Portare fuori dalla radice un numero
– quando e come si fa?
Come si fa a portare fuori radice un numero? C’è differenza tra una radice quadrata e una radice cubica in questo calcolo?
SOLUZIONE
Portare un numero fuori dalla radice consente di semplificare notevolmente gli esercizi con i radicali. Il metodo di calcolo per trasportare un fattore fuori al segno di radice è piuttosto semplice.
Sui libri di testo di matematica viene in genere illustrato un modo per portare fuori radice un numero che comporta la suddivisione del radicale in vari prodotti di radicali. Il nostro metodo, invece, è universale e molto più semplice. Vediamo subito come procedere con un esempio pratico.
COME PORTARE FUORI DALLA RADICE QUADRATA
ESERCIZIO 1
Semplificare il numero √96 portando fuori dalla radice i fattori opportuni
1) Il primo passo consiste nel riscriverci il numero 96 in fattori primi. Così come si faceva nel calcolo del mcm ci scriviamo quelli che sono i numeri primi che, moltiplicati tra loro, ci danno come risultato 96.
Costruiamo una piccola tabella dove segniamo il numero 96. Sulla destra mettiamo il primo numero che ci viene in mente per cui 96 è divisibile, ad esempio 2. Facciamo 96 diviso 2 e il risultato lo riportiamo sotto. 48 a sua volta è divisibile per 2 (che scriviamo a destra) e il risultato lo riportiamo a sinistra sotto. Continuiamo così fino a quando non arriviamo al numero 1.
2) A questo punto, essendoci una radice quadrata (cioè indice 2), cerchiamo tutti i gruppi di numeri che si ripetono 2 volte.
3) Riscriviamo il numero da portare fuori radice come la moltiplicazione dei numeri cerchiati (presi una sola volta per gruppo) per la radice dei numeri non cerchiati.
4) Quindi possiamo scrivere: √96 = 2×2×√(2×3) = 4√6
VERIFICA DEL RISULTATO
Per verificare la correttezza del procedimento, prova ad elevare al quadrato il numero appena ottenuto (cioè 4√6). Se ottieni il numero di partenza, allora il risultato si trova. Nel nostro esercizio:
(4√6)²=16×6=96 → Risultato corretto
COME PORTARE UN NUMERO FUORI DALLA RADICE CUBICA
Il procedimento è perfettamente analogo al precedente, c’è un’unica sostanziale differenza. In questo caso andremo a cerchiare i gruppi di 3 numeri uguali visto che l’indice di radice è pari a 3. Proviamo a risolvere lo stesso esempio precedente stavolta provando a portare il numero fuori da radice terza.
ESERCIZIO 2
Semplificare il numero ³√96 portando fuori dalla radice i fattori opportuni.
Anche in questo caso iniziamo a compilare una tabella con la scomposizione del numero di partenza in fattori primi. A questo punto formiamo dei gruppi da 3 di numeri uguali.
A questo punto possiamo scrivere il risultato seguendo la solita regola:
– si prende un numero per ogni gruppo
– il numero del gruppo va fuori radice
– tutti gli altri all’interno con il segno “per”.
Possiamo quindi dire che:
³√96=2׳√(2×2×3)=2³√12
VERIFICA DEL RISULTATO
In questo caso basta elevare al cubo il risultato ottenuto e verificare che il risultato coincida con il numero di partenza.
(2³√12)³=8×12=96.
IL METODO CLASSICO
E’ quello che viene insegnato a scuola e si bassa sulle proprietà dei radicali. Bisogna prendere il numero da portare fuori radice e lo si scompone in fattori primi.
ESERCIZIO 3
Semplificare il numero √96 portando fuori dalla radice i fattori opportuni.
E’ l’esercizio numero 1, che stavolta proviamo a risolvere con il metodo classico. Riscriviamo quindi il numero 96 come la moltiplicazione di tanti numeri primi.
√96=√(2×2×2×2×2×3)
√96=√(25×3)
A questo punto scriviamo ogni fattore della moltiplicazione con la radice:
√96 = √25×√3 = (√2²×√2²×√2)×√3 =
Nel passaggio precedente abbiamo riscritto la radice quadrata di 2 elevato a 5 come il prodotto di potenze con la stessa base (vedi proprietà delle potenze).
= 2×2×√2×√3 =
=4×√6
Anche il secondo metodo per portare dei numeri fuori dalle radici è piuttosto semplice, ma forse per gli studenti è un po’ più macchinoso. Per questa ragione noi consigliamo di imparare il primo che è più semplice ed immediato. Tuttavia la scelta è indifferente, visto che portano entrambi i metodo alla stessa soluzione.
CONCLUSIONI
Il metodo che abbiamo illustrato può essere applicato a qualsiasi tipo di radicale. Si può portare fuori dal segno di radice quadrata, cubica, quarta… La cosa importante è ricordarsi di scegliere bene il numero di fattori da inserire in ogni gruppo.
Grado di un polinomio complessivo e rispetto a una lettera
Il concetto di grado di un polinomio è fondamentale per imparare a risolvere e riconoscere le equazioni in modo corretto. Viene anche detto grado del polinomio e rappresenta il grado massimo dei monomi presenti.
Si tratta di un argomento che mette spesso in difficoltà gli studenti perché non capiscono se il grado massimo sia riferito alla lettera o tutto il monomio. Vedremo che cos’è per definizione il grado di un polinomio, iniziando proprio dai due casi da distinguere:
GRADO COMPLESSIVO DI UN POLINOMIO
Per definizione il grado di un polinomio è il grado massimo dei monomi che lo compongono. Cioè tra tutti i monomi vediamo qual è quello con il grado più alto: quel numero sarà il grado complessivo di un polinomio. Vediamo subito un esempio:
Nell’esempio in figura notiamo che il monomio è composto da 3 monomi. Come già hai imparato nelle precedenti lezioni il grado di un monomio si calcola sommando gli esponenti, per cui il primo monomio ha grado 5, il secondo ha grado 7 e il terzo 9. Per cui il grado complessivo del polinomio è 9.
GRADO DEL POLINOMIO RISPETTO ALLA LETTERA
La definizione è estremamente semplice: è il grado massimo di ogni mononio rispetto a quella lettera. Quello che abbiamo visto nell’esempio è il grado complessivo del polinomio. Ma possiamo anche dire che il polinomio è di terzo grado rispetto alla lettera a, di quarto grado rispetto alla lettera b e di quarto grado rispetto alla lettera c.
Questo significa che il grado di un polinomio rispetto a una lettera è dato dal massimo esponente con cui compare la lettera all’interno del polinomio dato. Ovviamente il polinomio deve essere stato già ridotto nella sua forma normale, per cui si presumono già risolte le operazioni tra monomi.
ESEMPIO SUL GRADO DI UN POLINOMIO
Ecco un bell’esercizio per mettere alla prova se le regole apprese fino ad ora sono chiare. Dell’espressione in basso dobbiamo cercare il grado del polinomio.
Essendo la prima volta che fai questo tipo di calcolo, ragioniamo in maniera semplificata facendo tutti i passaggi. Iniziamo quindi con il calcolo del grado dei vari monomi.
RIASSUMENDO I DATI DELL’ESERCIZIO:
In definitiva possiamo dire che il polinomio:
DEFINIZIONE DI POLINOMIO OMOGENEO
Concludiamo questa prima parte sugli appunti sul grado dei polinomi dando la definizione di polinomio omogeneo. Quando ci troviamo in presenza di un polinomio che abbia tutti i termini dello stesso grado, si parla di polinomio omogeneo. Ecco un esempio che ti aiuterà a chiarire la definizione appena esposta:
Prima di concludere ti diamo un ultima definizione, piuttosto banale. Un polinomio è ordinato quando gli esponenti sono messi in ordine decrescente. Il termine senza incognita viene definito in genere termine noto. Esempio:
Il polinomio in figura è di secondo grado, omogeneo ed ordinato secondo le potenze decrescenti di b, crescenti di a.
Moltiplicazioni tra polinomi
– con esercizi ed esempi
PRODOTTO DI UN MONOMIO PER UN POLINOMIO
Ovviamente diamo per scontato che ricordi le operazioni con i monomi, in particolare la moltiplicazione. Per fare il prodotto di un polinomio per un monomio basta applicare la proprietà distributiva della moltiplicazione, quindi:
Il grado del polinomio è dato dalla somma dei gradi dei fattori, per le note regole delle potenze. Il primo fattore è di terzo grado, mentre il secondo fattore è di secondo grado. Il grado del polinomio finale è quindi 5.
Per eseguire la moltiplicazione di un monomio per un polinomio abbiamo semplicemente fatto il prodotto del monomio per ogni singolo elemento del polinomio.
PRODOTTO DI POLINOMI
Anche per questa operazione applichiamo la proprietà distributiva della moltiplicazione. Per fare la moltiplicazione tra polinomi bisogna calcolare il prodotto di ciascuno termine del primo per tutti i termini del secondo.
Il grado del polinomi finale è dato anche in questo caso dalla somma dei gradi dei polinomi che sono stati moltiplicati. Dato che il primo fattore ha grado 2 e il secondo ha grado 2, il grado del polinomi finale è 4.
Ti ricordiamo che se facendo il prodotto dovessero formarsi dei monomi simili, vanno semplificati, come nell’esempio seguente:
Come nel caso dell’aritmetica, anche in algebra è necessario risolvere prima le potenze, poi moltiplicazioni e divisione e infine le somme algebriche.
ESERCIZI SULLE MOLTIPLICAZIONI DI POLINOMI
Cubo di un binomio
– regola, esempi ed esercizi svolti
Il cubo del binomio è un prodotto notevole che permette di sviluppare il cubo di un polinomio composto da due monomi in maniera veloce e facile (a patto di ricordare la formula ovviamente!). Allo stesso modo permette di scomporre un polinomio composto da 4 monomi in un cubo di binomio.
Nel secondo esempio analizzato come si risolve un cubo di binomio negativo. Non cambia assolutamente nulla, ma evitare di fare errori, soprattutto durante un compito in classe di matematica è preferibile inserire ogni monomio in una parentesi tonda. Così sicuramente non si commetteranno errori di segni, cosa che capita molto di frequente agli studenti quando calcolano un binomio al cubo.
Negli esercizi svolti che vedi qui sopra non sono state usati accorgimenti particolari se non l’applicazione rigorosa della formula, tenendo ogni monomio tra parentesi tonde.
Pigreco
– Che cos’è e quanto vale in matematica
Perché abbiamo messo i punti sospensivi? Perché in realtà il valore di pi greco supera le 4 decimali. Ma a questo ci arriviamo. Vediamo innanzitutto che cos’è questo simbolo matematico dalle origini così antiche.
CHE COS’È IL PIGRECO?
Il Pigreco π è un simbolo che rappresenta una costante matematica, cioè un valore fisso. E’ un numero che per definizione viene calcolato attraverso il rapporto tra la circonferenza e il diametro di un cerchio. Questo significa che qualsiasi sia la circonferenza, basta fare la divisione tra la misura della circonferenza e il suo diametro per trovare sempre lo stesso valore. Si tratta di una formula nota già agli studenti delle scuole elementari e medie. π=C/d. Per la sua storia, che vedremo a breve, questa costante viene chiamata anche Costante di Archimede.
IL VALORE DEL PI GRECO
Pi Greco è un numero irrazionale, cioè non può essere il risultato di una divisione tra due numeri interi. Inoltre è un numero trascendente, cioè non il suo valore non si può esprimere usando un numero finito di interi. Da qui il problema della quadratura del cerchio. Che significa questo? Che il pigreco è un numero con la virgola e, dopo la virgola, ci sono infiniti numeri! Vuoi sapere quanto vale pi greco? Ecco…
π=3,14159265358979323846…
Per farti rendere conto di quanti numeri sia fatto il pigreco, abbiamo trovato questa interessante pagina di Wikipedia contenente i primi centomila numeri del pigreco dopo la virgola (vai al link). In realtà si va avanti all’infinito, per cui non ha minimamente senso ricordare tutti questi numeri. Alla domanda qual è il valore di pi greco, ti basta dire 3,14.
LA STORIA DEL PI GRECO
La parola circonferenza in greco si scrive περιφέρεια (cioè perifereia). La costante matematica di cui stiamo parlando oggi è proprio la prima lettera della parola circonferenza scritta in greco! Questo perché la sua scoperta risale a epoche molto lontane. Il simbolo π fu introdotto solo nel XVII secolo, ma i primi calcoli sul suo valore si ebbero già diversi secoli prima.
Nel 1650 a.C. uno scriba egizio affermava già allora che l’area di un cerchio di diametro d è uguale all’area di un quadrato con lato pari agli 8/9 del diametro d. Con questo primo calcolo arrivo quindi a dare un primo valore a pigreco.
Un riferimento al calcolo del pigreco è presente addirittura nella Bibbia, con la costruzione del tempio di Salomone nel 968 a.C. e di un bacino di rame usato per i sacerdoti.
Il valore 3,14 di pigreco risale al matematico Archimede, vissuto nel III secolo a.C., che verificò che:
# la lunghezza di una circonferenza rettificata è maggiore del perimetro di un qualsiasi poligono regolare inscritto e minore del perimetro di qualsiasi poligono regolare circoscritto
Il suo ragionamento partì costruendo un quadrato circoscritto e un esagono inscritto. Successivamente inscrisse e circoscrisse poligoni regolari con un numero sempre maggiore di lati. Con questa sua procedura riusci a scoprire che il pigreco ha un valore compreso tra 3,140845 e 3,142857. Nella pratica stabilì quindi il valore che noi oggi usiamo, cioè 3,14.
Nel 1770 il matematico svizzero Johann Lambert dimostrò che questa costante matematica è in realtà un numero irrazionale e quindi un decimale illimitato. Molti matematici in seguito a rappresentare questo numero irrazionale con compasso e riga, ma con risultati molto deludenti. Fu solo alle fine dell’800 che il matematico Lindermann dimostrò l’impossibilità di questa costruzione geometrica del pigreco, essendo anche un numero trascendente.
APPLICAZIONI DEL Π
Esistono tantissime formule in matematica che utilizzano il pigreco all’interno dei loro calcoli. Oltre alla geometria elementare con le figure piane e solide, questa costante matematica è importante anche nello studio della trigonometria, dato che la misura degli angoli in radianti si basa proprio sul π. Anche nel programma di analisi la costante ha un ruolo determinante nello studio degli integrali, come ad esempio l’integrale di Eulero o alcuni integrali definiti.
CURIOSITÀ SUL PIGRECO
– Il giorno 14 marzo è la giornata mondiale del pigreco (3 è il numero del mese di marzo, 14 è il giorno)
– Quasi un secolo fa, lo stato dell’Indiana, negli Stati Uniti, avrebbe cercato di fissare per legge il suo valore a 3,2 con diverse dimostrazioni
– Molti artisti e cantanti hanno dedicato alcune loro opere a questa affascinante costante matematica, come Kate Bush nel suo album Aerial del 2005 .
– Al cinema è uscito anche il film Pi Greco – Il teorema del delirio un thriller del 1999, il cui titolo rimanda alla costante di Archimede.
Regola di Ruffini
– il teorema per calcolare la divisione tra i polinomi
Viene chiamata Regola di Ruffini, metodo o anche Teorema di Ruffini. Si tratta di una tecnica di scomposizione piuttosto semplice che permette di eseguire la divisione tra un polinomio e un binomio di primo grado. Non tutti hanno ben chiaro come si usa, per cui vediamo quali sono i casi che si possono presentare in classe durante lo svolgimento degli esercizi.
CHE COS’È LA REGOLA DI RUFFINI?
La regola di Ruffini, nota anche come metodo di Ruffini o teorema di Ruffini, è un metodo per fare la divisione di un polinomio per un binomio generico. Il nome di questa tecnica fu elaborata per la prima volta dal matematico italiano Paolo Ruffini all’inizio del 1800.
DIVISIBILITÀ DI UN POLINOMIO PER UN BINOMIO
E’ necessario fare una premessa: farai uso della regola di Ruffini solo se il resto è 0, cioè se la divisione è esatta. Per far ciò è necessario capire quando un polinomio è divisibile per un binomio. Vediamo subito un esempio pratico:
Per capire se il polinomio è divisibile per il binomio dato dalla traccia e quindi se posso applicare il teorema di Ruffini, è necessario sostituire il valore opposto di a (cioè il numero del binomio cambiato di segno), all’interno del polinomio al posto della x.
Poiché il valore ottenuto è diverso da zero, allora la divisione non è esatta e il numero individuato rappresenta proprio il resto. Puoi verificare svolgendo il calcolo come hai nella lezione sulle divisioni tra polinomi.
COME USARE LA REGOLA DI RUFFINI?
La regola Ruffini si può applicare in tutte le divisioni tra un polinomio e un binomio, ma nella maggior parte degli esercizi di matematica che si svolgono al liceo e nelle successive lezioni sulle scomposizioni dei polinomi, si applica il metodo di Ruffini solo quando il resto sarà pari a 0.
LA SPIEGAZIONE PASSO PASSO – COME SI FA RUFFINI?
La spiegazione della Regola di Ruffini la vediamo passo passo con un esempio. Il primo step è quello di disegnare una piccolo schema in cui andiamo ad inserire tutti i coefficienti delle incognite, ordinate in senso decrescente.
Prima di proseguire con il metodo, vediamo come trovare il divisore attraverso il metodo delle scomposizioni con Ruffini.
SCOMPOSIZIONE RUFFINI – COME TROVARE IL DIVISORE?
Mentre il primo coefficiente (1) può essere direttamente trasportato nel rigo in basso, la domanda che dobbiamo porci è cosa inserire a sinistra? Cioè quale sarà il numero per cui andremo ad effettuare la divisione?
In questa caso abbiamo già il binomio divisore (x-1), ma quando dovremo affrontare le scomposizioni, bisogna andare per tentativi e verificare la divisibilità del polinomio per quel binomio. Infatti molti studenti si chiedono proprio come trovare il divisore mediante Ruffini?
Immaginiamo di non avere ancora il divisore ma di doverlo individuare. E’ buona regola andare a vedere il termine noto del polinomio (cioè -1) e provare la divisibilità per tutti i suoi sottomultipli, con entrambi i segni. In questo caso potremo fare solo due tentativi prima di trovare il divisore, cioè +1 e -1.
Andando a sostituire -1 al posto della x nel polinomio dividendo otteniamo -1-1=-2 (divisione con resto)
Andando a sostituire +1 al posto della x nel polinomio dividendo, otteniamo +1-1=0 cioè la divisione è esatta. In base al numero trovato, cioè +1, si costruisce il divisore cambiandogli il segno e quindi diventa (x-1).
Il numero così individuato andrà inserito al posto del punto interrogativo cerchiato in rosso nella precedente figura. Visto che nell’esercizio ci viene già dato il divisore non abbiamo questo problema.
TEOREMA DI RUFFINI ESERCIZI
Proseguiamo ora con il nostro esempio inserendo il divisore al giusto posto.
Cosa è stato fatto? Il primo 1 in alto è semplicemente traslato in basso, poi moltiplicato per il +1 a sinistra e il risultato scritto poco più a destra (basta seguire le frecce rosse). Infine si è fatta l’addizione 0+1 per ottenere così -1.
Riepilogando: si fa la moltiplicazione con il divisore a sinistra e l’addizione con il numero in alto. Attenzione: sono operazioni con i numeri relativi quindi non dimenticarti i segni!
Si procede poi sempre allo stesso modo:
Avendo ottenuto il resto pari a 0, nel caso in cui stiamo risolvendo una scomposizione, vuol dire che abbiamo quasi terminato. Se stiamo invece facendo una semplice divisione tra polinomi con Ruffini allora il resto è per noi poco importante.
Ai coefficienti ora individuati occorre associare le incognite. Basta prendere il grado del polinomio, 5 nel nostro esempio, abbassarlo di uno e poi affiancarlo ai vari coefficienti.
UN ALTRO ESERCIZIO SVOLTO
Il procedimento, come hai potuto vedere non è difficile, ma seguendo meccanicamente il metodo che ti abbiamo illustrato, potrai risolvere le divisioni con Ruffini in maniera semplice e senza commettere errori. Proviamo a fare un altro esempio sulla Regola di Ruffini:
Data la traccia costruiamo subito la tabella per applicare Ruffini inserendo, nella riga in alto, i coefficienti del polinomio ordinati per grado (aggiungendo lo 0 per ogni termine assente). In basso riportiamo l’1 perché il primo termine si riporta sempre in basso mentre sulla sinistra prendiamo il termine noto del binomio divisore cambiandogli il segno.
La regola è sempre la stessa: i numeri in basso si moltiplicano a sinistra e si sommano algebricamente sulla verticale. Ecco quello che ne risulta:
Abbiamo così ottenuto una soluzione che ha resto R=12 mentre il polinomio dividendo sarà x al quadrato – 5 x +10.
ESERCIZI SU RUFFINI
Per completare questa nostra spiegazione della regola di Ruffini , ti proponiamo qui una serie di esercizi da risolvere.
Somma per differenza
– il primo e più semplice dei prodotti notevoli
FORMULA DELLA SOMMA PER DIFFERENZA
Iniziamo la nostra trattazione dei prodotti notevoli con l’obiettivo di rendere più semplici le moltiplicazioni tra polinomi. Di alcuni prodotti infatti è possibile ottenere subito il prodotto, senza dover fare ogni volta il calcolo.
DIMOSTRAZIONE
Eseguendo la moltiplicazione di somma per differenza di due polinomi perfettamente uguali ad eccezione di un segno, vediamo che si ottiene il primo termine al quadrato meno il secondo termine al quadrato.
La definizione più rigorosa che trovi sui libri di matematica è:
La somma di due monomi per la differenza degli stessi monomi è uguale alla differenza dei quadrati dei monomi dati.
In buona sostanza la formula della somma per differenza tra polinomi è:
Come è possibile notare la formula è particolarmente semplice e non ha bisogno di schemi o trucchetti per essere memorizzata. Basterà qualche esempio per fare pratica e per imparare ad usarla correttamente negli esercizi di matematica sulle espressioni algebriche.
SOMMA PER DIFFERENZA: ESEMPI ED ESERCIZI SVOLTI
Come puoi vedere gli esempi sono molto semplici, basta moltiplicare tra loro gli elementi uguali e interporre il segno meno. Si tratta dei più facili dei prodotti notevoli ed importante che tu sappia riconoscerli rapidamente e risolverli in maniera altrettanto semplice.
ESERCIZI DA SVOLGERE
E’ sempre utile, per quanto l’argomento di oggi sia estremamente semplice, eseguire qualche esercizio da soli. Risolvili tutti seguendo esattamente la regola: moltiplica i monomi uguali tra loro e inserisci il segno meno. Avrai così la soluzione per ciascuno degli esercizi senza crearti problemi.
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