tranquillamente un filo del diametro di 1 mm.
Se non avremo problemi di corrente,ci converrà sempre usare del filo di diametro minore,ad esempio di 0,5 mm. oppure di 0,4 mm.
IL RAPPORTO L/C
Un circuito risonante si può ottenere sia avvolgendo poche spire che avvolgendo molte spire.
A seconda della condizione che adotteremo avremo:
– poche spire, molta capacità = basso Q
– molte spire,poca capacità = alto Q
Ammettiamo di disporre di un nucleo T.50/12 che,come sappiamo,viene fornito per una frequenza di risonanza in grado di coprire una banda da 20 a 200 MHz e di usarlo per un circuito accordato con elevato Q in gamma 144 MHz.
Volendo ottenere un Q molto elevato,controlleremo quale induttanza ci occorrerebbe per una capacità di soli 10 picofarad.
Per conoscere il valore dell’induttanza,dovremo ricorrere alla formula precedentemente riportata,cioè:
microhenry = 25.330 : (MHz x MHz x pF)
inserendo i dati già in nostro possesso otterremo:
25.330 : (144 x 144 x 10) = 0,12 microhenry
Per conoscere il numero delle spire da avvolgere ,cercheremo nella tabella N.4 il valore di L relativo al nucleo T.50/12 e qui troveremo il numero 18.
Usando la formula:
N = 100 x √ (microH : L)
otterremo:
100 x √ (0,12 : 18) = 8,1 spire
che potremo arrotondare a 8 spire.
Se volessimo ottenere una induttanza con basso Q in modo che tale circuito riesca anche ad accordarsi su una banda molto più ampia,ad esempio sui 200-250 MHz,potremo avvolgere su tale nucleo metà spire,cioè 4.
Così facendo dovremo aumentare la capacità e per conoscere i picofarad richiesti dovremo calcolare a quanti microhenry corrispondono 4 spire avvolte su un nucleo T.50/12.
La formula per conoscere il valore in microhenry sapendo il numero delle spire è la seguente:
microH = (Ns x Ns x L ) : 10.000
Il valore di L,che già conosciamo per averlo in precedenza ricavato dalla tabella N.4,è 18,quindi avremo:
(4 x 4 x 18) : 10.000 = 0,0288 microH
Per conoscere il valore della capacità da usare,ci serviremo della seguente formula:
pF = 25.330 : (MHz x MHz x microH)
quindi otterremo:
25.330 : (144 x 144 x 0,0288) = 42,4 pF
valore che potremo arrotondare a 42 picofarad.
Per ottenere tale capacità,potremo collegare in parallelo un condensatore da 27 picofarad più uno da 15 picofarad.
In fig.11 è possibile vedere come variano il Q e la banda di risonanza di tale nucleo al variare del numero delle spire e della capacità.
INDICAZIONI UTILI
Dopo aver illustrato come si calcola il numero delle spire da avvolgere su questi nuclei toroidali,vogliamo ora completare l’argomento con dei consigli pratici che riteniamo indispensabili.
1° – Spesso si consiglia di avvolgere su questi nuclei del filo di rame argentato ,cioè privo di smalto isolante ,ma nessuno vi avrà mai detto che prima di avvolgere del filo “nudo” è necessario controllare se il nucleo risulta perfettamente isolato.
In teoria la vernice che ricopre tutti i nuclei T dovrebbe isolarli completamente,però quando su essi è presente un solo colore,la parte grigia potrebbe risultare conduttrice.
Quindi prima di avvolgere del filo nudo,controllare con un tester sulla portata ohm,se la superficie del nucleo risulti totalmente isolata e se constatate che la parte grigia è conduttrice,passate sopra ad essa un velo di vernice trasparente.
2° – Le spire da avvolgere su un nucleo debbono coprire tutta la superficie circolare quindi se su tale nucleo bisogna avvolgere 4-5 spire,non tenetele affiancate,ma allargatele come visibile in fig.6.
Se per ipotesi avete calcolato che su un nucleo è necessario avvolgere solo 1-2 spire,o avete sbagliato i calcoli,o avete scelto un nucleo non appropriato per la frequenza di risonanza,scegliendo un nucleo idoneo a lavorare per una gamma di frequenza più bassa,constaterete che per ottenere la stessa induttanza occorrerà avvolgere molte meno spire.
3° – Se non spaziate le spire in modo da ricoprire l’intera circonferenza,ricordate che più risulteranno affiancate,più aumenterà il valore in microhenry rispetto a quello da noi calcolato.
Ad esempio,se l’avvolgimento ricopre circa 3/4 della sua circonferenza (fig.7),l’induttanza aumenterà di 1,2 volte, vale a dire che un valore calcolato di 0,35 microhenry in pratica risulterà di:
0,35 x 1,2 = 0,42 microhenry
Se l’avvolgimento ricopre 1/2 della sua circonferenza o meno (fig.8),l’induttanza aumenterà di 1,7 volte,quindi i nostri 0,35 microhenry diventeranno:
0,35 x 1,7 = 0,59 microhenry
4° – Se non possedete un impedenzimetro e vi interessa conoscere su quale frequenza si accorda un nucleo toroidale con in parallelo una capacità di valore conosciuto,potrete collegare le estremità dell’avvolgimento ad un oscilloscopio .
Su tale nucleo avvolgerete una spira supplementare collegandone le estremità ad un normale Generatore di AF (fig.12).
Ruotando la sintonia del generatore,noterete che in corrispondenza della frequenza di sintonia,il segnale sullo schermo dell’oscilloscopio aumenterà bruscamente in ampiezza (fig.13).
Leggendo sul generatore la frequenza di sintonia,conoscerete l’esatta frequenza d’accordo della vostra induttanza.
Conoscendo la frequenza ed il valore della capacità applicata in parallelo,vi sarà facile ricavare il valore in microhenry utilizzando la formula:
microhenry = 25.330 : (Mhz x MHz x pF)
Ammesso che l’induttanza da voi costruita si accordi con una capacità di 15 picofarad sugli 83 MHz, potremo essere certi che il valore dell’induttanza sarà di:
25.330 : (83 x 83 x 15) = 0,245 microhenry
5° – Da ultimo aggiungiamo che questi nuclei sono estremamente fragili,perciò quando li userete dovrete fare bene attenzione a non farli cadere,perchè in tal caso li vedrete andare in frantumi come fossero di vetro.
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